TRE PUNTI E CATENACCIO A MONTILIVI

Giuseppe Ortu Serra

Nel gelo di Montilivi (si è iniziato a +2° per finire a 0°), sotto un cielo plumbeo che lasciava trasparire tristi presagi, il Barça ottiene i tre punti al termine di una partita in cui, senza più attaccanti per i cambi incomprensibili di Xavi, la formazione blaugrana ha pensato solo a difendersi con 11 giocatori dietro la linea della palla e a spazzare via la pressione costante negli ultimi 20 minuti di un Girona che ha creduto nel risultato di parità fino alla fine.

Il Barça è sceso in campo con la formazione impostata sul tridente puro (con i due extremos), Raphinha a destra e Dembélé a sinistra, lasciando il modulo con il falso extremos per le partite di cartello. Le altre novità sono state Eric per Christensen, Alonso, fresco di rinnovo (1+1) per Balde. Koundé laterale a destro e Araujo centrale. Ansu nueve al posto dello squalificato Lewandowski (ultima giornata di stop per lui). I blaugrana, scesi in campo con il completo amarillo e la samarreta con la Senyera, hanno dominato sin dal primo istante. Giusto la concessione di un calcio d’angolo per il Girona al primo minuto e poi sempre e solo Barça. La formazione di Xavi ha sfondato sopratutto sulla sinistra, con un Dembélé indiavolato che, ripetendo la prestazione messa in scena contro la Real in Copa, ha creato pericoli a raffica da quella parte. È stata sua l’occasione più importante, al 14′. Palla rubata da Ansu al portiere e palla sul lato corto di sinistra dell’area, dove il francese ha calciato in porta, trovando, però, il portiere di casa sulla traiettoria.

Al 24′ tuttavia, in occasione di uno scatto dei suoi, il numero 7 ha sentito tirare il muscolo della gamba sinistra, costringendolo al cambio. Dalle prime risultanze, e al netto degli esami medici delle prossime ore, il ragazzo ha subito un infortunio al quadricipite della coscia sinistra. Da verificare la lunghezza dello stop forzato.

Fuori Dembélé, dentro Pedri e ritorno al falso extremo. Da questo momento la squadra ha incontrato maggiori difficoltà a creare pericoli alla difesa del Girona. La fascia sinistra, senza più la “freccia nera”, non è stata più praticabile e mai più utilizzata per l’attacco. Alonso si è limitato al lavoro difensivo, ma ha fatto mancare la sua presenza in avanti. Senza più sbocchi da quella parte, il Barcelona ha dovuto ripiegare più su un gioco manovrato al centro, ma ogni chispa e pericolo sono scomparsi.

Nella ripresa Xavi ha inserito Jordi al posto di Alonso, certamente colpevole di non aver mai dato una mano di aiuto in fase offensiva dopo l’uscita di scena di Dembélé. Al 60′ il Barça è passato con Pedri al termine di una bella azione corale iniziata a destra, proseguita a sinistra e terminata nuovamente a destra con tocco di Pedri sul secondo palo da cross rasoterra di Jordi. Quella è stata, praticamente, l’unica occasione in cui il Barça si è presentato con una certa pericolosità dalle parti di Gazzaniga nella seconda metà di gara, ad eccezione di una clamorosa scivolata di Raphinha, che solo davanti al portiere, è andato per terra dopo lo stop e prima di tirare. Eccettuando ciò, dopo la rete barcelonista, è stato un monologo del Girona che, con il passare dei minuti, è divenuto via via sempre più pericoloso. Al 72′ e al 74′ la squadra di casa ha rischiato di impattare. Solo due interventi di Araujo (salvataggio sulla linea su cross alto dalla destra) e Koundé (intervento in tackle a salvare su un cross al bacio verso il centro dell’area) hanno evitato la marcatura.

Il Girona ha pressato, comandato il gioco e messo alle corde un Barça svuotato da ogni contenuto offensivo dagli incomprensibili cambi di Xavi. Prima è uscito Ansu all’80’. Al suo posto Balde; 7 minuti dopo è stato il turno di Raphinha; in campo Kessie. Così il Barça ha trascorso gli ultimi 16 minuti di partita prima con un solo extremo in campo, poi con nemmeno più quello. Offensivamente, sempre che si possa usare questo avverbio, il Barça è stato rappresentato da Pedri e Kessie. Tutti gli altri indietro a fare fronte comune (leggasi barricate), sperare nella buona sorte e nel fatto che nessuno sbagliasse un intervento. Il Barça ha rischiato enormemente in ogni azione offensiva del Girona che, non avendo più attaccanti da controllare, si è riversato in massa nella tre quarti blaugrana. I cross e le mischie si sono sprecate, e con esse le situazioni sporche di pericolo per un rimpallo, una deviazione incontrollata, una trattenuta di troppo in area di rigore. Eric, in una di queste, ha rischiato il fallo da rigore su una plateale cintura ai danni di un avversario. Il Girona è andato vicino al pareggio all’84’, all’85’ e al 95′. In due di queste situazioni Ter Stegen è stato attento, nella terza è stato graziato da una conclusione incredibilmente fuori da due passi.

Il triplice fischio di chiusura di Muniz Ruiz ha fatto tirare un sospiro di sollievo ad un Barça che ha chiuso con tre punti immeritati e tanto, tanto affanno. Tattica e cambi sbagliati quelli dell’allenatore blaugrana, che ha deciso di ispirarsi al buon catenaccio anni ’70 negli ultimi 20 minuti invece che continuare a giocarsi la partita. Il risultato è buono. Ma è l’unica cosa di una serata iniziata male (infortunio di Dembélé) e terminata in maniera assolutamente deprecabile.

UN GRAN BARÇA BATTE LA REAL CON SOFFERENZA FINALE E CONQUISTA LA SEMIFINALE DELLA COPA

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça batte meritatamente la Real e sbarca in semifinale di Copa del Rey. Uno a zero con rete di Dembélé nella ripresa. Il Barça ha dominato l’avversario, in 10 dalla fine del primo tempo, ma ha permesso ai baschi di presentarsi con estremo pericolo sul finale di gara dalle parti di Ter Stegen, perfetto e prodigioso in due interventi salva risultato. Questa l’unica pecca di una squadra che, per il resto, è stata praticamente perfetta.

Il primo tempo del Barça è stato fenomenale. Con la medesima formazione usata da Xavi nella finale di Supercopa contro il Madrid, la squadra blaugrana ha imposto i suoi ritmi e il gìsuo gioco all’avversario, non permettendogli praticamente nulla. Il Barça ha fatto la partita con ritmi sostenuti e una grandissima pressione che ha permesso il recupero praticamente immediato della palla. La squadra blaugrana ha giocato altissima, con Koundè, a destra, che ha portato la pressione fino al limite dell’area di rigore avversaria. I blaugrana hanno creato molto per tutto il primo tempo, riuscendo ad avere delle ghiotte occasioni che non sono state trasformate per un nonnulla. Sugli scudi, senza ombra di dubbio, Dembélé e De Jong, decisamente i migliori in campo. Il francese, imprendibile per i baschi, ha creato, incantato, corso, tirato e offerto palloni per le conclusioni altrui. Tutti i palloni pericolosi costruiti dalla squadra sono nati da sue iniziative. Sul terreno di gioco pareva volare, quasi pattinare sul ghiaccio per la velocità, l’eleganza e la facilità di sgusciare via che ha mostrato. L’olandese ha imposto i suoi ritmi alla partita. Ha dominato il centrocampo e l’avversario, salendo, abbassandosi sulla linea dei difensori, andando anch’egli alla conclusione e offerendo palloni interessanti ai compagni di squadra. Con la sua velocità ha portato il pressing alto, recuperato palloni e spaccato in due la Real. Frenkie ha giocato con la padronanza, sicurezza, la classe un vero principe.

La Real Sociedad è stata messa nelle condizioni di non poter giocare, di non essere mai pericolosa. Esattamente ciò che era accaduto nel Clásico di Supercopa, con il Madrid annullato e messo nelle condizioni di non nuocere. I baschi, viste le difficoltà, hanno iniziato a giocare duro da subito, con entrate a volte cattive, altre no, ma comunque aventi l’obiettivo di spezzare il ritmo e la continuità dell’azione. E così si è giunti all’espulsione di Brais Mendez. Appena richiamato verbalmente per una dura entrata, il basco ha fatto un intervento a gamba tesa, a martello, direttamente sulla tibia di Busquets. Inizialmente Gil Manzano ha ammonito il giocatore, ma richiamato dal Var ha annullato il giallo per sostituirlo con il cartellino rosso.

Nella ripresa il Barça, in superiorità numerica, ha continuato ad attaccare, e dopo pochi minuti è passato con una splendida rete del migliore in campo: Ousmane Dembélé. Trovato in campo lungo da un perfetto lancio del centrocampo blaugrana, il numero 7 è scattato dalla metà campo puntando direttamente l’aria di rigore. Ha mangiato il suo avversario diretto e, appena giunto in area, invece che provare l’assist per Lewandowski, che aveva seguito l’azione sull’altra sponda, ha calciato forte e teso sul primo palo, sorprendendo Remiro che è riuscito solo a toccare il pallone prima che si insaccasse alle sue spalle. Rete meritatissima sia della squadra che del giocatore francese.

Il Barça ha insistito, anche se non è riuscito a concretizzare il notevole numero di situazioni favorevoli. La Real, dal canto suo, ha cercato di difendersi come ha potuto, ma non ha mancato di rendersi pericolosa. Poche le chance a favore dei ragazzi di Imano, ma importanti. Una traversa di Kubo, una conclusione alta da pochi passi di Sørloth sul secondo palo (mancata chiusura di Balde) e, sul finale, una doppia occasione per raggiungere il pari e portare la partita alla proroga. Prima su errore nel disimpegno di Ter Stegen che ha portato al tiro, in solitario, Navarro, con il portiere che ha recuperato in uno contro uno al suo stesso errore, poi al 92′, con Olagasti che ha calciato dall’interno dell’area su respinta della difesa blaugrana. Anche in questo caso Ter Stegen si è fatto trovare pronto alla respinta, allungandosi sulla sua destra per deviare e allontanare la minaccia.

Una vittoria giusta e meritata contro una squadra forte e equilibrata che ha dimostrato tutta la sua compattezza nonostante abbia giocato un tempo in 10 uomini. Per il Barça quasi solo elogi. Rimane un punto in sospeso, vale a dire il fatto di non essere stati in grado di chiudere la gara nonostante il gran numero di occasioni da rete create. Con l’avversario in 10 la squadra avrebbe dovuto mettere al sicuro la vittoria e il passaggio alle semifinali ben prima del triplice fischio arbitrale e, sopratutto, evitare di soffrire fino alla fine della partita. Una rete dell’equipo Txuri Urdin negli ultimi istanti di gara avrebbe vanificato 90 minuti giocati alla grande in ogni zona del campo, un peccato mortale per una squadra che, in casa, ha schiacciato l’avversario ridotto in inferiorità numerica. Lo scampato pericolo nei minuti finali serva da monito per le prossime gare. Per il momento godiamoci la semifinale raggiunta e un Dembélé in condizioni psico-fisiche mai visto fino ad ora.

IL BARÇA, POR LA MINIMA, CUMPLE ANTE EL GETAFE

Giuseppe Ortu Serra

Al Barça basta una rete di Pedri nel primo tempo per avere la meglio di un Getafe volenteroso, ma nulla più. Xavi ha proposto una squadra che doveva fare a meno di Lewandowski, alla sua seconda giornata di squalifica, e Ferran, fermo ai box per scontare il suo primo turno di ban. Oltre al numero 9 e all’11, Xavi non poteva schierare nemmeno Depay, passato all’Atletico già nella passata giornata di campionato e con cui ha già esordito nei minuti finali del turno precedente di Liga. Con gli uomini contati davanti, il tecnico di Terrazza ha schierato gli schierabili nella zona offensiva del campo (Dembélé, Ansu e Raphinha), tirando de la cantera per comporre la panchina (Alarcon). il Centrocampo, con un turno di riposo per De Jong, è stato impostato sui soliti tre: Gavi, Busi, Pedri. Dietro, conferma per la coppia di centrali, che avevano così bene giocato in Supercopa contro il Madrid, Koundé – Christensen. Come laterali hanno giocato Roberto da una parte e Jordi dall’altra. Con questo schieramento Xavi ha affrontato un Getafe messo in campo da Quique Sanchez Flores con un estremamente guardingo 5-3-2, che diventava 5-4-1 in chiave difensiva (dunque praticamente sempre).

Con gli spazi limitati da uno schieramento che intendeva chiudere ogni varco di accesso, sia per gli extremos che per le imbucate centrali, il Barça nei prim i 45′ ha dovuto provare a risolvere la partita con le conclusioni dalla distanza. E così prima Dembélé (tiro dal limite con respinta del portiere verso l’esterno), in seguito Gavi (parata su tiro da fuori area), hanno cercato di sbloccare la partita.

La rete che ha aperto la lata è giunta, invece, da una classica azione Barça: con la palla al piede. Anche in questa occasione, come già avvenuto contro il Madrid, la marcatura è giunta da un recupero della palla a centrocampo. Il break ha permesso di trovare la formazione azulón sbilanciata in uscita, con i blaugrana che hanno avuto la chance di pungere e andare a rete. Palla per Raphinha sulla sinistra che ha raggiunto il lato corto dell’area di rigore e ha servito un pallone invitante per l’irruzione centrale di Pedri. Il numero 8 ha anticipato il recupero alla disperata del difensore, e di prima, di piatto, ha incrociato non lasciando scampo a Soria. Al 34′ il Barça era in vantaggio.

La reazione del Getafe ha fatto barcollare il risultato in due circostanze. Nella prima, la più clamorosa, Ter Stegen ha salvato letteralmente il risultato su Borja Mayoral, lanciato nell’uno contro uno solitario da un errato passaggio all’indietro di Pedri. Il marcatore della partita si è subito messo le mani in viso una volta resosi conto di quanto aveva fatto, sperando in un miracolo, impersonato nella circostanza da Marc André Ter Stegen che, con calma olimpica, si è piazzato davanti all’attaccante cercando di creare il maggior ostacolo fisico possibile. Non andando mai giù ha costretto il 19 azulón a calciare senza un angolo sicuro e Die Mauer ha compiuto il miracolo a cui si era aggrappato Pedri. Respinta di petto e braccio destro e vantaggio salvo. Il Getafe è stato pericoloso anche in una seconda circostanza, ma su un cross teso da sinistra in area di rigore Unal non è arrivato in tempo all’appuntamento con il pallone.

La ripresa si è giocata a ritmi estremamente compassati. Il Barça con la necessità di ridurre la fatica stante gli impegni pressanti. Mercoledì l’appuntamento con la Real in Copa del Rey, poi nuovamente campionato. I blaugrana hanno controllato abbassando i ritmi, anche se non è mai una scelta oculata, sopratutto quando si è in vantaggio solo di una rete nel punteggio. Il Getafe non è stato in grado di pungere e creare pericoli. Solo verso l’ultima parte della ripresa gli ospiti hanno cercato il colpaccio. Davanti ad un Barça rinunciatario, il Getafe ha preso coraggio e ha cercato il tutto per tutto. Il tecnico ha cambiato gli attaccanti e due centrocampisti facendo entrare forze fresche che creassero problemi ai blaugrana sotto il profilo della forza e della corsa. La sua squadra ha preso il sopravvento, quanto meno dal punto di vista del possesso palla, facendo la partita e creando diverse occasioni potenzialmente pericolose, anche se la difesa di casa si è sempre disimpegnata egregiamente. L’ultima grossa occasione l’ha avuta, tuttavia, il Barça con Kessié, che da centro area, servito da Dembélé, ha superato un uomo e ha calciato dal disco del rigore. Soria si è opposto, allontanando la minaccia con un bell’intervento.

Dal punto di vista dei singoli è da mettere in evidenza innanzitutto la prestazione di Ter Stegen. Se la squadra ha vinto è certamente grazie a lui e a Pedri. Ancora una volta ha chiuso la partita a zero. Con la sua calma e sicurezza infonde fiducia e tranquillità ai suoi compagni di reparto. Merita un accenno la solita grande partita di Gavi, motorino inesauribile di corsa, energia, aggressività e classe. Un giocatore che ha in sé il concentrato di ogni tipologia di calciatore: la corsa e la combattività di un gregario, la classe pura del genio che è. Molto bene anche Pedri, dispensatore di aperture, passaggi filtranti e giocate ilusionanti. Tra i meno sono da evidenziare Raphinha, anche se tra i suoi “pro” va inserito l’assist per la rete di Pedri, e sopratutto Ansu, il punctum dolens della gara. Una figura impalpabile. Mai in partita, totalmente fuori dal gioco e dalla squadra, il 10 è apparso impreciso fino all’impossibile negli appoggi (anche i più semplici), negli stop, e nella lettura delle azioni. Un fantasma.

IL BARÇA CONQUISTA LA SUPERCOPA ANNULLANDO IL MADRID A RIYADH

Giuseppe Ortu Serra

Alla fine della gara i fuochi artificiali hanno colorato il cielo di Riyadh per il Barça, vincitore della Supercopa de Espana contro il Real Madrid. 3-1 il risultato di una partita mai in discussione, dal primo all’ultimo minuto. Una gara giocata dal Barça come mai prima d’ora. Gioco fluido, veloce, razionale e illuminato. Non solo lumi della ragione, però, ma anche romanticismo e poesia futbolistica. El fútbol ha regresado a casa. Illuminismo e romanticismo nello stesso testo, nella medesima tela, nello stesso spartito. Praticamente un ossimoro. Concetti filosofici, letterari, artistici antitetici, ma che oggi hanno convissuto in questo Barça. Scienza applicata al calcio con un pizzico di romantica incoerenza. Diagrammi e teoremi geometrici misti ad anima e fantasia. Impossibile? Onestamente, no. È stato questo il Barcelona sceso in campo contro il Real Madrid per la disputa della Finale di Supercopa e visto spiegarsi ad ali aperte sul terreno di gioco del King Fahd Stadium.

Contro i blancos Xavi ha riproposto lo schieramento già visto nella sfida di Liga contro l’Atletico, vale a dire il 4-3-3 con Pedri da falso extremo a sinistra. Uno schieramento che garantisce equilibrio alla squadra senza farle perdere pericolosità in attacco. Anzi, in questo modo la formazione blaugrana diventa maggiormente imprevedibile, con Pedri che passa dalla fase d’attacco a quella di centrocampo, e viceversa, quando meno te lo aspetti. Ed ecco che ora il centrocampo è a quattro e ben puntellato, ora è l’attacco che diventa improvvisamente schierato al completo, con ogni zona coperta. Gli inserimenti di Pedri (il terzo goal è esemplificativo), ma anche di Gavi, sono stati una tra le armi vincenti di questa sera. Un’altra, decisamente, sono stati i recuperi della palla in mezzo al campo. Due delle tre marcature sono arrivate proprio da dei break a centrocampo sul portatore di palla avversario. Nella prima rete è stata la pressione portata dai blaugrana a permettere a Busi di rubare la sfera a Camavinga e dare il là all’azione che ha aperto le marcature. In occasione del 3-0 è stato Gavi ad anticipare Militao in un contrasto nella trequarti e a fare partire il fiume in piena che si è sviluppato sull’asse centrale Gavi-Lewandowski-Pedri. Il 2-0 è nato sempre nella mediana grazie a una intuizione di De Jong, master class player, che ha anticipato l’uscita su di lui di Militao e Carvajal, lanciando nello spazio Gavi che poi ha servito in area di rigore Lewy, inseritosi centralmente. Gavi, 18 anni, una rete e due assist.

I tre goal del Barça sono stati da manuale del calcio, di una perfezione tattica assoluta. La formazione blaugrana ha avuto il merito di non far entrare in partita il Madrid. La formazione blanca, evidentemente nervosa, ha iniziato a colpire le gambe degli avversari più che il pallone. Nei primi 15 minuti i giocatori di Ancelotti correvano dietro alle maglie del Barça disorientati, riuscendo solo ad aggredire le caviglie dei catalani. L’arbitro, De Burgos Bengoetxea, pur avendo ben arbitrato, ha lasciato correre troppo l’irruenza fallosa dei blancos. Nonostante ciò, nel primo quarto di gara il tabellino segnava già 5 falli ai danni del Madrid. Ed erano solo quelli segnalati dal fischietto di Bilbao. Il Madrid, e Ancelotti, non ci hanno capito nulla di questa partita, messi contro il muro dalla perfetta attuazione della formazione di Xavi. È stato come vedere una partita a scacchi che va “in matto” alla prima mossa. Impressionante.

Per il Barcelona si tratta del primo trofeo conquistato nell’era post Messi, un’era post apocalittica si potrebbe dire; un’era di ricostruzione (non ancora terminata) assoluta. Questo è stato il primo passo verso la costruzione di un nuovo Barça, quello che Laporta aveva promesso in campagna elettorale: un Barça ganador. Il primo trofeo non si scorda mai (quasi come il primo bacio o il primo amore), e questa squadra ha oggi perso la sua verginità. Il titolo di questa partita, se mai ne avesse uno, sarebbe: Barça II, Una Nuova Era, mutuandolo dal secondo film di Downton Abbey.

Per giungere alla perfezione di questa sfida così importante, Xavi ha corretto alcuni errori che si erano manifestati nelle ultime due partite. Sia contro l’Atletico che contro il Betis, al netto del fatto che nelle due sfide lo schieramento tattico era diverso, la squadra aveva commesso l’errore di abbassarsi in difesa e lasciare l’iniziativa all’avversario dopo le reti segnate. Lo avevamo evidenziato nell’articolo scritto dopo la vittoria ai rigori in semifinale contro il Betis, bacchettando Xavi per aver giocato “all’italiana”. Xavi ha corretto l’errore commesso nelle due circostanze (contro l’Atletico era andata bene anche per un po’ di fortuna, contro il Betis no), e oggi il Barça non ha mai abbassato né il baricentro, né i ritmi, né tantomeno ha consegnato pallone e iniziativa al Madrid. Dopo ciascuna rete la squadra ha continuato a giocare come se fosse stata ancora sullo zero a zero. Per merito di questo nuovo schieramento e per aver corretto quegli errori di impostazione mentale e tattica, il Barça oggi è riuscito nell’impresa di impedire all’avversario letteralmente di giocare.

Il Madrid, sceso in campo con uno schieramento abbottonato speculare a quello del Barça, con Valverde falso extremo a destra, ha deciso di osare maggiormente nella ripresa, inserendo in campo Rodrygo al posto di Camavinga. Valverde ha rinculato a centrocampo e il brasiliano è andato in attacco insieme a Vinicius (totalmente annullato da Araujo) e a Benzema, che ancora sta cercando il pallone. Il Madrid ha provato a fare qualcosa nei primi minuti della ripresa, ma la prima occasione è giunta dopo la terza rete blaugrana, un tiro di Kroos da fuori al 69′. È stato, invece, ancora il Barça a pungere e ad andare vicino alla marcatura. Da segnalare la curiosa sostituzione operata da Ancelotti al 64′ quando ha sostituito Modric con Ceballos. La rete della bandiera del Madrid, di Benzema, è giunta a giochi ormai fatti, al 92′ sul risultato di 3-0 e con i preparativi per la premiazione già a bordo campo. Assistere a questa partita è stato davvero riconciliarsi con il calcio, come bere una profumata e sostanziosa cioccolata calda in una piovosa e fredda sera di pieno inverno.

IL BARÇA CONQUISTA IL PASE ALLA FINALE CONTRO IL MADRID AI CALCI DI RIGORE

Giuseppe Ortu Serra

Semifinale di Supercopa di Spagna. A Ryad, con una rigida temperatura atmosferica, il Barça batte il Betis ai calci di rigore con il risultato di 6-4 (2-2 dopo i supplementari) e si giocherà, domenica ore 20:00 sempre nella capitale saudita, la Supercopa contro il Madrid, a sua volta vincente dopo la tanda de los penaltis contro il Villareral. Contro il Betis Xavi ha presentato la formazione migliore, proponendo la coppia di centrali desiderata in estate Araujo – Koundé, protetti dai laterali Roberto e Jordi. Nessuna rotazione a centrocampo; in attacco tutti i titolari: Raphinha a destra, Lewa al centro e Dembélé spostato a sinistra. Il Barça ha faticato per segnare, giacché ha dovuto realizzare due volte sia l’uno a zero che il 2 a 1 per poterseli vedere concessi. Due goal annullati per fuorigioco hanno infatti vanificato sia l’1-0 di Pedri, che il 2-1 di Lewy. Il polacco ha poi realizzato la prima rete valida per sbloccare la partita, mentre il 2-1 regolare è stato messo a segno da Ansu.

Il Barça ha chiuso il primo tempo in vantaggio di una rete grazie alla marcatura di Robert LewanGolwski che ha realizzato al 39′ su servizio di Dembélé. Al giocatore polacco, colto libero in area di rigore da Ousmane su contropiede impostato da Pedri, gli è stata rimpallata la prima conclusione, ma sulla seconda, con il pallone che scendeva come un pimbo, non ha fallito, colpendo di piatto al volo sul palo vicino e battendo in questo modo Claudio Bravo. Il numero 9 ha dovuto segnare due volte per vedersi convalidare una rete. Sua anche la rete annullata all’80°, quella che avrebbe portato i blaugrana sul 2-1 nei tempi regolamentari.

Il Barça era già passato in vantaggio al 22′, con una rete di Pedri alla Lewandowski (inserimento in area e spaccata in allungo). Il Var tuttavia, impersonato da Iglesias Villanueva, ha annullato per una millimetrica posizione di fuorigioco di Raphinha, autore dell’assist, rendendo vano il suo gesto vincente.

Se l’ex Bayern ha sbloccato il risultato, mettendo avanti nel punteggio i blaugrana, Ter Stegen ha chiuso la porta con una serie di preziose e importanti parate. Un attaccante che segna e un portiere che para. La semplice regola del calcio. Il portiere tedesco ha compiuto una serie di parate decisive per mantenere la porta a zero. Tre interventi su Borja Iglesias, Rodri e Luiz Henrique, che hanno evitato la rete della formazione betica. Il primo tempo è sostanzialmente tutto qui. Con il Barça che ha fatto più la gara, ma con il Betis che è stato più pericoloso. Barça tranquillo, a volte fumoso, ma forte e sicuro dietro. Eccettuando un errore di Koundé che ha messo in apprensione e allarme la propria difesa con un errore nella gestione della palla, costringendo Araujo ad un recupero salvifico, la difesa, anche quando attaccata con pericolosità, ha sempre risposto presente, sia come reparto che come singoli.

La ripresa è scivolata sulla falsariga del primo tempo, con un Barça più difensivo, concentrato e attento nelle chiusure delle linee di passaggio e degli spazi, e un Betis meno vispo e pericoloso. I cambi di Busi per De Jong, e Ferran per Dembélé, ottima la sua gara per eleganza e pericolosità, non hanno modificato la partita. Il centrocampo è stato però più statico, perdendo il brio, la velocità e la profondità che garantiva l’olandese. Poche chances per ambo le squadre, ma quelle poche sono state decisive, nel bene e nel male. Il Betis è pervenuto al pareggio al 76′ al termine di una bella azione, viziata da un fallo al limite dell’area su Gavi non rilevato dall’arbitro. L’azione è iniziata a sinistra verso il centro, poi proseguita e conclusa a destra con un bel tiro di Fekir sul palo vicino. Nella circostanza la formazione di Pellegrini ha fatto saltare tutte le chiusure blaugrana, a protezione sopratutto della zona centrale dell’area di rigore, e ha realizzato una pregevole rete. La reazione del Barça è stata immediata. 4 minuti ed è giunta la rete del pari. Ancora Lewandowsky, autore di un gran tiro da centro area dopo una azione sviluppata sulla sinistra e giocata da Ferran. Come in occasione del goal annullato, anche in questo caso un fuorigioco, questa volta del numero 11, ha messo nel nulla il nuovo vantaggio.

Con il risultato di 1-1 si è andati ai supplementari. Pronti via, e il Barça si è riportato in vantaggio, questa volta in maniera regolare. È stato Ansu a rimettere avanti i blaugrana, con un sinistro al volo, da sinistra a destra, a conclusione di un calcio fermo battuto sulla fascia opposta da Alonso. Busi non è riuscito a dare ritmo al centrocampo, con la conseguenza che la squadra si è ritrovata appiattita e passiva. La formazione di Xavi ha commesso l’errore, già visto anche nella circostanza del precedente vantaggio, di ritirarsi e lasciare il pallino del gioco all’avversario. Era accaduto anche al Metropolitano. Quella volta era andata bene, e avevamo esaltato il carattere della squadra. Ma se regali il pallone, ti ritiri nel tentativo di controllare, non sempre ti può andare bene. Un comportamento all’italiana. Si attacca per andare in vantaggio e poi ci si chiude in difesa in attesa di essere nuovamente ripresi per pungere nuovamente. Non sempre può esserci una mano del portiere o una attuazione perfetta della difesa. E così è accaduto, infatti. Il Betis ha trovato spazi in avanti e al 100′ Morón ha riportato los beticos in parità. Inserimento sulla destra in area da parte di Henrique e appoggio centrale per il compagno che, di tacco, ha buggerato la difesa blaugrana. A quel punto le squadre, visibilmente stanche, non sono quasi più riuscite a creare occasioni da rete. Nel secondo degli extra-time, infatti, si è registrata appena una chance degna di nota. Autore Ansu, che ha sprecato con una velleitaria conclusione di tacco un interessante pallone fornitogli nell’area piccola da Ferran.

Con il 2-2 sul tabellino i rigori sono stati inevitabili. La scadente attuazione della Spagna ai mondiali in occasione dei penalties ha spalancato i peggiori presagi per entrambe le formazioni. Il sorteggio per la squadra che avrebbe iniziato a calciare è stato vinto dal Betis. Solitamente il primo che calcia è anche statisticamente avvantaggiato sull’avversario. I blaugrana a fare gli scongiuri e a cercare altre statistiche positivi, i tifosi del Betis a sperare a mani giunte nei numeri. William Josè ha rotto il ghiaccio mettendo dentro il primo rigore, subito pareggiato da Lewandowski che non ha subito i contraccolpi negativi degli errori dal dischetto accumulati in Qatar. Ancora il Betis, con Morón, a riportare i blanquiverdes in avanti. Kessiè, con il brivido, ha trovato l’angolino nonostante la mano di Bravo a toccare il pallone. Proseguiva la parità, che pareva incrollabile. 2 a 2 nei 120 minuti, più un altro 2 a 2 nei rigori. Toccava a Juanmi presentarsi sul dischetto. Sul tiro debole, centrale, a mezza altezza, una specie di palombella sgonfia, Ter Stegen si è esaltato lanciandosi dalla parte giusta e “stoppando” il tiro a mano aperta. A quel punto toccava ad Ansu portare in vantaggio i suoi. Il 10 non ha tradito, e sicuro come una sentenza passata in giudicato, ha segnato dagli undici metri. William Carvalho, facendosi parare il suo rigore (grande intervento di Ter Stegen), ha regalato a Pedri il match point su un piatto d’argento. Il Golden Boy della scorsa stagione non ha tradito, mettendo in fondo al sacco un ace che non ha lasciato scampo all’ex portiere del Barça e regalando ai suoi compagni l’accesso alla finale contro il Madrid di domenica alle 20:00.

IL BARÇA CONQUISTA TRE PUNTI E LA TESTA DELLA LIGA GRAZIE AL CARATTERE E ALL’UMILTÀ

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça sbanca il campo dell’Atletico con una vittoria di misura (0-1 con rete di Dembélé nel primo tempo), mostrando un volto insolito. La squadra di Xavi ha vinto da squadra vera mettendo in mostra doti fino ad ora ben celate sotto al c.d. ADN Barça. Non guardandosi allo specchio, giocando con spocchia e con un gioco lento e spesso inutile, ma dimostrando umiltà, carattere, intelligenza, aspettando l’avversario e affrontandolo nel suo stesso terreno. L’attesa, il controllo della propria metà campo e le ripartenze, lasciando per larghi tratti della gara anche l’iniziativa all’avversario.

Nella gara del Metropolitano, c’era il problema di sostituire lo squalificato Lewandowski. Xavi ha optato per un attacco con Ansu, Dembélé e, a sinistra, Pedri, come falso extremo. Il centrocampo è stato costruito con Gavi, Busi e De Jong, mentre la difesa è stata impostata con Koundé, Araujo, Christensen e Balde.

La squadra ha iniziato subito bene, con buona trama e occasioni per portarsi in vantaggio. Due volte Ansu è stato bloccato nel tiro da altrettanti interventi della difesa che ne hanno rimpallato le conclusioni. Dopo una battuta dalla distanza di Christensen è giunta la rete a legittimare la superiorità sul terreno di gioco. Bellissima azione in velocità impostata da Pedri che ha servito Gavi in area di rigore. Virata sul piede perno e apertura per l’arrivo di gran carriera di Dembélé che, di prima, ha centrato l’angolino opposto. Al 21′ il Barça in vantaggio. Risultato legittimo.

L’Atletico? Fino ad allora, eccettuando una conclusione leggera di Barrios (facile presa centrale di Ter Stegen) non si era praticamente visto dalle parti della difesa blaugrana. Il Barça ha avuto subito l’occasione per raddoppiare e indirizzare la sfida, ma Pedri, che aveva ricevuto un pallone nell’area di rigore sguarnita di maglie rojiblancas per una palla persa dai colchoneros in uscita, è stato troppo lento nello stop e nel portarsi avanti il pallone, venendo così recuperato dalla difesa avversaria che ne ha bloccato il tiro ritardato. Questo poteva essere il turning point della gara per il Barcelona. Così non è stato.

Il pericolo corso ha svegliato l’Atletico che ha preso in mano la gara, creando molti pericoli alla difesa blaugrana nella parte centrale e finale dei primi 45 minuti. Nel giro di 15 minuti, 6 occasioni per i padroni di casa a zero. Il Barça ha sofferto, schiacciato nella propria metà campo da un Atletico che soffiava come un toro inferocito dalle narici calde e ustionate. I colchoneros hanno attaccato a testa bassa sopratutto dalla destra, dove Molina, senza avversario diretto per la mancanza di un extremo a sinistra, ha percorso la fascia destra fino all’area di rigore del Barça. Durante tutta la gara l’Atletico ha creato sopratutto da quella parte. Ben 15 gli attacchi portati dalla fascia di competenza dell’argentino.

La ripresa è iniziata come è terminato il primo tempo, con un Atletico pericoloso e molto aggressivo nella pressione. Subito due occasioni per non far calare la temperatura di un Metropolitano incendiato dalle gesta dei ragazzi del Cholo. Con il passare dei minuti il Barça è riuscito a stabilizzarsi in campo, prendendo le misure all’avversario, come un aeroplano che riprende la stabilità di volo dopo una improvvisa decompressione e il relativo crollo di quota. Anche nel secondo tempo, comunque, Molina è stato l’elemento che ha creato maggiori problemi allo schieramento blaugrana. Xavi vi ha posto rimedio solo al 72′ (con colpevole ritardo) con l’ingresso in campo di Raphinha al posto di Gavi. Con il brasiliano sul terreno di gioco il laterale di Simeone si è dovuto preoccupare di guardarsi le spalle e ha abbandonato lo spirito da assaltatore alla diligenza che aveva contraddistinto le sue scorribande lungo l’out di destra fino a quel momento. Non è stato un caso, infatti, che con Raphinha in campo, Molina sia stato ammonito dopo una decina di minuti. Con Raphinha nel ruolo di extremo, Pedri è retrocesso per coprire l’uscita dal campo di Gavi. Il Barça è stato così più equilibrato e la gara si è stabilizzata, senza più l’arroganza virile messa sul prato dai ragazzi in maglia rojiblanca.

Il Barcelona ha giocato una ripresa oculata e intelligente, decidendo in molti momenti di accantonare il bello, ma a volte anche inutile e fino a se stesso, per misurarsi sul campo della concretezza contro un avversario che della pragmatica ha fatto il suo vangelo. La squadra ha così accettato di mettersi dietro e di aspettare, pronto a ripartire in contropiede. L’occasione di Dembélé al 61′, lanciato in verticale da un lancio lungo, ne è la riprova.

La gara si è nuovamente scaldata nei minuti finali e in quelli di recupero – 6 – per la necessità dei padroni di casa di portare a casa almeno il pareggio e per lo scontro Savic-Ferran che ha portato alla doppia espulsione dei due duellanti. Questa gara aveva ancora in serbo molte emozioni, come nell’occasione più ghiotta per i colchoneros (e non solo). Al 94′ Correa, con il Barça schiacciato, riesce a trovare un varco sulla destra in area di rigore e a mettere in mezzo un pallone d’oro per Griezmann che, nell’area piccola, gira in porta al volo. A Ter Stegen, superato dal pallone, si è sostituito miracolosamente Araujo che aveva seguito il suo uomo con una perfetta diagonale e che lo ha portato a trovarsi al momento giusto nel posto giusto; ad arrivare, cioè, ad intercettare il pallone e a scagliarlo lontano, trasformando la gioia di Griezmann, che iniziava a festeggiare la rete del pareggio, in una espressione trasfigurata di muto rimpianto. Questa è stata anche l’ultima occasione della gara.

Al triplice fischio di Munuera Montero, ottima la sua direzione, fischiando il dovuto senza eccedere nell’interruzione delle azioni e mostrandosi parsimonioso con i cartellini, a differenza del collega Lahoz, il Barça è saltato dalla gioia. Un successo, questo del Metropolitano, che mancava da due stagioni in Liga in quello stadio e che lancia la formazione blaugrana in testa alla classifica in solitaria. Con la sconfitta del Madrid a Vila-real, i punti di vantaggio sui blancos salgono a tre, qualcosa di insperato solo una partita fa, alla ripresa del campionato, dopo il mortificante e deludente pareggio interno con l’Espanyol.