É BARÇA-SHOW!

Giuseppe Ortu Serra

Calcio. Calcio allo stato puro. Non tagliato da impurità, da mescolanze, da imbarbarimenti, da forzature, da atteggiamenti sparagnini, speculativi, conservatori e pavidi. Non da palloni calciati via a casaccio o in tribuna. No, Xavi ci ha mostrato la strada che porta alla purezza del football contro l’Athletic Club. Quattro reti e un recital monumental di un Barça sempre più Barça. Questa è la terza gara consecutiva che i blaugrana realizzano 4 reti: contro il Valencia al Mestalla (1-4) contro il Napoli al Maradona (2-4) e adesso contro l’Athletic Bilbao al Camp Nou. 12 reti in tre partite contro tre subite, delle quali, la seconda contro il Napoli, viziata da evidente irregolarità della formazione italiana.

Contro la formazione di Marcelino, capace di mettere sempre in difficoltà il Barça, non c’è mai stata partita. La formazione blaugrana ha messo in campo due tempi di gioco per esteti del pallone. Dalla primissima azione una voce è emersa su tutte le altre. Barça is back! Se avevamo visto una super squadra incantare e dominare contro il Napoli, contro la formazione di Marcelino il Barça di Xavi si è confermato in bellezza ed effettività. Vedere giocare questa squadra è come vedere il Barça di Guardiola dei suoi tempi migliori. Giocatori diversi, tranne pochissimi, ma stesso sballo.

Xavi come Guardiola anche riguardo all’utilizzo dei giocatori. Ha resuscitato Dest e lo ha reso un giocatore formidabile. Contro l’Athletic lo ha utilizzato da laterale sinistro e il ragazzo non ha fatto una piega. Nel ruolo ricoperto nella nazionale a stelle e strisce, il numero 2 ha ripetuto la prestazione sfoggiata contro il Napoli. In attacco e in difesa, il ragazzo ha giocato alla grande. Sempre concentrato, sul pezzo, ha offerto un grande supporto lungo tutta la fascia.

La prima rete è stata realizzata al 37‘ da Aubameyang sugli sviluppi di un corner il cui pallone era stato mandato a sbattere sulla traversa da un colpo di testa di Piqué. Sul rimbalzo in campo, Aubameyang ha calciato al volo insaccando alle spalle di Unai Simón. Una rete da vero attaccante, da nueve, proprio quello che mancava a questa squadra. In appena quattro gare da titolare, l’ex Arsenal ha già realizzato 5 reti. Una barbaridad, sopratutto se si pensa che con la sua ex squadra ne aveva realizzato 7 in 15 presenze. Adesso, con appena 6 presenze totali, ha quasi già raggiunto quel bottino. E tutto ciò è chiaramente merito di Xavi, capace di resuscitare una squadra in coma solo tre mesi fa e far rinascere e rigenerare tutti i suoi giocatori.

Nel secondo tempo sono arrivate le altre tre reti nel mezzo di una prestazione sontuosa, fatta di calcio sopraffino, colpi di tacco a smarcarsi e a lanciare il compagno, tocchi celestiali di prima a 200 all’ora. È stato Dembélé, entrato al 73′ al posto di Ferran, a mettere il secondo sigillo con un tiro in diagonale che non aveva quasi spazio per passare, stretto com’era tra palo, traversa e portiere. Il francese, in stato di grazia nonostante i fischi del Camp Nou, ha messo il pallone proprio nell’unico pertugio in cui sarebbe potuto e dovuto passare: sotto la traversa in uno spazio microscopico. La statistica televisiva ha poi valutato la percentuale di riuscita di un tiro del genere in un 4,4%. Ousmane c’è riuscito.

Il Barça si è palesato forte e meraviglioso non solo davanti o in mezzo al campo. Anche dietro questa squadra sta diventando una fortezza. L’Athletic, che nella gara di andata, con Koeman stramazzato e sprofondato in panchina con tutto il suo notevole peso, aveva preso i blaugrana a pallate, pressati nella propria area come aringhe in scatola fin dai primissimi minuti (3 calci d’angolo subiti nei primi 2 minuti), ha tirato in porta la prima volta in partita all’85° minuto!

Quello di Xavi è un Barça stellare nel quale ognuno può essere stella e chiunque ha il suo spazio e la sua opportunità. E così le altre due reti sono state realizzate da Luuk (al 90′, entrato al posto di Aubameyang), al 5° centro in Liga, di testa su assist di Dembélé, e da Memphis al 94′ (che in precedenza aveva preso il posto in campo di Adama) su una scivolata tra i due centrali dell’Athletic da vero opportunista, sempre su assist del francese.

In un Barça-show come questo (mai parola fu usata in un senso più preciso), in cui tutti sono attori protagonisti dello spettacolo, la luce cristallina di Pedri ha brillato più forte di tutti gli altri. Con una prestazione monumentale, degna del miglior Messi, il ragazzo ha messo in fila una serie di tocchi, giocate, aperture a tagliare il campo e azioni mozzafiato, tra cui un tunnel con un colpo di suola, dando le spalle all’avversario, per andare via poi palla al piede come se niente fosse. Vedere caracollare per il campo quel giocatore vale il prezzo del biglietto. Come, ugualmente, vedere Xavi a bordo campo parlare, confrontarsi, dare consigli alla squadra. Xavi non ordina; Xavi parlamenta, scambia opinioni con i giocatori e poi spiega la sua ricetta, che eseguita dai suoi adepti, si trasforma in una opera d’arte in movimento su un prato d’erba. Come Le Déjeuner sur l’herbe di Monet. Semplicemente meraviglioso!

ANCHE I NUMERI DANNO RAGIONE A XAVI

Giuseppe Ortu Serra

Il calcio non è solo matematica, è anche sensi, immaginazione, empatia, bellezza armonica e romantica. I numeri sono freddi; il gioco, il movimento, invece, emanano calore e emozioni. A volte accade che ci sia l’uno ma manchi il secondo; o viceversa. Bel gioco in assenza di risultati; mancanza di spettacolo e conseguimenti sportivi. Raramente si riesce ad ottenere le due cose assieme: bellezza di gioco e risultati. Quando ciò accade è gioia per gli occhi, appetito per buongustai, il paradiso per intenditori. Il Barça di Xavi è sulla buona strada per diventare proprio questo. La partita di Napoli è stato il culmine, fino ad ora, di un trend rialzista che ha appena iniziato a decollare. Verso dove? Questo ancora non si sa. Ciò che è certo è che chi salirà sulla sua giostra non resterà deluso e si assicurerà certamente un viaggio delirante tra le magie di un calcio che sembra confezionato su misura per il piacere assoluto dei cinque sensi. Vedere il Barça è come essere travolti, come lievitare, come cantare con rapimento e danzare come un derviscio. È come provare una felicità delirante.

Armonia assoluta e matematica, si diceva. In questo Barça l’armonia è evidente come entrare al Louvre. Non c’è molto da discutere su questo. Ma il fatto è che questa bellezza è supportata anche dalla fredda e crudele regina dei numeri. No, non “M” di Goldeneye, nella famosa battuta del film, bensì la matematica. Xavi ha preso dalle mani di Koeman una squadra terremotata e la sta trasformando in una macchina da guerra. In 10 giornate, Mister Lamento aveva ottenuto la miseria di 15 punti, lasciando la squadra al 9° posto. Xavi ha assunto la direzione della formazione blaugrana contro l’Espanyol, e in 12 partite ha collezionato 25 punti, passando dal 9° al 4° posto. La metamorfosi, in appena 12 gare, è travolgente. Con Koeman la squadra era paurosa, confusa tatticamente, dispersa nella disperazione di un calcio brutto e casuale. Xavi ha trasformato quell’11 in un gruppo, in una squadra che gioca a memoria un calcio meraviglioso, che non ha più paura di niente ed è in grado di affrontare a viso aperto ogni sfida. Sono trascorsi tre mesi, ma paiono tre anni tanto la squadra è cambiata e ha svoltato. Un cambio talmente radicale che è impossibile anche solo immaginare che si possa realizzare in così breve tempo.

I numeri trovano conforto anche nelle statistiche dei giocatori. Xavi è riuscito a migliorare ogni calciatore della sua rosa. Dest, sul piede di partenza fino a poche settimane fa per la sua inconsistenza in attacco e la sua impreparazione difensiva, adesso è un giocatore totalmente trasformato. A Napoli ha attaccato e difeso come non aveva mai fatto in precedenza. Per non parlare di Adama. Appena giunto dal Wolverhampton, ha già distribuito 4 assist in cinque partite disputate. Ai Wolvs, in 23 gare, non ne aveva messi a referto nemmeno uno. Di più, in 75 partite da extremo destro, aveva sfornato 8 assist. In 5, al Barça, è già a 4. Numeri impressionanti. Ma non basta. Vogliamo guardare i numeri di Aubameyang? All’Arsenal, in 15 partite tra Premier e Carabao Cup, il gabonese aveva realizzato 7 reti. In 5 incontri in maglia blaugrana è già a 4 goal.

Xavi sembra possedere la pietra filosofale, capace, cioè, di risanare la corruzione della materia. Questo allenatore ha recuperato non solo il gioco, l’intensità, lo stile, la voglia e la gioia di giocare, ma sta riuscendo anche a trasformare in meglio i suoi giocatori, facendo emergere da loro stessi quelle potenzialità sepolte nel loro “Io”, e che per chissà quale ragione, non riuscivano ad emergere.

A NAPOLI CON IL PIENO DI FIDUCIA DI VALENCIA

Giuseppe Ortu Serra

A Napoli il Barça si gioca l’accesso alla Europa League con una squadra che ha recuperato Araujo, perno della difesa di Xavi. Le buone notizie riguardano anche l’attacco: come visto a Mestalla, Aubameyang è sulla via del recupero della miglior forma. A Barcelona da quattro gare, l’ex Arsenal ha mostrato la sua faccia migliore a Valencia. Tre reti (una in compartecipazione con Pedri) e una prestazione che ha messo in evidenza il grado di pericolosità dell’attaccante gabonese. Tutto ciò che è mancato nelle precedenti partite, in termine di reti per occasioni create, è arrivato a Valencia. Quattro occasioni da goal e tre reti nei primi 45 minuti. E tutte grazie a Aubameyang. A Napoli, all’andata, il Barça aveva giocato bene sopratutto la seconda parte di gara, ma aveva sprecato enormemente nei due tempi. Tutte le principali azioni da rete erano capitate a Ferran, che l’ex City aveva sprecato clamorosamente. La partita si era chiusa con appena una rete realizzata, su rigore, su quattro/cinque chiare occasioni. Aubameyang non aveva avuto modo di mettersi in mostra allora. Adesso, al ritorno, il numero 25 può riconfermarsi dopo Valencia. Titolare indiscutibile in questa notte europea, Xavi è intenzionato a sfruttarne la spinta emotiva che la tripletta di Valencia ha instillato nel giocatore. L’attacco dovrebbe essere composto, oltre che da Aubameyang, anche da Adama e Gavi. Ferran dovrebbe partire dalla panchina, per avere possibilità di ingresso nel corso della gara. Dembélé, titolare nella partita di Valencia, dovrebbe dare il cambio ad Adama nella ripresa.

Adama-Dembélé, un duo che Xavi vuole giocarsi in alternativa l’uno con l’altro per dare sempre una grande sferzata di velocità e dinamismo nel corso dell’incontro. Nel secondo tempo, quando i ritmi caleranno, ecco che l’ingresso di una freccia come il francese potrebbe essere determinante per fare male ad un avversario che potrebbe non essere più in grado di andare alla medesima velocità impostata all’inizio. Al di là del ritmo sostenuto che il Barça dovrà assicurare nel corso di tutti i 90 minuti, dovrà arrivare quell’effettività, efficacia e cinismo che spesso, in questa stagione, sono mancati. Con un Aubameyang in più nel motore, il Barça potrebbe veramente dare la svolta alla stagione. Non solo sbarcando ufficialmente in Europa League, ma puntellando, e migliorando, quel quarto posto che è fondamentale per la sopravvivenza sportiva della squadra e del club.

Con l’attacco così impostato, la difesa ha aggiunto un tassello fondamentale, quel Araujo che è ormai il centrale più affidabile della retroguardia blaugrana. Recuperato fisicamente dai problemi fisici che ne avevano impedito l’utilizzo all’andata, il Barça sarà certamente più solido dietro, ma anche maggiormente pericoloso in occasione delle azioni a balón parado. Il centrocampo, invece, sarà riproposto nella egregia confezione presentata al Mestalla: De Jong, Busi, Pedri. Una partita, quella contro la formazione che, che ha dato alla squadra e al suo allenatore una enorme iniezione di fiducia nei propri mezzi.

CON UN0 YANG IN PIù nel BARÇA

Giuseppe Ortu Serra

Ying e Yang, vale a dire il giorno e la notte nella filosofia cinese. Il concetto del doppio, del dualismo: bianco e nero; vita e morte. AubameYang ha trasformato il Barça sotto porta. Dal giorno alla notte appunto. La sua incisività in attacco ha permesso alla formazione di Xavi di sbancare Mestalla, lasciare con un palmo di naso il pubblico valenciano (che soffiava come un toro inferocito per non si sa quali presunti torti arbitrali subiti), il mai rimpianto ex Ilaix (che ha preferito l’anonimato del Lipsia (!) prima e del Valencia poi alla copertina del Barça) e il gioco duro dei giocatori di Bordalás.

AubameYang è stato il mattatore del pomeriggio valenciano di ieri. Una tripletta che ha steso il Valencia carico di aggressività, fin oltre il lecito e consentito, e vis polemica. In questa stagione il Barça è sempre stato sterile dal punto di vista della produzione offensiva. Con Koeman era prevedibile e non pericoloso; con Xavi il gioco ha fatto un salto di qualità enorme, ma era mancato, salvo che nella gara interna contro l’Atletico, il cinismo sotto porta. Quello, per intenderci, che trasforma una buona squadra in una grande squadra. Queste ultime capitalizzano il 100 per cento delle azioni create grazie alle bocche da fuoco di cui possono disporre. Tutte le altre possono anche creare e giocare bene, ma al momento della verità, la caratura non eccezionale degli attaccanti fa sì che le reti, e di conseguenza i risultati, non arrivino. Il Barça ha faticato enormemente per realizzare fino a questo momento. Anche contro il Napoli, a fronte di una produzione offensiva eccellente, Ferran ha sprecato l’impossibile. E da una possibile vittoria per 4-1 si è arrivati ad un pareggio per 1-1. Differenza abissale.

Al Mestalla abbiamo visto un’altra faccia blaugrana. AubameYang, alla seconda partita da titolare, ha fatto la differenza in avanti, trasformando in oro, vale a dire in reti, tutta la produzione offensiva della squadra. Il gabonese è arrivato da circa un mese. Alla sua quarta partita ha mostrato che significa avere un attaccante da goal in squadra. È quanto era mancato dall’addio di Suárez e Messi. Gli ci voleva qualche settimana per ambientarsi e riprendere il filo del goal. All’Arsenal, in rotta con Arteta, non giocava dai primi di dicembre. A gennaio ha avuto il coronavirus. Insomma, giunto a Barcelona a febbraio, ha dovuto necessariamente fare i conti con una forma fisica approssimativa e un cambio di squadra e stile di gioco che dire radicale è poco. Certo, Arteta è discepolo di Guardiola, ma il Barça è una cosa e l’Arsenal un’altra. È entrato in squadra come se avesse nei piedi due piume, in silenzio e senza proclami. Si è messo a disposizione e ha atteso il suo momento. Le prime due gare da subentrante e la prima da titolare al Camp Nou contro il Napoli. In Liga, nelle prime due, non era stato particolarmente fortunato. Entrambe le gare giocate in 10 uomini proprio nel momento del suo ingresso in campo. In Europa League non aveva potuto incidere molto: terza partita con la nuova squadra, prima da titolare e, sopratutto, le occasioni erano capitate nei piedi di Ferran. Il rodaggio è terminato alla sua seconda da titolare, in trasferta a Valencia. Contro la formazione che, AubameYang ha mostrato la sua forza. Due reti di pregevole fattura che mettono in evidenza tutto il suo bagaglio professionale, e una deviazione vincente su tiro di Pedri da fuori area. Nelle tre reti del Mestalla, il buon Yang ha mostrato che è capace di attaccare la profondità, di scattare e poter giocare sui passaggi lunghi (primo goal), ma anche di inserirsi nell’area affollata e agire da opportunista deviando in rete un cross rasoterra sottoporta (secondo goal). Nel terzo, infine, ha dimostrato di avere la capacità di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. La sua deviazione con la schiena del tiro di Pedri ha sollevato la traiettoria della palla quel tanto necessario per mettere fuori causa l’estremo difensore valenciano. Senso del goal, lettura dell’azione, senso della posizione, le tre pietre angolari dell’attaccante.

Con un Aubame-Yang in più nel motore, che si aggiunge a un meccanismo orologiero che Xavi sta perfezionando e mettendo a punto volta per volta, questo Barça può andare veramente lontano.

MESTALLA SBANCATO. IL BARÇA DI XAVI FUNZIONA

Giuseppe Ortu Serra

Vittoria champagne del Barça a Valencia. Un 4-1 imperioso non solo nel risultato, ma anche nello spirito di gruppo, di sacrificio e nella mentalità di una squadra nuova. Al Mestalla Xavi ha presentato il miglior undici possibile, contando le squalifiche di Dani Alves e Piqué e la necessità di dare un po’ di riposo a Adama, che fino al momento le aveva giocate tutte eccetto il secondo tempo contro il Napoli. Il Barça ha giocato un gran bel calcio, mettendo in evidenza una sempre maggiore intesa tra i suoi giocatori e tra i vecchi e i nuovi acquisti. Ciò vale sopratutto per Aubameyang, che dopo due gare iniziate in panchina e la maglia da titolare contro il Napoli giovedì, oggi è partito dal primo minuto contro il Valencia. Se fino a questo momento non aveva avuto molte occasioni per mettersi in mostra (in entrambe le partite giocate in Liga la squadra era rimasta in 10), al Mestalla l’ex Arsenal ha mostrato di che pasta è fatto. Due reti, al 23′ e al 38′, che hanno aperto e chiuso il primo tempo per un 0-3 che la dice tutta sulla prestazione del pomeriggio blaugrana. Il Barça ha giocato bene, con velocità, tocchi di prima e rapidi smarcamenti. In attacco è stato straordinariamente cinico, trasformando quasi il 100% delle occasioni create. Dopo la rete iniziale di Aubameyang (lancio di Jordi dalla propria metà campo che ha trovato scoperta la difesa del Valencia), il raddoppio è giunto grazie a De Jong che ha finalizzato una splendida azione corale rifinita da Dembélé con un cross sotto porta al bacio. Anche la terza rete (la seconda per Auba) è nata con una splendida azione made in Xavi con assist sottoporta di Gavi.

La ripresa è iniziata con un Valencia più cattivo che ha segnato quasi subito con Soler. La rete dell’uno a tre ha caricato la squadra di casa che ha spinto per mettere pressione al Barça nel tentativo di farlo spaventare e commettere errori.

Il ricordo del Celta ha iniziato ad aleggiare nell’aria fino alla rete del 1 a 4 del Barça realizzata in combinazione tra Pedri, autore di un tiro di prima da fuori area, e Aubameyang, che abbassandosi per permettere al pallone di passare, lo ha deviato con la schiena, facendolo innalzare in maniera probabilmente decisiva. La rete del Barça non ha comunque smorzato gli entusiasmi del popolo ché, che sulla scia delle polemiche del primo tempo (rete annullata ai padroni di casa al 42′), hanno trasformato il Mestalla in una corrida, trasmettendo una carica smodata agli uomini di Bordalás. La conseguenza sono state occasioni da una parte all’altra e tanti, troppi falli dei locali. Uno di questi, meritevole del rosso diretto (entrata di Diakaby su Jordi), non è stata nemmeno sanzionata con il cartellino giallo. Del Cerro Grande ha faticato non poco a tenere la partita sui binari, e più volte non ha capito nulla di quanto stava accadendo sul campo. Da qui una serie di decisioni strampalate che hanno rischiato seriamente di compromettere l’integrità fisica dei giocatori del Barça.

Il risultato, il gioco, il carattere e la prestazione del Barcelona sono assolutamente da elogiare. Questa squadra migliora gara dopo gara e non si tira mai indietro. I giocatori iniziano ad essere sempre più al centro del gioco voluto da Xavi e la personalità, l’indole battagliera e impavida stanno trasformando letteralmente questa squadra. Oggi il gioco è stato non solo delizioso e piacevole alla vista, ma anche efficace. Dopo questa gara giocata in un ambiente estremamente difficile, la trasferta di Napoli non fa più paura. Aubameyang c’è e si sta rivelando per quel giocatore che è mancato per tutta la stagione, capace di toccare una palla e trasformarla in goal. Non solo, è un punto di riferimento costante per i compagni, si fa trovare sempre pronto, è abile nello scambio, dà quella profondità che fino ad ora non c’era. Attendiamo anche Ferran, ma già così è un bel vedere.

I TROPPI ERRORI COSTRINGONO IL BARÇA AL PAREGGIO CONTRO IL NAPOLI

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça non va oltre il pareggio casalingo per 1-1 contro il Napoli nella partita di andata dello spareggio per l’accesso all’Europa League. Peccato, perché i blaugrana avrebbero meritato molto di più. Ma nel calcio vince chi segna di più, non chi sbaglia di più. E Ferran, oggi, è stato il turning point della gara con i suoi errori sotto porta.

Una partita dai due volti. Brutto il primo tempo, buona la ripresa. Nota dolente, gli errori sotto porta di Ferran che hanno impedito alla squadra di conquistare l’intera posta in palio e ipotecare il passaggio del turno. Che la partita fosse difficile si sapeva, ma il primo tempo del Barça è andato oltre le più pessimistiche previsioni. Il Barça ha affrontato il Napoli, nello spareggio per accedere alla Europa League con un gioco lento e scontato. Il Napoli ha difeso con ordine, quasi senza mai soffrire, ripartendo ogni tanto per cercare di pungere in contropiede. In una di queste occasioni è passato in vantaggio. Il Barça è mancato nella velocità di manovra. Adama è stato ingabbiato nel raddoppio costante di Insigne, che non ha permesso all’ex Wolvs di partire e rendersi pericoloso con la sia velocità. Nei primi 45′ minuti nessuno ha mai portato via l’uomo a Adama, e Spalletti è riuscito, così, a neutralizzare una delle armi di Xavi. I blaugrana hanno avuto diverse occasioni, anche clamorose, ma Ferran ha sbagliato le occasioni più ghiotte, come un tiro a centro area, a tu per tu con il portiere avversario dopo un bello scambio con Aubameyang. Il tiro dell’ex City, tuttavia, è finito incredibilmente largo. In diverse circostante i blaugrana hanno recuperato palla al limite dell’aria avversaria per mezzo della pressione alta, ma una volta in possesso di sfera, invece che puntare immediatamente l’area e fare male all’avversario, hanno gestito la sfera in maniera lenta con un giro di palla orizzontale. È sembrato, quasi, che il Barça abbia pensato che passare in vantaggio e fare male all’avversario sarebbe stato troppo scontato, e ha deciso di rendere il compito più complicato alla formazione di casa. La rete del Napoli è giunta nel più classico “goal sbagliato, goal subito”. Ferran ha sprecato la già ghiotta delle occasioni, come detto in precedenza. Nella ripartenza il Napoli è andato due volte al tiro in area di rigore. Nella prima conclusione Ter Stegen ha respinto con difficoltà; nella seconda, lo stesso Zielinski, ritrovatosi il pallone davanti ai suoi piedi, ha scagliato un pallone sotto la traversa portando in vantaggio i suoi. Ciò che, pochi secondi prima, non aveva fatto Ferran.

Nella ripresa il Barça ha iniziato con maggior ritmo. Con esso è arrivato subito anche la rete del pareggio su calcio di rigore. Adama, libero dal raddoppio di Insigne, è riuscito a mettere un pallone pericoloso in area sul quale la difesa del Napoli ha usato una mano di troppo. Richiamo del Var e calcio di rigore. Dal dischetto Ferran, nell’unico tiro in porta della sua gara, è riuscito a realizzare. Il ritrovato pareggio ha messo le ali alla formazione di Xavi, che grazie anche agli ingressi in campo di Busi (grande partita la sua), Dembélé (fischiatissimo all’inizio) e Gavi, è riuscita a giocare un bel calcio, creare occasioni a profusione e fare infervorare il pubblico. Nota stonata della serata; tutte le principali occasioni da rete, quelle almeno più limpide e ghiotte, sulle quali c’era scritto “spingimi dentro”, sono capitate sui piedi di Ferran, che ha sbagliato l’impossibile, gettando alle ortiche delle occasioni che non si possono sbagliare. Senza i suoi errori la squadra avrebbe facilmente, e meritatamente, vinto con ampio margine. L’ex City, tuttavia, sembra avere un grosso problema sotto porta, cosa molto grave per un attaccante. Con il risultato sempre inchiodato sull’1-1, Xavi ha provato la carta Luuk, una sorta di talismano nelle ultime gare disputate. Il buon Luuk è andato vicino anche questa volta a togliere le castagne dal fuoco a Xavi, ma le sue conclusioni (al 90′ e al 97′) sono state preda del portiere (colpo di testa) o sono terminate a lato (gran rovesciata che avrebbe meritato certamente miglior sorte tanto spettacolare è stato il gesto atletico del giocatore numero 17).

La gara è terminata così in partita con una montagne di recriminazioni. Xavi avrà il suo bel daffare con un giocatore, come Ferran, che non vede la porta, e un altro (Aubameyang), che, appena arrivato nel pianeta Barça, ancora non è in grado di incidere nella squadra. Si consigliano sedute di allenamento fiume per Ferran. Ore di tiri in porta fino a notte fonda. Chissà che, in questo modo, prima o poi non riesca a centrare lo specchio, pur piuttosto grande, della porta. Per adesso è solo uno a uno. Appuntamento a Napoli, il 24, per decidere chi sbarcherà in Europa League.

BATTAGLIA CAMPALE A CORNELLÁ. SOLO UN PUNTO CONTRO L’ESPANYOL

Giuseppe Ortu Serra

Al Prat de Cornellá il Barça apre e chiude la partita, passando in vantaggio al secondo minuto e pareggiandola al 96′, all’ultima azione della gara. Un punto che, se non fa classifica, fa morale. Spiace aver mancato una buona occasione, ma le partite così sentite sono sempre imprevedibili e possono sfociare in qualsiasi risultato. Le due squadre hanno terminato la gara in 10 contro 10 per la doppia, contestuale espulsione di Nico Melamed e Piqué. Un contrattempo, questo, che non ci voleva, tenendo conto l’assenza per la prossima sfida di Liga anche di Dani Alves, appiedato ancora per un turno, e la scarsa affidabilità di Eric García.

La partita è stata tirata, veloce, combattuta. L’Espanyol, chiaramente inferiore all’avversario, ha impostato una partita sulla battaglia. Entrate minacciose, intimidatorie, falli cattivi pur senza avere la possibilità di prendere il pallone, giusto per attentare all’incolumità fisica dei giocatori blaugrana. In maglia amarilla con le quattro bande rosse della Estelada, il Barça non si è sottratto. Ha accettato la battaglia sulla velocità e non si è tirato indietro al momento di subire le dure entrate dei locali. Quella di Xavi è una squadra vera, composta da giocatori veri. Sembrano trascorse due ere geologiche dalla squadra impaurita, fragile, involuta di Koeman. Sono passate 10 giornate.

Il Barça ha avuto le occasioni migliori e ha giocato meglio, con un ottimo pressing e recupero palla. I blaugrana sono passati subito, ad inizio gara. Azione sviluppata sulla destra da Adama che ha cercato Jordi dall’altra parte. La sfera è stata intercettata dalla difesa, ma immediatamente recuperata da Busi che ha aperto per Jordi. Sul cross teso in area, si è inserito perfettamente Pedri a destra che ha impattato al volo di piatto. Palla sul palo e poi in fondo alla rete. Il Barcelona ha continuato a giocare dando spettacolo e subendo il gioco duro dei locali di Cornellá. Ha avuto più volte la palla per raddoppiare, senza riuscirci. Così, in una delle rare conclusioni a rete dell’Espanyol, Sergi arder ha estratto il classico coniglio dal cilindro con uno spettacolare tiro a giro che ha messo fuori causa il tentativo di parata di Ter Stegen.

Nella ripresa è accaduto di tutto. Un secondo tempo loco. Al 56′ il Barça è passato con Gavi, autore di una rete bella e caparbia dopo avere recuperato palla in area di rigore con grinta, ma la rete è stata annullata per un rimpallo che ha colpito De Jong, leggermente in fuorigioco. La sfortuna è proseguita pochi minuti dopo quando, per un doppio errore di Eric, che all’intervallo aveva sostituito Araujo, uscito per infortunio, De Tomás ha portato in vantaggio i suoi. L’ex City ha prima tenuto in gioco il giocatore dell’Espanyol, restando arretrato rispetto alla linea difensiva blaugrana, per poi farsi prendere le spalle dal pallone e dall’avversario che è filato solo in area e ha fulminato Ter Stegen nel suo tentativo di parata mano a mano.

Xavi ha reagito immediatamente. Fuori Gavi e dentro Nico; fuori Jordi e dentro Dembélé. Gavi è retrocesso sulla linea dei centrocampisti, il francese è andato a sinistra a comporre un attacco a quattro insieme a Ferran, Aubameyang (per De Jong) e Adama a destra. Il 3-3-4 di Xavi ha portato all’assalto finale del Barça. Attacco ulteriormente puntellato, all’89’, dall’ingresso in campo di Luuk al posto di Pedri. Al 93′ poi, per non farsi mancare nulla, è giunto il doppio rosso per Piqué e Nico Melamed (per doppio giallo) per una serie continua di screzi nel corso di una interminabile azione di scambi di convenevoli. E mentre appariva ormai tutto compromesso, nell’ultima azione della gara, ecco spuntare la testa di Luuk, su assist di Adama, e schiacciare in rete il goal del meritatissimo pari blaugrana. Già in precedenza l’ex Sevilla aveva avuto sul capoccione la palla del pari, ma la sua incornata era terminata, incredibilmente, alta sulla traversa.

Un pareggio al termine di una partita in stile Prima Guerra Mondiale, con tanto di assalto all’arma bianca. Un pareggio che serve poco alla classifica, se non per smuoverla di pochi centimetri, ma che serve, comunque, al morale. Questa è una squadra combattiva che non muore mai, capace di combattere con la tecnica e, quando serve, anche con la forza dei nervi, con l’aggressività, con la forza mentale e muscolare.

XAVISMO E CHOLISMO

Giuseppe Ortu Serra

L’altro ieri, al Camp Nou, abbiamo assistito ad un vero e proprio scontro di idee e ideologie, di principi, di modo di vedere e intendere il calcio e, non di meno, la vita. Rivoluzione galileiana contro conservatorismo clericale, teoria economica classica contro socialista, impressionismo contro espressionismo. Nello scontro tra poli opposti, di cui la storia è piena, come quello tra democrazia e dittatura, si inserisce anche lo scontro concettuale che si è visto al Camp Nou tra Barcelona e Atletico Madrid. Xavismo contro Cholismo. Anch’essi due concetti, due principi totalmente opposti. Il gioco, da una parte, con la creazione di situazioni e occasioni attraverso la fantasia, il talento, l’iniziativa, lo spettacolo, e dall’altra, la rottura, l’opposizione, la mera speculazione passiva e la distruzione di situazioni di gioco altrui. 

Concetti diametralmente opposti. Michelsismo (da Michels), Cruyffismo, Guardiolismo, e adesso Xavismo, contro Rocchismo (da Nereo Rocco), Trappattonismo, Mourinhismo, Cholismo. Note in comune tra i due schieramenti? Una palla che rotola e uno sport chiamato calcio. Fine dei giochi. Per il resto, i membri del primo gruppo sono contraddistinti tutti da: iniziativa, voglia di vincere attraverso lo spettacolo e dalla volontà di battere l’avversario per mezzo delle idee, l’inventiva, l’ingegno, il coraggio dell’azione offensiva e la tecnica. Vincere perché fai e costruisci di più. Al secondo gruppo appartengono, invece, concetti di gioco quali ignavia, speculazione sull’altrui gioco, passiva difesa ad oltranza in attesa dell’errore altrui. Vincere attraverso l’espediente di gabbare l’avversario. Lasci che giochi, che costruisca, che si stanchi, che commetta un errore per poi fregarlo da furbetto. I primi cercano di superare l’avversario con la capacità e l’abilità, i secondi, invece, solamente attendendo l’errore altrui. Da una parte chi fa e costruisce, dall’altra chi guarda, attende sornione, e distrugge il lavoro del primo. 

Due modi di vedere e intendere non solo il calcio, ma la società stessa. In ogni campo umano c’è sempre qualcuno che cerca di costruire per progredire ed altri che ottengono gli stessi risultati limitandosi a sfruttare ciò che altri tentano di realizzare, attraverso una condotta opportunista e passiva. Come il ciclista che segue a ruota il corridore in testa al gruppo, che con il lavoro, il sudore e i muscoli rompe la barriera del vento, ma che sul traguardo, sul più bello, spossato dalla stanchezza, viene superato da chi si è limitato a inseguire dopo averne sfruttato il lavoro e succhiato la linfa vitale.

La polemica che si è creata già a partire dal 2016 per le dichiarazioni di Xavi, allora ancora giocatore, sul gioco difensivo di Simeone e sul suo Estilo, è rimbalzata nelle due conferenze stampa della vigilia della gara e ha avuto la sua muta esemplificazione in campo. Calcio contro anti-calcio; tentativi di giungere al massimo risultato in due modi opposti di intendere il concetto di vita e di sport.

XAVI VINCE LA FINALE CONTRO L’ATLETICO DOMINANDO NELLA TATTICA E NELLO STILE DI GIOCO

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça batte e strapazza l’Atletico 4 a 2 in quella che da Xavi era stata definita, in conferenza stampa, come una finale. La finale è stata giocata, combattuta, dominata e vinta dall’equipo blaugrana. Vittoria da parte del tecnico di Terrassa sul Cholo Simeone anche dal punto di vista della polemica sul confronto di Estilos. Il Barça ha incantato e dominato nel primo tempo, facendo apparire i rivali degli emeriti comprimari. Nella ripresa, in inferiorità numerica, la squadra si è compattata e non ha rischiato alcunché. Di Carrasco, Jordi, Gavi, Araujo, Dani Alves e Suarez la sequenza delle reti che hanno determinato il risultato finale. Con questa vittoria il Barça scavalca l’Atletico in classifica e si accomoda, per la prima volta in stagione, al quarto posto.

Xavi ha presentato una squadra che ha disputato la sua migliore gara dell’anno. Xavi aveva sottolineato l’importanza della gara. “Una finale” la aveva definita. Un vero e proprio spareggio per il quarto posto, con le due squadre separate di appena un punto. Il tecnico engarese ha messo subito dentro tre dei quattro giocatori nuovi. Ferran Torres e Dani Alves non erano alla loro prima gara in maglia blaugrana, Adama sì. Il nuovo, fiammante acquisto è stato messo subito in campo. E ha risposto. Eccome se lo ha fatto. Un’ira di Dio sulla fascia destra. Da quella parte ha fatto piovere a cani e gatti sul malcapitato colchonero che lo ha dovuto affrontare; o meglio che ha cercato di affrontarlo. Hermoso e Carrasco (spesso il quinto a sinistra) non ci hanno capito niente. Davanti a una montagna di muscoli che corre come Marc Jacobs, il numero 22 rojiblanco e il 21, hanno corso a vuoto dietro la freccia blaugrana. Il ragazzo, proveniente dal Wolverhampton, ha giocato con il sacro fuoco olimpico dentro. E’ entrato in tutte le azioni più importanti della squadra e in due dei tre goals del primo tempo dei suoi. Il quarto nuovo arrivo, Aubameyang, è rimasto in panchina nel primo tempo, entrando nel momento di maggiore difficoltà nella ripresa con la squadra rimasta in 10. Oltre a Adama, mai nuovo arrivo è stato più azzeccato e produttivo, è da segnalare la prestazione eccellente sia di Dani Alves che di De Jong. Il brasiliano ha giocato ovunque: da laterale, da interno, da attaccante. Ha difeso, aggredendo tutto e tutti. Ha impostato; ha seguito l’azione andando alla conclusione. Il quarto goal, nel secondo tempo, è proprio l’esemplificazione di questo concetto calcistico. Frenkie ha giocato, forse, la sua migliore partita bin blaugrana. Partecipativo, preciso, presente in ogni azione della squadra.

La partita è stata, nel suo complesso, la più bella partita del Barça negli ultimi anni. Non è stato solo il bel gioco, la velocità di esecuzione, le giocate; ma l’assetto, la presenza in campo. Non è stato il solito traballante Barcelona che ha giocato la sua migliore partita della stagione; no, qui abbiamo visto uno spessore, una personalità, una convinzione nei singoli e nel collettivo da grande squadra. Non per nulla, nel momento più complicato della gara, nel secondo tempo quando la squadra è rimasta in 10 per l’espulsione di Dani Alves, il Barça non ha rischiato più di tanto. Non ha ballato come avrebbe fatto anche fin nel recente passato. Ha tenuto botta. Ha mostrato i muscoli e ha fatto capire che non sarebbe arretrato di un centimetro, che non avrebbe mollato un solo ciuffo di erba. E’ tornato il Barça. Quello che tutti abbia mo conosciuto per almeno un ventennio. Quello migliore, quello vero, quello che fa sognare.

La gara si era messa male all’inizio. Barça in gran spolvero, da stropicciarsi gli occhi, ma è stato l’Atletico a passare. Una bella combinazione sulla destra (De Paul, Suarez, Carrasco) e rete del Belga. 0-1. Da non credere. Da incubo notturno sudaticcio con sveglia di soprassalto inclusa. Ma questo Barça, rafforzato meravigliosamente nel mercato di Gennaio, non teme nessuno. E così, dopo die minuti, ecco la meravigliosa rete di Jordi. Un tiro al volo di sinistro da cross di Dani Alves dopo un pregevole lavoro in pressione di Adama, che si è insaccato nell’angolo lontano dopo aver dato un bacino al palo. L’1-1 ha ulteriormente caricato il Barça. Il gioco ha continuato ad essere spumeggiante con in più la carica dell’immediato pareggio. al 21′ ecco il 2-1 con Gavi, di testa, su cross di Adama. Sul finire del tempo è giunta la terza rete, di Araujo, che ha definito con un bel destro secco e potente una azione sviluppatasi da calcio di punizione dopo una traversa di Piqué.

La ripresa si è aperta come si era chiuso il primo tempo. Con una rete blaugrana. E’ stato Dani Alves che ha meritatamente iscritto il suo nome nel referto della Liga. Cross da sinistra di Gavi; velo di Pedri, Ferran finisce a gambe all’aria per un intervento da tergo, sul quale ci sarebbe stato da discutere in caso di non goal, e Dani Alves, che aveva seguito l’azione fino all’interno dell’area, ha siglato con un destro filante che non ha ammesso alcun tentativo di parata da parte di Oblak.

Partita totalmente rovesciata con quattro reti di fila e con una prestazione monstre. Al 50′ il Barça conduceva per 4 reti a una. Lì la partita è leggermente cambiata. I cambi di Simeone (Correa, Cunha, Reinaldo per Joao Felix, Hermoso, Lemar) hanno permesso all’Atletico di farsi sotto in diverse circostanze. I rojiblancos sono così pervenuti alla rete del 4-2. L’Atletico ha insistito e ha creato diversi pericoli alla porta di Ter Stegen. Al 70′, poi, l’espulsione di Dani Alves per un intervento, chiaramente involontario, da dietro, sul polpaccio di un avversario. Rosso diretto dopo controllo Var, e Barça in 10. A meno 20 dalla fine i blaugrana, che già stavano soffrendo, avrebbero dovuto giocare in inferiorità numerica. Alzi la mano chi non ha temuto il peggio, rappresentato dal lasciare scappare i tre punti in palio.

Xavi ha agito subito. Fuori Gavi e dentro Dest. La squadra si è messa con un 4-3-1, con Aubameyang, nel corso della ripresa subentrato a Adama (standing ovation per lui), a fare da unico puntero dello schieramento. Tutti hanno stretto i denti e raddoppiato l’attenzione su ogni passaggio, su ogni giocata. Paradossalmente, il Barça ha smesso di soffrire. L’Atletico sì, ha preso in mano il gioco e ha pressato, ma senza più creare i pericoli di quando si era in undici contro undici. Anche questo aspetto, che evidenza la maturità e l’unità di intenti di una squadra, dimostra quanto sia cresciuto il Barça dal punto di vista caratteriale, della personalità e della convinzione personale.

Con l’espulsione di Dani Alves e il forcing, infruttifero, dei colchoneros, la partita si è incattivita. Sono saltati un po’ i nervi e sono fioccate le ammonizioni. Gil Manzano ha deciso di ergersi a protagonista della gara alla ricerca di un po’ di visibilità in un palcoscenico tanto importante. Una espulsione contro la panchina del Barça, decisioni sui falli rovesciate e la solita tiritera del solito Manzano. Questa volta la voglia di emergere dell’arbitro non ha inciso sul risultato, per fortuna. Nel momento più difficile della partita, in inferiorità numerica, il Barça ha risposto da grande squadra. Ha sofferto, ha tenuto botta, ma, oggettivamente, non è andato in difficoltà.

La prestazione, il risultato e la convinzione che essi si portano dietro è il migliore toccasana per Xavi e i suoi giocatori.