De Ligt, Justin Kluivert e gli altri piani per il futuro

Non è un mistero che i due giocatori olandesi siano nel l’agenda del Barça. Il difensore e l’attaccante sono costantemente seguiti dal l’apparato degli osservatori del club. Il figlio di Patrick già tempo addietro aveva chiaramente dichiarato quello che sarebbe stato il suo futuro: “Da qui a qualche anno mi vedo con la camiseta blaugrana addosso”.

Oggi, RAC1, ha dichiarato che entrambi i giocatori si trovano a Barcelona. Fonti del Barça hanno subito dichiarato che i due ragazzi si trovano in città per turismo, e che la loro presenza non ha nulla a che vedere con l’interesse del club blaugrana verso i giocatori. Il dato è comunque da registrare.

Un altro giocatore di cui si parla in chiave blaugrana è il giocatore della Roma Under. Secondo Sky Italia, l’attaccante mancino turco sarebbe costantemente seguito dagli osservatori azulgrana. Si è specificato tuttavia che l’interessamento non è sfociato in alcun tipo di contatto con il giocatore o la società capitolina. Lo stesso Monchi, direttore sportivo della Roma ha rimarcato l’interessamento del Barça sulla giovane promessa.

Le chiavi tattiche del Barça con Griezmann in squadra

Messi, Suarez, Coutinho, Dembélé, Griezmann. Un attacco niente male! Ma è possibile far convivere cinque giocatori offensivi di questo livello, o la mossa estiva di Bartomeu è azzardata e oltremodo rischiosa? Avere un tal ben di Dio e tenerlo in panchina non è possibile. La pressione dei giocatori inizierebbe a dare più problemi che benefici a tutta la squadra. Ergo, devono giocare. Come fare giocare tutti loro e mantenere allo stesso tempo la squadra equilibrata nei reparti, oltre che granitica in difesa come in questa stagione? Proviamo a metterci nei panni, meravigliosi, esaltanti, ma scomodi, scomodissimi, di Valverde. E’ un gioco, nulla più. Non rischiamo niente: né fischi, né rimbrotti, tanto meno esoneri. 

Non siamo più nei primi anni del 900 quando andava di moda il 2-3-5. Con quel sistema di gioco sì che i Cinque Moschettieri (Dumas mi perdonerà) avrebbero potuto giocare senza necessità di alchimie tattiche. Nel 2018 la cosa è un po’ più complicata e dovremo impegnarci a fondo se non vogliamo che la nostra creatura faccia acqua prima di essere messa sul campo di regata. 

Cominciamo subito a spazzare il campo dagli equivoci. Griezmann non è un doppione di Suarez. I due possono convivere benissimo assieme. Lo ha dichiarato lo stesso uruguagio. Il francese è una seconda punta che si trova meglio sul terreno di gioco se ha davanti una prima punta che gli faccia da schermo e da apripista. Griezmann ama partire da dietro, spesso da sinistra, e trovare la porta se non ha l’avversario francobollato addosso, ma con la libertà di inserirsi in area lontano da occhi indiscreti. Non è un mistero che la sua stagione abbia preso una svolta positiva dall’arrivo di Diego Costa. In tutta la prima parte della temporada ha dovuto giocare in area di rigore senza godere di quegli spazi, né della velocità che lo rendono un attaccante formidabile tanto da garantirgli il podio nell’ultima cerimonia di assegnazione del Pallone d’Oro. Dall’arrivo dell’ex Chelsea, il biondino ha retrocesso il suo raggio d’azione ed è come rinato. Da gennaio la sua media realizzativa ha subito un’impennata proprio per la diversa posizione che ha occupato in campo. 

Nel Barça si troverebbe a giocare dietro Suarez, esattamente come adesso sta facendo nell’Atletico del Cholo Simeone. Spazzato il campo da questo equivoco, e messo un punto esclamativo sulla compatibilità tra Suarez e Griezmann, vediamo come poter comporre il quadro tattico di una squadra con valori offensivi mai visti prima d’ora. 

Valverde è riuscito a riorganizzare il Barça dalla fuga di Neymar, dandogli compattezza difensiva e solidità di squadra. Se prima del suo arrivo la squadra vinceva grazie al tridente, ora vince per mezzo della squadra. Tutti partecipano e si muovono all’unisono. Non è un caso che Paulinho, un centrocampista, abbia messo a segno un bottino di otto reti; il primo centrocampista della classifica del Pichici. Posto questo io non mi discosterei dal modulo prediletto di Valverde, il 4-4-2/4-3-1-2. Con questo sistema di gioco Rakitic potrebbe giocare a destra, Coutinho a sinistra (tanto più se Iniesta dovesse veramente lasciare per la Cina), Busquets al centro. Vertice alto del centrocampo sarebbe Messi che giostrerebbe dietro le due punte, con Griezmann leggermente più arretrato rispetto a Suarez. Con questa conformazione tattica Dembélé e Paulinho partirebbero dalla panchina. Il centrocampo, e la difesa, sarebbero protetti dalla presenza di Busquets e Rakitic. Coutinho manterrebbe gli attuali compiti di ripiegamento così da consentire equilibrio nelle due fasi, offensiva e difensiva. Non bisogna dimenticare che Griezmann può ben ricoprire la posizione di interno sinistro e dare eventualmente il cambio a Coutinho a sinistra. Con l’arrivo di Griezmann aumenteranno, di conseguenza, le possibilità di avere un undici competitivo scegliendo tra un maggior numero di giocatori e permettendo a Valverde, dunque, un numero di rotazioni maggiori per far aumentare il livello di competitività nei singoli ruoli e presentare una formazione con giocatori sempre al massimo della condizione fisica. Un arricchimento che andrà certamente a favorire il cammino della squadra.

Barça-Roma. Da oggi prevendita per i Soci

Da stamattina alle ore 11:00 il FC Barcelona ha aperto la prevendita dei tickets per la partita di andata dei quarti di finale di Champions League contro la Roma in programma mercoledì 4 aprile alle ore 20:45. La prevendita è dedicata ai soli Soci del club che hanno così la chance di ottenere il tagliando per la partita contro la squadra di Di Francesco lontano dalla calca che solitamente avviene quando la prevendita è aperta al pubblico generale.

Con questo si è voluto tornare al solito modo di gestire la prevendita dei biglietti dopo che, per il precedente turno di Champions contro il Chelsea, il club aveva, chissà come e perché, aperto la prevendita direttamente al pubblico generale, senza dare la prelazione ai soci del club come era sempre avvenuto fino ad allora. Questo fatto aveva creato un malcontento generale tra i members i quali si erano trovati la concorrenza dei non soci nell’acquisto dell’entrada al Camp Nou. La conseguenza è stata che molti membri del FC Barcelona non avevano trovato il tagliando di ingresso allo stadio ed erano stati costretti a vedere la partita dagli schermi della TV invece che dalle tribune dell’Estadi

Ricordiamo che per accedere alla prevendita esclusiva per i soci è necessario inserire le credenziali di membro del club prima di accedere al servizio di vendita. Nei prossimi giorni, poi, la prevendita sarà aperta a tutti, così che anche coloro che non fanno parte del Barça potranno acquistare il biglietto per la partita.   

 

In campo con la Roja contro la Germania. Meraviglia Iniesta

La giornata di ieri è stata caratterizzata da una serie di partite delle rappresentative nazionali. Amichevoli sì, ma certamente molte partite di cartello. Come se fosse un mini mondiale ha detto qualcuno. Tra questo esercito di calciatori, mescolato alla rinfusa in giro per l’Europa e il mondo, anche molti giocatori blaugrana sono scesi in campo con le squadre dei propri Paesi, da Jordi Alba a Piqué, da Yerry Mina (grande prestazione contro la Francia) a Coutinho e Paulinho. Ma tra tutti loro, il vero vincitore di questa giornata di gare amichevoli è risultato certamente Iniesta che si è installato nel gradino più alto del podio. 

Don Andrés Iniesta, impegnato con la Roja nell’amichevole contro la Germania del compagno di squadra Ter Stegen, gara terminata 1-1 con reti di Rodrigo e pareggio di Thomas Muller, è assurto agli onori della cronaca per aver giocato un match spettacolare. Il manchego ha giocato i primi 45′ della sfida con i teutonici e ha incantato il pubblico (e non solo) sugli spalti della Esprit Arena di Dusseldorf. Applausi a scena aperta da parte dei tedeschi e dei tifosi della Roja che hanno inneggiato al numero 8 con il solito coro che abitualmente si sente al Camp Nou: Inieeesta, Inieeesta“. Tra le perle della serata, oltre al passaggio illuminante da fuori area che ha messo nei piedi di Rodrigo il pallone del vantaggio spagnolo, anche un sombrero regale in uscita dall’aera di rigore e un giochino a centrocampo ai danni di Thomas Muller al quale ha prima mostrato e poi sottratto il pallone come se fosse stato attaccato ad uno spago invisibile. 

Un Iniesta che, alla soglia dei suoi 34 anni continua, imperterrito, a sfidare la legge del tempo come un supereroe dei fumetti il cui orologio genetico marcia a ritroso. “Il tempo non esiste” aveva detto Einstein, con ciò picconando il “principio del tempo assoluto” promulgato da Newton. Dopo di lui si sono succeduti una serie di principi di fisica quantistica, come la gravità quantistica a loop, che sostengono che il tempo presente è così infinitesimamente veloce che non possiamo né sentirlo, né vederlo, né percepirlo. Quando è arrivato è già sparito, non c’è più. E’ una mera illusione.

Un po’ la medesima cosa accade con Iniesta. Il tempo… hoops, l’età anagrafica, meglio (invenzione tutta umana) avanza, ma per lui il tempo non esiste. Non lo percepisce, non lo sente, non lo sfiora. I capelli? Sì, vero sono più grigi; pochi erano pochi anche prima se per quello. Ma sul campo?, con le scarpette ai piedi e un pallone da accarezzare con la suola, da strapazzare con il collo del piede? Vogliamo parlarne? Sul campo di gioco è lo stesso Don Andrés di sempre, l’incantatore di serpenti più potente del calcio moderno. I suoi tempi di gioco sono più veloci di quelli di tutti gli altri. Come per Messi, è come se i suoi occhi vedessero l’azione su un piano rallentato rispetto agli altri giocatori, sì da potergli sempre permettere di scegliere, con la calma del caso, la giocata perfetta. Come la mente di un matematico, il campo da gioco made in Iniesta è composto da una serie di rette e proiezioni ortogonali tracciate laddove il pallone dovrà andare. Lui vede e poi esegue. El de Fuentalbilla è sempre un passo avanti rispetto agli altri.

Ieri sera è uscito dal campo sotto un diluvio da applausi tedeschi e spagnoli insieme, un groviglio di mani che si affaticavano a più non posso per rendere omaggio al più grande di tutti. 

Iniesta è come il vino buono che lui stesso produce. Migliora con il trascorrere degli anni perché alla magia del suo gioco e della sua mente futbolistica vi aggiunge le atmosfere che respira in tutti i campi dove mette piede, una atmosfera fatta di saggezza, esperienza, maturità e… di un pizzico di magia.        

La “rivoluzione culturale” di Valverde Una filosofia francescana

Valverde e la Rivoluzione culturale cinese di Mao c’entrano ben poco. Vi chiederete, dunque, il perché di quest’accostamento. Per Rivoluzione Culturale di Valverde intendiamo la capacità del tecnico extremeno di incidere nel Dna del Barça sin nel suo profondo, modificando un pensiero, una condotta, uno stile che erano ormai intesi come dogmi senza creare una sollevazione popolare, ma anzi con il plauso di tutto il barcelonismo. 

A quali dogmi mi stia riferendo è presto detto: il 4-3-3, la fase offensiva, il pallino dell’azione sempre in mano.

1) Il 4-3-3 è stato un dogma intoccabile per moltissime stagioni.  Da esso non si poteva prescindere, e chi ci ha provato è stato trattato alla stregua di uno scomodo dittatore da rovesciare e detronizzare. Luis Enrique ci aveva provato nei suoi esperimenti quasi patologici e schizofrenici. Ma sia lo spogliatoio, sia il barcelonismo, non avevano gradito. Valverde non solo è stato in grado di metterlo in discussione, ma addirittura di metterlo nel dimenticatoio per sostituirlo con un comunissimo e plebeo 4-4-2. Solo la stagione scorsa sarebbe stata una eresia bella e buona, e stampa e aficionados avrebbero preparato la catasta di legna per ardere vivo nell’antistadio il colpevole di turno. Oggi, non solo non si è proceduto a questa pubblica esecuzione bruciando vivo Valverde nei panni della strega cattiva, ma addirittura si elogia e esalta, giustamente, il nuovo modulo che ha permesso al Barça di avere 11 punti di vantaggio sull’Atletico secondo in campionato a nove partite dalla fine, di essere in finale di Copa del Rey per la quinta volta consecutiva e di essere bene instradato sulla strada per Kiev in Champions League. 

 2) Valverde ha messo in campo una squadra che abbina una fase offensiva spettacolare e turbinante ad una difensiva granitica. Il Barça vanta una difesa alla quale è persino complicato tirargli contro, non solo segnare. La formazione blaugrana ha il record del minor numero di reti subite sia in campionato che in Champions. Solo 13 a nove giornate dalla fine in Liga, una in meno della retroguardia del Cholo, da sempre sinonimo di impenetrabilità, e appena 2 in Champions League. Il modo di difendere del Barça è prodigioso. Non solo gli avversari non riescono a tirare contro Ter Stegen, ma addirittura Valverde è riuscito a creare un sistema difensivo tanto efficiente che non permette agli avversari di avere nemmeno dei calci di punizione da zone limitrofe all’area di rigore. Si difende in maniera pulita, senza falli. Geniale! Tanta accuratezza difensiva fa sì che la squadra venga comunemente definita come solida e equilibrata, sostantivi solitamente abbinati ad una squadra difensivista che bada per lo più a non prenderle, non a una nata per vincere e dare spettacolo. Parole solitamente incompatibili con lo stile blaugrana. Il nuovo Barça di Valverde, invece, mette in mostra questa solidità e questo equilibrio come se fossero degli schemi d’attacco. 

3) Un altro peccato che Valverde ha fatto passare quasi inosservato, come se disponesse del magico mantello che tutto nasconde di Frodo, è la condotta di gestione delle forze fisiche e mentali di certe partite. Nelle gare contro Las Palmas, Atletico, Athletic, Malaga, Eibar, i secondi tempi sono stati giocati con il freno a mano tirato, lasciando il pallino del gioco all’avversario e retrocedendo il proprio baricentro e il raggio d’azione nella propria metà campo. Atteggiamenti così passivi, bassi e difensivi, sarebbero stati inammissibili e non tollerati fino alla scorsa stagione. La logica di Valverde, la sua umiltà, educazione, il suo essere così brava persona, oltre che uno dei tecnici più preparati che si siano seduti sulla panchina blaugrana (e sì che quel bench ne ha visto di grandi allenatori sedercisi sopra) ha fatto sì che anche concetti calcistici più da Real Madrid, da squadra passiva e speculatrice che pensa prima di tutto al risultato, potessero essere non solo accettati, ma anche esaltati da tutta la gent blaugrana

In una battuta del film I Soliti Sospetti si dice: “La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste”. Valverde ha fatto un po’ allo stesso modo. E’ riuscito a far passare concetti incompatibili con lo stile Barça come se fossero stati sempre nel Dna della squadra. Anche da questi elementi si giudica la grandezza di un allenatore. Basta solo ricordare il tumulto che si verificò appena qualche stagione fa quando, nella trasferta di Vallecas, il Barça vinse sì, ma cedendo il possesso palla agli avversari. Quel fatto fu recepito come uno schiaffo, un oltraggio ad un metodo, un sistema, una filosofia che ha sempre anteposto lo spettacolo, l’allegria, il bel gioco a tutto. Vincere giocando bene, per il Barça è sempre stata la sintesi della filosofia francescana del lavorare in letizia. Ebbene, Valverde è riuscito anche dove nessun’altro aveva provato e osato. Semplicemente usando la massima: vincere giocando bene; con equilibrio.  

13 31 I numeri allo specchio di Barça e Madrid

Tutti sappiamo che lo specchio rimanda una immagine rovesciata di quella specchiata. Se si piega la testa a destra, lo specchio ci rimanderà la medesima immagina ma piegata a sinistra. Agatha Christie, su tale particolarità, ci ha basato anche l’elemento chiave di un assassinio in un suo celebre romanzo. 

Ebbene i numeri di Barça e Madrid, relativamente alle rispettive fasi difensive sembrano proprio essere visti allo specchio. Il Barça quest’anno ha rinforzato a tal punto la propria linea di difesa tanto da risultare la squadra meno battuta tra le five top leagues europee. Appena 13 reti incassate. E non si può dire che siano arrivati nuovi giocatori che abbiano rinforzato la squadra nel campionato estivo. L’unico nuovo elemento, Semedo, non è nemmeno titolare. No, il cambiamento di marcia e rendimento della retroguardia blaugrana è tutto merito di Valverde. Lui sì il nuovo vero crack arrivato in questa stagione. 

Se da una parte abbiamo un Barcelona che ha incassato appena 13 reti in campionato, dall’altra parte dello specchio abbiamo il Madrid, che come immagine riflessa e rovesciata del Barça, ha dei numeri posposti: 31 goals subiti, frutto di una stagione fragile sul piano difensivo. I meccanismi non funzionano come dovrebbe e i clean shit della squadra di Zidane sono rari come la neve ad agosto. Tanto per dire, il Getafe ha dei numeri difensivi migliori dei Blancos.  

Zidane farà bene ad evitare di passare davanti ad uno specchio, perché come immagine riflessa potrebbe avere la visione di un Barça semplicemente perfetto che lo saluta dall’alto dei suoi numeri d’acciaio.

La corazzata blaugrana affonda la goletta rojiblanca

Per raccontare e commentare Barça- Athletic possiamo iniziare da un gergo marinaro. Questo pomeriggio al Camp Nou si sono affrontate una corazzata (il Barça) e una goletta (l’Athletic). Il risultato, già scontato prima del fischio di apertura dell’arbitro, è stato pianamente confermato al termine dell’incontro. Il Barça ha abbordato, preso e affondato l’Athletic con una facilità disarmante. Di Messi e Paco Alcacer le reti di una partita che sarebbe potuta terminare con un risultato abbondantemente più rotondo del minuto 2-0 con il quale questa partita va in archivio.

Un primo tempo impressionante quello del Barça. La squadra ha messo in campo tutta la sua forza più letale e spettacolare. Difesa blindata, centrocampo di lusso con Dembélé e Coutinho sugli esterni e Rakitic, in qualità di sostituto di Busquets come pivote, e Paulinho come interni. In avanti Messi e Paco Alcacer in campo al posto dello squalificato Suarez. 

I primi 45′ sarebbero stati da registrare tanto sono stati spettacolari. Giocate di prima, triangolazioni, cambi di gioco, tunnel di suola (di Messi), giocate compiute a velocità supersonica, azioni avvolgenti e ubriacanti. A questo sono da aggiungere 11 tiri nella prima mezzora, due pali e una traversa con un meraviglioso tiro di Coutinho al volo di sinistro. Il Barça è stato tutto questo. Una squadra meravigliosa, in condizione fisica eccellente, che si presenta in gran spolvero nel periodo più importante dell’anno per la Liga, la Copa del Rey e la Champions. 

Il secondo tempo è stato giocato dai blaugrana con una intelligenza calcistica eccellente. Valverde ha messo la sordina ai suoi come un grande jazzista che affronta un pezzo smooth. L’ordine di scuderia partito negli spogliatoi è stato di settare le impostazioni della squadra in modalità risparmio energetico. Iniziare a gestire le risorse fisiche a questo punto della stagione è di una importanza assoluta. La squadra ha ripiegato nella propria metà campo lasciando l’iniziativa ai rojiblancos. Nonostante ciò la difesa non ha sofferto, sbrigliando il compito con facilità e tranquillità. Nonostante per tutto il secondo tempo la pelota sia stata tra i piedi dell’Athletic, Aduriz e i suoi hanno concluso verso la porta di Ter Stegen appena una volta (una vaselina proprio di Aduriz dal limite dell’area bloccata con semplicità dal tedesco). 

La grandezza di questa squadra è che a fronte di una fase offensiva imparabile e inarrestabile, abbina una fase difensiva granitica che non concede tiri o punizioni da zone pericolose agli avversari. Il merito di tutto questo è del tecnico blaugrana. Valverde ha preso in mano una squadra che ha sempre avuto un grande potenziale offensivo, ma soffriva nelle retrovia. Il tecnico extremeno, invece, a fronte di una capacità offensiva immutata nonostante la perdita di un giocatore come Neymar, è riuscito a rendere la difesa del Barça la meno battuta d’Europa, impedendo agli avversari persino di avvicinarsi al tiro.

Valverde: La Roma è un avversario molto complicato

Valverde in versione pompiere. No, non è come i bambolotti di un tempo, Big Jim e simili che, al pari delle più famose colleghe femminucce, avevano i vestitini di ricambio e potevano trasformarsi da calciatori in infermieri, da pompieri a velisti. Sulla falsariga di quei giocattoli d’altri tempi, oggi Valverde si è presentato in sala stampa in versione pompiere. L’occasione era la rueda de prensa della vigilia della gara di Liga contro l’Athletic, sua ex squadra fino allo scorso campionato. Non aveva la tuta ignifuga né l’elmetto appuntito e cromato del NYFD, ma la sua solita divisa rossa con i pantaloni neri. Non diversamente ha iniziato metaforicamente a cospargere di schiuma ritardante l’uditorio dei giornalisti presenti. 

“Non è vero che l’avversario che il sorteggio di Champions ci ha riservato è facile, semplice. Tutt’altro”, questo il senso delle parole del tecnico blaugrana che in questo modo ha voluto mettere un freno all’euforia dilagante tra tifosi e addetti ai lavori della stampa in merito all’accoppiamento dei quarti di finale di Champions. Valverde, come un bravo ed esperto Capitano di Fregata, ha da subito fiutato aria di tempesta interno alla sua squadra, forse anche all’interno del suo spogliatoio. E non ha perso tempo a riportare ogni cosa alla sua giusta misura. “La Roma è una squadra molto complicata da affrontare, sopratutto in Champions” ha detto. “E’ una squadra che è stata capace di qualificarsi prima nel suo girone davanti al Chelsea e all’Atletico, squadra con la quale ci stiamo giocando la Liga; ha battuto i blues con il punteggio di 3-0, e a noi ci è costato molto batterla”. “A questi livelli della competizione non ci sono avversari facili. Si corre il rischio di fare comparazioni con altre squadre, però nessuno sa cosa possa capitare”. Come dire, via quegli stupidi sorrisi dalle facce, e giù concentrati a lavorare per affrontare un avversario che potrà farci molto male se dovessimo, per caso, sottovalutarlo. 

E qui, come in automatico, il pensiero corre alla famigerata finale di Atene del ’94, quando il Dream Team allenato da Cruyff commise l’imperdonabile errore di sottovalutare l’avversario e entrare in campo deconcentrato, come se la partita fosse stata vinta prima di giocarla. Quel Milan, indubbiamente inferiore e incerottato, fu capace di dare una sonora lezione di umiltà ad una squadra fenomenale. La storia, che meravigliosa fonte di ispirazione e archivio di saggi e vissuti consigli! Valverde questo lo sa benissimo (quello del ’94 fu l’unico errore di Cruyff sulla panchina del Barça) e certamente non commetterà il medesimo sbaglio del grande e compianto Johan.     

Sorteggio – Roma nei quarti

A Nyon si è appena celebrato il sorteggio dei quarti di finale di Champions League. Il Barça ha trovato la Roma. La mano innocente di Sheva ha trovato la pallina con all’interno il biglietto con il rivale più desiderato. La squadra giallorossa era indubbiamente l’avversario che tutte le squadre del lotto avrebbero scelto se ne avessero avuto l’occasione.

L’unico aspetto negativo, se proprio si vuole fare l’avvocato del diavolo, è che la prima gara si giocherà al Camp Nou con il ritorno all’Olimpico di Roma.

L’eliminatoria si disputerà nelle giornate del 3-4 aprile l’andata e il 10-11 dello stesso mese il ritorno.

Le altre sfide vedono gli incroci di Sevilla contro il Bayern, la Juventus contro il Madrid e il Liverpool contro il City di Guardiola

Fermata metro Leo Messi-Monumental Chelsea down

Un grande Barça, e un ancora più grande Messi, battono il Chelsea di Antonio Conte, Pedro e Cesc con il risultato di 3-0 e si qualifica per i quarti di finale di Champions League. Di Messi, doppietta, e Dembélé, i goals della vittoria.

Una gara bella, splendida, combattuta contro un avversario mai domo che si è dovuto inchinare alla superiorità di una squadra e, soprattutto, di un unico, grande, immenso giocatore. Il numero 10 in maglia blaugrana: Leo – La Pulga – Messi.

L’argentino ha preso la squadra per mano e l’ha condotta, da solo, alla vittoria. Due reti splendide e un assist, una miriade di scatti, dribbling, passaggi in spazi inesistenti che si aprivano, inchinandosi, al suo apparire.

Ormai Leo è diventato come la fermata della metro più famosa e temuta di Barcelona. Tutte le squadre che arrivano presso la stazione che riporta l’effige del campione argentino sono costrette a fermarsi e a scendere. Fine del viaggio! Così è capitato ieri al Chelsea. Vedi Messi e torni a casa.

L’Ajuntament de Barcelona dovrebbe omaggiare il ragazzo di Rosario dedicandogli realmente una stazione della metropolitana. A pensarci bene, tuttavia, esiste già. La Monumental, sulla linea rossa. In città più monumental di Messi c’è solo la Sagrada, ma la meravigliosa chiesa del visionario Gaudí una fermata della metro ad essa dedicata c’è l’ha già.

Nella partita contro il Chelsea tutto ha funzionato alla perfezione come era stato preventivato da Valverde. Grande attacco, grande centrocampo e difesa. I blues hanno combattuto come da loro carattere, sia dopo la rete in apertura di Leo, al terzo, che dopo il raddoppio di Dembélé (prima marcatura in blaugrana). Ma la difesa del Barça ha retto alla perfezione alla veemenza di Albione. Non solo non ha rischiato se non in una circostanza, ma ha concesso appena una punizione da zona pericolosa. Questo fatto è già di per se una notizia, stante che il tecnico extremeño ha escogitato un sistema difensivo tanto pulito che non concede calci di punizione agli avversari nelle zone prossime all’area di rigore. Il Barça non ha solo cantato dunque, ma ha anche sofferto, uscendone vincitrice sotto tutti i punti di vista.

All’altezza della squadra anche il pubblico. Il Camp Nou, gremito da più di 97 mila spettatori in visibilio, è stato protagonista forse della cosa più notevole della nottata. Al minuto 61, quando André Gómez ha sostituito l’infortunato Busquets, tutto lo stadio ha iniziato a coreare il suo nome. Ad ogni tocco di palla, ad ogni azione, scrosciavano applausi e ovazioni. Il giocatore, che appena qualche giorno prima si era messo a nudo in una intervista-confessione con la rivista Panenka, rivelando il suo disagio interiore, le sue pene per non rendere quanto lui stesso è in grado di dare, arrivando fino al punto di dichiarare di “non avere il coraggio di uscire di casa per la vergogna di incrociare gli sguardi della gente“. Ieri la gente blaugrana ha dimostrato con i fatti il significato più intimo e profondo del motto del club: Mes que un Club (Più di un Club). La Gent blaugrana con quelle ovazioni, con quel modo di stare vicino a chi soffre un disagio interiore profondo, ha dimostrato di possedere delle doti di umanità che fuoriescono e vanno oltre il mondo del calcio.

Ieri chi era presente allo stadio si è sentito veramente unito e orgoglioso di essere culé e di far parte di questa grande famiglia. Ieri i veri vincitori della sfida contro il Chelsea sono stati i 97 mila di fede blaugrana.