XAVI SI DIMETTE E LA SQUADRA FIORISCE. XAVI RITIRA LE DIMISSIONI E TORNA L’INCUBO
Giuseppe Ortu Serra
Torna Xavi, e con lui, l’incubo, gli errori, il caos tattico e le dichiarazioni da allenatore di terza categoria. Il Barça, specchio fedele della squadra senza capo né coda del periodo pre-dimissioni di Xavi, è stato sconfitto a Montilivi per errori individuali dei giocatori, tattici dell’allenatore e per l’errata scelta delle sostituzioni da lui operate. Non c’è dubbio, la conferma di Xavi ha rotto il giocattolo che faticosamente si era costruito grazie alle dimissioni dell’ex allenatore del Al-Saad (quello il suo livello). Dimessosi dopo i 5 goal subiti contro il Villareal, la squadra si era ripresa. Cambio tattico, di chip, di intensità, di mentalità. La squadra era cresciuta fino a recuperare punti al Madrid e giocarsi, teoricamente, la Liga nel Clásico. In Champions, invece, è arrivata ad un passo dalla disputa della semifinale. Crescita esponenziale abbinata ad un cambio tattico: doble pivote, modello City, con un 4-2-2-2, gioco verticale, squadra compatta, buona tenuta della difesa grazie ad una miracolosa saldatura di tutti i reparti. Era abbastanza evidente il motivo della crescita del Barça. Bastava avere occhi per vedere ed essere capaci di fare un semplice 2+2. Laporta ha pensato diversamente, convinto che il miracolo si fosse compiuto per un intervento divino e non per l’esautoramento e il depotenziamento del tecnico blaugrana. Ma così come i soldi non crescono sugli alberi, le squadre non migliorano senza un motivo logico e spiegabile scientificamente. Laporta ha convinto Xavi a ritirare le dimissioni e, in due partite da plenipotenziario, ha prima vinto in casa per il rotto della cuffia contro un Valencia che, per 4 volte -quattro-, aveva messo un giocatore davanti a Ter Stegen. Infine ieri, schiantato fragorosamente dal Girona nello scontro diretto per il secondo posto, determinante per la disputa della prossima Supercopa. Con il ritorno del tecnico di Terrassa abbiamo assistito ad un passo indietro sotto tutti i punti di vista. Ritorno al passato riguardo allo schieramento. Non più il modulo City, che aveva fatto svoltare la squadra, ma nuovamente i tre a centrocampo, come contro il Valencia, o con in più il falso extremo come a Montilivi. Con la restaurazione di napoleonesca memoria, sono riemersi, puntuali, anche gli errori individuali. E con essi, la confusione tattica, la mancanza di protezione della difesa da parte di un centrocampo che senza quello schieramento non fa più filtro, la conseguente fragilità del reparto arretrato e l’inconsistenza offensiva. Tutto molto semplice ed evidente. Anche un cieco lo avrebbe visto; anche un caso umano lo avrebbe capito. Non Laporta, non Xavi, convinti del contrario. E questo è il risultato.
Vediamo di sostenere questo ragionamento con dei dati. Quando Xavi ha rassegnato le dimissioni dopo la manita subita in casa dal Villareal, eravamo alla 22ª giornata. I blaugrana erano quarti in classifica a meno 10 dal Madrid, a meno 8 dal Girona e dietro all’Atletico per la classifica avulsa. Da quel momento si sono giocate 15 partite, di cui quattro di Champions (Napoli e Psg A/R). In questo rateo di stagione, il Barça ha collezionato 10 vittorie su 15 gare disputate, più 3 pareggi e 2 sconfitte (Psg a Parigi e Madrid al Bernabeu). Detto che sono unanimemente risaputi i motivi di quelle due sconfitte, ed è inutile tornarci sopra, limitiamoci all’analisi del restante gruppo di gare. 10 vittorie e 3 pareggi. In queste 13 partite la squadra ha realizzato ben 7 clean sheet, segnando 26 reti e subendone 9. In classifica siamo passati dal 4° al 2° posto, recuperando 2 punti al Madrid (meno 8 alla vigilia del Clásico), 13 punti al Girona (più 5 in classifica) e 9 punti all’Atletico (più 9). Questo in appena 15 partite. Appena Xavi ritira le dimissioni il mondo crolla. Due partite post ritiro dimissioni e il Barça, in due gare, ha subito la bellezza di 6 reti. 9 incassate in 13 partite; 6 in 2. Se con Xavi dimissionario la squadra girava a mille e gli errori individuali e di reparto erano solo un brutto ricordo, tanto da sperare sia di riaprire la Liga che di arrivare in finale di Champions, ecco che in appena due partite il mondo si è rovesciato.
Fa rabbrividire poi, oggi, sentire che Laporta è arrabbiato. Ma arrabbiato con chi? È lui il massimo responsabile se Xavi ha ritirato le dimissioni e la squadra è ripiombata nel caos tattico di un allenatore il cui livello è lontano anni luce da quello di un top club europeo. Ieri Michel se lo è messo prima in tasca come una caramella, poi lo ha scartato, lo ha masticato e sputato via. I cambi del tecnico girundenses hanno portato al trionfo dei locali che hanno realizzato 3 reti in appena 9 minuti. Quelli di Xavi (fuori Christensen, Fermín, Lewa, Roberto e Yamal) hanno definitivamente affossato il Barça. Ciliegina sulla torta di questo disastro, le dichiarazioni di Xavi, che in conferenza stampa si è dimostrato “soddisfatto di avere giocato un’ora in maniera eccellente”. Il particolare che sfugge a Xavi è che non allena l’Elche, ma il Barça. Forse, chissà, il tecnico dell’Elche avrebbe potuto fare un commento del genere, soddisfatto di avere tenuto botta contro una grande nonostante sia uscito dal campo con le ossa rotta e con quattro reti subite. Ma non certo l’allenatore del Barcelona. Urge un nuovo cambio di rotta immediato per evitare che anche la prossima stagione possa essere caratterizzata da questo inconcepibile equivoco.