Editoriale – La figurina Arthur come metafora della condizione giornalistica

di Giuseppe Ortu

In questi giorni di confinamento forzato il gioco più in voga è il calciomercato compulsivo e ossessivo. In tempi di magra, con il calcio giocato fermo per la sicurezza sanitaria, personale e pubblica, sembra che le notizie di mercato siano ancora più incontrollate che in tempi normali. Senza la pandemia staremo discutendo delle prodezze dei calciatori, di vittorie, polemiche e passaggi di turno in Champions. Con la giostra del football desolatamente ferma come The Wheel di Coney Island, un mercato schizzato e psicopatico ha quasi rotto gli ormeggi e vaga, vaneggiando in maniera irrefrenabile, alla deriva in un oceano di stoltezze e frivolezze senza senso.

Il caso lampante di queste voci di mercato fuori controllo (perché è di questo che si tratta, di mere voci trasportate dal vento impetuoso come nel classico Cime Tempestose di Emily Brontë) è quello di Arthur. Il centrocampista del Barça è il protagonista di una vicenda curiosa, se non inquietante. L’ex Gremio, pedina portante del centrocampo che verrà insieme a De Jong, mai come in questo periodo è oggetto di un vaneggiamento di mercato quanto meno fuori controllo. Il numero 8 blaugrana è stato trasformato in questi giorni in una figurina da album dei calciatori. Come tale, il ragazzo è giornalmente oggetto del classico ce l’ho, mi manca. Oggi è pedina di scambio con tal giocatore e club, domani con talaltro. La figurina Arthur da giorni viene inserita in una fantomatica trattativa con l’Inter di Conte nonostante il giocatore sia un perno di questa squadra. Sopratutto a dispetto del fatto che molteplici fonti all’interno del club lo considerino “elemento imprescindibile del Barça del futuro”. Quella stessa Inter che per bocca di un redivivo Moratti (a volte ritornano come nel film I Morti Viventi) in una recente intervista radiofonica rilasciata in Italia a Radio Uno vede possibile (grazie al cielo non probabile) l’ingaggio di Messi.

Non è stato sufficiente nemmeno una dichiarazione dello stesso Arthur con la quale ha spezzato gli effimeri sogni interisti sostenendo che vuole restare e trionfare al Barça per evitare che la figurina Arthur venisse inserita in altri scambi di giocatori. Ce l’ho, mi manca. Sempre il solito fanciullesco ritornello.

E’ notizia delle ultime ore che Arthur è dato a cambio di Ndombele del Tottenham. Ce l’ho, mi manca. Non è tutto! Tanto per verificare quanto questo pseudo calciomercato sia affetto da disturbo bipolare, viene fuori come un coniglio dal cilindro dallo Splendini di Scoop, che Arthur nelle stesse ore è inserito anche in uno scambio tra il Barcelona e la Juventus per Pjanic.  Proseguiamo con il solito ritornello del ce l’ho, mi manca. Che senso avrebbe scambiare Arthurcon Pjanic? Ne avrebbe alcuno dal punto di vista tecnico, caratteriale, tattico, di prospettiva? E lo stesso brasiliano con Ndombele? Se vuoi un ragazzone tutto polmoni e corsa tieni Vidal, non ti privi di Arthur per avere un doppione del cileno.

Se mai un giorno questo mercato dei trasferimenti, o chiunque faccia uscire tali notizie, deciderà di diventare grande, per non dire professionale, quel giorno arriverà certamente troppo tardi. Per il momento rimane solamente un misero, ozioso gioco delle tre carte, un modo per riempire il tempo in maniera inutile e infruttuosa. Far girare un giocatore qua e là, accasarlo nello stesso momento qui e altrove come fosse un circo itinerante costretto a girovagare nell’aldilà come punizione divina per una vita di ozi e sedentarietà. La questione della figurina Arthur può essere presa come metafora per una vita grama della stupidità umana. 100 dollari per riportare serietà in questo nostro mondo pallonaro e superficiale basato sull’esteriorità, sulla facciata, su un titolo senza niente dietro, sulla mera figura in 2D, sottile e piatta, della condizione umana e giornalistica. Quanto tempo e quante vite sprecate dietro insulse e improbabili notizie, dietro stupidi balletti utili solo per far fare allenamento alle dita con una tastiera di un computer.  

FC Barcelona – Gli obiettivi del Barça nel mercato estivo

di Giuseppe Ortu

 Il Barça in questa ustione ha dimostrato le enormi difficoltà in fatto di personalità, brillantezza nel gioco, fantasia, copertura difensiva e gol. Il club ha la assoluta necessità di coprire quattro/cinque posizioni fondamentali del suo schieramento. Esse sono rinvenibili in due giocatori offensivi, i cui nomi sono già pienamente individuati, un difensore centrale e un laterale, forse due.

Arrivando ai nomi, gli attaccanti sono stati da tempo individuati in Neymar e Lautaro. Il brasiliano è un pallino/ossessione di questa Junta che intende lasciare il campo con un colpo che in qualche modo cercherà di gettare della polvere sulle enormi polemiche e scandali che hanno travolto la parte finale del mandato di Bartomeu. Con Neymar si cercherà di portare quel football, fantasia e goles che mancano alla macchina blaugrana da quando lo stesso numero 11 era scappato vergognosamente dalla porta di servizio tra i sacchi dell’immondizia accatastati al lato dell’uscio. Dopo tre anni di fallimenti personali del brasiliano, e di infortuni, e un tempo eguale di delusioni sportive, per non dire fallimenti, da parte del Barça, è ormai giunto il tempo che i percorsi delle due parti si riuniscano. Entrambi ne avranno beneficio da questo riavvicinamento. Da più settori si insiste che Neymar potrà trionfare solo nel Barça perché è al Camp Nou che sussiste il terreno fertile per la sua genialità calcistica e, nello stesso tempo, il giusto freno alle sue intemperanze e smanie tipicamente verdeoro. Dall’altro lato i colori blaugrana ritroveranno un elemento in grado di garantire personalità, esperienza, apporto di gol, velocità e fantasia, qualità che sono enormemente mancate nel triennio senza l’ex numero 11. Molte volte abbiamo notato e riportato che questa è una squadra triste, aburrida, svogliata e annoiata. Il morale è basso. Servono giocatori che portino allegria nel gioco del Barça e quella personalità che permetta che non si ripetano situazioni come quelle di Roma e Anfield in primis. Oltre a ciò si necessita un uomo capace di far fiorire le margherite da un terreno inaridito sia dal punto di vista del morale che del fútbol. Neymar è il profilo perfetto. Tra il giocatore e Bartomeu esiste inoltre un patto di intenti stretto all’alba dello scorso mercato estivo. Al massimo in due anni il brasiliano sarebbe tornato a casa da figliol prodigo. L’altro anno Don Rodrigo si era messo di mezzo attraverso i suoi Bravi e Don Abbondio; quest’anno, Coronavirus permettendo, che sarebbe la peste dei Promessi Sposi, Renzo e Lucia dovrebbero finalmente giungere a iustae nuptiae.
Lautaro è l’altro nome. Il nueve ideale per incasellarsi in un attacco con Messi, Suarez, e Neymar. Lautaro è giovane, veloce, abile negli spazi stetti e in campo aperto. Conosce l’arte di duettare e punta l’area avversaria con sicurezza quando ha spazio davanti a sé. E’ ormai pronto per il grande salto nel calcio che conta dopo l’apprendistato in Italia con l’Inter, buon trampolino per il calcio vero.

Con i due nomi del reparto offensivo sistemati, rimane il ruolo di centrale di difesa. Piqué e Lenglet sono contati, Umtiti è inaffidabile, Araujo inesperto per fare il titolare. Da vedere la situazione dei cedidos, tra i quali Todibo, altro nome su cui sarebbe azzardato puntare sì o sì. Un centrale giovane, ma con esperienza di Liga e internazionale sulle gambe va quindi preso. Per il ruolo il casting è aperto da tempo e parecchi nomi sono stati fatti e hanno ballato sulle punte nei device degli uomini della secretaría tecnica. L’ultimo in ordine cronologico è quello di Diego Carlos del Sevilla. Giocatore brasiliano, da quest’anno alla squadra andalusa e proveniente dal Nantes. Il giocatore ha una valutazione di 32 milioni di euro stando al portale specializzato Tranfermarkt. Può giocare in ambo le posizioni della zona centrale, destra e sinistra. Questa sarebbe una grande chance per il tecnico del Barça all’ora di comporre le coppie. Bisognerebbe contrattare con il Sevilla, cosa non facile, sebbene la formazione andalusa sia notoriamente un club vendedor.

Il ruolo del laterale è piuttosto delicato. Fondamentale per il gioco del Barça, non si può più sbagliare dopo anni di errori e indecisioni che sono costati punti e trofei. Dall’uscita di scena di Dani Alves non si è più riusciti ad avere un laterale all’altezza. Tutti i vari tentativi di sostituirlo sono miseramente falliti o hanno lasciato decisamente insoddisfatti. L’ultima voce conduce al uno scambio Semedo-Cancelo. A prima vista due cavalli di eguale livello e capacità. Emerson, di proprietà del Barça, ma parcheggiato al Betis fino al 2021, non può essere il giocatore a cui consegnare la maglia da titolare. La corsia di sinistra e di proprietà di Jordi, ma alle sue spalle c’è il vuoto. Pensare a investire in un calciatore che dia competencia vera al numero 18 non sarebbe male. Sia per evitare guai in caso in infortunio, come accaduto in questa stagione in corso, sia per evitare cali di tensione nel giocatore posto la mancanza di alternative credibili. 

C’è molta carne al fuoco e tanto lavoro attende la secretaría tecnica del Barça da qui al momento in cui (quando non si sa) il mercato verrà ufficialmente aperto.        

FC Barcelona – I dubbi sul mercato che verrà tra crisi e Coronavirus

di Giuseppe Ortu

La pausa forzata per il Coronavirus permette alle squadre di programmare il futuro senza troppa fretta e con ben più largo anticipo rispetto al preventivato. Il calcio giocato è fermo, i giocatori sono in vacanza forzata e si allenano al meglio delle loro possibilità nelle rispettive abitazioni. In questa atmosfera sospesa i club, nella persona dei dirigenti sportivi, si guardano attorno, individuano quelli che saranno i rinforzi prescelti per la prossima stagione, valutano ulteriormente gli obiettivi che erano stati segnati nei taccuini (o IPad) de responsabili delle strutture sportive dirigenziali. C’è il tempo per scegliere, valutare, stravolgere e riprogrammare diversamente quelle che erano state delle scelte già ponderate nei mesi passati. Cambi di piani, orizzonti futuri e di agende possono ancora essere gestiti. La crisi del Coronavirus ha inciso pesantemente sulle casse di tutti i club e ciò che per molti era possibile, ora non lo sarà più. Il mercato sarà diverso da quello che era stato pensato e immaginato prima della pandemia. Per tutti. Venditori e compratori saranno inevitabilmente coinvolti in questo marasma economico-finanziario che si sta portando dietro il virus. Le cifre folli della scorsa estate da qui in avanti non saranno più sostenibili, per nessuno. Non è da escludere, nemmeno, l’intervento della FIFA o della UEFA per introdurre delle normative calmieranti per un mercato trasferimenti che dovrà avere dei tetti economici imposti al fine di evitare una corsa verso l’alto in un periodo in cui tutti hanno il fiatone, e un passo azzardato potrebbe costare la stessa sopravvivenza dei club.

FC Barcelona – Bartomeu annuncia querela contro Rousaud

di Giuseppe Ortu

Le pesanti e gravi dichiarazioni rilasciate da Rousaud, ex delfino di Bartomeu, a Rac1, non hanno tardato a scatenare l’inevitabile reazione del club. Attraverso un comunicato stampa ufficiale, il FC Barcelona, per bocca di Josep Maria Bartomeu, ha minacciato azioni legali contro Rousaud per le sue dichiarazioni. È guerra aperta, ormai, tra i due ex amici. Questo il sunto del comunicato ufficiale emesso dal club questa sera:

“Di fronte alle gravi e infondate accuse fatte questa mattina dal signor Rousaud, ex vicepresidente istituzionale del club, in varie interviste ai media, il FC Barcelona nega categoricamente qualunque azione suscettibile di essere qualificata come di corruzione, y, per tanto, si riserva di intraprendere le azioni legali adeguate”.

  

FC Barcelona – In 6 lasciano la Junta. Anatomia di una crisi. I Perché e i Retroscena

di Giuseppe Ortu


Barcelona in questi giorni vive come sospesa in un silenzio irreale. La città è muta, spettrale, così come il suo silenzio che aleggia diffidente, guardingo. Mette i brividi affacciarsi al balcone e sentire… il nulla. Nessuno schiamazzo, né auto che transitano. Alla sera non cantano nemmeno i pappagallini che affollano e abitano gli alberi della cittàdurante il giorno. Si ode appena il rumore del tram sulla Diagonal che sferraglia solitario, che si ferma davanti all’Illa desolatamente (e fortunatamente) vuoto. Un rumore che altrimenti sarebbe inudibile, soffocato da altri mille suoni. Così, anche se lontani, quel rumore sembra vicinissimo. Un silenzio pesante; come una cappa di grossa flanella che cela e serra una intera città. Una drammatica notte oscura calata sulla capitale della Catalunya. L’unica sensazione che Barcelona sia abitata e non spopolata da una fuga in massa improvvisa, sono le luci che provengono dagli appartamenti che illuminano di color oro un’atmosfera altrimenti spettrale.

Tutto tace, dunque. Almeno così sembra. Sotto questa apparente tranquillità di una città congelata, apparentemente caduta in un sonno magico nel più puro stile Disney, come se una fata avesse sparso la sua polverina luccicante sopra i tetti della Ciutat Condal, altrove, nella Junta Directiva, si sta vivendo un clima da Notte dei lunghi coltelli.

La Junta Bartomeu non è nuova a colpi di scena, polemiche, ribaltoni stile italico pentapartito, tradimenti e pugnalate alla schiena. Come nel Giulio Cesare di Shakespeare, nelle ultime ore si è celebrata una nuova scena della celebre tragedia. Le dimissioni in massa di sei membri della Directiva, segnatamente Emili Rousaud, Enrique Tombas, Silvio Elías, Josep Pont, Maria Teixidor e Jordi Calsamiglia stanno facendo piombare la Junta nel caos più totale e aprono la porta a una crisi istituzionale che non ha precedenti a memoria d’uomo.

Il perché di queste dimissioni si spiegano con la richiesta dei giorni scorsi di Bartomeu, indirizzata a Rousaud, Tombas, Elías e Pont di fare un passo indietro e presentare le proprie dimissioni. La richiesta che ha destato maggior scalpore è stata quella diretta a Rousaud, ex delfino di Bartomeu e candidato continuista dell’attuale presidente. Un solido braccio destro che non è parso essere così tanto forte alla luce degli ultimi avvenimenti. Bartomeu aveva giustificato la richiesta con accuse non meglio precisate di tradimento nei suoi confronti e improvvisa mancanza di fiducia nel suo ex uomo di riferimento. Le accuse sono state mosse in merito al ben triste e noto affaire I3 Ventures, o come banalmente e senza fantasia è stato chiamato dalla maggioranza dei media il Barçagate. Per i più distratti, la polemica creata dalla pubblicazione di alcuni post offensivi, denigratori, alcuni diffamatori nei confronti di giocatori del Barça, ex atleti, dirigenti e personaggi della società catalana vicina ai colori blaugrana, per il tramite di account creati e/o gestiti dalla suddetta società anonima su incarico, secondo l’accusa, (circostanza sempre negata dai diretti interessati), della stessa Junta Directiva del FC Barcelona.

Dopo il cortese invito di Bartomeu, Rousaud, Tombas, Elías e Pont hanno presentato le dimissioni. Insieme ad essi anche altri due membri della Directiva: la Teixidor e Calsamiglia. Sei dimissioni nello stesso momento non si erano mai viste a Barcelona. Il direttivo tuttavia, non rischia di cadere per queste fuoriuscite. Lo statuto prevede la caduta automatica della Junta solo nell’ipotesi di dimissioni simultanee del 75% dei membri direttivi. Con questo terremoto, tuttavia, vi è la necessità di reintegrare la Directiva con un elemento. Al momento rimangono in carica 13 membri, mentre è necessario almeno la presenza di 14 dirigenti per garantire il funzionamento dell’organo direttivo. E’ chiaro, tuttavia, che la Junta ne rimane sfigurata permanentemente nella sua rispettabilità e credibilità.

Una delle accuse più eclatanti di Rousaud è stata portata avanti nel corso di una dichiarazione rilasciata ai microfoni di Rac1 nel corso del programma radiofonico El Món. L’ex vicepresidente ha sostenuto che “in merito alla questione del I3 Ventures, qualcuno ha messo le mani nella cassa”. Dichiarazioni gravissime che aprono la porta immediatamente al reato di appropriazione indebita. Rousaud ha sostenuto che “per i servizi appaltati a I3 Ventures, valutati in un costo di mercato di cento mila euro, è stato pagato un milione di euro. L’ex delfino di Bartomeu ha poi ricordato che “I pagamenti sono stati fatti con una serie di fatture di 200.000 euro al fine di evitare il controllo della Commissione deputata a verificare le spese” che si attiva automaticamente per importi superiori ai 250.000 euro (n.d.r.). Un brutto pasticcio dunque. In ogni modo, per sua bocca, ha escluso da qualsiasi coinvolgimento i membri della directiva, gettando un’ombra di discredito sui membri non facenti parte della Junta. Fonti giornalistiche conducono a un membro dell’Area di Presidenza, già sospeso dall’incarico e dallo stipendio. Rousaud ha confermato che è attualmente attiva una Commissione per far luce sui fatti e che, a soli due esami testimoniali dalla conclusione del suo lavoro, è già giunta a delle conclusioni definitive. Le conclusioni della Commissione saranno poi presentate alla Commissione Delegatacomposta da sei elementi, tre dei quali proprio Rousaud, Tombas e Teixidor.

Una crisi, questa istituzionale del Barça, che giunge da lontano. Una serie di lotte intestinali nel più classico degli scenari da corte reale inglese del 300/400, con veleni, serpi e attentatori dietro ogni angolo cieco. Negli ultimi tempi si sono avvicendati direttori sportivi, manager dell’area tecnica e sportiva, in un chiaro sentore di incertezza e impreparazione nelle linee da seguire o di scarsa abilità nella valutazione qualitativa delle persone scelte. E’ dell’estate scorsa il defenestramento di Pep Segura, manager dell’area tecnica e formativa. Uomo potentissimo a Can Barça. La fine del suo rapporto è stato turbolento, tempestoso. Sostituito da Patrick Kluivert e Abidal, l’addio del manager ha scatenato una reazione a catena con le dimissioni di uno dei vicepresidenti di allora, Jordi Mestre. Intervistato da Rac1 l’ex vicepresidente ha parlato di una Junta irrimediabilmente divisa “con varie correnti inconciliabili al suo interno”. Nello stesso tempo si è scagliato contro Rousaud per aver parlato in pubblico, sostenendo che “i panni sporchi si lavano in casa”.

A proposito di Pep Segura, una fonte confidenziale della Masia, proveniente da un ex canterano del Barça, adesso in forza in una formazione della Segunda B, ha rivelato proprio in questi giorni che Pep Segura era una persona che “aveva portato malanimo in seno alla cantera e aveva creato un ambiente tossico alla Masia”. Dalle ricostruzioni del ragazzo si parla di allenatori sostituiti senza un motivo, giocatori ceduti contro il parere dei tecnici e costretti a schierare i giocatori che voleva Segura. “Faceva quello che voleva” ha chiosato l’ex blaugrana.

Tebas: le date per ripartire e i danni del virus. Messi all’Inter? La Serie A ha grossi problemi

di Giuseppe Ortu


Javier Tebas, presidente e mandatario della Liga, ha concesso una intervista in videoconferenza con la stampa estera (non spagnola) nella quale ha toccato vari argomenti; dalla durata del blocco del calcio spagnolo ai danni economici derivanti dal Coronavirus. Uno dei punti principali della sua conferenza stampa è stato la presentazione di una sorta di calendario per far ripartire la stagione sportiva. Calendario che deve tenere conto, necessariamente, anche delle coppe europee. Perché se è vero che il tempo stringe e rimane sempre meno spazio per incasellare tutte le partite che rimangono fino al termine del campionato, è ancor più vero che gli spazi disponibili si riducono ulteriormente se si pensa che anche la Champions League e la Europa League devono trovare posto in quello stesso calendario.

Tebas, premettendo che ogni discussione rischia di essere fine a se stessa dal momento che il boss della situazione è il virus e che da esso non si può prescindere, e che l’obiettivo primario della Liga è garantire la salute pubblica di calciatori, staff dirigenziali, tecnici e pubblico, stabilisce tre ipotetiche date come al momento possibili per far ripartire tutta la macchina calcistica. 29 Maggio, 6 Giugno, 28 Giugno. Tebas spiega che “Se iniziamo il 29 Maggio con la Liga, la Champions si disputerà a Luglio. Se iniziamo il 6 Giugno, si giocheranno tutte le competizioni, assieme, fino al 31 Luglio. E se iniziamo il 28 Giugno, Luglio sarà per la Liga e Agosto per la Champions. Con queste date, ovviamente, c’è il tempo per iniziare con gli allenamenti. (…) Per terminare la stagione non vogliamo andare oltre il mese di Agosto, ed è ovvio che tutto ciò danneggerà l’inizio della prossima stagione”.

Per il massimo dirigente de La Liga la parola cancellazione della stagione e del campionato non rientra nel suo vocabolario e nemmeno nei suoi pensieri. “Solo quando dormo, ma come incubo!” sostiene Tebas. A questa ipotesi “ci penseremo solo quando non si potrà più giocare”. Ma non certo ora. In effetti siamo ancora ai primi di Aprile. Manca davvero molto tempo prima che si possa preventivare una ipotesi del genere. Ipotesi catastrofica per il calcio in generale e spagnolo in particolare. Tebas, nel corso della sua conferenza stampa, ha fatto due conti per mostrare quanto sarebbe dannoso non poter riprendere a giocare. “Non terminare la stagione 2019-20 equivarrebbe a una perdita di mille milioni di euro. Se terminiamo a porte chiuse il danno sarà di 350 milioni di euro. Se potessimo giocare con il pubblico le perdite sarebbero di 150 milioni di euro.” A questo punto, dopo questa prima serie di cifre da tsnumani per il mondo del calcio, Tebas va più nello specifico parlando di Diritti TV, una delle voci più importanti nel panorama calcistico, e che a bilancio iscrive cifre enormi. “In quanto ai diritti Tv in Liga, abbiamo già guadagnato il 90% del totale della voce economica. Se non dovessimo riprendere a giocare, oltre a rinunciare al 10% restante, dovremo restituire il 18% di quanto abbiamo già incassato”.

Il massimo mandatario de La Liga ha affrontato l’argomento del mercato trasferimenti, che chiaramente risulterà intaccato, se non stravolto, dai tempi extralarge di questa stagione. Se solitamente il calciomercato inizia a luglio e perdura fino al 1 settembre, quest’anno in quel periodo si sarà nel pieno della fase finale delle varie competizioni. Tutto dovrà essere rivisto, ripensato, rimodulato. Tebas in merito è rimasto abbottonato come una brava spia catturata dal nemico. Solo grado e numero di matricola. In questo caso, lasciati da parte grado e matricola, ha semplicemente dichiarato “non posso dire molto di più. Dovremo vedere le raccomandazioni della FIFA e modellare il mercato alle condizioni attuali generate dal Coronavirus, che sono decisamente eccezionali”.

Per finire è stata posta una domanda anche in merito a Messi e alle famose dichiarazioni di Moratti che, in men che non si dica, si sono diffuse velocemente quanto il Coronavirus. Tebas è stato caustico quanto una stilettata tra le costole e un bicchiere di soda… caustica. “Messi in Italia? Non lo credo. Però non risolverebbe i problemi della Serie A, vincolati al rapporto tra debiti, prezzi alti e guadagni insufficienti”. 

L’Antipatico – Moratti, Messi e i “ricchi e scemi” dell’Italia anni ’90

di Giuseppe Ortu

Dei presidenti del calcio italiano di Serie A lo si è sempre detto nei decenni scorsi. Sopratutto quando, allora, la Serie A era italiana. Da anni ormai, con poche eccezioni, i club del Bel Paese sono affare di personaggi, aziende, fondi di investimento stranieri. In Italia hanno fatto il passo più lungo della gamba come si suol dire. Hanno speso più di quanto potessero permettersi. Incassare 10 e spendere 50. Il sogno di qualsiasi bambino di prima elementare che non ha alcuna idea di calcolo matematico. I presidenti “ricchi e scemi” venivano definiti allora. Gente che si è rovinata con il giocattolo che certe famiglie hanno dato a congiunti ai quali non sarebbe stato permesso mettere piede in azienda perché notoriamente scialacquatori e dalle mani bucate. Per costoro la figura giuridica del “Buon padre di famiglia” era come lo spauracchio delle favole orrorifiche che certe madri raccontavano ai pargoli per farli stare tranquilli. Sul genere di Kaiser Sauze di “I soliti sospetti”. O figure demoniache di antiche culture rinvenute in amuleti, pitture rupestri, monumenti.

Dei presidenti del periodo d’oro della Serie A, segnato da spese folli compiute senza criterio, senza pagare le tasse, utilizzando fondi neri ecc, sono piene le pagine di storia dell’Italia pallonara vincente. Trofei, coppe costruite sul nulla, sulle cambiali, sulle scatole cinesi, sui debiti finanziati da altri debiti. Scandali famosi come quello dei passaporti falsi, i Rolex d’oro regalati a destra e a manca, aziende svuotate per conquistare titoli sportivi; dal crac Cirio, alla Parmalat. Le strade della “Milano da bere” e del calcio vincente degli anni ’90, quello che in Italia ancora taluni sciocchi (commentatori e no) rimpiangono senza pensare ai dissesti economici e finanziari che quelle vittorie hanno creato ai mercati, al Paese Italia e alla società, sono lastricate di atti giudiziari e lacrime. Ma certo, l’importante era che le squadre di calcio vincessero. Panem et circenses. Come se fosse stato quello l’obiettivo del Sistema Paese, non la saldezza delle aziende, il controllo del debito pubblico, la piena occupazione della forza lavoro.

Alcuni erano semplicemente ricchi e scemi, altri erano poveri e furbi. Ma in ogni caso molti si sono ritrovati allo stesso punto: a zero. I primi partivano da un patrimonio importante per poi ritrovarsi costretti a vendere perché erano finiti i soldi in cassa; i secondi partivano da un castello di carte di picche, arrivavano in cima con la “finanza creativa”, per poi ritrovarsi nuovamente al punto di partenza: senza niente. Scoperto il bluff, tutto crollava miseramente, e mestamente, sotto il peso di una seria indagine finanziaria. Come al tavolo del poker: quando uno dei giocatori vede, non puoi fare altro che mostrare il tuo bluff.

Un sistema che per fortuna ora non esiste più. In Italia le cose sono tornate ad essere a misura di Italia e delle sue squadre di calcio. Vendere prima di comprare, e tutto sempre sotto l’occhio vigile della Uefa e del suo Fair Play Finanziario. Mai istituto fu così benedetto per tenere a freno certi personaggi e per fargli sgombrare il campo.

Ora il calcio italiano è passato dai presidenti tifosi, i ricchi e scemi di cui prima, alle aziende estere che investono in base alle disponibilità finanziarie, non ai sogni di gloria personali.

A proposito di sogni e manie di grandezza da altri tempi e altre epoche geologiche, è di oggi la notizia che Massimo Moratti, ex presidente dell’Inter, ha lanciato a Radio Uno. Parlando al programma Radio Anch’io Sport, Moratti ha parlato della possibilità per l’Inter di tesserare Messi. L’ex patron nerazzurro ha detto che vedere Messi vestendo la maglietta dell’Inter “non è un sogno impossibile”. Per Moratti l’alleato della sua ex creatura sarebbe il Coronavirus. “Non era un sogno vederlo nell’Inter prima del Coronavirus e non lo è nemmeno ora. Se i  proprietari (del club nerazzurro) faranno uno sforzo potranno portarlo all’Inter”. Il 74enne ex presidente ha concluso sostenendo, come un moderno Nostradamus, che “alla fine della stagione c’è la possibilità che accadano cose strane”. Chissà che non abbia ragione. Il campionato di Serie A potrebbe concludersi e l’Inter potrebbe anche vincerlo. Di cose strane ne possono accadere; eccome!

In tempi di Coronavirus tutti cercano di rallegrare la popolazione confinata in casa in tutti i modi possibili. C’è chi tiene concerti dal salotto di casa, chi lancia la sfida di palleggiare con un rotolo di carta igienica. Ognuno ha il suo sistema. Il caro Moratti ha deciso di rallegrare così l’umore abbattuto dei suoi ex tifosi. Oggi è 6 aprile, ma sembra di  essere al primo del mese.

Il tempo delle smargiassate per fortuna è finito negli anni ’90. Insieme alla “Milano da bere”, Craxi, i super campioni, la favoletta del “campionato più bello del mondo” e tutte quelle borie da tempi andati. Ora sono i tempi in cui nemmeno si supera la prima fase di Champions. Il libro di storia è chiuso, la lezione è finita e la campanella è suonata. Terminata la scuola si torna a casa, alla Serie A degli ex campioni di 35 anni. Tutti buoni, in fila per due. 

 

La UEFA minaccia l’esclusione dalle Coppe per chi interrompe i campionati

di Giuseppe Ortu

La Jupiler Pro League è la massima divisione del campionato belga di calcio. Nella giornata di ieri la Lega belga aveva decretato la fine anticipata del campionato domestico per la crisi del Coronavirus laureando campione del Belgio il Club Brugge con ben 15 punti di vantaggio sulla seconda classificata, il Gent.

Adesso la UEFA, per voce del suo boss Aleksander Ceferin, e di Andrea Agnelli, patron della Juventus e presidente della ECA (Associazione dei Clubs Europei – European Clubs Association), hanno minacciato la Federazione belga, la URBSFA-KBVB, (Union Royale Belge des Sociétés de Football Association)di escludere dalle coppe europee le formazioni belghe se non riconsiderano (termine eufemistico), se non fanno una rapida e repentina retromarcia sulla decisione presa di finalizzare il campionato nazionale.

Per il massimo organismo calcistico europeo, non sarebbe opportuno decretare, oggi, la fine anticipata di un campionato posto che, a parere delle menti illuminate di Nyon, il calcio potrà “riprendere nei prossimi mesi con condizioni che saranno dettate dalle autorità pubbliche e crediamo che qualsiasi decisione di abbandonare le competizioni nazionali è, in questo momento, prematuro e ingiustificato”. Il comunicato prosegue sostenendo che “Una finalizzazione prematura (dei campionati) getterebbe dei dubbi sul verificarsi di queste condizioni”.

E poi viene la parte più importante di tutto il comunicato che contiene la chiara minaccia di esclusione dalle competizioni europee rivolta alla Federazione Belga e a chiunque altro osi dare per conclusa la stazione agonistica nazionale. Il comunicato prosegue puntualizzando che la UEFA ha la potestà per “Valutare il diritto dei club ad essere ammessi alle competizioni per club della UEFA 2020-21, in accordo con le norme  applicabili”. Della serie, se la Federazione Belga dovesse mantenere lo status quo, le sue squadre non parteciperanno alla prossima Champions League e Europa League. E tale sorte toccherà a qualunque altra Federazione dovesse decidere nello stesso senso di quella belga. 

UEFA – La Champions si disputerà ad Agosto?

di Giuseppe Ortu

Non è ancora ufficiale, ma tutto sembra procedere verso una Champions League che riprenderà nel mese di Agosto. Nella riunione dei 55 di ieri, la Uefa ha cancellato tutte le partite per nazionali che erano in programma durante il periodo estivo. In particolare ha rinviato le competizioni per nazionali maschili e femminili in programma a partire da giungo. Tra queste, dice la nota della Uefa, “gli spareggi di qualificazione per Uefa Euro 2020 e le qualificazioni per Uefa Women’s Euro 2021”. Tutte le altre competizioni Uefa, ivi comprese le amichevoli tra nazionali, sono posticipate a data da destinarsi.
Con lo stesso provvedimento, la Uefa ha anche posticipato a data da destinarsi, o annullato definitivamente, anche tutte le competizioni a carattere giovanile. Quelle annullate sono: fase finale del Campionato Europeo Under 17, in programma a maggio; la fase finale del Campionato Europeo femminile Under 19, in programma per luglio.

Il fatto che si siano liberate date nel periodo estivo del calendario Uefa fa presagire che l’Organizzazione del Calcio Europeo abbia intenzione di far disputare ciò che rimane dei tornei internazionali per club proprio in quel periodo, da giugno ad agosto, a seconda delle necessità e delle possibilità che la pandemia riserverà. Non è dunque da escludere che l’Europa League e la Champions possano giocarsi nel periodo di luglio-agosto. La Champions ad agosto e l’Europa League a luglio, o viceversa, o entrambe le competizioni nel corso dello stesso mese non è una utopia. Invece di inutili e noiosi tornei amichevoli in giro per il mondo, spesso a orari impossibili per l’Europa, potremmo godere dello spettacolo unico e inimitabile della Champions concentrata tutta in un mese in un finale di manifestazione al cardiopalma e tutta da gustare. In attesa dell’ufficialità, ci attende una estate con i fiocchi dal punto di vista sportivo.