FC Barcelona Valverde’s Press Conference

This evening Valverde met the media in a press conference very special and particular due to the politic atmosphere around the referendum scheduled for tomorrow. A very important day, tomorrow, for Barcelona and Barça. From a side we have the most important moment for the Catalunya’s chances to be indipendent and separated from Spain; To the other side, the same day, the team is playing a game with Las Palmas, important to pursue the road to solidify the top of the Liga’s ranking. So two very important events for the City of Barcelona.

Of course a lot of questions, made to the trainer, were about the referendum and the politic question. Valverde has been clear about that. Speaking about Piqué, and his post over the indipencia for Catalunya, he expressed his idea: “All people are free to express their opinion, and this is for Piqué too”. “All opinions deserve to be respected”.

The trainer tryed to evoid to speak about the Guardiola’s statement on his endorsement of the feelings of catalan people about the indipendence and their right to vote, trying to address the conference towards a football side. Valverde, with a nice joke, responded that he wanted avoid to be in trouble speaking about certain topics.

From this point a view he said that tomorrow he expects a normal football day, not thinking in a different Camp Nou than all other matchdays. He addresses the issue of Deulofeu and some other players like Sergi Roberto and Semedo. Valverde expressed his mentality, his creed about that: he prefers to get a not very large and deep plantilla. ” I can call 18 players, and field only 11″.

Champions League Sporting – Barcelona 0-1 Il Barça vince por la minima

A Lisbona il Barça si impone di misura sui lusitani con il risultato di 0-1. Un’autorete giunta nella ripresa, la quarta dall’inizio della stagione tra Liga e Champions, sentenzia la partita. Con questo risultato, che bissa la vittoria casalinga della squadra di Valverde contro la Juventus per tre reti a zero, i Blaugrana si mantengono in testa al girone a punteggio pieno con sei punti. A tre lunghezze di distanza si trovano i più immediati inseguitori, lo Sporting stesso e la Juventus. Chiude la classifica l’Olimpiakos a zero punti, prossimo avversario del Barça al Camp Nou.

La partita è stata dura e combattuta. L’avversario lusitano ha dato battaglia sia sul campo della corsa che su quello tecnico e dell’aggressività. Con una difesa chiusa, grande attenzione e pressing alto asfissiante sui portatori di palla catalani, lo Sporting ha chiuso tutti gli spazi e impedito ai Blaugrana di giocare in scioltezza. Con il ritmo della partita che stentava a decollare, e il centrocampo di Valverde incapace di creare come suo solito impantanato in un nugolo di gambe avversarie, Messi & C. spesso hanno dovuto ricorrere al lancio lungo per scavalcare tutta la zona nevralgica del campo, dove Rakitic, Busquets e Iniesta non riuscivano a trovare la scintilla che accendesse la partita. Ecco quindi che dalle retrovie si è cercata l’apertura sulle fasce, o il lancio penetrante per Suarez e Messi. Ma questa tattica di gioco si è scontrata per gran parte della partita, e sopratutto del primo tempo, contro una linea difensiva molto alta che ha praticato alla perfezione la tattica del fuorigioco. La linea difensiva dei biancoverdi, molto ben organizzata, ha svolto il compito alla perfezione, facendo scattare la trappola con continuità e costringendo il segnalinee a segnalare la posizione irregolare degli attaccanti del Barça. Jorge Jesus ha preparato la partita molto bene: difesa organizzata, fuorigioco e contropiede. Ha chiaramente mostrato di avere studiato con attenzione la condotta del Girona nel derby catalano di Liga, posto che i medesimi dettami tattici erano stati così ben esposti anche dai biancorossi nella gara di Montilivi.

Messi controllato

Se contro il Girona Leo era stato fatto oggetto di una marcatura ad uomo vintage, con il risultato che l’argentino era stato praticamente estromesso dalla gara, a Lisbona la marcatura è stata a zona e non individuale, ma la pressione asfissiante e costante dei padroni di casa, che sono riusciti a togliere l’aria al reparto nevralgico Blaugrana, ha impedito che anche Messi riuscisse a brillare. La sua, così, è stata una partita di sofferenza, vissuta in trincea tra le linee nemiche compatte e strette. Le medesime difficoltà ha incontrato Suarez, spesso finito in fuorigioco. Se Leo rientrava spesso a centrocampo per trovare spazio, sbattendo contro quell’affollata zona di campo, come in una discoteca modaiola che ha fatto il tutto esaurito, Suarez lottava contro i mulini a vento dell’altissima linea difensiva dello Sporting e contro la bandierina dell’assistente, perennemente alzata.

Finalmente il goal

Il primo tempo era andato, non restava che sperare nella ripresa. Viste le premesse, la partita non poteva che sbloccarsi da una azione individuale o da un calcio piazzato. E così è stato. Sugli sviluppi di una punizione battuta sulla destra nei pressi dell’area di rigore portoghese, la palla, penetrata in area, colpita in maniera confusa da Suarez, è carambolata prima sul corpo di un difensore e poi direttamente in rete. Un autogol in piena regola, il quarto di questo inizio di stagione a favore del Barça. Da quel momento la partita si è aperta maggiormente. Lo Sporting doveva necessariamente cercare di recuperare il risultato e ha offerto maggiori spazi per le ripartenze veloci degli uomini di Valverde. Nonostante ciò, e molteplici attacchi su ambo i fronti, il risultato non è più cambiato. A fine gara, nonostante una partita non tra le più brillanti giocate dalla formazione Blaugrana, rimane, oltre al risultato, la piacevole sensazione di una squadra che riesce a vincere praticando il calcio champagne di cui sempre si è fregiata, ma anche soffrendo e sfoderando le unghie per portare a casa il risultato. Caratteristiche, queste, che unite e combinate tra loro anche nel corso della medesima partita, permettono di ben sperare in vista di una stagione che si preannuncia lunga, complicata, ma anche certamente ben promettente. Valverde sta forgiando una squadra che subisce poco, oggi ha collezionato l’ennesimo clean sheet di questa stagione (appena due reti subite in otto gare, contro Getafe e Eibar), che lotta e che non si disunisce e non perde mai gli equilibri tra i reparti. Battere lo Sporting a domicilio non è stato facile. La formazione di Jesus è una squadra ben organizzata, quadrata e robusta. Dotata di grinta e velocità, nella scorsa stagione era stata in grado di mettere seriamente in difficoltà il Real Madrid in entrambe le sfide della fase a gironi della Champions (doppia vittoria dei blancos per 2-1, sia a Madrid che a Lisbona).

Girona-Barça 0-3 Fiesta Catalana

Il primo derby di Catalunya della storia della Primera è terminato con la vittoria dei Blaugrana per tre reti a zero. I goals sono stati messi a segno a seguito di due autoreti girondine nel primo tempo (Aday e Gorka gli autori delle sfortunate deviazioni nella propria porta), su conclusioni rispettivamente di Jordi e Suarez. La terza rete è giunta nel corso della ripresa grazie ad un bel tiro di destro, ancora dell’uruguagio, che ha sfruttato un bell’assist di Sergi Roberto. Con questo successo il Barça consolida la sua posizione solitaria in testa alla classifica, mantenendo 4 punti di vantaggio sull’Atletico, secondo per aver battuto il Sevilla nello scontro diretto, e 7 sul Real Madrid, a sua volta vincente a Vitoria contro un Alaves combattivo oltre ogni previsione, e sfortunato oltre ogni limite.

Festa catalana

Quella che si è vissuta ieri sera a Girona è stata una festa catalana. Sport e politica si sono incrociati sul campo di Montilivi. Unite sotto un’unica bandiera politica, le due città si sono trovate divise, per la prima volta, da una sana e gioiosa fede calcistica. Era la prima partita in Primera tra le due squadre. Unite da una comune passione calcistica per il Barça, per novanti minuti le due città si sono fronteggiate da avversarie. Divise da un’ora e quindici minuti di pullman e da due caselli autostradali, Girona e Barcelona hanno sempre pulsato per i colori Blaugrana. A Girona per le strade si sono sempre viste le magliette di Messi, e gadget e puppazzetti Azulgrana hanno sempre riempito le vetrine dei negozi. Ieri, almeno per novanta minuti, gli abitanti di Girona hanno sostituito quelle maglie con quelle biancorosse della squadra della loro città. E’ stata una festa popolare e genuina d’altri tempi. A Montilivi si è respirato un entusiasmo sincero e un po’ naif per due formazioni che restano, entrambe, nel cuore della popolazione di Girona. Un po’ quando in una partita giocano due figli che indossano due maglie diverse. Difficile decidere per chi fare tifo. Alla fine speri che giochino bene entrambi. Un po’ ciò che è capitato ieri per gli abitanti di Girona.

Independencia

Se sugli spalti c’è stato un certo smarrimento su chi tifare quando le due squadre sono scese sul terreno di gioco, sul campo politico non ci sono stati dubbi. Quella di ieri è stata la Festa dell’orgoglio Catalano, la festa dell’unità catalana e dell’indipendenza. Lo stadio era adornato da bandiere catalane, Esteladas, striscioni inneggianti al referendum. Si è giocato in un catino della Repubblica Catalana. Prima e durante l’incontro, a più riprese, sono partiti dagli spalti cori inneggianti all’indipendenza. Cori talmente forti da superare quelli solitamente uditi al Camp Nou. E sul finire della partita, all’unisono, le une al fianco delle altre, le due tifoserie si sono lanciate in un Votarem!, Votarem! da far venire la pelle d’oca. Un’unica anima catalana, divisa per una sola partita, tra due colori calcistici. Da domani, per le vie di Girona, si rivedranno le magliette di Leo e di Iniesta in giro per bar, negozi e ristoranti, confondersi, come se niente fosse, tra la moltitudine di una cittadinanza che per una sera ha visto i propri beniamini giocare contro i propri beniamini.

Il sette nel destino del Real Madrid

Il Madrid relegato al settimo posto in classifica dietro al Betis, distante sette punti dal Barça capolista. L’immagine di ieri notte è CR7 seduto in terra sul prato del Bernabeu, scuro in volto. Prove di simbolismo si direbbe. Il numero sette che torna a far girare la testa ai Blancos, Sette, come i sette flagelli; sette, come i sette Angeli dell’Apocalisse che portavano le coppe con l’ira di Dio; sette, come i sette Angeli dell’Apocalisse che suonavano le trombe portando catastrofi, una per ogni Angelo.  Roba da far tremare i polsi.

Ma torniamo un attimo all’immagine di CR7, sconsolato, solitario, seduto sull’erba del Bernabeu. Se fosse stato un cartone avrebbe avuto un fumetto sulla testa con nuvole plumbee, acquazzoni e fulmini. Fosse stato animato si sarebbero sentiti i tuoni di cotanto temporale. Ciò che certamente non si è udito, ieri a Chamartin, è stato il sonoro del pubblico. Non perché non ci fosse. Semplicemente perché era ammutolito, tramortito, basito, agghiacciato, come se qualcuno, Sanabria nella circostanza, avesse cliccato sul mute del telecomando con quel suo colpo di testa al 94′.

Opposta reazione, invece, a Barcelona. Quando l’ex Blaugrana ha messo il pallone nell’angolo lontano della porta difesa da Keylor, il sonoro si è udito, eccome! Tanto forte da dover abbassare il volume dei decibel. In quell’istante la città è esplosa. Dopo una giornata di tensioni, rabbia, proteste contro il governo di Madrid e la decisione liberticida di effettuare perquisizioni, sequestri e arresti, la Ciutat Condal ha avuto una ragione in più per sfogare tanta rabbia con una esplosione di gioia selvaggia. E come in un sottilissimo e invisibile filo che legava Barcelona e Madrid, la Nemesi ieri si è abbattuta sul Madrid proprio ad opera di un ex Blaugrana. C’è chi crede nei Segni, e chi no. Ma ieri è accaduto qualcosa, e dopo le problematiche politiche che hanno visto coinvolte le due città, con un punto a favore di Madrid, la notte stessa Barcelona ha risposto attraverso il castigo operato sul Real Madrid per il tramite di un ex giocatore del Barça, all’improvviso materializzatosi solo davanti a Navas. Come un fantasma, in piena area di rigore, clamorosamente non visto da Ramos, Sanabria ha pareggiato i conti. E’ curioso che il giocatore del Betis non sia stato notato e controllato da nessuno. Come se si fosse avvolto da un mantello magico, come quello usato da Frodo ne Il Signore degli Anelli, per penetrare in area e piazzarsi solo davanti alla porta in attesa del pallone. Forse è andata proprio così, e magari quel mantello altro non era che una enorme Estelada.

Esteladas a San Mamés!

Nella partita di questa sera tra Athletic e Atletico si sono notate parecchie Esteladas tra le tribune del San Mamés. Nella giornata della Guardia Civil negli uffici del governo catalano, degli arresti politici e della manifestazione pro indipendenza e contro l’ondata di arresti di Barcelona, Bilbao ha chiaramente appoggiato e sostenuto la Catalunya, la città e il diritto alla libera autodeterminazione esponendo sugli spalti le Esteladas, simbolo di libertà e indipendenza. Fin’ora le bandiere catalaniste si erano viste solamente al Camp Nou. Questa sera sono apparse anche a Bilbao. Una bandiera, la Senyera con la stella, che varcando i confini di un territorio, incassa la solidarietà delle genti libere, portatrici dei valori della democrazia, al di là dell’appartenenza ad un dato territorio geograficamente inteso. Da stasera l’Estelada diviene sempre più emblema del mondo libero, della libertà di pensiero e d’espressione. Un simbolo di un nuovo illuminismo.

Messi Come quest’anno mai

Il migliore inizio di campionato di Messi della sua storia. Dal suo esordio in Primera Division, stagione 2006/07, la Pulga non aveva mai realizzato così tante reti alla quinta giornata di Liga. Con il poker realizzato contro l’Eibar, il 10 argentino ha raggiunto quota nove in appena cinque giornate. Il miglior risultato di sempre. Battuto il suo precedente record del 2011/12, stagione nella quale a questo punto del campionato aveva collezionato 8 goal.

Sulla scia del record dei record

Il risultato si sposa con l’inarrestabile marcia verso un altro record, il pichici assoluto tra tutti i maggiori campionati europei. Il record appartiene ancora a Gerd Muller che con la maglia del Bayern, dal 1965 al 1979, ha realizzato la bellezza di 365 reti. Con le ultime prodezze realizzative, Messi è giunto alla porta del cannoniere tedesco. Con i suoi 358 goal, il miglior giocatore della storia del calcio è appena a 7 reti dal mitico striker teutonico. A quel punto sarà Vera Storia e nessuno potrà più mettere in dubbio la grandezza di un giocatore che fa la storia di questo sport giornata dopo giornata.

Spettacolo Barça 6-1 all’Eibar con quattro volte Messi

Un Barça bello da morire ne fa sei all’Eibar giunto al Camp Nou per limitare i danni. Per la squadra basca non pudo ser perché sulla sua strada ha trovato un Messi in formato Pallone d’Oro. Una partita strabiliante, da leccarsi i baffi e lustrarsi gli occhi dalla meraviglia. Questa notte Leo ha raggiunto quota 302 reti al Camp Nou, ha realizzato un poker, ha disegnato calcio come su una tela immacolata, ha ricamato gioco con tocchi, duetti, triangoli, tunnel, accelerazioni improvvise, frenate e cambi di direzione. Ma tutta la squadra è stata grande, immensa. Ogni singolo giocatore pareva in stato di grazia e dava l’impressione che volteggiasse sopra il manto erboso dell’estadi. Undici hovercraft che sfioravano appena il terreno di gioco e volavano leggiadri con eleganza, semplicità e naturalezza davanti ai tifosi cules che guardavano ammirati tanta meraviglia.

Grandi anche singolarmente

Paulinho è stato a dir poco grandioso. Un giocatore di spessore. Forte fisicamente, dotato tecnicamente e veloce, è entrato in quasi tutte le reti Blaugrana. Il suo inserimento negli schemi e nel gioco del Barça ha dell’incredibile. Un adattamento alla nuova realtà che ricorda quello di Umtiti nella scorsa stagione. Paulinho gioca come se avesse sempre fatto parte di questa squadra. Ha duettato con Messi, chiuso triangoli, recuperato palloni e corso a perdifiato fino alla fine della gara, tagliando in due lo schieramento avversario. Ha segnato per la seconda volta di fila, questa volta di testa su corner con uno stacco di testa, e una elevazione, che hanno fatto ricordare Pelè su Burgnich durante la finale del ’70. Un suo velo da applausi a centrocampo ha tagliato fuori tutta la difesa avversaria, dando il via ad una azione tambureggiante di Messi che ha portato alla terza rete della serata. Semedo cresce giornata dopo giornata, dimostrando che il plan B di Robert per il ruolo non era poi così tanto B. Se la posizione di esterno destro di difesa la scorsa stagione è stata uno dei punti deboli della squadra, ora il problema sembra risolto. Stanotte è sembrato di rivedere le cavalcate veloci e sicure di Dani Alves. In gran spolvero anche Denis Suarez, che sembra essersi finalmente inserito negli schemi e nella mentalità di una realtà difficile come quella del Barcelona. Anche i campioni più grandi hanno avuto necessità di un anno di apprendistato prima di rendere per il valore della loro classe internazionale. Denis Suarez deve ancora crescere e ha ampi margini per farlo. Il giocatore è ancora troppo timido in alcune giocate, ma se prosegue su questa strada non potrà che diventare un elemento importante per questa squadra. Intanto è al suo secondo goal consecutivo (come Paulinho). Ottima anche la prestazione di Deulofeu, che continua a collezionare valutazioni lusinghiere. Con Dembélé fuori gioco per parte della stagione, ora Valverde sa di poter contare sempre più su di lui. Stanotte il ragazzo ha dimostrato la sua solita buona volontà. Ottima propensione al sacrificio con continui ripiegamenti difensivi, oltre ad una attitudine alla battaglia sempre efficace in zona d’attacco. Con il suo spirito indomabile pressa, ruba palla ed è costantemente un elemento di disturbo per le difese avversarie.

Un nuovo rinascimento senza Neymar

Non c’è più Neymar, ma chi se ne frega. Anzi, di più: meno male! Questa squadra senza il Brasilian Fuggiasco ha fatto un salto di qualità enorme, è cresciuta in ogni suo aspetto, si è compattata, è tornata ad essere squadra. Senza peraltro perdere in spettacolarità ed efficacia. Mentre lui litiga e cammina pericolosamente sull’orlo di una crisi di nervi, venendo quasi alle mani con Cavani al Psg, Barcelona ride e festeggia. Messi ha assunto ancora di più il controllo della squadra, tornando ad essere quel ragazzino di tanti anni fa che ti faceva stropicciare gli occhi con la sua velocità e genialità. E lo fa con una rinnovata continuità che stupisce in positivo. La squadra è diventata compatta, unita. Gioca all’unisono e, insieme, i reparti si muovono come diretti da una mano invisibile che li fa salire e retrocedere in sincrono e con perfetto tempismo. Il centrocampo è tornato ad essere il dominus della squadra, come ai tempi di Xavi. Iniesta è rinato.

Le ragioni della rinascita

Tutto merito dell’assenza del brasiliano? Solo in parte. Senza il numero 11 lo schieramento è più equilibrato e sostenibile. Ma parte del merito deve andare certamente a Valverde che è intervenuto come Mago Merlino, e con un colpo di bacchetta magica… ecco che tutto è tornato al proprio posto. Dalla squadra fortissima in attacco, ma squilibrata e sbilanciata a centrocampo e in difesa, confusionaria e insicura, si è passati ad una macchina quasi perfetta. E tutto in appena un mese. Sì, sembrano passati anni dal disastro in Supercopa con il Madrid. Da quel momento, superato lo sbandamento iniziale dovuto alla fuga del brasiliano, la squadra si è ritrovata attorno alla figura serena di Valverde. I nuovi acquisti hanno completato il quadro. Gli innesti di Paulinho e Semedo hanno elevato enormemente il tasso tecnico e atletico dei Blaugrana. Ora il Txingurri ha molte più alternative rispetto a Luis Enrique. Può far girare i centrocampisti a suo piacimento, alternandoli e dosandoli per preservarne le doti atletiche, avendo sempre in campo giocatori di primissimo livello. Con il centrocampo odierno, schierato con Paulinho, Busquets e Iniesta, in panchina sedevano, oltre ad Aleix Vidal, Rakitic e Sergi Roberto, lo scorso anno costretti a giocare sempre per mancanza di alternative.

Il Barça di questa notte è stato talmente bello che è stato un peccato che il fischio arbitrale abbia messo la parola fine ad un recital tanto maestoso. Tutto il pubblico che ha seguito la gara avrebbe voluto che lo spettacolo andasse avanti per altri 90′. E così gli stessi giocatori, che da tanto tempo non mostravano tanta allegria e serenità nei loro volti.

Le reti della gara

Le reti della nottata sono state una più bella dell’altra. A partire dal rigore battuto da Messi praticamente da fermo. Concesso per un fallo commesso su Semedo al termine di una bella incursione in area di rigore del portoghese, Leo ha battuto il portiere avversario accarezzando il pallone il tanto giusto da superarlo in maniera soffice e beffarda. Il 2-0 porta la firma di Paulinho che di testa, con le modalità precedentemente descritte, ha di fatto chiuso la partita. Da quel momento la squadra ha stappato lo champagne e ha brindato ad ogni azione. Nella ripresa sono giunte le altre marcature. Il 3-0 porta la firma di Denis. L’azione nasce da un velo spettacolare di Paulinho per Messi che sposta l’azione sul lato debole dello schieramento, a destra. L’argentino punta così l’aria di rigore, supera due uomini e calcia in porta. Sulla respinta del portiere la palla finisce sui piedi di Denis che ha la freddezza di stoppare e infilare l’estremo difensore dell’Eibar sul suo palo. Al 57′ giunge la rete della bandiera dei baschi dopo un cross dalla sinistra in area mal controllato da Piqué. Alle sue spalle spunta Sergi Enrich che batte l’incolpevole Ter Stegen. A quel punto si era oltre metà gara. Mancava mezz’ora circa alla conclusione, ma la partita di Messi non era che agli albori. Il genio argentino aveva ancora in serbo, ben conservate nella sua lampada, una molteplicità di magie degne dell’antica Bagdad. Al 59′ giunge così il suo secondo goal. Messi riceve palla in posizione centrale al limite dell’area. Attorniato da quattro avversari si infila in mezzo alla mischia, finta di rientrare con il destro, e mentre è in caduta, con il corpo sbilanciato verso destra, calcia con il sinistro a fil di palo. 4-1. Un goal semplicemente Fa Vo Lo So! Ma non è finita qui. Leo ha fame di reti, e si vede. Al 61′ ancora l’argentino sugli scudi. In una azione di contropiede condotta in cooperazione con Paulinho, il 10 infila il pallone sul palo lontano. Il 6-1 porta ancora la firma della Pulce. Cambia la spalla, questa volta Aleix Vidal entrato nella ripresa per Deulofeu, ma non muta il canovaccio: triangolo stretto e tiro preciso che finisce in fondo al sacco. Per Messi è l’ennesima scorpacciata di reti (da marzo scorso segna consecutivamente solo marcature multiple: doppiette, triplette e poker), per il Barça una nottata di calcio spettacolo e un battagliero messaggio al mondo intero.

Dembélé già in campo per il Clasico di metà dicembre? Il parere dell’esperto

In merito all’infortunio di Ousmane Dembèlé e sulla capacità di recupero post operatorie, abbiamo sentito il parere illustre del Professor Massimiliano Salvi, specializzato in chirurgia protesica e dello sport. Professor Salvi vanta una esperienza ultra trentennale proprio sul campo chirurgico-protesico dell’anca e del ginocchio. Secondo il parere del professore i tempi di recupero di Dembélé potrebbero accorciarsi di due settimane, un mese. Potrebbero essere sufficienti tre mesi per rivedere in campo il giovane attaccante del Barcelona.

La lesione

Il distacco del tendine del bicipite femorale della gamba comporta una serie di differenti conseguenze e tempi di recupero a seconda del punto in cui si verifica la rottura. Diciamo subito che tra le varie rotture tendinee del bicipite femorale dell’arto inferiore, il distacco tendineo all’intersezione con l’anca è quello che comporta un periodo di recupero più lungo, ma anche un ripristino prestazionale e funzionale completo.

Dembélé ha subito il distacco tendineo all’altezza dell’anca. In questo caso, secondo il Professor Massimiliano Salvi, i tempi di recupero sono i più lunghi, ma le possibilità di un recupero funzionale dell’arto e del muscolo, senza perdita di forza e potenza muscolare, sono complete. Il recupero dopo l’intervento, in questi casi, si aggira, normalmente e senza ulteriori complicanze, in tre mesi. Il giocatore, se non subentrano altre circostanze al momento non preventivabili, potrebbe perciò rientrare intorno al 20 dicembre, giusto in tempo per affrontare il primo clasico stagionale. Sarebbe una notizia certamente piacevole per il giocatore in primis e per tutto l’ambiante Blaugrana.

Le altre rotture tendinee al bicipite femorale

Se il distacco fosse stato basso, vale a dire al livello del ginocchio, la tempistica, sempre per il Professor Salvi, si sarebbe dimezzata, necessitando in questo genere di infortuni, circa 6 settimane per il completo ristabilimento del paziente. Tuttavia le rotture del tendine più insidiose e pericolose sono quelle mediali e quelle che avvengono nella giunzione mio-tendinea (superiore o inferiore). In questi casi non si può ricorrere alla chirurgia, i tempi sono non prognosticabili e sopratutto non si ha un recupero funzionale completo, con frequenti casi di emorragie e sanguinamento interno. In queste situazioni permane sempre del dolore nella parte infortunata con conseguente perdita e/o diminuzione di potenza esplosiva muscolare.

Dembélé out Alternative tattiche a disposizione di Valverde

Con l’assenza di Ousmane Dembélé fino al 2018 Valverde dovrà lavorare in chiave tecnico-tattica per la sostituzione del francese. Il tecnico Blaugrana ha sostanzialmente tre strade.

Le alternative tattiche

La pista numero uno porta a Deulofeu. E’ la sostituzione più naturale e scontata. In questo modo non subentrerebbero stravolgimenti tattici, ma si avrebbe esclusivamente il ricambio di una pedina con un’altra. Il buon Gerard ha dimostrato in questo inizio di stagione di essere sul pezzo e di sfruttare al meglio le occasioni che gli sono state concesse. Dall’inizio dell’anno agonistico Deuolofeu ha sbagliato solo la Supercoppa contro il Madrid. Per il resto ha collezionato prestazioni più che lusinghiere. Ha mostrato buona velocità, insistenza, propensione al sacrificio e fisicità. Da quando aveva lasciato il Camp Nou, agli albori dell’avventura Luis Enrique, il ragazzo è cresciuto notevolmente. Le esperienze in prestito al Sevilla, Everton e Milan lo hanno forgiato e costruito bene a livello caratteriale. La fase di copertura, anello debole della sua attitudine calcistica, elemento che aveva portato al taglio da parte di Lucho, ora è acquisita e fa parte del suo bagaglio professionale. Deulo è un calciatore che non molla mai, e questa sua caratteristica è già stata fruttifera di marcature per la sua squadra. Non ultimo, il recupero del pallone nella partita contro il Getafe che ha permesso a Sergi R. di inserirsi in area e servire la palla per il goal del pareggio a Denis. La domanda, tuttavia, è una. Riuscirà il ragazzo ad avere la continuità necessaria per garantire la posizione da titolare nell’attacco del Barça? Se prima doveva disputarsi la maglia con Dembélé, ora il fatto di non avere rivali potrebbe finire per fargli accusare un istintivo e inconscio calo di tensione e, di conseguenza, di prestazioni.

Il 4-2-3-1

Oltre alla soluzione più naturale rappresentata da Deulofeu, Valverde può percorrere la strada di un cambiamento tattico. Inserire Paulinho in pianta stabile nel centrocampo Blaugrana. Nella Seleçao il brasiliano del Barça gioca in un centrocampo a tre, in posizione centrale o interno destro. Il Barça senza Dembélé potrebbe schierarsi con il 4-2-3-1. I due mediani potrebbero essere Rakitic e Busquets e i tre avanti a loro Paulinho, Messi, Iniesta, con Suarez prima punta che tende a spostarsi a sinistra per permettere gli inserimenti da falso 9 della Pulce.

Il 4-4-2

Ulteriore alternativa al modulo con Deulofeu potrebbe essere un più classico 4-4-2. Esso non rientra nel Dna Barça, ma Valverde potrebbe proporlo in alcune circostanze. In questo caso nel centrocampo a quattro giostrerebbero Rakitic, Paulinho, Busquets e Iniesta. L’attacco sarebbe affidato ovviamente a Suarez, più avanzato rispetto ad un Messi insignito della licenza di combinare guai.

Editoriale FC Barcelona L’importanza delle partite “sporche”

La vittoria di Getafe deve essere salutata con salve di cannone e fuochi artificiali. Non per il gioco scintillante dei suoi tenori. No; ma per aver vinto contro un avversario tignoso giocando male. Non sì è giocato bene, questo è indubbio; i giocatori più attesi si sono per una partita eclissati, benissimo. Ma quella partita è stato il frutto di lavoro sporco, sudore, pallonate. E sopratutto, della panchina.

E’ stata una partita sporca, difficile, anche più del previsto. Ma sono proprio le gare sucie, contro avversari modesti, che lo scorso campionato sono costate il titolo di Liga. Nella temporada appena conclusa il titolo è svanito contro Alavés, Celta, Malaga (andata e ritorno), Real Sociedad, Betis, Depor. In totale 4 sconfitte (Alavés, Celta, Malaga, Depor) e due pareggi (Malaga e Betis). Gli scontri diretti, invece, sono stati tutti vittoriosi tranne due pari con Madrid e Atletico al Camp Nou. Un po’ come il Liverpool della scorsa stagione, che ha battuto tutte le avversarie delle prime sei posizioni della classifica per poi buttare la stagione con quelle posizionate nelle retrovie.

La gara di domenica contro il Getafe nello scorso campionato non si sarebbe portata a casa. Sarebbe arrivata una sconfitta o un pari, un passaggio a vuoto come in quelle sconfitte prima ricordate. Questa squadra, invece, ha dimostrato di avere risorse oltre lo spettacolo. Riesce a giocare con il fioretto e la katana, in punta di forchetta e con il coltellaccio da cucina. Rispetto allo scorso campionato la squadra può vantare un quid pluris che è risultato vincente: la panchina.

Valverde ha trovato nella panca risorse che l’anno scorso Luis Enrique non era mai riuscito a trovare: gli assi tra le riserve per calare un bel poker vincente. Entrambi, Denis e Paulinho, sono entrati nel secondo tempo per cambiare le sorti della gara. Entrambe le reti portano infatti la loro firma. Un’importante risorsa del Barça targato Valverde. Se questo fatto tenderà a ripetersi nel corso della stagione, sarà un’arma con la quale i Blaugrana potranno, da una parte cercare di non far sentire l’assenza di Dembélé, dall’altra contrastare il Madrid con le sue stesse armi messe in campo lo scorso campionato. Zidane ha vinto la Liga più con la sua panchina che non con l’undici titolare. Giocatori come Morata, Isco, Asensio e Lucas Vasquez sono stati paradossalmente più incisivi dei titolari per il peso che hanno avuto nelle vittorie delle singole gare. Anche Valverde, da ora in poi, sa di poter contare su importanti scudieri da affiancare agli undici cavalieri dell’undici base in qualsiasi momento della gara e della stagione.