Giuseppe Ortu Serra
Barça-Psg è stata una partita di lupi contro agnelli. I secondi sono stati i blaugrana, che hanno perso per errori personali, errate letture nello svolgimento delle singole azioni (Araujo e Cancelo) e di tutta la sfida (Xavi). Il tecnico dimissionario blaugrana oggi ha dimostrato di non possedere la capacità di leggere la sfida e di guardare oltre la curva cieca. Non ha capito, in pratica, che con l’uscita dal campo di un attaccante la sua squadra si sarebbe bloccata lì, al limite della propria metà campo e si sarebbe consegnata al nemico.
La partita era iniziata bene, ma è finita male. Alla fine è il Psg a passare dopo aver battuto il Barça a Montjuic per 4-1 e giocherà la semifinale contro il BVB, giustiziere dell’Atletico. Il risultato dell’incontro è spiegabile tutto nell’espulsione di Araujo al 29′ e nel successivo cambio di Xavi.
Rimpallo nefasto del Barça in uscita, palla per Barcolà che punta l’area in solitaria, Araujo lo insegue, tenta di recuperare passandogli davanti e nel farlo allarga il braccio e colpisce l’avversario al collo che finisce a terra. Fallo fuori area, da ultimo uomo, e rosso diretto. Al 29′ Barça in 10. Questa, e la successiva mossa di Xavi, che sostituisce Yamal per far entrare Inigo Martinez, sono le chiavi della gara. In inferiorità numerica per l’espulsione, con l’attacco menomato dalla scelta di Xavi, il Barça è morto lentamente. Senza Yamal, che a destra portava via tre uomini da solo, il Barça non è più riuscito a superare la metà campo nei 15 minuti finali del primo tempo (in questo frangente di tempo il Paris è pervenuto al pareggio con Dembélé) e nella maggior parte della ripresa. Sostanzialmente la spiegazione della gara è tutta qui. Due errori che hanno segnato il destino di un’intera stagione.
Il Barça aveva iniziato alla grandissima, passando in vantaggio con Raphinha all’11’ su giocata e assist di Yamal a destra. Palla al centro di esterno sinistro e tocco del brasiliano sotto porta per il vantaggio blaugrana. Il Barça avrebbe potuto raddoppiare poco dopo, ma il tiro di Lewa dal limite dell’area è terminato alto di poco. Sembrava una gara trionfale, con gli azulgrana pericolosi ogni volta che si facevano sotto. Poi il patatrac. L’intervento di Araujo è stato distruttivo. Con il Barça in vantaggio, dopo avere vinto l’andata, restare in 10 è stato un peccato mortale. In quelle condizioni di punteggio l’uruguaiano avrebbe dovuto non commettere fallo e aspettare il tiro e l’eventuale intervento del portiere (fortissimo nell’uno contro uno). In questo modo, invece, ha regalato una sorta di match point all’avversario. Il resto lo ha fatto il cambio del tecnico, che ha tarpato le ali alla sua squadra. Da quel momento il Barcelona si è infatti limitato a difendersi, frequentando l’area avversaria in sporadiche occasioni. E si è consegnato, mani e piedi legati, all’avversario.
L’1 a 1 di Dembélé ha iniziato a demolire il punteggio, nonostante il Barcelona fosse ancora qualificato per via della vittoria di Parigi. Ma il Barça era ormai incapace di pungere in avanti, mentre il Psg stava gestendo alla grande la gara, facendo girare velocemente la sfera per trovare sempre l’uomo in più. I giocatori blaugrana hanno continuato a correre a vuoto dietro agli avversari e questo gli ha stancati e innervositi. L’uno a due di Vitinha al 54′, lasciato colpevolmente libero di calciare dal limite, ha portato la sfida in parità nell’aggregate score. Ma il Barça non era più in grado di ribattere alle offensive francesi. L’uomo in meno, e un attacco smembrato, si sono inesorabilmente fatti sentire, nelle gambe e nella testa. Si percepiva chiaramente che la sfida era segnata. Troppa la difficoltà dei blaugrana a superare la metà campo e a tenere palla; continue e costanti, invece, le azioni dei parigini.
Con un colpo di reni Gundogan ha provato a suonare la carica con un tiro che ha colpito il palo esterno. Ma è stato un fuoco di paglia, più che vere fiamme che iniziavano ad ardere. Il rigore causato da un’entrata in ritardo di Cancelo su Dembélé lungo il lato corto di destra dell’area di rigore, e trasformato da Mbappé, ha poi definitivamente chiuso i conti.
Prima della rete dell’uno a quattro, ancora di Mbappé, frutto di una casualità incredibile a seguito di un rimpallo in area e dopo due respinte consecutive di Ter Stegen su altrettante conclusioni quasi a botta sicura, gli azulgrana hanno avuto alcune chance per rientrare nel match, ma Lewa, con un tiro da fuori respinto da Donnarumma, su cui Marquinhos ha salvato sul successivo tap-in a porta sguarnita da parte di Ferran, e con un errore di concetto clamoroso (conclusione respinta dalla difesa invece che servire Ferran sovrappostosi libero sulla destra, nella qual circostanza si sarebbe trovato a tu per tu con il portiere) ha vanificato il tentativo di accorciare le distanze.
Il Barça oggi ha perso una enorme occasione visto il tabellone di Champions. Una sconfitta ed una eliminazione maturate da errori propri (Araujo e Xavi in primis); errori dovuti ad inesperienza. Se la squadra fosse rimasta in 11 uomini non avrebbe mai perso questa gara. Tutto stava procedendo per il sentiero programmato e stabilito. Fino a quei due momenti cruciali. Questa è una squadra in crescendo con un potenziale enorme, ma che deve maturare e migliorare nelle scelte dei giocatori e della panchina. Il dopo Xavi deve essere marcato da un tecnico con esperienza internazionale in grado di leggere la partita con intelligenza, capacità e astuzia. Serve un tecnico che sappia giocare a scacchi, non a domino. Anche il fatto di essersi fatto espellere con rosso diretto in una partita di tale importanza e delicatezza per una protesta smodata ed esagerata, è lo specchio di quanto stiamo dicendo e scrivendo dall’inizio della stagione. Quella furia divina, piuttosto fanciullesca e bambinesca, è la cartina di tornasole della sua incapacità a questi livelli. Torniamo sempre lì. Non si può giocare con i lupi se si è una pecorella smarrita. Il Barça deve ripartire da qui nella prossima stagione. Da questo traguardo raggiunto con merito e, onestamente, insperato.