EDITORIALE. I PROBLEMI DEL BARÇA

Giuseppe Ortu Serra

La sconfitta in casa contro il Rayo ha lasciato l’amaro in bocca a tutto l’ambiente blaugrana: squadra, dirigenza, tifosi. Sopratutto è la sensazione di non riuscire a trovare una soluzione che lascia maggiormente sconcertati. Non solo, anche il fatto che il Barça appare come una squadra fragilissima sia dal punto di vista del gioco, delle fasi offensive e difensive e della mentalità. Il Barça appare come una squadra impotente, come quel ragazzo che si sente incapace e impossibilitato davanti a una impresa più grande di lui.

I numeri sono preoccupanti, non solo le sensazioni. Tre sconfitte consecutive in casa tra l’Europa e la Liga. Eintracht, Cadice, Rayo. 5 reti subite e appena 2 realizzate. Ma è la qualità degli avversari che lascia perplessi. I tedeschi hanno fatto loro la qualificazione con un aggregato di 4-3, sbancando il Camp Nou al di là del 2-3 finale giunto negli ultimi istanti della gara. Per la maggior parte dell’incontro i tedeschi di Francoforte avevano steso i blaugrana con un perentorio 0-3. È questo il risultato da considerare. Ma andiamo a valutare nel dettaglio l’Eintracht. 9ª in classifica, è una squadra che nelle ultime 5, proprio il rateo di tempo in cui è coincisa la doppia sfida con il Barça, ha realizzato 2 sconfitte e 3 pareggi. L’ultima vittoria risale al 13 Marzo, più di un mese fa. In queste 5 ultime gare ha messo a segno solo tre reti subendone 6. Ma contro il Barça, in due gare, ne ha realizzate ben 4! Come è possibile?

E che dire del Cadice e del Rayo? Entrambe coinvolte pesantemente nella lotta salvezza, alla formazione andalusa dell’istmo è bastata una rete per sbancare il Casino di Bcn. In 90′ la squadra di casa non è riuscita a segnare contro una formazione che alla partita successiva, in casa contro l’Athletic Bilbao, ne ha subito 3 in meno di mezzora.

Il Rayo? situazione similare. Prima di ieri, eccettuando il colpaccio a Cornellá contro l’Espanyol di Giovedì scorso (l’aria di Barcelona fa bene alla formazione di Iraola), los de Vallecas non vincevano da 13 partite in Liga, dal 18 di Dicembre dello scorso anno. 2-0 in casa contro l’Alavés. Ma al Camp Nou è bastato un goal al 7° minuto per risorgere. Certo, con il fattivo concorso dell’arbitro e di mezzucci ostruzionistici che portano all’isteria generale, tipici degli anni 60-70, vecchi come un certo tipo di mentalità antisportiva che abbiamo visto ieri tra le fila del Rayo Vallecano. Detto questo, la seconda forza de La Liga che affronta in casa la quattordicesima squadra del campionato non può essere fermata né dall’arbitro, né dall’antisportività da campetto di periferia degli avversari. Perché, posto che c’erano due chiari rigori a favore dei blaugrana, non deve passare il concetto che tra il Rayo e il Barça la differenza sia rinvenibile in appena una rete di differenza marcata da due calci di rigore. Tra le due squadre ci deve essere una tale differenza tecnico-tattica, che nemmeno due calci di rigore o i patetici tentativi di perdere tempo dei madrileni devono incidere sul risultato.

Xavi ieri, in conferenza stampa post-gara, non ha cercato scuse nell’arbitro o nella condotta antisportiva e dilatoria dell’avversario, ma ha detto che “… è un problema motivazionale”, aggiungendo e ammettendo la responsabilità di quanto accaduto. Xavi ha sostenuto che “la squadra è entrata in campo non con la motivazione e l’intensità giusta. Ho provato prima della partita a caricare i giocatori, ma forse non ci sono riuscito. Nell’intervallo abbiamo parlato e la squadra è rientrata in campo con la giusta testa e ha dato tutto, anche se per una serie di situazioni che non sono girate per il verso giusto non ci è stato possibile segnare e vincere la gara”. Parole sagge quelle del tecnico blaugrana che manifestano il problema della squadra. La testa, la mentalità, la lentezza dei movimenti, la poca elasticità mentale e, sembrerebbe, anche la scarsa voglia di affrontare le gare. Tutti elementi, questi, tipici delle piccole squadre a cui mancano giocatori forti e di personalità; giocatori vincenti in due sole parole. Contro il Rayo è stato buttato via un tempo. Contro il Cadice si è verificata la stessa cosa: primo tempo impalpabile e senza mordente; ripresa più vigorosa, ma con poco costrutto. Contro l’Eintracht il Barça si è svegliato negli ultimi 10 minuti. Arbitro?, gioco duro avversario? Tutto quello che si vuole, ma che in ogni caso non giustificano prestazioni come quelle.

Per chi ha visto ieri il Derby del Merseyside (Liverpool-Everton), avrà notato una intensità furiosa, belluina, primordiale delle due squadre, specialmente del Liverpool. Giocando in casa contro un avversario impelagato nella lotta per evitare la retrocessione in Championship, che si è chiuso come una roccia e non ha lesinato anche qualche perdita di tempo (Pickford e Richarlison su tutti), il Liverpool ha giocato con una fame, una cattiveria agonistica, una voglia che i signorotti del Barça non hanno nemmeno nelle loro giornate migliori. In una situazione simile a quella del Barça contro il Rayo, il Liverpool ha vinto la partita 2-0 con una prestazione eccelsa e feroce dal punto di vista dell’applicazione. Il Barça, invece, ha perso 1-0. A parti invertite, i blaugrana avrebbero perso contro l’Everton, mentre i reds avrebbero fatto il loro dovere contro il Rayo.

Mentalità al risparmio e sufficienza nell’approccio (elementi tipici dei perdenti) non sono solo le uniche colpe di questa squadra. Anche la combinazione di alcuni giocatori incide nel disastro o nel successo di questa squadra. In particolare la difesa. Con il reparto difensivo tipo: Dani Alves, Araujo, Piqué, Jordi, la squadra funziona. Gira la difesa e gira, come d’incanto, l’intero schieramento. Nel primo tempo contro la Real Sociedad alla Reale Arena è stata vista per l’ultima volta la difesa-tipo. Primo tempo vincente e sicuro; ripresa faticosa e ballerina. Nelle altre circostanze o è mancato Piqué o più di uno dei titolari (Rayo, Cadice, Eintracht in casa, Levanti fuori). Al Bernabeu c’era Eric e non Dani Alves, ma è stato un caso a parte. La sola assenza del centrale catalano può essere in qualche modo rintuzzata, ma se vengono a mancare due pedine o più, non c’è rimedio all’insicurezza e al caos. Piqué è uomo di carisma, personalità, grinta. È un uomo-guida. Tutte caratteristiche che mancano ai vari Eric, Lenglet, Dest, Mingueza. Il Barça deve ricostruire inserendo non solo bravi giocatori dal punto di vista tecnico, ma giocatori dalla personalità e dal carisma vincenti. Giocatori da Barça; da grande squadra.

Le grandi squadre si costruiscono con i grandi giocatori, con i campioni, con gli uomini di carisma e personalità. I campioni costano molto, certo. Ma non è risparmiando sul costo del cartellino o dell’ingaggio che vinci i trofei. Se Lewandowski, Mbappé, Haaland costano 1000, non è perché “è tutta pubblicità”. È perché fanno la differenza in campo. Se compri Isak risparmi, certo, ma tutto ciò che hai risparmiato nell’acquisto lo ritrovi in campo. E basta sentire dire che uno vale l’altro. Nemmeno nelle borse puoi dire che una Louis Vuitton è come un’altra e che paghi solo il nome. Chi dice questo non ha mai avuto una Vuitton e probabilmente non la avrà mai. Il lusso, il comfort, la qualità, la resa nel tempo sono elementi che paghi. Sugli scaffali di un negozio come sul campo da calcio. È una questione di scelte. Puoi puntare sulla mediocrità, legittimo; spendi poco ma avrai anche cose da poco. Per vincere negli sport di squadra è la medesima cosa. Ogni cosa ha un prezzo e questo è sempre giustificato dalla sua qualità, traducibile in resa in campo, in vittorie, in trofei. Laporta deve scegliere cosa vuole per il Barça: eccellenza o mediocrità?

ISIDRO DIAZ STOPPA UN BARÇA VOLENTEROSO

Giuseppe Ortu Serra

Contro il Rayo Xavi è sceso in campo con la difesa di riserva. Dest al posto di un Dani Alves non in perfetta forma, e Eric per Piqué, che nonostante abbia ricevuto l’alta medica non era in grado di scendere in campo dall’inizio.

Il Barça è stato assolutamente deludente nella sua performance contro la formazione di Vallecas che galleggia con estrema difficoltà al bordo della zona retrocessione. Nel primo tempo la formazione di Xavi è mancata di intensità, velocità, precisione. La difesa stata il punto debole di una formazione già di per sé in crisi e alla ricerca di se stessa da diverse giornate. Alla prima occasione di una partita iniziata in modo soporifero, il Rayo è passato con una facilità disarmante. Semplice azione a centrocampo dei rayisti, lancio in diagonale verso il lato debole dell’azione a tagliare in due lo schieramento del Barça e Álvaro García si è trovato uno contro uno contro Ter Stegen dopo che Dest si è mosso con incredibile e colpevole ritardo nella chiusura. Con Dest fatto fuori dal movimento dell’attaccante, Ter Stegen non è stato in grado di opporsi alla non irresistibile conclusione indirizzata sul suo palo. Dest e Ter Stegen sono i chiari colpevoli della rete madrilena. Alla prima, semplice, normale azione di una squadra che, con eccezione dell’ultima contro l’Espanyol, non vinceva in Liga da 13 partite, il Barça è andato sotto. Non il migliore biglietto da visita per una formazione che cerca di conquistare un posto nella prossima Champions League.

Il Barça, con un ritmo lento e compassato, non è riuscito a pungere in tutti i primi 45′. E questo, purtroppo, è una costante degli ultimi incontri. Basti pensare alle difficoltà riscontrate nella partita contro il Cadice, squadra che, alla successiva gara contro l’Athletic Club, alla mezzora era già sotto di tre reti.

Con l’eccezione di una incredibile traversa interna colpita da Gavi alla mezzora, la formazione di Xavi è riuscita a concludere solo con Araujo al 13° minuto. Per il resto poco o nulla. Il più pericoloso tra i blaugrana è stato certamente Dembélé, incaricatosi di portare tutte le azioni offensive della squadra. Ma anche da lui, sebbene certamente il più attivo, non sono arrivati grandi squilli. Degna di nota anche la prestazione di Gavi, autore, tra l’altro, di una penetrazione in area di rigore che avrebbe certamente meritato il penalty, assurdamente negato dal signor Isidro Diaz.

Quello della direzione arbitrale è un capitolo che merita di essere approfondito a parte perché questa è l’ennesima di una serie consecutive di partita in cui si registrano episodi che destano molti sospetti circa la loro correttezza. Non solo in Liga. Anche in Europa, con lo scandalo del video e audio VAR che non funzionano proprio nel momento del possibile rigore a favore dei blaugrana. La partita contro il Rayo è stata l’esemplificazione delle oscure manovre che hanno preso forma nei palazzi del potere calcistico e che si stanno eseguendo come un modello matematico ad ogni gara del Barcelona.

Contro il Rayo Vallecano si è assistito ad un arbitraggio infame. E alla faccia degli errori! Questi non sono, non possono essere errori, sviste, incidenti. Nemmeno Tiresia, e ci spiace scomodare nuovamente il cieco indovino di Tebe, sarebbe stato così sfortunato a cannare ogni chiamata. Per la legge dei grandi numeri, per la scienza della statistica e delle probabilità, qualcuna la avrebbe dovuta azzeccare. Invece no. Neanche una. Il signor Isidro Diaz, più un personaggio dei fumetti di Topolino che una persona vera, si è applicato per fischiare a senso unico, permettere tutte le manfrine da squadra sudamericana anni ’70 che il Rayo ha applicato alla perfezione, e si è prodigato per ostacolare/bloccare il Barça in ogni modo nel suo tentativo di rimonta nel secondo tempo. Due chiari rigori negati ai blaugrana, entrambi su Gavi, uno al primo tempo e suo nella ripresa gridano ancora vendetta. Persino in Premier, campionato in cui gli arbitri sono notoriamente scadenti, anziani e fuori forma. ma almeno onesti, i due interventi sarebbero stati sanzionati con la massima pena. Non solo. Le interpretazioni sui contrasti sono sempre state a favore del Rayo, con falli subiti dai blaugrana, ma fischiati a favore degli avversari. Il direttore di gara ha fatto il possibile per agevolare il lavoro ostruzionistico e antisportivo de los de Vallecas, che hanno interpretato alla perfezione il copione scritto al fine di perdere tempo. Rotolamenti come se i giocatori fossero stati preda di avvelenamenti da stricnina o immobili in terra come se fossero stati crocifissi. Il Signor Isidro Diaz ha interrotto costantemente il ritmo ai blaugrana e ha innervosito i giocatori con un arbitraggio sfacciatamente irritante e contrario.

Non si sa che decisioni abbiano preso nelle oscure stanze dei bottoni, ma è chiaro che l’inizio di questa sequela di piaghe bibliche che stanno colpendo la formazione blaugrana è coinciso, pressapoco, dopo il poker al Bernabeu. Coincidenza? Forse sì, forse no. Noi registriamo solamente fatti di una gravità indubitabile ai danni del FC Barcelona non appena questa squadra ha iniziato a riprendersi e a macinare punti su punti e a scalare la classifica.

Detto questo, rimangono i limiti di una squadra che fatica enormemente a rendersi pericolosa sottoporta. Tuttavia, nella ripresa contro il Rayo, nessuno può imputare qualcosa alla squadra, ai giocatori. Gli undici un campo hanno dato tutto, sputando l’anima. Con il passare del tempo, e con le clamorose decisioni arbitrali, la squadra si innervosita sempre più, perdendo calma e lucidità. Un’altra cosa è importante sottolineare. L’importanza della difesa titolare in questa squadra. Ogni volta che Xavi è costretto a schierare una linea difensiva diversa da quella composta da Dani Alves, Araujo, Piqué e Jordi, tutta la squadra paga dazio. Il gioco si frantuma, la formazione in campo perde sicurezza e diventa estremamente vulnerabile dietro. Ma di questo avremo occasione di parlarne nei prossimi articoli.

PROVA DI FORZA E CARATTERE A SAN SEBASTIAN. 0-1

Giuseppe Ortu Serra

Il Barcelona sconfigge la Real Sociadad in terra basca e mantiene il secondo posto davanti al Sevilla al termine di una bella partita tirata, combattuta e dura quanto basta per annoverare tre infortunati su quattro nella difesa blaugrana. La rete della vittoria, giunta all’11° minuto, porta la forma di Aubameyang (9ª rete il Liga) al termine di una bella azione prolungata in area di rigore avversaria.

Nei primi 45 minuti si è visto un ottimo Barça contro un’altrettanto forte Real. Quella alla Reale Arena di San Sebastian è stata una partita complicata non solo per la forza dell’avversario, ma anche per il momento nel quale la formazione di Xavi è atterrata all’ex Anoeta. Reduce da due sconfitte consecutive tra Europa League e campionato (Eintracht e Cadice), e con la vittoria del Sevilla a Valencia che non molla di un centimetro nella corsa al secondo posto, il Barça è sceso in campo con la squadra titolare dopo avere recuperato squalificati (Araujo) e infortunati (Piqué). Con la formazione al completo, sopratutto con la difesa al completo, il Barça è apparso un’altra squadra rispetto a quella senza energie ed equilibrio vista nelle ultime gare.

La partita è iniziata con una Real molto più aggressiva e in palla, e ha pressato subito alto i blaugrana. Ma oggi il Barça era diverso rispetto a quello visto ultimamente. Piquè, Araujo e Dani Alves hanno dato sicurezza al reparto arretrato e, di conseguenza, a tutta la squadra. Così, dopo i primissimi minuti, la formazione di Xavi ha mostrato il suo lato migliore. Sicurezza, autorità, facilità di palleggio. E incisività in attacco.

Il Barça è passato subito. All’11° minuto una bella azione iniziata da Jordi a sinistra, ha portato alla conclusione Dembélé a destra. La sua conclusione in diagonale si è stampata sul palo rientrando sul terreno di gioco. Gavi è stato il più lesto a impossessarsi della palla e a rigiocarla con un bel cross per Ferran (a destra). L’ex City ha stoppato con il petto e cercato con un pallone alto sul secondo palo Aubameyang che, con uno stacco portentoso in sospensione, ha appoggiato in rete. Il vantaggio ha dato ulteriore slancio ai blaugrana che hanno continuato a giocare con autorità, sfiorando il raddoppio in diverse circostanze e legittimando il risultato.

La ripresa ha visto invece una Real che è entrata in campo con maggiore intensità e forza, mettendo alle corde da subito il Barcelona. Le cose si sono ulteriormente complicate perché Xavi ha dovuto rinunciare, per infortunio, a tre dei difensori titolari. Prima è toccato ad Araujo lasciare il campo per un infortunio al ginocchio che è parso grave sin dall’inizio. Al suo posto Eric, protagonista di due svarioni difensivi che, per un nonnulla, non sono costate due reti al Barça. In una di queste occasione San Ter Stegen ha decisamente salvato il risultato con un paradón one to one con Sorloth. Poi è stato il turno di Dani Alves (66′) a dover abbandonare il terreno di gioco. Al suo posto è entrato Dest. Infine (82′) a dare forfait è stato Piqué. Lenglet ne ha occupato la posizione in campo. Con la difesa totalmente rivoluzionata per infortuni e con Jordi che ha lamentato diversi problemi sebbene sia rimasto stoicamente in campo, il Barça è stato messo alle corde. Ha subito, ha rischiato, è stato aggredito in alcune circostanze, ma è riuscito a difendersi con le unghie.

Dal 70′, complice anche un calo di intensità della formazione di casa, il Barcelona è riuscito a gestire meglio la gara, sollevare il baricentro e tenere la palla lontano dalla propria tre quarti difensiva. La partita è così scivolata verso il fischio finale con un recupero monstre (10 minuti), di quelli che il Barça non vede mai assegnati a suo favore neanche quando ne sussisterebbero le circostanze. Leggasi Eintracht Frankfurt e Cadice.

Con questo risultato il Barça risponde al Sevilla, corsaro a Valencia, sponda granota, mantiene la seconda posizione e stacca l’Atletico (pareggio casalingo per 0-0 con il Granada) di due punti.

IL BARÇA CADE CONTRO IL CADICE IN UN CAMP NOU CHE GLI VOLTA LE SPALLE

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça ha perso contro il Cadice con il risultato di 0-1 e ha sommato la seconda sconfitta consecutiva tra le mura amiche. Ma non ha perso solo la squadra. Ha perso anche il pubblico, o almeno una parte di esso, la grada d’animació, che ha mancato l’occasione per fare la cosa giusta. Gli assenti non hanno mai ragione. Mai.

Per la partita contro il Cadice, formazione terzultima in classifica e impegnatissima in una lotta per la salvezza che non ammette distrazioni, Xavi ha dovuto appostare per un undici privo di alcuni punti cardine tra infortunati e squalificati. Piqué e Pedri indisponibili, Araujo squalificato. Dopo l’eliminazione dalla Europa League ad opera dei tedeschi dell’Eintracht di Francoforte, ci si attendeva una reazione di orgoglio, una reazione forte per dare un chiaro messaggio all’ambiente e alle avversarie. Si è visto, invece, un primo tempo grigio, soporifero, sìcon una squadra impalpabile. Xavi ha schierato Dest, Eric, Lenglet e Jordi in difesa, con De Jong, Busi e Gavi in mezzo. Davanti occasione per Depay dall’inizio insieme a Dembélé e Ferran.

Squadra grigia e molle come si è detto. Pubblico indifferente, con la grada d’animació, deputata a sostenere la squadra, che ha deciso di scioperare proprio nel momento più delicato della squadra e della stagione, dimostrando di non avere a cuore le sorti della formazione di Xavi. Bravi a parole, ma nel momento del maggior bisogno, queste persone hanno deciso di mettere davanti alle necessità della squadra i loro interessi personali. Si protesta prima e dopo, non durante i 90′ facendo mancare l’appoggio alla squadra. In questa maniera chi pensano di danneggiare se non i giocatori? La stessa cosa era accaduta contro l’Eintracht, restando fuori dallo stadio per parte della gara. Il loro menefreghismo è pari alla vigliaccheria di tutti coloro che hanno ceduto il proprio abbonamento ai tifosi tedeschi. Due diverse facce della stessa medaglia; due comportamenti errati che portano alla medesima conclusione: gli uni e gli altri sono egualmente responsabili del disastro.

Il primo tempo è scivolato senza grandi scossoni da parte del Barça ad eccezione del solito instancabile Dembélé, l’unico in fase offensiva a metterci l’anima e la voglia di offendere. Se il francese è stato il migliore, Depay il suo opposto. Lento, fuori dalla squadra e dagli schemi, sembra un giocatore con la mente già altrove. Ha sbagliato ogni pallone, perdendo tutti i contrasti e risultando del tutto insignificante in ogni contesto della gara. In difesa il Barça ha rischiato una volta sola, ma ha subito l’occasione della partita. Un contropiede velocissimo che ha trovato la squadra messa male e che è stato concluso da un tiro di Perez davanti a Ter Stegen finito incredibilmente fuori, anche per il disturbo fattivo di Dest che ha impedito una tranquilla conclusione al giocatore del Cadice. Alla fine dei primi 45 minuti la squadra è uscita dal campo fischiata dal pubblico del Camp Nou.

Al primo tempo grigio ha fatto seguito una ripresa con maggior voglia da parte dei blaugrana. La necessità di vincere per mantenere la seconda posizione ha spronato maggiormente i giocatori di casa, anche se è stato il Cadice a passare. Un altro contropiede che ha trovato la squadra del Barça mal posizionata. Non solo, il Cadice ha avuto la possibilità di colpire tre volte davanti al portiere senza che nessun difensore blaugrana sia riuscito ad intervenire per liberare. Prima è stato Sobrino a colpire due volte, con il portiere tedesco che è riuscito in qualche modo ad impedire la rete avversaria senza essere stato in grado, tuttavia, di liberare definitivamente; poi è toccato a Pérez calciare in porta e siglare la rete del vantaggio. E i blaugrana? Tutti lì a guardare. Tre conclusioni del Cadice senza che la difesa sia riuscita e metterci becco è qualcosa di assolutamente indescrivibile e ingiudicabile. Da restare allibiti e senza parole.

Il tentativo di rimediare al disastro è stato affidato a Dembélé, l’unico tra i giocatori in campo in grado di impensierire Ledesma, il portiere avversario. Il francese ci ha provato da ogni parte e in ogni modo, ma sempre senza fortuna. Se pensiamo che quasi certamente lascerà il Barça a fine stagione, resta da chiedersi quale sarà il destino offensivo di questa squadra.

Il ritrovato spirito combattivo della squadra aveva nel frattempo svegliato il pubblico, spronato dall’ardore disperato di contrastare l’avversa fortuna, l’ostruzionismo di una squadra che cercava ogni mezzuccio per restare a terra, per perdere tempo e spezzare il ritmo del Barcelona. Chiaramente tutti meno la grada d’animació, la cui assenza è la maggiore vergogna di questo risultato. Chi è assente non ha mai ragione, qualunque sia la rivendicazione che lo spinge a protestare, anche se giustificabile e sostenibile. L’assenza e il supporto che quei tifosi hanno fatto volutamente mancare alla squadra nel momento del massimo bisogno, non è perdonabile. È inutile affollare la tribuna e sostenere quando le cose vanno bene. È adesso che c’era bisogno di loro. Ma loro non c’erano, e il deserto di quel settore è una delle cause di questa sconfitta come di quella in Europa League. Essi hanno tradito la squadra, i giocatori, il loro allenatore chiedendo Barabba invece di Gesù Cristo. Anzi, nemmeno quello. Semplicemente hanno ignorato la squadra decidendo di disertare il Camp Nou.

Nel secondo tempo gli ingressi in campo di Adama, Aubameyang e Luuk hanno aumentato la sensazione di pericolo. Ma si è trattato di una sensazione, appunto. Maggiore presidio dell’area di rigore, ma veri pericoli pochi. Una occasione importante creata da Eric con un gran tiro da fuori che ha costretto Ledesma a una pacatissima d’istinto, e un colpo di testa ravvicinato di Luuk, con il portiere avversario che si è ritrovato miracolosamente la palla tra le mani. Aubameyang sembra aver consumato la pozione magica che lo aveva fatto segnare a ripetizione al suo impatto con il club. Nelle ultime partite è andato via via affievolendosi. Discorso simile per Adama.

Il Barça è alla terza partita consecutiva senza vittoria contando tutte le competizioni. È alla sua seconda sconfitta consecutiva dopo l’Eintracht. La vittoria di Madrid, con quelle proporzioni, ha forse fatto più male che bene. La pausa per le nazionali, giunta proprio dopo lo 0-4 al Bernabeu, non ha certo dato una mano, facendo calare la squadra di intensità.

Non tutto è perduto in chiave secondo posto. Il Barça ha ancora una partita da recuperare, quella contro il Rayo di domenica 24, ore 21:00. Giovedì si torna subito in campo per la difficilissima trasferta a San Sebastian contro la Real Sociedad, a questo punto sì, una partita di fondamentale importanza. Il Barça non ha tempo per leccarsi le ferite. Forse questo è l’aspetto migliore. Si gioca subito e adesso ci si aspetta una reazione vera, se non si vuole bruciare tutto il lavoro fatto da Xavi, e dagli stessi giocatori, in questi difficoltosi mesi di ricostruzione e risalita.

LA VERGOGNA VAR-UEFA CALA COME UNA MANNAIA SUL BARÇA

Giuseppe Ortu Serra

L’Eintracht Francoforte elimina il Barça, al Camp Nou, in una notte da tregenda, al cospetto di uno stadio pieno per la metà di tedeschi nonostante i biglietti a loro disposizione fossero appena 5 mila (fatto di una gravità assoluta), che ha fischiato il Barça dall’inizio alla fine, con un arbitro inviato per inscenare la più vergognosa direzione di gara che si sia mai vista in un Paese serio e libero, con una Uefa che si pregia di organizzare una manifestazione in cui il collegamento video e audio con il Var non funziona in certi momenti topici della gara e in certi altri sì. Oggi abbiamo assistito a una direzione di gara vergognosa, a una organizzazione da parte della Uefa da barzelletta. Siamo stati testimoni di una organizzazione che è parsa più una pagliacciata che una partita di calcio seria.

La partita è terminata con il risultato di 2-3 a favore dei teutonici, ma non è questo il punto del discorso. Piuttosto la negligenza, la trascuratezza, l’incuria, la sciatteria di un arbitraggio che sarebbe stato certamente migliore se fosse stato curato da Tiresia, il mitico indovino cieco appartenente alla stirpe degli Sparti, e di chi lo ha selezionato per dirigere un quarto di finale di Europa League. La domanda è: c’è stata colpa o si tratta di dolo? Com’è che nel momento della on field review per l’assegnazione del rigore al Barça il monitor e il collegamento audio con la sala Var non funzionano, e poi sono in perfetto stato quando c’è da giudicare il fuorigioco di Busi? Forse dovremo rivolgerci proprio a Tiresia per avere la risposta del nostro arcano.

Avremmo voluto parlare del 5-4-1 dell’Eintracht che ha fatto seguito al 5-5 dell’Atletico. Invece dobbiamo parlare di cose estremamente gravi accadute stanotte. Come del gioco pesante e intimidatorio compiuto dagli ospiti, che “il Cieco di Sorrento” ha fatto finta di non vedere, e della Vergogna della Uefa.

Dal punto di vista calcistico i tedeschi hanno imbrigliato i blaugrana con due linee granitiche e ravvicinate. Una linea Maginot che ha reso quasi impossibile ogni passaggio, ogni inserimento di palla tra le linee. Non c’era nemmeno lo spazio per far passare uno spillo. Le azioni manovrate sono state rese impossibili dalle linee strettissime degli uomini di Glasner. I palloni lunghi a saltare centrocampo e linea difensiva dei tedeschi non avevano spazio per raggiungere gli attaccanti senza che fossero preda del portiere o che il campo finisse.

Il Barcelona si è però infilato in un vicolo cieco con le sue mani. Anzi, con quelle di Eric, che al 3° minuto ha cinturato e buttato giù Lindstrom in area come fa un novellino alla prima uscita senza la mamma. Calcio di rigore e vantaggio dell’Eintracht con Kostic. Quello è stato l’inizio della fine.

Da quel momento i tedeschi si sono messi dietro con lo schieramento appena descritto ed è stato estremamente faticoso trovare spazi. Di contro, sono ripartiti con pericolosità più volte, andando a minacciare prima la porta difesa da Ter Stegen (con Kostic e Knauff) e a segnare poi con Borré la rete dello 0-2. I blaugrana, che avevano iniziato la gara con De Jong in panchina e Gavi al suo posto, hanno avuto poche chance di andare in goal. Solo Aubameyang e Araujo, in entrambe le situazioni di testa, hanno minacciato la difesa di Francoforte. Troppo poco per ribaltare le sorti della gara.

La ripresa è stata come vedere il film Fuga per la Vittoria di John Huston. L’Eintracht a picchiare e a palleggiare con le mani nella propria area di rigore, l’arbitro a fare spallucce e a voltarsi dall’altra parte. Esattamente come il fischietto del film. In Barcelona-Eintracht la regia è stata della Uefa, la sceneggiatura di Soares Dias, della quale è stato anche attore protagonista. L’ineffabile “signor” Soares Dias, oscuro arbitro della Uefa, ha richiamato su di sé i riflettori della gara e ha iniziato a dirigere a senso unico a favore dei tedeschi. Chiamate capovolte, fallacci non fischiati, ammonizioni non assegnate, se non ai giocatori blaurgana per proteste. La Uefa, stanotte, ha davvero toccato il fondo. E ci stupiamo che la Superlega non parta da domani mattina. Dopo questo indecoroso spettacolo, l’avvento della nuova competizione dovrebbe essere il minimo.

I tedeschi hanno condotto un gioco violento, esattamente come la Germania nel film citato. I blaugrana, nella parte degli Alleati, le hanno prese di santa ragione, in casa, senza che potessero protestare più di tanto pena il cartellino giallo. Alla fine i cartellini gialli saranno 4 per i tedeschi e 3 per i catalani (due dei quali per proteste).

Ma il grottesco, la pagliacciata, la pantomima, la suprema vergogna da parte della Uefa è stata toccata al 58′, quando l’arbitro, posizionato frontalmente rispetto all’azione di gioco, senza alcun impedimento visuale, ha visto e lasciato correre un evidentissimo aggiustamento della palla, in area di rigore, da parte di un giocatore dell’Eintracht che ha reindirizzato con la mano la direzione del pallone a suo favore mentre stava uscendo dalla sua disponibilità e finendo in quella di Ferran. Soares Dias ha fatto proseguire, salvo poi essere richiamato dal Var. Dopo un conciliabolo di evidente lunghezza, Soares Dias si è recato a bordo campo per l’on field review. La tragicommedia dell’Uefa ha toccato l’apice quando si è scoperto che il controllo a bordo campo non si sarebbe potuto eseguire posto che, udite udite, il monitor della Uefa non era funzionante. Ma dove siamo? In un polveroso campetto di periferia per la disputa della Carrozzeria Rossi contro il Panificio Bianchi, o al Camp Nou per un quarto di finale di Europa League? Come si possono controllare le immagini se non ci sono le immagini da vedere? Come si può verificare se c’è o meno un tocco di mano se il video non funziona? Ridicolo! Una abnormità. Il fischietto portoghese, dopo una infinità di tempo nell’attesa che il monitor si accendesse, cosa piuttosto complicata se non funziona (se non funziona è inutile restare ad attendere che si accenda. Non funziona e basta!), ha poi effettuato il controllo Var via audio per interposta persona. Ha praticamente chiesto, immaginiamo, che la sala Var gli raccontasse la storiella di come erano andati i fatti. Il racconto dell’azione che si può fare al bar dopo una bevuta di birra e un boccone di salsiccia grondante grasso. “Dunque, c’era una volta Cappuccetto Rosso che mentre andava dalla nonna…” Ma dai, siamo seri per favore!

Durante questa vergognosa pantomima, con anche l’audio che ad un certo punto ha smesso di funzionare tanto da diventare un discorso tra sordi, siamo sufficientemente sicuri che tra arbitro e Var non ci sia nemmeno stato quel raccontino da birra e salsicce sopra descritto. Dopodiché, nel pieno dell’opera buffa di mozartiana memoria, tra una scorreggia e uno sberleffo, Soares ha deciso da quel Ponzio Pilato cieco qual è di continuare a non vedere e a non sapere. Conclusione? Nulla, abbiamo scherzato. Abbiamo interrotto il gioco per dimostrare che cecati eravamo e cecati, oltre che sordi, siamo rimasti. Di rigore neanche a parlarne e palla all’Eintracht che può riprendere l’azione, con danno al Barça, al calcio, allo sport e all’intelligenza umana. E attenzione, perché questo errore sarà alla fine vitale per l’eliminazione del Barça.

Il signor Ceferin, tanto abile a pontificare contro la Superlega, salvo poi non essere nemmeno in grado di organizzare una gara regolare con un arbitro terzo, o se era terzo, talmente incapace da far seriamente dubitare che lo fosse, dovrebbe presentare le dimissioni immediatamente data la sciatteria, il menefreghismo, la poca grazia con la quale organizza la competizione, posto che non è nemmeno in grado di mettere a disposizione un monitor funzionante. Lo avessero detto prima, il problema si sarebbe presto risolto chiamando il rivenditore di impianti di seconda mano che c’è nei dintorni del Camp Nou. State tranquilli che lui avrebbe messo a disposizione una apparecchiatura funzionante e ben più efficiente di quella di Ceferin. E ad un costo anche inferiore!

E così, dal possibile 1-2 si è passati direttamente allo 0-3, con la terza marcatura dei “teteschi”, come avrebbe detto Il Turco del film The Snatch. È stato Kostic a realizzare a seguito di un pasticciaccio della difesa del Barcelona. Da una rimessa laterale, la squadra blaugrana è rimasta totalmente ferma. Adama appena entrato in campo e quindi fresco, anche se sembrava avesse concluso il Cammino di Santiago tanto pareva affaticato, non ha accorciato sull’uomo, Dest, fuori posizione, ha chiuso in ritardo e Kostic, in diagonale, ha ringraziato e siglato la terza rete. Un disastro!

Il Barça ha continuato a tenere palla e a sbattere la testa contro l’ordinato muro tedesco. Più vivo e veloce che nel corso del primo tempo sopratutto grazie all’ingresso in campo di De Jong (grave l’errore di Xavi di tenerlo fuori all’inizio), ma non tanto da impensierire eccessivamente gli avversari teutonici. I quali, per una distribuzione dei biglietti folle, sulla quale ci sarà da aprire una investigazione interna, sembravano giocassero in casa, con fischi subissanti ad ogni azione dei blaugrana.

Il Barça ha tenuto palla, ma ha punto poco anche nel secondo tempo, manifestando ancora una volta di più che l’acquisto di una punta vera, importante, una di quelle che la squadra ha sempre avuto, è necessario se si vuole pensare a tornare ad essere protagonisti in Spagna e in Europa. Aubameyang va bene come spalla, come subentrante dalla panchina, ma non può ricoprire il ruolo di unica/prima punta in una formazione di primissimo livello. Se punti al quarto posto in Liga, o a fare più strada che puoi in Europa come una squadra qualunque può andare bene. Ma se vuoi vincere il campionato e arrivare in fondo nelle coppe, hai bisogno di ben altro. Il club è adesso ad un bivio. O in estate arriverà un top player, o si dovrà rinviare i sogni di gloria a tempi migliori.

Aubameyang, come all’andata, non si è visto quasi mai. Una occasione nel primo tempo, al 10° minuto, e due in apertura di ripresa, al 47′ e al 56′ giungendo alla conclusione in porta solo in quest’ultima circostanza. Poi il nulla.

Dopo una rete annullata per fuorigioco a Busquets in cui, eureka!, il collegamento arbitro-Var ha ripreso a funzionare (quanto è strana la tecnologia. Prima non funziona né video, né audio, poi, all’improvviso, tutto è apposto; audio… video…), Busi ci ha riprovato e ha tirato una legnata da fuori area che ha gonfiato la rete nell’angolino lontano. 1-3. Era il 91′ e l’arbitro aveva appena concesso 9 minuti di recupero. Pochi, pochissimi per tutto il tempo che si è perso per la gazzarra oscena che Soares Dias e il Var hanno inscenato in occasione della mancata concessione del sacrosanto rigore per il Barcelona, per le 8 sostituzioni effettuate dalle due panchine e per tutte le volte che i giocatori sono rimasti a terra. Un calcolo obiettivo avrebbe richiesto almeno 12/14 minuti di recupero. Ma vista la situazione è già tanto che sia stato concesso l’extra time.

L’1-3 ha spronato i blaugrana, spinto anche dai pochi culés presenti sugli spalti. Sono così fioccate le occasioni, ma la mira, e la fortuna, non sono state dalla parte blaugrana. Al 100′ l’ineffabile Soares Dias, nome da mandare ai posteri come persona da cui rifuggire come la morte, ha concesso un calcio di rigore per una sbracciata di Ndicka, nell’occasione espulso per doppio giallo, ai danni di Luuk (entrato al 69′ al posto di Eric). Il tempo di recupero era già finito e la concessione del rigore, a quel punto della gara, è parsa più la definitiva presa in giro ai danni dei padroni di casa che una vera convinzione di applicare il regolamento. Depay ha trasformato, con il brivido (palla sulla parte bassa della traversa e rete), il goal del 2-3 pochi istanti prima del triplice fischio finale di una gara nata male e finita peggio.

Xavi dovrà leccarsi le ferite e cercare di rimettere a posto i cocci di una formazione uscita con le ossa rotte, il morale a terra e con qualche infortunio di troppo (Pedri) per evitare di sbarellare in questo finale di stagione, ormai tutto incentrato sulla conquista del secondo posto.

LUUK SALVADOR. IL BARÇA CONQUISTA I TRE PUNTI AL 92′

Giuseppe Ortu Serra

Il Barcelona vince a fatica, nel recupero, contro il Levante al Ciutat de Valencia grazie a una rete al 92′ di Luuk. Tre punti di una importanza basilare nella costante lotta con Sevilla e Atletico per la conquista del secondo posto in campionato. Il Barça ha faticato oltre le più temibili aspettative e ha seriamente rischiato di non riuscire a portare a casa i tre punti in palio. Non solo, ad inizio ripresa, si è temuto anche che potesse maturare una cocente e clamorosa sconfitta. Il Barça sta chiaramente tirando il fiato. Lo si è visto nella prima parte della gara, valida per la 12ª giornata di ritorno del campionato. I primi segnali di questo calo di condizione si erano visti contro l’Eintracht nell’andata dei quarti di Europa League. Il primo tempo del Ciutat de Valencia contro la formazione granota, ha confermato che la formazione di Xavi, dopo avere tirato al massimo per gran parte del girone di ritorno per recuperare posizioni su posizioni in classifica, sta ora respirando con la bocca aperta, manifestando chiari segnali di fatica.

La partita contro la vice colista de La Liga è stata incredibilmente equilibrata nonostante il classico testa-coda. Anzi, nel primo tempo le migliori occasioni sono state proprio per i padroni di casa. Sopratutto una, con Morales che ha puntato la difesa blaugrana da solo, superando Araujo, Jordi, incuneandosi in area di rigore e presentandosi davanti a Ter Stegen che è stato abile nell’intercettare e rallentare il tiro del comandante, sul quale è potuto intervenire, in seconda battuta, Eric, che sulla linea è riuscito a respingere la minaccia e la ormai imminente rete.

Il Barça ha giocato a ritmo basso, con poca pressione alta e fantasia. Si sono visti nuovamente alcuni dei problemi che erano stati riscontrati a Francoforte, tra i quali una sorta di staticità dei giocatori senza palla che rendono la manovra lenta e difficoltosa. Il Levante ha cercato esclusivamente i lanci lunghi per prendere le spalle della difesa avversaria e lanciare le due punte, Roger Martí e Morales. Il piano di Lisci è riuscito e non ha permesso alla retroguardia del Barça di giocare in tranquillità. Diversi errori anche nell’uscita della palla, tra i quali uno iniziale di Dani Alves, che con un improvvido passaggio orizzontale ha permesso a Morales di calciare verso la porta e minacciare Ter Stegen.

La ripresa è stata invece totalmente diversa e ha presentato un Barça scoppiettante, trasformato rispetto alla prima parte sonnolenta e affaticata. La squadra ha dimostrato di essere tutto ciò che non era stata prima dell’intervallo. Veloce, brillante, aggressiva, con un gioco di prima ed il recupero immediato della palla. Nonostante ciò, è stato il Levante a passare con il primo dei tre rigori assegnati da Munuera Montero alla formazione granota.

Al 51′, per un intervento di Dani Alves su Son, che ha sbracciato colpendo l’avversario sul volto, l’arbitro ha assegnato un calcio di rigore che Morales ha trasformato con sicurezza. Al 56′, poi, il Barça ha rischiato di andare sotto per la seconda volta consecutiva. Ancora su penalty, questa volta assegnato per un fallo di mano di Eric. L’incaricato della battuta è stato Roger Martí, che si è fatto ribattere la conclusione da Ter Stegen.

Il Barça ha tirato un sospiro grande come la parata del numero uno tedesco. Sarebbe stata una clamorosa ingiustizia andare sotto di due reti. Dal possibile 0-2 all’1-1 è stata questione di pochi minuti. Al 59′, infatti, Aubameyang, ottavo goal in campionato e decimo in assoluto, ha staccato di testa su assist di Dembélé (ottava assistenza) e ha pareggiato le sorti dell’incontro.

La formazione di Xavi si è scatenata a questo punto, andando ancora una volta in rete. Il merito è stato di Pedri (da poco subentrato a Nico) che ha calciato di prima, a giro, un passaggio orizzontale e rasoterra di Gavi, anch’egli neo entrato al posto di De Jong. I due gioielli del Barça hanno trasformato la squadra, dando brio, grinta, velocità e fantasia. Due perfette mosse di Xavi-Potter con le quali ha dato la sveglia ad una squadra addormentata nei primi 45 minuti. Tutti sono stati compatti nell’affrontare la sfida. Compreso Dembélé, sempre più inserito nel gruppo e nell’ordito della squadra. Come quando, al 72′, è tornato in difesa, facendo il difensore e recuperando palla. Non è la prima volta che questo accade negli ultimi incontri (lo avevamo notato anche a Francoforte), ma è certamente un evento da mettere ancora in evidenza per quanto stia cambiando la voglia del giocatore di fare parte di questo gruppo.

Con il 1-2 a favore del Barça tutto lasciava presagire che i blaugrana fossero sul punto di realizzare la rete del 1-3, quando, improvvisamente, è giunta la mazzata del terzo rigore fischiato a favore dei locali. Questa volta il fallo è stato del sempre pericoloso Lenglet (in campo al posto di Dani Alves, che ad inizio ripresa era stato fatto oggetto di pesanti attenzioni da parte di alcuni avversari). Il difensore francese è entrato fuori tempo sul pallone, colpendo l’avversario sul piede nel più classico dei pestoni. Dal dischetto si è presentato Melero. Questa volta Ter Stegen non è riuscito a ripetersi, e all’83’ si era nuovamente in parità: 2-2.

Xavi-Potter ha rimesso mano alla sua bacchetta, rispolverando Luuk dall’armadio e mandandolo in campo al posto di Aubameyang. Insieme a lui ha fatto il suo ingresso sul terreno di gioco anche Adama per Dembélé. La mossa si è mostrata nuovamente azzeccata, tanto è vero che è stato proprio il buon Luuk a realizzare la rete della vittoria con un cabezazo su centro di Jordi.

Una vittoria fondamentale quella del Ciutat de Valencia in chiave secondo posto. I tre punti permettono alla squadra blaugrana di riconquistare la seconda piazza ai danni del Sevilla, vittorioso venerdì nel suo scontro contro il Granada per 4-2. Il risultato, e la prestazione del secondo tempo del Barça, sono un ottimo viatico per le prossime due importantissime gare, contro Eintracht e Cadice, che la squadra dovrà giocare giovedì 14 al Camp Nou per il ritorno dei quarti di Europa League contro i tedeschi, e lunedì 18, per la 13ª giornata di ritorno di campionato, ancora in casa contro la formazione dell’istmo.

1-1 A FRANCOFORTE DI UN PICCOLO BARÇA. ELIMINATORIA APERTA

Giuseppe Ortu Serra

Un piccolo Barça strappa un pareggio inaspettatamente lavorato e difficoltoso dal Deutsche Bank Park di Francoforte. Un uno a uno finale che lascia totalmente aperta la qualificazione e rimanda al duello del Camp Nou il verdetto su chi taglierà il traguardo delle semifinali di Europa League.

Il Barça è sceso in campo con la formazione tipo della competizione europea con le uniche eccezioni di Dembélé e De Jong che si sono inizialmente accomodati in panchina. Adama e Gavi hanno invece indossato la maglia da titolare.

La partita è iniziata subito con una grande occasione per i colori blaugrana, oggi con l’elegante camiseta color malva. Un gran tiro di Ferran da fuori area è stato deviato in angolo dal portiere avversario Trapp. Quell’inizio è stato, sostanzialmente, anche la fine della squadra di Xavi. Da quel momento in avanti, infatti, la formazione di casa ha impresso un ritmo fatto di velocità, aggressività anche oltre i limiti regolamentari, e coraggio. Il Barcelona è stato così sorpreso dai rapidi inserimenti dei centrocampisti dell’Eintracht, non seguiti dagli omologhi catalani. I tedeschi si sono presentati al tiro in tre circostanze nel giro di due minuti. Un corner, una parata e un tiro miracolosamente fuori, dall’altezza del dischetto, il bottino dei padroni di casa. Il Barça forse si è impaurito, fatto sta che non è riuscito a prendere il comando delle operazioni. Il gioco è stato frammentato, con continue cadute per perdita di equilibrio da un lato, e una miriade di imprecisioni e passaggi sbagliati nel breve dall’altro. E’ mancata anche la consueta aggressività e il pressing a tutto campo che permette l’immediato recupero del pallone.

In tutti i primi 45′ il Barça ha calciato in porta in apertura con Ferran e con Aubameyang, brutta la sua prova, il cui tiro, al 18′, è finito sull’esterno della rete. Poco, molto poco per il Barça di Xavi-Potter. L’Eintracht, invece, ha cercato in svariate occasioni la via della rete, anche senza trovare il goal. Il gioco dei tedeschi è stato duro con la beneplacita partecipazione dell’arbitro, il serbo Jovanovic, che ha tollerato senza colpo ferire. Il Barça, già frastornato di suo, non è riuscito ad imbastire delle azioni compiute anche perché spesso interrotte dai falli, non sanzionati, dei locali.

La ripresa si è aperta con la rete dei tedeschi con uno splendido tiro da fiori area che si è insaccato sotto la traversa nell’angolino lontano. Il Barça ha vacillato, restando in piedi come un pugile appena colpito con un destro demolitore. Nella azione susseguente ha rischiato di subire la rete del KO con Lindstrom, che da dentro l’area, ha girato appena oltre la traversa un cross dalla sinistra. Il raddoppio sarebbe stata una mazzata. Così non è stato per fortuna del Barça. Rimasto ancora in partita, Xavi ha operato due cambi che si solo rivelati determinanti. Dentro Dembélé e De Jong per uno spento Adama e per Gavi (sufficiente la sua prova).

I nuovi entrati hanno cambiato la squadra, e quattro minuti dopo i blaugrana hanno costruito la migliore azione di tutta la partita che è valsa la rete del pareggio. Una azione, tutta di prima, in cui sia Dembélé che De Jong sono stati attori protagonisti. Tutto è iniziato dal francese che ha scambiato con De Jong. L’ex Ajax, in area, ha girato il pallone a Ferran, che con un tocco ha restituito la palla a Frenkie. Da lui nuovamente al numero 19 che, all’altezza del dischetto, ha stoppato e infilato in rete. Una meraviglia. Una magia. L’unico vero sprazzo di Barça di tutta la gara. La successiva espulsione di Tuta per doppio giallo ha certamente agevolato il compito alla formazione blaugrana, sebbene non sia riuscita a assestare il colpo della vittoria.

La qualificazione si giocherà dunque in casa, al Camp Nou, davanti al pubblico amico. Il Barça arriverà alla sfida decisiva contro l’Eintracht Francoforte per il passaggio alle semifinali di Europa League dopo la gara di Liga di domenica 12 contro il Levante al Ciutat de Valencia e subito prima della sfida casalinga contro il Cadice di lunedì 18. Una settimana intensa in cui la squadra di Xavi-Potter dovrà ritrovare tutte le energie per continuare a lottare sia per il secondo posto in classifica di Liga, che per la conquista della semifinale europea.

1-0 AL SEVILLA, TRE PUNTI, SECONDO POSTO E UN PEDRI MONDIALE

Giuseppe Ortu Serra

Tre punti, sorpasso operato e secondo posto in classifica. Nello scontro diretto per la segunda plaza, il Barça non tradisce e dà continuità al poker conquistato al Bernabeu prima della pausa per le nazionali. La rete della vittoria è stata realizzata, verso la seconda parte di una ripresa tutta votata all’attacco e all’ottenimento della vittoria, da un Pedri in versione mondiale.

Xavi ha messo in campo l’once de gala per la sfida trascendentale contro il Sevilla, partita valida per il secondo posto in classifica. Dall’altra parte, Lopetegui, ha risposto con il suo attacco “invernale”: Lamela, Martial, Ocampos.

Il Barça ha giocato i primi 45′ con una netta superiorità, anche se il Sevilla si è mostrato ben organizzato e compatto in ogni zona del campo. Il Barça ha fatto maggiormente la partita, il Sevilla si è limitato a controllare l’avversario senza mai abbassarsi eccessivamente. L’incontro è andato così a strappi e sprazzi, con i blaugrana che hanno avuto le uniche occasioni del primo tempo. Ferran, De Jong, Araujo, Jordi, Aubameyang, Dembélé, Pedri. L’ex Arsenal ha reclamato un fallo da rigore su un incrocio di gambe con Koundé. Ma né l’arbitro, Sanchez Martinez, né il Var, Gonzalez Gonzalez, hanno decretato la massima pena. E sì che nella giornata di ieri avevamo visto tre rigori barzelletta a favore del Madrid. Ritorniamo dunque sempre al solito leitmotiv. Ai blancos si fischiano rigori payasos, agli altri si fanno le pulci e non si concedono nemmeno quelli che appaiono esserci. E così il Madrid, ineffabilmente, ride mentre si avvantaggia, psicologicamente e in classifica, dei favori arbitrali.

Il primo tempo, sebbene equilibrato in certe fasi della gara, ha visto chiaramente un Barça che avrebbe ampiamente meritato di andare al riposo in vantaggio di uno/due reti. L’anomalia è, invece, lo zero a zero con il quale si è aperta la ripresa.

Il secondo tempo del Barça è stato decisamente più furioso. E di maggiore qualità rispetto al primo. Le occasioni sono fioccate una dopo l’altra, senza avere quasi il tempo di prendere fiato o prendere nota. In rapida successione sono arrivate le palle goal di Pedri, Ferran, Araujo, Ferran, Piqué, ancora Gerard che ha colpito la traversa, e Dembélé. Fino alla magia di Pedri che, ricevuto la sfera da Dembélé al limite dell’area, posizione centrale, ha dribblato due uomini, fintato il tiro portandosi avanti la palla (con altro avversario finito in terra) per poi lasciare partire tra un nugolo di avversari che affollavano l’area di rigore, un destro angolassimo finito sul palo lontano dove Bono, inutilmente proteso, nulla ha potuto fare.

La rete ha sconvolto il Camp Nou festante, esploso in una bolgia indescrivibile. Pedri ha corso per il campo, come impazzito, verso l’out di destra per essere successivamente travolto dall’intera squadra che gli è saltata sopra, sommergendolo in un irrefrenabile e spontaneo abbraccio traboccante gioia. L’uno a zero aveva il significato del sorpasso sul Sevilla, e dunque, il secondo posto in classifica. All’arrivo di Xavi in panchina, il Sevilla era secondo con un vantaggio di 8 punti sul Barça settimo. Nel giro di quattro mesi è cambiato il mondo; il Barcelona è ora secondo a pari punti con gli andalusi e con una partita da recuperare.

E il Sevilla? Ottima squadra, indubbiamente; ben messa in campo, tosta da affrontare e da battere. Chiusa dietro ad occupare tutti gli spazi in larghezza, compatta e pronta a ripartire come una molla con i suoi giocatori tecnici. Ma il Barça, nella ripresa, ha lasciato appena le briciole a Lopetegui. La miseria di quattro occasioni. E si giocava contro la seconda in classifica. Xavi e i suoi uomini hanno annullato l’avversario con il pressing forsennato, i raddoppi di marcatura, portati spesso con tre uomini contro uno, i cambi di posizione e i rientri di tutta la squadra. Dembélé, giocatore notoriamente asfittico e poco propenso al sacrificio con i suoi allenatori al Barça, con Xavi è un altro giocatore. Oggi è stato memorabile e encomiabile, diventando protagonista di alcune chiusure dopo aver rincorso il suo avversario fin quasi sulla linea dei difensori. Ma non solo, il passaggio per la rete di Pedri è suo, abile a smarcarsi e a trovare un’ampia fetta di campo libera da maglie bianche.

La chiave della gara e del risultato sono stati la velocità, la compattezza, il gruppo. Il motto dei Moschettieri: “Tutti per uno, uno per tutti” è stato mutuato da Xavi per costruire una corazzata che non lascia respirare l’avversario, lo prende per sfinimento (sempre a correre dietro le lepri blaugrana) e lo schianta sotto i colpi della tecnica dei suoi giocatori e della forza di squadra. Un capolavoro! Chapeau!