I RISCHI DELLA SCELTA ROBERTO MARTINEZ

Giuseppe Ortu Serra

Sfogliando la margherita dei possibili sostituti di Ronald Koeman, i nomi veramente credibili si riducono a due, Xavi e Roberto Martínez. L’attuale tecnico del Belgio è la scelta maggiormente caldeggiata da Jan Laporta. I direttivi e membri della Junta, invece, sarebbero più propensi a sposare l’opzione Xavi. Due nomi e profili completamente diversi, quasi agli antipodi potremo dire.

Xavi vuol dire tradizione, continuità con il modello Barça, discontinuità totale rispetto a Ronald Koeman. Ma non solo, anche ritorno a quei valori calcistici e a quel DNA blaugrana abbandonato dal post Luis Enrique. E anche prima di Lucho, in realtà. Sì, perché l’attuale tecnico della Roja aveva modificato notevolmente il “modello” apportando molta verticalità. Dire Xavi significa rinverdire la scuola Guardiola. Con Xavi, l’estilo, il 4-3-3, il juego de posesión y posicionál non sarà mai in discussione.

Roberto Martínez è un’altra cosa. Il tecnico di Balaguer porta con sé dei punti interrogativi che ne fanno una scelta azzardata, sopratutto in un periodo in cui da Valverde a Koeman, passando per Setién, il Barcelona ha sempre sbagliato allenatore. Dopo il caos, il disastro e l’incubo di Mister Lamento, il Barça non può assolutamente più permettersi di compiere un altro passo falso. Sarebbe deleterio; meglio, catastrofico, sia dal punto di vista sportivo che economico. Se Xavi significa virare sul sicuro (esperienza ad alti livelli europei a parte), puntare l’attuale tecnico del Belgio si può rivelare una scelta rischiosa se non l’ennesimo autogoal. Vediamo nel dettaglio i punti critici e i fattori di rischio di una scelta di questo genere.

1) Roberto Martínez è un commissario tecnico. Dirige il Belgio. Il Barça, dopo l’esperienza nefasta con Koeman, ex c.t. dei Paesi Bassi (ex Olanda come ufficialmente lo stesso governo nederlandese ha decretato), dovrebbe evitare di rinfilarsi in un corridoio già percorso con il tecnico Orange. Basta con i tecnici da nazionale.

2) Il ruolo del Commissario Tecnico è totalmente diverso da quello dell’Allenatore di Club. Sono due professioni, due compiti, due incarichi differenti. Diversi sono le competenze, altre le capacità richieste. L’allenatore di club lavora nella quotidianità con la squadra, si rapporta con i giocatori quotidianamente e deve avere un carattere aperto, franco, sereno e leale. Il tecnico di club fa veramente l’allenatore, nel senso che allena la squadra. Dà ad essa organizzazione tattica, incide sul gioco, sugli schemi, sulla tattica e imposta un lavoro di crescita tecnica, tattica e umana dei giocatori. Il selezionatore fa un lavoro diverso. Seleziona giocatori allenati da altri e li gestisce nel periodo di tempo limitato nel quale li ha a disposizione. Nel corso di una stagione sportiva, se non ci sono manifestazioni internazionali, non più di due/ tre, massimo quattro volte. Viene da sé che in così poco tempo, tranne casi eccezionali, non si ha il tempo per impostare un lavoro tattico approfondito, idem per quanto riguarda schemi e organizzazione di gioco. Se il tecnico di club “allena”, il selezionatore “gestisce”, due abilità completamente diverse l’una dall’altra. Roberto Martínez dirige il Belgio dal 3 agosto del 2016. Sono già 5 anni che seleziona, gestisce, dirige, ma che non “allena”. Troppo tempo. Per quanto detto, e per il differente lavoro svolto, non è detto che un buon selezionatore sia anche un buon allenatore; e viceversa. Sarà in grado di allenare nel día a día una squadra così complicata e particolare come il Barça?

3) Altro punto di frizione della candidatura Martínez è il modulo che usualmente utilizza con la sua nazionale: il 3-4-2-1. Non è rischioso, dopo le innumerevoli polemiche piovute su Koeman per l’utilizzo della difesa a tre, modulo che come si è ampiamente visto non funziona nel Barça, prendere un altro tecnico che usa abitualmente la difesa a tre? Oppure cosa vogliamo fare, prendere un allenatore da difesa a tre e costringerlo dal primo giorno a usare la difesa a 4 e il 4-3-3? Se ti serve un mancino, ti rivolgi a una persona che usa la sinistra, non ad un destro chiedendogli di cambiare mano. Prendere Roberto Martínez e chiedergli di cambiare modulo e sperimentarne uno mai usato è rischioso quanto dare continuità a un modello di difesa che non si può impiantare a Barcelona. Oltre al disastroso Koeman, ci aveva provato anche Setién con risultati altrettanto negativi. Se vuoi ritornare alla normalità e riportare calma, serenità in squadra, facendo in modo che con il 4-3-3 tutti i giocatori riprendano a giocare a memoria un calcio che hanno sempre praticato da quando sono entrati nelle giovanili del Barça, devi rivolgerti a un allenatore che attui il 4-3-3 e che di quel modulo conosca ogni angolo, sfaccettatura e pertugio.

4) Proseguendo nella disanima dei punti oscuri di una scelta di questo genere, non possiamo dimenticare l’aspetto risultati. Roberto Martínez dirige una nazionale tra le più forti d’Europa che può vantare tra le sue fila fior di campioni. Una squadra ricca di talento che può vantare De Bruyne, Lukaku, i due Hazard, Courtois, Witsel, Carrasco, Aldeweireld e tanti altri. E’ prima nel ranking Uefa, eppure non ha mai vinto nulla. Terzo posto ai Mondiali di Russia 2018, eliminati dall’Italia ai quarti agli Europei 2020 e attualmente semifinalista alla Nations League, competizione notoriamente minore nel panorama internazionale per nazionali, dove il 7 ottobre affronterà la Francia. Per il resto il nulla. Ergo, è il caso di puntare su un tecnico che nonostante una formazione ricca di talento e campioni non ha mai vinto niente? E’ un allenatore che può andare bene per il Barça? O non rischiamo di ritrovarci con il classico allenatore perdente, che è lì lì per vincere, ma non vince mai?

5) Ulteriore motivo di scetticismo che investe il tecnico preferito da Laporta, riguarda la sua carriera da allenatore di squadre di club. Prima di approdare alla guida del Belgio nel 2016, aveva allenato formazioni minori della Premier League. Lo Swansea, il Wigan e l’Everton. Una carriera simile a quella di Ronald Koeman, che prima di approdare alla nazionale del suo paese aveva diretto Vitesse, Ajax, Benfica, PSV, Valencia, AZ Alkmaar, Feyenoord, Southampton e Everton. Carriera modesta per un allenatore mediocre. Roberto Martínez, che non ha mai diretto un top club e che con il Belgio non ha mai vinto nulla, sarà in grado di interfacciassi con un mondo complicatissimo come quello del Barça dove sei obbligato a vincere dando spettacolo, dovendo ricostruire completamente un ambiente a livello calcistico e mentale appena distrutto da Koeman e Bartomeu?

6) Ultimo fattore di rischio nell’eleggere Martínez a successore di Koeman è dato dal fatto che non è della Casa. Sebbene catalano di nascita, ha sviluppato la sua carriere quasi completamente in Gran Bretagna, sia da calciatore che da allenatore. Escludendo i primi passi nei quali ha giocato nel Saragozza e nel Balaguer, Martínez non ha mai allenato o giocato in Spagna, e non ha una conoscenza diretta né de La Liga, né del Barça. È un elemento esterno al Barça. Non è un uomo della Casa. Non ci ha mai giocato e allenato. Non ha mai respirato quell’aria blaugrana che è necessario aver conosciuto e vissuto per conoscere il Barcelona dal di dentro e sapersi orientare con la sua filosofia, gli intrighi di corte e l’eccellenza che stampa, soci, aficionados e dirigenza richiedono a chiunque si provi a sedere su quella panchina.

KOEMAN SPROFONDA ANCHE AL DA LUZ

Giuseppe Ortu Serra

Si sapeva che sarebbe finita così sin dalla lettura della formazione. Anzi, da quando Ronald Koeman ha messo piede a Barcelona per diventare l’allenatore del Barça. Il Barcelona ha perso anche contro il Benfica a Lisbona. Tre a zero come contro il Bayern Monaco. E, come contro i bavaresi, il Barça non ha fatto un tiro nello specchio della porta.

Ronald Koeman, uomo dal bagaglio professionale miserrimo, lo aveva preannunciato in conferenza stampa: sarebbe stata una squadra difensiva. Noi lo avevamo detto che sarebbe stata una sconfitta.

Il Barça si è schierato a tre in difesa, a cinque in mezzo e con due attaccanti. Nessun giovane in campo, il rientrante Pedri dopo una assenza di quattro partite (che ovviamente non poteva essere al top) e l’immancabile stambecco Luuk de Jong, uno che la porta non la vede nemmeno con il telescopio atomico, il panchinaro del Sevilla voluto da Mister Lamento per fare il titolare al Barça. Il 3-5-2 è un modulo feticcio per l’incapace Koeman, anche se il Barça non lo ha mai digerito. Lo sanno anche i sassi, ma il buon Ronald sembra ignorarlo. Con quel sistema di gioco i blaugrana ne hanno preso tre in casa con il Bayern non arrivando mai al tiro. Ma lui, imperterrito, va avanti per la sua strada come quella persona che dopo aver sbattuto la testa contro il muro, invece che cambiare direzione insiste nello sbattere ancora e ancora.

Mister Lamento ha presentato al Da Luz, nella partita basilare per il futuro in Champions del Barcelona, una squadra messa male in campo, rabberciata, molle nelle gambe e nella testa. Una squadra con 5 giocatori difensivi sui 10 totali di movimento, che pensa più a non prenderle che a offendere, ma che non riesce a restare imbattuta nemmeno tre minuti è una contraddizione in termini. Tutti indietro a coprire, eppure pronti via la difesa è stata bucata come il burro e il Benfica è passato in vantaggio. Al i lusitani erano già in vantaggio. Come contro il Granada, quando Duarte ha bucato la difesa blaugrana dopo due minuti.

Il Barcelona non è mai sceso in campo ieri notte contro il Benfica in una partita che avrebbe dovuto vincere a tutti i costi per cercare di rimediare al disastro del Camp Nou contro il Bayern. Il Barça è stato in difficoltà sin dall’avvio. Senza pressing, velocità, recupero della palla. Senza gioco. La squadra era estremamente lunga in campo con spazi enormi tra i giocatori che non permettevano il fraseggio e il gioco di possesso e di posizione tipico della casa. Senza equilibrio e compattezza, con la squadra lunga, i giocatori hanno dovuto portare la palla in solitaria per cercare un compagno a cui affidare il pallone. Di conseguenza i passaggi non erano mai semplici, pressati dagli avversari che giocavano compatti e rispettando le giuste distanze. Le azioni risultavano dunque confuse, casuali e raffazzonate. Senza possibilità di scambiare la palla a terra, i giocatori blaugrana si sono visti costretti a sollevare il pallone alla ricerca di improbabili cross verso nessuno, puntualmente preda della difesa avversaria, che ringraziava e ripartiva in velocità sfruttando le praterie create dal disequilibrio del Barça e dagli spazi che si aprivano per la mancata compattezza di centrocampo e difesa. Il Barça ha tenuto di più la palla (54% contro 46%) ma in maniera improduttiva, calciando verso la porta 8 volte ma mai tra i pali. Il Benfica, invece, ha fatto il bello e il cattivo tempo, tirando in porta 6 volte (12 verso la porta), segnando tre reti e colpendo un palo. Insomma, un dominio totale, assoluto. E mentre Jorge Jesús si sbracciava furente contro i suoi nonostante fosse in vantaggio e in controllo della gara, Ronald Koeman, che avrebbe dovuto avere un diavolo per capello, che avrebbe dovuto impartire indicazioni a tutto tondo per invertire la rotta che stava prendendo la gara, se ne stava affondato nella sua poltrona in panchina a gustarsi la scena.

Dopo il vantaggio iniziale, il raddoppio è giunto al 69‘ ad opera di Rafa Silva. La rete del tre a zero è giunta su calcio di rigore per un fallo di mano in area di Dest. Il Barça non è mai stato, in nessun momento, in grado di cambiare il corso della partita o il risultato. La squadra è apparsa morta come il suo tecnico, nel morale e nello spirito.

Per dare una idea della rigidità mentale del tecnico barcelonista, basta dire che a circa metà del primo tempo Koeman è stato costretto a sostituire Piqué, in odore di espulsione, con Gavi. Con un difensore in meno la squadra è passata alla difesa a 4, con Roberto abbassatosi a destra e Dest a sinistra per completare la difesa con Eric e Araujo. Gavi è andato a giostrare insieme a Busi, De Jong e Pedri. Nonostante ciò, con in campo un giocatore tecnico e vivace come il numero 30, che gioca palla a terra, la squadra ha continuato a buttare palle alte in area di rigore da ogni dove.

Con il passaggio ai quattro difensori, il reparto arretrato avrebbe certamente ritrovato misure e distanze, e la squadra, probabilmente, si sarebbe assestata. In quel momento il risultato era ancora di uno a zero per il Benfica. Il tempo di iniziare a effettuare le opportune verifiche e 5 minuti dopo, Koeman ha nuovamente mischiato le carte e dato ordine di ritornare alla difesa a tre. In mancanza di un terzo centrale, Mister Lamento ha tolto De Jong al centrocampo per farlo retrocedere a giocare tra Eric e Araujo. Così facendo il Barça ha perso anche quel minimo di filo logico che aveva in mezzo al campo fino a quel momento. Così sono venute a mancare anche quelle poche occasioni che avevano caratterizzato la prima mezzora di partita, e, di fatto, la squadra si è consegnata all’avversario. Nel secondo tempo, infatti, il Barça si è reso pericoloso solo una volta con Sergi Roberto.

La beffa finale è stato sentire, in conferenza stampa, Ronald Koeman dire che “la squadra ha giocato bene”, che “la differenza tra le due squadre è stata che loro hanno segnato e noi no”, che “il risultato non riflette ciò che ho visto” e che “loro hanno segnato in quelle poche occasioni che hanno avuto”. Non solo, in pieno delirio patologico di onnipotenza, Ronald Koeman ha dichiarato che “da quando Frankie ha giocato nei tre dietro abbiamo dominato”. Non solo, in uno dei suoi ripetuti momenti di confusione mentale, Koeman si è lamentato del fatto che la squadra “non difende bene” e che gli avversari “stanno meglio dal punto di vista fisico”.

Tutto questo ha dell’assurdo. Parla come se lui non fosse l’allenatore, come se l’impreparazione difensiva della squadra e la forma fisica e atletica dei giocatori dipendesse da un altra persona. Ronald Koeman vive in un mondo suo, fatto di sogni, principesse e puttini volanti. Nel suo mondo si lamenta della scarsa preparazione della sua squadra come se non fosse lui ad allenare giornalmente i giocatori, a prepararli tatticamente e fisicamente. Questo è un uomo stanco; fisicamente, moralmente e mentalmente che ha ormai perso ogni contatto con la realtà. Un uomo così è pericoloso per se stesso e, soprattutto, per la squadra che allena e rappresenta.

RUEDA DE PRENSA DE KOMAN A LA VíSPERA DEL BENFICA. “EL SISTEMA PODRÁ SER DIFERENTE”

Giuseppe Ortu Serra

La rueda de prensa de Ronald Koeman ha metido algunos puntos fijos en lo que será el duelo de Champions entre el Benfica y el Barça. Koeman ha estado bastante claro en lo que veremos en el césped mañana por la noche.

Será un Barça de ataque u defensa y que sistema usará el equipo en el Da Luz? Los principios de Koeman son claros: “Controlar, tener el balón, buscar espacios. El otro día hemos jugado sin extremo derecho. Tenemos muchas opciones de cambiar cosas (respeto al Levante). Al rival gusta atacar… No depende del sistema. Con cada sistema puedes presionar al contrario. El sistema no es importante. El sistema podrá ser diferente” Esto significa, claramente, un regreso a la defensa a 3.

El concepto ha estado mejor definido también en una otra respuesta. “Hemos analizado al Benfica. Es rapido en la contra. Hay que tener el balón y evitar de perderlo. Y por cuándo eso pasa tener una buena organización en defensa”. Qué significa? Esperar al Benfica, posicionarse detrás y salir a la contra. Exactamente come ya ha hecho contra el Bayern.

Tactica de usar mañana. “Contra el Levante sin balón hemos estado perfectos y hemos buscado espacios entras las lineas”. Por mañana? “Aprietar bien, no dejar jugar, robar rapidamente el balón. Pero no siempre te sale bien. Esto es un otro partido (…) Tememos que planificar y controlar el partido”. “El Benfica jugará para ganar y no por no perder”. “Tenemos que mirar a los jóvenes dando minutos y mirar al aspecto fisico. Jugar 5 partidos en pocos días en mucho”.

El partido del Da Luz será un encuentro fundamental para el camino futuro del Barça en la Champions. Si perdiera sería casi fuera, con cero puntos después de dos partidos. Para Koeman no es así. “Nunca será decisivo el partido de mañana. Es solo el segundo de los seis”.

Hablando del rival, el entrenador ha dicho que “el Benfica es un club fuerte. Muy importante en el mundo. Será un partido bonito. Necesitamos un buen resultado. Ambos quieren ganar. Será interesante” aunque “esperamos un partido complicado. Juegan en casa. El Benfica no abre mucho el campo, no dejará espacios. Controlarán el partido con una defensa fuerte y calidad arriba por hacer daño al adversario”.

Capítulo Ansu. “Ha entrenado bien. Era muy cansado. Para el partido contra el Benfica depende del estado del jugador. En tema de selección Ansu ha estado muchos meses fuera y ha jugado solo 15 minutos. Yo no soy seleccionador pero al jugador falta mucho por estar a tope”.

TRA KOEMAN E RIQUI IL Camp Nou HA SCELTO RIQUI

Giuseppe Ortu Serra

Ieri pomeriggio, prima della partita che ha messo di fronte il Barça e il Levante, alla lettura delle formazioni, il pubblico presente ha chiaramente espresso il suo parere sulla diatriba che vede protagonisti Ronald Koeman e Riqui Puig.

Il brutto anatroccolo di Koeman, che diventerà cigno con un allenatore capace, competente e illuminato a dispetto della caparbietà del suo tecnico attuale che lo sta ostracizzando in tutti i modi da due anni a questa parte per chissà quale misteriosa ragione, posto che ogniqualvolta è stato utilizzato ha dato pienamente il suo contributo, riuscendo anzi, spesso, a cambiare il volto della gara e fornendo velocità di manovra, fantasia e football made in La Masia, ieri ha ricevuto l’endorsement dei soci e dei semplici tifosi presenti allo stadio. Gli stessi, invece, hanno espresso la loro chiara bocciatura sul tecnico dei Paesi Bassi.

Alla lettura delle formazioni c’è stata una ovazione al nome di Riqui, e una salva di fischi è partita dalle tribune al pronunciare il nome di Ronald Koeman. Il pubblico sta dalla parte del giocatore. La stampa, almeno quella verde, fresca e illuminata, pure. Sembra che il tecnico blaugrana sia rimasto solo, attorniato solo dalla sua corte di baroni della vecchia, stanca stampa che lo appoggia solo per partito preso. “Gli opportunisti” di cui parla Ronald – Mister Lamento – Koeman, sono quelli che stanno dalla sua parte. Tutti gli altri vivono sotto il riflesso di luce della verità.

Un ottimo Barça recupera gioia, Ansu e Riqui. 3-0 al Levante

Giuseppe Ortu Serra

Un recital del Barça contro un Levante che non si è quasi mai visto in partita. Tre reti, tante occasioni da gioco, bel gioco e i giocatori giusti in campo. Da rimarcare il ritorno di Ansu Fati in campo dopo quasi un anno di stop celebrato con una rete, quella del tre a zero. Oltre al numero 10 del Barça, buone le attuazioni anche di Riqui, Gavi e Memphis.

Un buon primo tempo del Barça con un bel gioco veloce e ficcante. Squadra ordinata con un centrocampo che ha cambiato pelle nel corso della gara. A tre, con Busi centrale, Nico a destra (fuori ruolo) e Gavi a sinistra. A due con Busi e Nico affiancati e Gavi davanti a fare il trequartista. Con un uno (Busi) più Nico e Gavi. Dietro Mingueza a destra, Piqué e Eric centrali e Dest a sinistra. Davanti Depay, ora a sinistra, ora al centro; LDJ, un po’ qui e un po’ la a casaccio, e Coutinho, quando a sinistra e quando al centro. In panchina il secondo di Koeman per la squalifica dell’ex selezionatore dei Paesi Bassi.

La partita si è messa subito bene per il Barça con il vantaggio su calcio di rigore concesso per atterramento di Memphis. Lo stesso ex Lione ha realizzato dal dischetto portando i suoi sull’uno a zero. La formazione blaugrana ha insistito nell’azione offensiva. La squadra è apparsa leggera, pungente e ficcante. Ciò che non era mai stata in questo inizio di stagione. Calcio made in Barça. La palla restava tra i piedi dei giocatori giusto il tempo di un sospiro. Per il resto pareva avesse le ali di Mercurio addosso. Fraseggio di prima necessario per la ricerca dell’imbucata smarcante. Dopo meno di 10 minuti il 2-0. Assist verticale di Dest per Luuk, ma sempre con palla rasoterra, stop dello stambecco e rete del 2-0. Per l’ex panchinaro del Sevilla sarò l’unica cosa degna di nota dell’incontro. Da lì, una serie di occasioni per i blaugrana. Memphis sugli scudi, autore di un primo tempo (ma non solo) egregio. Insieme a lui Gavi e Dest decisamente sopra il livello di eccellenza. Un po’ in ombra Nico, e decisamente male Coutinho e Luuk.

La ripresa ha visto le due formazioni scendere in campo con le medesime formazioni e con il medesimo refrain. Barça elegantemente e con leggiadria all’attacco, Levante a rincorrere gli agili blaugrana. Lo show di Memphis è proseguito anche nella seconda parte di gara. Scatti, spunti, lotte corpo a corpo, dribbling e fantasia. La fascia sinistra è stata casa sua, terreno di conquista. La difesa del Levante è impazzita dalla sua parte.

Al 59′ è stato il momento dell’ingresso in campo di Riqui, ovazionato dal totale del Camp Nou. Solo Mister Lamento non lo apprezza. Il barcelonismo lo ama. A Koeman piacciono i Luuk de Jong, incapaci di stoppare un pallone in area che lo avrebbe messo a tu per tu con il portiere avversario. Piacciono i Wijnaldum. Più alti e grossi sono, e meglio è. Peccato che la qualità non si misuri in centimetri, chili o in numero di scarpe, ma in intelligenza e capacità calcistiche. Riqui è entrato e ha mostrato subito cosa è il football. Tocchi di prima, mobilità, rapidità, lettura dell’azione. Il calcio è questo. E Riqui ne è l’essenza. Il resto è buono solo per il calcio-balilla.

All’81° minuto l’altro ingresso in campo che ha esaltato il Camp Nou: Ansu Fati. 10 minuti, come accennato ieri da Koeman, ma pieni di talento. Pochi per tanti, ma sufficienti per un giocatore come lui. In questo poco tempo a disposizione ha conquistato un calcio di rigore non concesso dall’arbitro, e realizzato la rete del 3-0 con uno splendido tiro da fuori area.

Un grande Barça oggi contro il Levante. Nonostante Koeman e la sua influenza negativa su questa squadra.

CONFERENZA STAMPA DI KOEMAN in vista del levante tra futuro e infortuni

Giuseppe Ortu Serra

La conferenza stampa di Ronald Koeman in vista della gara contro il Levante era molto importante e interessante per vedere l’attuale allenatore del FC Barcelona alle prese con il fuoco di fila delle domande della stampa dopo il suo show delle “dichiarazioni spontanee” lette nell’ultima conferenza stampa che non ammettevano domande e contraddittorio con i giornalisti, e dopo il mancato show della sua squadra contro il Cadice. Era abbastanza ovvio che molte domande sarebbero state incentrate sul suo futuro e su Laporta. Incidentalmente sono stati toccati anche altri argomenti, come quello del recupero di Ansu Fati e delle difficoltà che l’infermeria piena sta apportando alla squadra.

La domanda è stata diretta come un fendente. Il presidente ha detto che il suo futuro non dipende dalla partita contro il Levante. Vuol dire che ha ancora fiducia in lei o è perché è già sentenziato? La risposta è stata degna del miglior politico. Usare le parole per non dire niente. “Il presidente è la persona più importante del club. Può parlare e commentare. Io continuo a fare il mio. Il resto non mi riguarda”.

Altro punto caldo è stato quello sul contrasto allenatore-giocatori sulle dichiarazioni rilasciate da Koeman nella conferenza stampa prima della gara di Cadice, dove aveva detto che sarebbe stato un successo se il Barça avesse conquistato le posizioni alte della classifica, e dai due capitani, Piqué e Sergi Roberto, che nel dopo gara avevano platealmente smentito Koeman. Gerard sostenendo “io non indosso la camiseta del Barça per arrivare terzo o quarto”, Roberto: “il Barça deve sempre giocare per conquistare la Liga”. Davanti alla stampa, Koeman ha fatto una sorta di retromarcia strategica nella risposta, dicendo di aver parlato con i due capitani e di essere d’accordo con loro, in generale. “Non ci sono differenti opinioni tra noi”, ha poi aggiunto.

Non gli è stata risparmiata nemmeno la richiesta di un commento sui nomi dei suoi eventuali sostituti, alla quale Koeman ha risposto dicendo che non può “dire molto” e che “tutto questo fa parte del nostro lavoro. Mi concentro solo su ciò che posso controllare”.

Altro argomento affrontato è stato quello di Ansu e del suo ritorno in campo. Recentemente convocato per la gara contro la formazione granota, Koeman è andato cauto in merito a un suo recupero totale e un utilizzo a tempo pieno. “Gli manca molto per tornare ai suoi livelli. Non si recupera in due partite” ha giustamente detto il tecnico blaugrana. “Dobbiamo aiutare il giocatore. Con lo staff medico dobbiamo essere prudenti. Riprenderà poco a poco. Giocherà max 15 minuti”.

Sempre in merito all’affollamento dell’infermeria, Ronald si è lamentato del fatto che l’assenza di quasi tutto il reparto offensivo sta creando enormi problemi al gioco della squadra. “Abbiamo necessità di avere giocatori con più goal. Ci costa molto creare occasioni da rete. È complicato. Ci mancano giocatori che giochino lungo le fasce e che vadano al centro”.

Infine uno sguardo sul calendario e sui tanti impegni ravvicinati di questo ultimo periodo. L’allenatore si è dichiarato allineato con Piqué per le sue dichiarazioni contro il notevole numero di gare con poco spazio per il recupero energetico, mentale e fisico.

Disastro Koeman. 0-0 con sofferenza a Cadice

Giuseppe Ortu Serra

La trasferta contro il Cadice, seconda finale per Koeman, si è tramutata nella fiera della noia e della sofferenza. Per il Cadice? Per il Barça! Uno zero a zero scialbo sul quale, probabilmente, Alvaro Certerà, tecnico degli andalusi, avrà anche da recriminare. Non certo l’ineffabile Koeman, che incassa il secondo schiaffo in pochi giorni in Liga, ma che a lui suonerà come una vittoria, posto che è riuscito a non perdere.

Una partita tra le più scialbe, grigie, inutili di quest’anno. Contro il Cadice, 15° in classifica, sestultimo in graduatoria, il Barça nel primo tempo ha tirato in porta una sola volta. Al 30° minuto! Prima e dopo, una miriade di inutili passaggi orizzontali buoni solo per fare addormentare gli spettatori presenti allo stadio e quelli collegati da casa. E Koeman? Beh, lui guarda! Talvolta muove il bacino in avanti o lo rotea come in una specie di passo di danza tribale copiato da chissà quale tribù amazzonica vista in un documentario del National Geographic. Deve aver provato ore davanti allo specchio per eseguire i passi alla perfezione. Ma da un allenatore ci si attende che faccia cose da allenatore, non che faccia il danzatore aborigeno. Qualcosa tipo mettere la squadra in campo con un minimo di raziocinio, darle un gioco, degli schemi, uno spirito e una anima. Ma nulla di ciò ha il suo Barcelona. La sua squadra, fatta a immagine e somiglianza di Mister Lamento, è un guazzabuglio del nulla, una sinfonia agonizzante di una orchestra di strumenti scordati, uno sgabuzzino pieno di vuoti e buchi, una nenia mortale.

La colpa non è della squadra, beninteso, dei giocatori. Bensì del tecnico blaugrana, incapace di mettere in campo una parvenza di squadra, un gruppo di giocatori che si possano identificare un insieme al di là di indossare tutti una unica maglia. Se è vero come si dice che una squadra è sempre l’immagine del suo allenatore, non si può dire altro che Ronald Koeman è un allenatore inutile, scialbo, senza capo né coda, brutto a vedersi, incapace di incidere.

Nel secondo tempo subito una perla. Con il risultato di 0-0 Koeman fa entrare il Soldatino di Piombo numero 20, lo Schiaccianoci del balletto di Tchaikovsky al posto di Demir. Follia pura di un uomo instabile e confuso fino al midollo.

Contrariamente a quanto si poteva immaginare, è il Cadice a rendersi pericoloso, non i blaugrana. Al 65′ la frittata. Doppio giallo per De Jong in quattro minuti, e il Barça rimane in 10 uomini. I due cartellini gialli sventolati a De Jong sono lo specchio delle difficoltà della squadra di Koeman, che continua con i suoi spocchiosi passi di danza a bordo campo e prende appunti sulle nefandezze della sua impreparazione e incompetenza. E’ di tutta evidenza che la squadra gli sia ampiamente scivolata di mano. Il doppio giallo di Frankie sta lì a dimostrarlo. E sopratutto, dimostra il fallimento, il grandissimo fracasso di Ronald Koeman sulla panchina del Barcelona.

Al 68‘ esce Luuk de Jong, il panchinaro del Sevilla giunto a Barcelona a fare il titolare, dopo una gara inutile da statua di sale. Il 17 blaugrana è stata un’altra illuminata richiesta di Mister Lamento, al cui peggio non c’è veramente più limite. L’ennesimo giocatore farlocco da lui voluto. Al suo posto Coutinho.

All’80′ Koeman inserisce in campo Riqui per Dest, ma il Barça, ormai, subisce passivamente il Cadice. Per capire che tipo di partita ha fatto la squadra diretta da Koeman anche nella ripresa, è sufficiente dire che il primo tiro dei secondi 45′ dei blaugrana è giunto al 91′. Due tiri in tutta la partita contro il Cadice. Uno al trentesimo, e l’altro al 91′. Sconcertante.

Koeman rilascia “Dichiarazioni spontanee” in conferenza stampa

Giuseppe Ortu Serra

La conferenza stampa più surrealista di sempre. A un centinaio di chilometri dal museo del padre dei surrealisti, Dalí, Koeman è stato fulminato sulla strada di Damasco e si è convertito al surrealismo. Mister Lamento ha raggiunto, con oggi, il culmine della sua patologia da disturbo paranoide. Nella conferenza stampa della vigilia della sfida contro il Cadice, la sua seconda finale verso la permanenza sulla panchina blaugrana, traguardo sempre meno credibile e probabile dopo l’indecente prestazione della sua squadra contro il Granada, prevista alle ore 13:00, il rubizzo e paffuto tecnico si è presentato in sala stampa e, come un bravo e esperto imputato, ha deciso che non ci sarebbe stato contraddittorio e che avrebbe rilasciato “dichiarazioni spontanee” che non ammettono, quando rilasciate in aula, le domande delle altri parti processuali. Una comparsata.

Ronald Koeman, sempre più in difficoltà, sempre più sull’orlo del precipizio come la sua creatura, sempre più ossessionato di avere tutti contro, di essere l’unico incolpevole di questa situazione in un mondo di responsabili, l’agnello accerchiato da un branco di lupi affamati del suo sangue innocente, ha deciso di leggere un comunicato che non ammetteva domande successive da parte della stampa presente.

Si è presentato in sala stampa, si è seduto, ha letto il suo comunicato, si è alzato e se ne è andato. Il tutto in due/tre minuti. Il comunicato, un concentrato di ovvietà, spot elettorali e inusitate vuote parole, contiene una serie di contraddizioni con il suo comportamento fattuale fin qui tenuto. Come quando sostiene che “La rosa deve essere appoggiata con fatti e con parole”. Peccato che lui sia il primo, per salvarsi dalle critiche e dal fuoco incrociato, a infilare il cappuccio dei condannati all’impiccagione ai propri giocatori, dileggiando lo spirito da gentiluomini che vuole che l’allenatore sia sempre il responsabile e che i giocatori vadano sempre difesi alla morte, sopratutto se giovani e inesperti. Come possiamo dimenticarci, infatti, della ormai iconica frase del “Esto es lo que hay”, oppure l’altra “Con questa plantilla non puoi fare il Tiki Taki”? Lui, lo splendido cavaliere senza macchia, puro come la sua luccicante armatura; i suoi giocatori, elementi da sacrificare sull’altare della sua santificazione.

Questo il testo completo della ridicola e buffonesca comparsata di Mister Lamento Koeman:

“Buenos días a todos, el club está conmigo en una situación de reconstrucción. La situación financiera del club está ligada a lo deportivo, esto significa que tenemos que reconstruir la plantilla sin poder hacer grandes inversiones. El fútbol necesita tiempo, los jóvenes pueden llegar a ser grandes un dos años. Lo bueno de reconstruir el equipo es que los jóvenes podrán tener oportunidades como en su día tuvieron Xavi e Iniesta. Pero se pide la paciencia. Quedar en un alto ránking en la Liga sería un éxito. Además, en la Champions no se puede esperar milagros. La derrota contra el Bayern de Múnich de la semana pasada tiene que ser enfocada desde esa perspectiva. 

El proceso en el que nos encontramos hace que la plantilla tenga que ser respaldada, con hechos y con palabras. Hay que respaldar este proceso. Yo sé que la prensa reconoce este proceso, no es la primera vez que ocurre en su historia en el FC Barcelona. Contamos con vuestro apoyo en estos momentos difíciles. Como plantilla y jugadores, estamos satisfechos con el apoyo que tuvimos ante el Granada. Visca el Barça”.

il Barça di Koeman si squaglia contro il granada 1-1 al 90′

Giuseppe Ortu Serra

Pronti via e il Barça va sotto. Dagli sviluppi di un calcio d’angolo, al 2′, il Granada va subito in goal mentre il Barça ha ancora la mente negli spogliatoi. Blaugrana svagati, distratti, con poco mordente. Alla prima occasione, di conseguenza, gli andalusi si portano in vantaggio. E con una facilità disarmante per giunta. Cross in mezzo, sul secondo palo. Balde non è nella sua posizione. C’è De Jong, ma non marca. La palla lo scavalca e alle sue spalle Duarte insacca. Sembra una azione di allenamento, una partitella in famiglia, giocata su una metà campo al Campo Tito Vilanova, ma è partita vera, ufficiale, di quelle che scottano, tanto più per i padroni di casa.

Il Barça continua a trotterellare in maniera scolastica non capendo cosa si gioca, il Granada si difende con facilità e ogni tanto riparte, e quando lo fa sono pericoli e brividi sulla schiena per la difesa del Barça. Come al 12′, che su una ripartenza, Molina mette sopra la traversa da pochi passi un cross dalla sinistra.

I blaugrana si scuotono dal loro torpore al 18‘ con Sergi Roberto che colpisce la traversa. E’ un fuoco di paglia. Il Granada continua a stare dietro mentre la squadra di Koeman fa girare la palla senza creare pericoli. Quello di Mister Lamento è un Barcelona senza spirito, senza gioco, senza mentalità vincente, senza imprevedibilità o fantasia. Il Barcelona non è pericoloso nemmeno in casa contro il Granada, che dal canto suo, non soffre.

Solo nei minuti del recupero i blaugrana si rendono pericolosi, stringendo quasi d’assedio, come per miracolo, la difesa andalusa. Koeman è costretto a sostituire Balde, infortunato, con Mingueza al 42′. Il canterano si schiera a destra, con Dest dirottato sulla fascia opposta. La situazione migliora subito. Dal 43′ al 47′ il Barça gode di 3 occasioni limpidissime, ma Maximiano, portiere del Granada, si supera. Anche gli ospiti sono pericolosi con Monchu che chiama alla parata d’istinto Ter Stegen.

Il secondo tempo vede un Barça decisamente migliore. La squadra torna sul terreno di gioco arrabbiata e con maggiore convinzione rispetto ai primi 45′. C’è maggiore pressione e voglia. Subito in campo Luuk de Jong (in luogo di Sergi Roberto) che va a prendere la posizione di nueve, con Memphis che si sposta a sinistra a duettare con Dest che arriva dalle retrovie. E’ un Barça diverso, più aggressivo. Le occasioni iniziano a fioccare, ma tra mischie improduttive, parate e deviazioni della difesa del Granada, il Barça continua a non passare. E sopratutto, è Araujo, un difensore, ad essere il giocatore più pericoloso. L’ex attaccante del Sevilla (L. de Jong), voluto a tutti i costi da Koeman, dimostra il motivo per il quale nella sua vecchia squadra scaldava la panchina. Un giocatore di una tecnica approssimativa che sembra un fenicottero alle prese con una corsa di cavalli. Una presenza inutile e ridicola. Frattanto il tempo scorre, inesorabile.

La confusione regna sovrana anche nella mente di Mister Lamento. Al 76′ il tecnico Orange mette in campo la sua carta vincente. Piqué al posto di Demir per fare il centravanti. Dal momento del suo ingresso in campo, il centrale catalano si è impossessato dell’area di rigore avversaria per far coppia con Luuk. Un attimo prima era entrato anche Riqui per il suo esordio assoluto in questa stagione in una partita ufficiale. A far posto al numero 6 è Sergi Busquets.

Frankie, Riqui e Gavi a centrocampo; Memphis, Piqué e Luuk de Jong in avanti. Bene la mediana, finalmente; ma la linea offensiva è da cartone animato dei Looney Tunes. A maggior ragione negli ultimi minuti, quando al tridente d’emergenza si unisce anche Araujo. Una squadra cervellotica, senza capo né coda quella corretta da Koeman, narciso con manie di persecuzione in preda al delirio di onnipotenza che vive in un costante stato di confusione mentale. Un centrocampo composto da De Jong, Riqui e Gavi, che fa del palleggio e del gioco a terra il suo manifesto, e un attacco del tutto inconciliabile formato da Luuk de Jong, Piqué e Araujo che puoi servire solo con palloni alti. Il senso di tutto questo? Nessuno per una persona sana di mente. Come voler aggiustare un oggetto incollando due pezzi diversi fra loro e non consequenziali.

Con Luuk, Memphis, Piqué e Araujo in avanti, il Barça disputa gli ultimi minuti di gara e i 6 del recupero. Cose mai viste, come la miriade di palloni buttati in area di rigore da ogni dove per sfruttare un colpo di testa, una deviazione di uno degli attaccanti improvvisati di Ronald Koeman. E proprio al 90‘ è Araujo che di testa realizza la rete del pareggio. Assist di Gavi e pre assist di Piqué.

Questo Barça di Koeman sbanda e naviga nella confusione totale. Il primo tempo del tecnico blaugrana è da 2 in pagella per aver presentato una squadra impreparata mentalmente alla partita. Il secondo è la summa di una serie di elementi che evidenziano una squadra in confusione mentale e tattica, che ha cambiato l’inerzia del primo tempo e ha pressato solo grazie alle forze nervose, all’adrenalina e alla paura di perdere dei suoi giocatori. Il Barça ha subito la rete dello svantaggio al 2′ ed è riuscito a pareggiare contro il Granada, in casa, solo al 90′ con due difensori centrali schierati come attaccanti fissi. In mezzo solo patetica confusione mentale. Questo è il calcio di Ronald Koeman.

La situazione in casa Barcelona è sempre più drammatica, al limite dell’assurdo e del grottesco. Se non si interviene immediatamente con l’allontanamento di un uomo che vive in un mondo tutto suo, governato dal caos cosmico, che non è chiaramente presente a se stesso e che continua a distribuire le colpe di questa situazione su tutti gli altri (giocatori scadenti, giornalisti che non capiscono quello che dice, tifosi opportunisti) tranne che a se stesso, il Barcelona rischia di ritrovarsi a dicembre fuori dalla Champions, fuori dalla Europa League e distanti, in Liga, dalla lotta per il 4° posto.

Koeman e le prossime tre partite. Finale numero 1

Giuseppe Ortu Serra

Arriva il Granada al Camp Nou, la prima delle tre finali in programma per il Barça di Ronald Koeman. Laporta ha dato al tecnico tre partite di bonus (Granada, Cadice, Levante) attraverso le quali possa giocarsi la permanenza in panchina. Non è più tempo di scherzare. Adesso si deve fare sul serio per non rischiare di trovarsi già lontani dalla meta ad inizio stagione. E sopratutto fuori dalla Champions e, forse, retrocessi in Europa League (da questa stagione si retrocede nella coppa inferiore solo vincendo uno sparecchio con la seconda classificata dei gironi di EL).

Tutte zoppicano per la verità. Il Madrid fatica, rischia, va sotto, gioca da male a malissimo, ma grazie al suo Fattore C, congenito alla sua storia, riesce a vincere in qualche modo. Come ieri. E guida la classifica a 13 punti. L’Atletico, nonostante la super squadra che Cerezo ha messo a disposizione del Cholo, arranca, zoppica e inciampa. Due pareggi nelle ultime tre stanno a dimostrare le difficoltà dei colchoneros. Il Barça dovrebbe approfittare di queste problematiche che affliggono i suoi avversari, ma non può permettersi di perdere terreno. Le polemiche e le correnti politiche del barcelonismo stanno sconquassando la squadra quasi più del lavoro dissennato, senza capo né coda, malsano e schizzato di Ronald – Mister Lamento – Koeman.

Il tecnico blaugrana contro il Granada è alla sua finale numero uno. Come avere tre match point per vincere la conferma (non si sa per quanto tempo) sulla panchina del Barcelona. In conferenza stampa, sollecitato sul punto e sul suo stato d’animo nell’affrontare questo trittico di partite, ha dichiarato di non avere timore e di essere in grado (la sua squadra) di vincere tutte le partite (adesso non esageriamo caro Ronald!) anche se “devi preparare, giocare bene, difendere bene. Sono squadre che difendono e devi avere effettività in attacco con movimenti. Ma è chiaro che devi anche difendere bene”.

La difesa, chiodo fisso, mania, ossessione di un tecnico che vorrebbe trasformarsi nel Cholo senza nemmeno averne le capacità o competenze. Il sogno di Koeman? Vincere per uno a zero al 94′ dopo tutta la partita in difesa a sparare palloni in avanti a casaccio. Purtroppo per lui, ma sopratutto per i tifosi blaugrana, il Barça non gioca così. Non può giocare in questo modo perché non sa farlo. Non è nelle sue corde e caratteristiche. Il Barça deve attaccare in continuazione per non subire e non prendere reti. Lo sanno anche le pietre tombali dei cimiteri di Barcelona e il cemento armato con cui è costruito il Camp Nou. Ma è di tutta evidenza che il nostro mister non lo ha ancora capito. Nel suo mondo confuso e annebbiato, è ancora convinto che il Barça debba aspettare l’avversario sotto la copertina infeltrita che lui gli ha fornito, difendersi a oltranza e pungere, talvolta, in contropiede per vincere le partite e conquistare i trofei. Sogna Ronald, sogna!

E’ di tutta evidenza il modo con il quale ha affrontato (il corsivo è d’obbligo in questo caso) il Bayern Monaco. Tutti indietro a sperare che tirino male. Questa la tattica illuminata di Mister Lamento, giunto dai Paesi Bassi per distruggere l’immagine del FC Barcelona nel mondo. E’ tanto piaciuta a Koeman la tattica utilizzata contro i bavaresi, che ieri in conferenza stampa è arrivato al punto di dichiarare che “Abbiamo perso 8-2 con Messi, Griezmann e Suarez. L’altro giorno abbiamo finito la partita con Mingueza, 22 anni, Araujo, 22, Balde, 17, Eric, 20, Gavi, 17, Pedri, 18, Demir, 19 (…) Se avessimo giocato più aperti (leggasi attaccando con il 4-3-3) contro il Bayern, la sconfitta sarebbe stata maggiore”. Significato? Io sono un bravo allenatore perché ho perso solo 0-3 con questi quattro ragazzini scalcinati che non valgono un soldo bucato (non dimentichiamoci mai la sua frase iconica “Esto es lo que hay”), mentre l’altro ne ha presi 8 con Messi, Suarez e Griezmann.

Esultiamo dunque! Che si cantino gli inni e si imbandisca la tavola! Che lo champagne scorra a fiumi per celebrare questo traguardo, questo grande successo!