PARI CON RAMMARICO AL SANCHEZ PIZJUAN

Giuseppe Ortu Serra

A Sevilla, sotto il diluvio, nel recupero della quarta giornata di campionato, il Barça le ha tentate tutte per battere la vice capolista, ma non è riuscita ad andare oltre l’uno a uno. Passati in vantaggio contro ogni pronostico i padroni di casa con Papu Gomez (per come si era messa la gara), i blaugrana hanno trovato il pari con Araujo sul finale di primo tempo, che di testa ha ristabilito le distanze. Un buon punto perché conquistato in trasferta al Sanchez Pizjuan, sebbene macchiato dal rammarico di non essere riusciti a convertire in rete le innumerevoli occasioni avute, oltre al fatto di non aver sfruttato adeguatamente il vantaggio di un uomo per l’espulsione di Koundé nel corso del secondo tempo.

Il Barça ha disputato un’ottima prima parte di gara. Personalità, sicurezza, nessun timore, bel gioco e buona pressione sono state le armi dei primi quarantacinque minuti della formazione blaugrana. La squadra ha recuperato la palla con rapidità e facilità, grazie ai continui raddoppi in ogni zona del campo. Il Sevilla non si è praticamente mai visto in avanti, se non nell’occasione della rete di Papu Gomez sugli sviluppi di un corner. La formazione di Xavi ha dunque dominato la gara e il gioco. In attacco si è fatta vedere in diverse circostanze, ma sempre con poca pericolosità. Due volte Jutglá, una De Jong e una Dembélé, una costante spina nel fianco della difesa andalusa. Quella del numero 7 è stata certamente la più pericolosa, dopo un passaggio errato del Sevilla in uscita. Il francese ha recuperato palla, puntato due avversari e calciato in porta, costringendo Bono a salvarsi anche grazie all’aiuto di un compagno che ha calciato lontano l’affannosa respinta del portiere.

Il Barça ha sì giocato bene, ma non ha approfittato della superiorità nel gioco. Grave errore; Il Sevilla, infatti, alla prima occasione, è andato in rete. Primo calcio d’angolo a favore dei padroni di casa, schema con palla per Gomez. L’argentino, partito largo e lontano dalla porta, ha aggirato Abde che stazionava nei suoi pressi con una marcatura blanda, e ha incrociato la traiettoria della palla per colpire di prima in diagonale. La sfera si è insaccata nell’angolo opposto, nel più classico incubo del calcio. Una azione, una rete davanti all’avversario che aveva dominato fino a quel momento.

Il Barça non ha subito moralmente la rete, nonostante fosse decisamente una punizione spropositata per quanto visto fino a quel momento. Se c’era una squadra che avrebbe meritato di trovarsi in vantaggio questa era chiaramente il Barcelona. Questa saldezza d’animo, frutto del lavoro di Xavi che sta iniziando a costruire il carattere e lo spessore morale dei suoi giocatori, è stata premiata con la rete del pareggio. Araujo, di testa, su cross di Dembélé dalla bandierina, ha staccato meglio e più in alto di tutti e ha realizzato in maniera imperiosa.

Dopo l’intervallo la squadra blaugrana è tornata in campo con lo spettro delle ultime gare, nelle quali aveva subito l’avversario e i rovesci nel risultato. Un pizzico di timore si è avuto anche al Sanchez Pizjuan, giacché il Sevilla ha iniziato con un miglior ritmo, andando alla conclusione due volte in un minuto con Delaney. La formazione di Xavi ha retto botta e non si è disunita come in altre circostanze. È riuscita, così, a riequilibrare la situazione, mantenendosi bene in campo e in gara.

La svolta dell’incontro si sarebbe potuta avere al 65′, quando una sciocca e nervosa reazione di Koundé (palla scagliata con violenza contro il volto di Jordi) ha causato la sua espulsione lasciando il Sevilla in 10 uomini. Il Barça, però, non ha sfruttato l’uomo in più come avrebbe dovuto. Gli andalusi si sono compattati dietro, i blaugrana hanno cercato di passare, ma invano. Un palo di Dembélé a portiere battuto dopo un bel tiro a giro sul palo lungo, e una conclusione di testa di Gavi fuori bersaglio da ottima posizione, sono state le occasioni più importanti della frazione di gioco. Non è servita la mossa disperata di Xavi di inserire in campo Luuk. Il pupillo di Koeman ha avuto appena una occasione, ma il suo colpo di testa, debole, è finito tra le braccia di Bono. Sul triplice fischio di un Del Cerro Grande che ha distribuito i cartellini gialli in base allo stesso criterio con il quale si estraggono i numeri della tombola dal sacchetto, è giunto l’ultimo tentativo di vincere la partita da parte del Barça. È stato Jordi che ha calciato al volo, di esterno, da fuori area. La palla, tuttavia, è terminata tra le mani del portiere di casa. Per la prossima gara, ormai nell’anno nuovo, a Mallorca, il Barça dovrà fare a meno sia di Gavi che di Busi. Entrambi ammoniti, salteranno la prossima sfida perché diffidati.

Il risultato non fa giustizia alla gara e alla prestazione del Barça, che avrebbe lungamente meritato in tre punti. Resta l’amaro in bocca di non avere approfittato della superiorità numerica per mezzora di gioco, ma anche la convinzione che la strada intrapresa da Xavi è quella giusta. La squadra è notevolmente migliorata, e contro la vice capolista, che veniva da tre vittorie consecutive, il fatto di non avere sofferto, ma di avere, anzi, sfiorato la vittoria più volte, è certamente una nota di merito da cui ripartire. Ieri è stata messa una importante pietra su cui Xavi deve continuare l’opera di ricostruzione della squadra, sia tattica che morale.

Il Barcelona è una squadra ancora malata che è uscita dal coma profondo nel quale era stata fatta piombare, ma che denota enormi segni di ripresa. È in convalescenza, ma già si intravede un futuro decisamente roseo. Come già scritto… un passo alla volta. La direzione è quella giusta.

TRE PUNTI D’ORO AL FOTOFINISH CONTRO L’ELCHE

Giuseppe Ortu Serra

Il solito Barça bifronte ha guadagnato tre punti d’oro contro un Elche che ha quasi trovato un punto giocando giusto sulle mancanze della formazione blaugrana. Il primo tempo tempo del Barcelona è stato da incorniciare. Contro la formazione di Francisco Rodríguez, Xavi ha mandato in campo una squadra che ha giocato un football esemplare. I passi avanti della formazione dinamitata da un anno e mezzo di gestione Koeman iniziano a vedersi. Contro l’Elche si è vista la migliore versione della squadra blaugrana dall’arrivo dell’allenatore de Terrassa. Calcio veloce, diretto, verticale. Gioco di prima, largo, a trovare gli spazi e l’uomo libero. Movimento e pressione, portata con due/tre uomini in ogni zona del campo, per recuperare immediatamente la palla.

La squadra ha dato spettacolo ieri sera al Camp Nou per tutti i primi 45′, mettendo in evidenza una cantera espectacular. Xavi, per via degli infortuni e dei ritiri dal calcio, rimasto senza più attaccanti disponibili, ha lanciato dal primo minuto Jutglá, all’esordio assoluto in Liga dopo la gara contro il Boca, disputata il 14 a Riyad. Insieme a lui, Abde più Dembélé. Una linea di attacco con due dei tre delanteros provenienti dal Barça B; 22 e 20 anni. Entrambi hanno giocato molto bene, muovendosi in sintonia con gli schemi di Xavi. Jutglá, addirittura, ha abierto la lata, instradando la gara verso la vittoria.

Gavi ha poi fatto il resto. Tutto il resto. Giocate, movimenti, tagli, imbucate, tiri con lo scavetto e goal. E che goal! Con il numero 30 sulle spalle, il medesimo degli inizi di Leo Messi, stagione 2004-05, il diciassettenne ha realizzato una rete degna del maestro. È partito dal cerchio di centrocampo con le spalle rivolte alla porta avversaria portandosi il pallone avanti con la suola. Ha fatto tutta la metà campo attorniato da avversari che gli si facevano incontro, ha preparato il tiro con un dribbling interno ad accentrarsi, e ha scagliato un diagonale di destro che è andato a sbattere sul palo lontano prima di terminare la sua corsa in fondo al sacco nell’angolo opposto. Chapeau! Il pubblico del Camp Nou, che aveva sottolineato con un “Oooh!” l’inizio dell’azione con quel cambio di direzione fatto con la suola, è scattato in piedi e ha coreato il nome del ragazzo come era solito fare con il Diez argentino. “Gavi, Gavi, Gavi” è piovuto dalle tribune di uno stadio che per un attimo ha rivisto materializzarsi lo spirito del sette volte pallone d’oro. Da un 30 a un altro 30, l’ilusion inizia a prendere posto nei seggiolini del Camp Nou. Jutglá al 15′, Gavi al 18′. Un recital assoluto della formazione di Xavi con la gioventù terribile blaugrana al comando.

Tutto bene dunque? Certo che no. Come ogni pellicola che si rispetti, al primo tempo segue sempre il secondo tempo. E in questo caso lo sceneggiatore ha previsto un cambio di scenario a 180°. La bella favola disneyana della prima metà, si è trasformata in una sorta di horror nella seconda. Come “Dal tramonto all’alba”, dove Tarantino modifica genere cinematografico in corso d’opera. La sorpresa si è manifestata sin dal rientro in campo per disputare la ripresa. Barça svagato, non più perfetto e attento nel mantenere le posizioni e le distanze come fino all’intervallo. Sopratutto, la squadra ha smesso di correre, di pressare alto e accorciare in ogni circostanza. L’Elche si è subito reso pericoloso con due occasioni nel giro di un minuto che per poco non causavano due reti. Con il diminuire il livello d’attenzione sono calati anche l’atletismo e la velocità. Con essi sono giunti gli errori di valutazione, le distrazioni, la superficialità. E così un debole e impreciso retropassaggio di testa di Jordi per poco non permetteva gli ospiti di ridurre lo svantaggio. Con l’andare della gara la squadra si è seduta, accomodatasi sul vantaggio accumulato nella prima frazione di gioco e schiantato nelle gambe (e nel fiato) da una preparazione atletica mai fatta da Mister lamento Koeman. Così l’Elche, senza fare nulla di eccezionale, si è ritrovata, come d’incanto, sul 2 a 2 nel giro di un minuto. Tete Morente al 61′ e Milla al 62′, due subentranti all’inizio della ripresa, hanno steso il Barça, caduto incredibilmente a seguito di due ripartenze mal coperte dalla squadra in generale, e da Jordi in particolare. Colpevole su entrambe le marcature, il 18 ha lasciato non coperta la sua posizione nella prima rete, mentre si è fatto scavalcare per due volte nella circostanza del pareggio. Prima da un cambio di campo che lo ha sorpreso nella terra di nessuno tra il pallone e l’avversario; poi sul relativo cross, dopo avere recuperato la marcatura, per non avere opposto resistenza al traversone sul quale è giunta la rete del pari.

Xavi ha reagito subito e ha mandato in campo forze fresche. Altri giovani canterani: Nico e Riqui. E proprio da Nico è giunta la rete del nuovo sorpasso dopo che la review del Var ha bollinato la marcatura. Già in precedenza il numero 28 (altro numero con una nobile storia alle spalle nel Barça) era andato vicino alla rete con una doppia conclusione (respinta sulla linea la prima e parata la ribattuta).

La strada è ancora lunga e tortuosa, e prima di poter avere una squadra che possa portare a casa i tre punti senza finali al cardiopalma stile ultimo giro ad Abu Dhabi, serve ancora tanto da percorrere. Xavi ha tuttavia imboccato la giusta strada. Il primo tempo di ieri ne è la prova. La squadra dura appena un tempo e per vincere le gare servono i 90 minuti sulle gambe e nella testa. Un passo per volta. È così che si riprende a camminare dopo un terribile incidente che ti ha costretto all’immobilità per lungo periodo. Prima il destro, poi il sinistro. Un piede dopo l’altro. Prima di correre si deve avere il passo sicuro nella normale deambulazione. Il Barcelona è così. È uscito da poco dalla rianimazione dopo un coma causato dalla devastazione portata da Ronald Koeman. Oggi si è giocato bene un tempo; domani sarà tutta la partita. Diamo a Xavi lo spazio che si merita, perché il tecnico ha dimostrato di saperci fare e di avere tutte le patenti di nobiltà in regola per partecipare ai tornei più importanti d’Europa. In palio non c’è la figlia del Re, come nelle giostre e tornei medioevali, ma il futuro del Football Club Barcelona.

SARà BARÇA-NAPOLI AGLI SPAREGGI DI EUROPA LEAGUE

Giuseppe Ortu Serra

Dall’urna di Nyon è saltato fuori l’avversario più ostico che ci sarebbe potuto essere per gli spareggi in vista dell’accesso all’Europa League: il Napoli. Le avversarie italiane sono sempre tra le più ostiche per l’aspetto tattico. Grande difesa, capacità di soffrire sotto pressione e di ripartire in velocità. Sono capaci di avere una unica occasione in tutta la gara e di segnare e vincere la partita. Nel Napoli c’è di più, molto di più. Oltre ad avere una formazione equilibrata, dalla tipica tenuta difensiva del Bel Paese, ha anche ottime individualità in grado di creare seri problemi a qualunque avversario. Il suo allenatore, in più, è un tecnico esperto con un passato trascorso anche in campionati di altre federazioni europee. Tra il novero delle squadre che il Barça avrebbe potuto prendere, il Napoli è certamente la peggiore (in chiave blaugrana); la migliore in senso oggettivo dal punto di vista calcistico. Una tifoseria calda e vicina alla squadra, che spinge a mille, è inoltre un ulteriore elemento di preoccupazione. Al momento la formazione di Spalletti conta numerosi infortunati e non attraversa certo uno dei suoi migliori momenti di forma. Anche in Serie A hanno subito una sconfitta cocente contro l’Empoli per uno a zero. Ma da qui a febbraio, quando si disputeranno le gare (andata e ritorno) potrebbe avere recuperato i suoi migliori elementi.

In casa Barça il discorso infortunati è il medesimo appena fatto per il Napoli. Pedri, Ansu, Roberto, Braithwaite saranno disponibili e arruolati. Nelle more del loro recupero, la crescita di giocatori come Nico e Gavi garantiranno ancora maggiori scelte per Xavi che, frattanto, avrà la possibilità di mettere un po’ d’ordine nella buriana dell’attuale squadra. I giocatori ci sono, bisogna solamente educarli al nuovo gioco e alla nuova-vecchia filosofia calcistica. I danni compiuti da anni di antibarcelonismo nel pensiero calcistico portato avanti da Valverde prima e Koeman poi sono enormi. I vecchi hanno disimparato a giocare Barça e devono essere rieducati. I nuovi non hanno mai appreso lo stile del Barcelona. La squadra necessita tempo. Xavi deve rivoluzionare il modo di giocare di una squadra che ha smarrito la sua identità. Chiaramente, posto che i cambiamenti richiesti sono radicali, non è una operazione facile da porre in essere in corso d’opera, a stagione e competizioni iniziate. Serve tempo, come si diceva. Si spera che per l’appuntamento di febbraio la squadra abbia recuperato il suo stile e la sua identità.

Oltre ai fattori “recupero infortunati” e “cambio di mentalità”, da qui a febbraio si spera che sia avuto anche l’innesto di uno/due elementi nella squadra titolare che possano permettere alla formazione blaugrana di fare quel salto di qualità nel reparto offensivo che fino ad ora ha frenato e affossato, per la sua impalpabilità, il cammino della squadra in stagione. La sterilità offensiva è, certamente, uno dei maggiori limiti del Barça attuale. Due sole reti realizzate nella fase dei gironi di Champions è la principale causa dell’esclusione dalla competizione europea più prestigiosa.

L’addio al calcio del Kun, più qualche cessione in inverno, permetteranno di liberare spazio nel plafond della masa salarial del club, necessario per poter iscrivere i nuovi innesti.

IL BARçA NON SA PIù VINCERE. 2-2 A EL SADAR DI PAMPLONA

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça e la vittoria. Due concetti mai più distanti in questa stagione. Nemmeno contro l’Osasuna i blaugrana sono riusciti a conquistare i tre punti. 2-2 il risultato finale di una gara nella quale si è giocato un primo tempo piuttosto brutto e privo di spunti, e una ripresa in cui la forza bruta, lo spirito di corpo e l’animosità l’hanno fatta da padrone. Tirando una linea tra i due tempi, abbiamo come risultato una squadra schizofrenica che gioca sugli umori del momento, senza una trama di gioco fluida e riconoscibile e a cui costa la vita per andare a rete.

Brutto il primo tempo di un Barcelona sempre più rimaneggiato. Gli ultimi infortuni, che hanno colpito Jordi e Memphis Depay, hanno lasciato Xavi solo a risolvere un puzzle in cui le tessere non sono ormai più sufficienti per completare l’immagine da costruire. I continui cambi nell’undici, obbligati dalle continue lesioni (contro l’Osasuna è dovuto uscire dal campo anche Dembélé per un problema fisico), non aiutano a trovare stabilità in una formazione che avrebbe bisogno di uno sciamano per scacciare la sventura che si è abbattuta sulla squadra. Non solo; la squadra manifesta un evidente disagio mentale e psicologico. Caratterialmente fragile e propensa all’auto abbattimento, la formazione avrebbe necessità anche di un analista per superare certi traumi mentali che i giocatori si portano dietro da anni di batoste umilianti. Ed ecco che, nel momento della difficoltà, essi riaffiorano nella mente dei calciatori e la squadra non riesce più a reagire, si abbandona.

Per la sfida all’Osasuna il tecnico barcelonista ha dovuto ricorrere veramente al fondo dell’armadio per mettere in campo undici giocatori. Per presentare la distinta all’arbitro, Xavi ha dovuto chiamare in squadra Umtiti e Luuk, due giocatori che certamente mai sarebbero scesi in campo da titolari se ci fossero state serie alternative. I primi 45′ minuti hanno visto le due reti, vantaggio del Barça (Nico su assist di Gavi) e pareggio dell’Osasuna (Davis Garcia di testa); e poco altro. Noia e brutto calcio. Questa non sembra assolutamente una squadra di Xavi, piuttosto una formazione allenata da tecnici come Mourinho. Il calcio posicionál sognato dal tecnico di Torrassa non si vede. Piuttosto si notano ancora lanci lunghi più per privarsi velocemente della palla che per reali idee di gioco, eredità del football di Koeman e prima di lui di Valverde. Nei primi 45 minuti la squadra ha mostrato il suo lato più confusionario, compresi i soliti banali errori di misura nei passaggi. Tra i più negativi della prima parte c’è certamente Luuk de Jong. Veramente un pesce fuor d’acqua in una squadra di calcio. Spaesato, svagato, fuori tempo nelle giocate. Nella prima parte di gara il giocatore ha sprecato un contropiede cha sarebbe stato letale se il numero 17 non avesse sbagliato l’ultimo, facile, passaggio.

La ripresa è stata migliore. La squadra ha messo in campo orgoglio e capacità di lotta. Il vantaggio è arrivato in contropiede dopo una azione polemica in area blaugrana. Palla spazzata dalla difesa finita poi nel braccio di Busi. Da quell’episodio è nato il contropiede che ha portato Dembélé a crossare per Abde, che ha finalizzato con una bella girata al volo sotto la traversa. Da quel momento Dembélé ha assunto il ruolo di One Man Show. Ha creato, sì, pericoli alla retroguardia di Pamplona, ma ogni volta che si è proposto al tiro ha sempre mancato il bersaglio, sprecando ogni conclusione provata con palloni finiti ben distanti dalla porta dell’Osasuna. Il fatto di graziare l’avversario ha fatto in modo di tenere in vita l’Osasuna che, all’86’, ha raggiunto il pari con una conclusione dal limite dell’area di Avila sulla quale Ter Stegen non è stato in grado di intervenire. Quello del portiere tedesco, una volta un muro contro le conclusioni avversarie, sta iniziando a diventare un problema. Il Barça ormai incassa una rete quasi ad ogni tiro avversario. È da tanto, troppo tempo, che non vediamo più il numero uno del Barça esibirsi in parate salva risultato. La sua parabola discendente al Barça preoccupa sopratutto in chiave futura. E quello che fino a qualche stagione fa era un ruolo che faceva dormire sonni tranquilli, adesso deve essere valutato con attenzione.

ALL’ALLIANZ ARENA FINISCE COME DA PRONOSTICO. 3-0 E A CASA

Giuseppe Ortu Serra

Eliminato dalla Champions al primo turno. Non accadeva dal 2000-01. Dopo anni di successi, trofei conquistati, goals, magie incantate, il Barcelona è stato eliminato dalla Coppa dalle Grandi Orecchie. Adesso dovrà giocare uno spareggio per poter disputare la Europa League con la seconda classificata di quella competizione.

All’Allianz Arena di Monaco di Baviera il Barça ne ha presi tre, senza segnarne alcuno, contro una formazione che ha giocato con il freno a mano tirato, il minimo sufficiente per portare a casa la vittoria. Non solo il Barça non ha segnato (appena due reti realizzate in tutta la Champions), ma è stato appena in grado di tirare in porta: appena due conclusioni nello specchio di porta di Neuer. Il primo, di Jordi, al 6°. Il secondo, di Coutinho, all’87°. In mezzo solo Bayern e tanto vorrei ma non posso blaugrana.

Il Barça è durato appena 30 minuti. Il tempo di iniziare la gara con una buona pressione offensiva, tanto da far pensare che le parole spese in conferenza stampa da Xavi e Piqué, e da Laporta in occasione del pranzo dirigenziale non fossero solo parole, e la squadra si è subito squagliata. Il Bayern ha iniziato cauto, quasi come volesse vedere se i blaugrana facessero sul serio. I tedeschi hanno giocato al gatto con il topo con il Barça. Ha lasciato giocare i blaugrana per un po’ prima di decidere che era giunto il momento di mettere in archivio la gara e pensare alla successiva sfida di Bundesliga contro il Mainz. Il primo affondo ha portato al primo goal e alla svolta della gara.

Ad annunciarlo un altro evento nefasto. L’ennesimo infortunio di questa stagione disgraziata. Questa volta è stato Jordi a lesionarsi, già malandato prima della gara. Al suo posto è entrato in campo un disastroso Mingueza. Il Barça si è messo a 4 in difesa (si era partiti con il 3-5-2), rispolverando il 4-3-3. Quattro dietro con Araujo a destra, Piqué e Lenglet al centro e il numero 22 a sinistra. La squadra ha iniziato a scricchiolare quando i giocatori blaugrana hanno mostrato tutti i limiti di una preparazione atletica non fatta da Ronald Koeman. Dest, a destra, ha smesso di correre e coprire. La spallata definitiva l’ha data Mingueza, facendo la bella statuina nello stacco di testa di Müller che ha portato alla prima rete bavarese. Il Barça è finito lì. Anzi, prima; dopo i primi 20 minuti di gioco.

Il raddoppio dei padroni di casa è stato la naturale conseguenza. Tiro dalla trequarti di Sanè; praticamente da casa sua. Ter Stegen ha fatto il resto, subendo una rete impossibile da subire su di un tiro da 30/40 metri, mostrando a tutti il perché il titolare della Germania è Neuer, e non lui. Al 42′, il Bayern aveva già chiuso la sfida. Una prova di sconcertante verità quella del Barça. Tante chiacchiere nel pre-partita. Pochi fatti in campo. Un Barcelona piccolo piccolo è stato umiliato dal Bayern Monaco al di là del risultato finale.

La ripresa è stata ancora più sconcertante e umiliante. Un unico tiro in porta dei blaugrana, scoccato, si fa per dire, da Coutinho all’87’. Un tiro centrale, debole e telefonato dal limite dell’area. Per il resto il nulla assoluto. 45′ in cui i bavaresi hanno scherzato con gli avversari, giocando a bassissimi livelli quasi per evitare di andare a segnare, ancora e ancora. Rete che, inevitabilmente, è comunque arrivata. L’ha realizzata Musiala dopo aver ricevuto in area da rigore un pallone servitogli da Davies.

I secondi 45 minuti sono stati affrontati da Xavi con il cambio di Nico per un Dest completamente spompato e privo di forze fisiche, bruciate dopo appena 20 minuti di gioco. Incredibile! Questa squadra è stata costruita male e gestita, fino all’avvento di Xavi, anche peggio. Mister Lamento Koeman, con i suoi “non allenamenti”, ha distrutto nel fisico questo gruppo di giocatori, incapace di correre per più di una ventina di minuti. I buchi finanziari scavati da Bartomeu nei conti del club hanno obbligato all’addio, in due anni, di Suarez e Messi, che da soli soddisfavano il fabbisogno di gioco e reti della squadra. 60 goals in due che sono venuti a mancare di punto in bianco. Sostituiti dal… bomber Memphis, che oggi non ha nemmeno mai calciato verso la porta di Neuer. Il Barça è stato costruito senza attacco. Gli infortuni, dovuti al dolce far niente di Koeman, hanno fatto il resto. Oggi il Barcelona è una squadra incompiuta e incerottata, senza energie fisiche e mentali che dalla sua ha solo tanta buona volontà. Ma la volontà, se non sorretta dalla tecnica e dal fisico, non basta nemmeno per fare una onesta comparsata.

SENZA GOAL NON SI VINCE. IL BETIS ESPUGNA LAS CORTES

Giuseppe Ortu Serra

Partita incredibile, e loca, al Camp Nou. Il Barça perde una gara stradominata nel secondo tempo; una sfida che avrebbe meritato ampiamente di vincere con più reti di scarto. Invece è stato il Betis a portare via i tre punti da Las Cortes. Una sola occasione, in tutto il secondo tempo, è stata sufficiente agli uomini di Pellegrini per vincere una partita il cui risultato grida allo scandalo. Il calcio è questo. Puoi giocare bene quanto vuoi, creare innumerevoli occasioni da rete, ma se non hai un bomber, non vinci. E nel calcio devi segnare per conquistare la posta in palio. Il Barcelona ha in squadra giocatori come Depay, Coutinho, Luuk de Jong. Tutti giocatori inutili. Neanche uno di loro in grado anche solo di tirare in porta. Urge attaccante dunque se si vuole sperare di raddrizzare in qualche modo la baracca.

Xavi, per la partita contro il Betis, ha deciso di effettuare alcune rotazioni in vista della sfida decisiva di Champions all’Allianz Arena contro il Bayern. Sono stati risparmiati Piqué, De Jong e Dembélé. Un primo tempo che si è sviluppato in maniera molto equilibrata tra il Barça e il Betis. Miglior inizio da parte dei blaugrana che hanno iniziato subito con un buon ritmo e con occasioni da rete. Con il passare dei minuti è venuto fuori il Betis, guadagnando metri e imbrigliando la manovra del Barça, che ha peccato della mancanza di un uomo-goal. Il solito problema della squadra da quando prima Suarez e poi Messi hanno lasciato Barcelona. La partita è proseguita sui binari di stanca fino alla fine della prima parte, quando il Betis ha bussato due volte alla porta difesa da Marc André Ter Stegen, rendendosi pericoloso prima con Rubial al 44′ e poi con Alex Moreno un minuto dopo. Alla mezzora Xavi ha dovuto rinunciare a Gavi che è stato sostituito da Riqui per una forte pallonata ricevuta sul capo dopo un contrasto con Bellerin. Nuovo fallimento per Coutinho. Il brasiliano è durato appena 15 minuti. Partito bene, con buona verve, l’ex Red si è spento subito, camminando come un fantasma per il resto della gara fino alla sua sostituzione, avvenuta ad inizio ripresa (58′). Il secondo tempo è esploso con l’ingresso di Dembélé al posto di Casper Coutinho. Senza il brasiliano in campo, il Barça è rinato. Il francese ha rivoltato la gara come un calzino, e con essa, anche la sua squadra. Da quel momento i blaugrana hanno pressato come forsennati, creando tanto come mai nei 73′ minuti precedenti. Tiri, cross, dribbling. Ousmane da solo ha creato il panico nella retroguardia del Betis, caricandosi la squadra sulle spalle. Ma non è bastato. È stato, invece, sufficiente una unica azione agli avversari per passare e vincere la partita. Un micidiale contropiede, sviluppatosi sulla destra da Canales, rifinito in area da Tello e finalizzato da Juanmi a sinistra, ha permesso al Betis di passare in vantaggio. L’assalto finale del Barça, condito da un cambio di modulo di Xavi, passato all’81’ al 3-4-3 con l’inserimento di Piqué per Abde e Luuk per Lenglet, non è stato sufficiente per rovesciare il verdetto del campo. Proprio Abde, un minuto prima della rete dei verdiblancos, ha avuto una clamorosa occasione, sempre su iniziativa di Dembélé, ma il numero 33 ha sparato incredibilmente alto dal limite dell’area piccola di porta.

Il Barça ha fatto la gara nel secondo tempo, ha tirato in porta e attaccato dalle due fasce una infinità di volte. Dembélé, da solo, ha tirato 4 volte in porta. Ma oggi non c’è stato niente da fare. Questa squadra non ha un uomo-goal. Memphis non è quel tipo di giocatore; non segna e nemmeno partecipa all’azione. L’olandese sta subendo una involuzione alla Coutinho francamente preoccupante. Il grido d’aiuto della squadra è chiaro. Serve un giocatore che la metta dentro. E in rosa, attualmente, questo profilo non c’è. Puoi giocare bene quanto vuoi, ma se alla fine non segni, non vinci. Con tutta la buona volontà di Xavi e dei suoi ragazzi.

XAVI: “SIAMO IL BARÇA E DOBBIAMO GANAR, GANAR, GANAR”

Giuseppe Ortu Serra

La conferenza stampa di Xavi alla vigilia della partita contro il Betis ha visto il faro puntato contro la doppia sfida, liguera contro la formazione andalusa, e di Champions contro il Bayern Monaco. Due partite importanti. La prima, in casa in campionato, è gara da vincere per cercare di accorciare il terreno e le distanze con le battistrada della classifica. A maggior ragione dopo che nei giorni scorsi il Madrid ha vinto il recupero della nona giornata di campionato contro l’Athletic Bilbao e si è portato a distanza siderale: 36 punti con una partita in più della formazione blaugrana. Un più 13 che fa tremare le gambe. In ottica quarto posto, la situazione è diversa, giacché il divario si riduce di 5 punti dal Sevilla e di 6 dalla Real Sociedad. La seconda partita, ancora più importante, è quella che vedrà di fronte Bayern Monaco e Barcelona nella nottata di mercoledì 8 dicembre. Clima natalizio, ma spalti deserti per via della quarta ondata di Coronavirus che sta affliggendo la Germania. Circostanza certamente favorevole ai blaugrana che possono spazzare l’effetto Allianz Arena, anche se l’incontro è comunque questione da Mission Impossible.

Xavi ha spaziato nel fare il punto della situazione davanti alla stampa. Oltre che delle due gare, ha parlato anche della recente assegnazione del Pallone d’Oro, maschile e femminile, e del Premio Kopa (miglior under 21 del mondo) assegnato a Pedri. Ma non solo, il tecnico blaugrana ha anche affrontato lo spinoso argomento Dembélé, oltre a parlare di Ansu e del suo impiego in vista della sfida decisiva di Monaco di Baviera.

Xavi ha le idee assolutamente chiare in merito a ciò che attende il Barça: “Somos el Barça” ha detto. “Siamo il Barça e dobbiamo ganar, ganar y ganar; vincere, vincere e vincere”. Non ci sono alternative o altre strade. E non certo perché la situazione contingente costringe il Barça a cercare di vincere tutti gli incontri che lo attendono per motivi di ritardo in classifica. Piuttosto perché è lo stile Barça. E lo ha spiegato: “Il Barça aspira a vincere tutto. Sempre. Il tempo ci dirà dove saremo e per quali titoli potremo competere, ma qui non vale pareggiare o perdere. Il calcio è così. Siamo una squadra fatta per competere. Le pagelle si stileranno alla fine della stagione”. Meraviglia di una mentalità vincente. Quella che ha latitato a queste latitudini da quando Luis Enrique aveva lasciato la panchina del Camp Nou.

Xavi preferisce affrontare un avversario alla volta. E così, quando gli è stato chiesto del Bayern, ha preferito mettere l’accento sulla partita contro il Betis, la prima in calendario. “Non guardo più in la di questo fine settimana. Per noi ogni partita è vitale. Non possiamo regalare nulla”. In merito alla sfida dell’Allianz Arena, Xavi ha scartato totalmente l’utilizzo di Ansu. “Ansu è un giocatore importantissimo per noi. Già in passato abbiamo perso dei giocatori per aver anticipato i tempi di recupero e averli fatti giocare prima del tempo. E così li abbiamo persi per un maggior numero di partite. Ansu non giocherà contro il Bayern”.

Argomento Dembélé. Xavi, nonostante Sissoko, l’agente del giocatore, stia ponendo in essere delle misure dilatorie per giungere alla scadenza di contratto, come un buon avvocato allunga i termini processuali al fine di giungere alla prescrizione del reato ascritto al proprio assistito, continua a mettere il francese al centro del villaggio, vale a dire al centro del progetto. “E’ un giocatore importantissimo. E non è solo una questione economica, bensì di progetto sportivo. Continuo a credere che possa essere il miglior giocatore nel suo ruolo. Ha un potenziale enorme”. Il suo tecnico ne ammira le doti calcistiche, ma anche quelle caratteriali e dell’impegno. Cosa incredibile solo a pensare al Dembélé che abbiamo imparato a conoscere al Barça. “Spero che la pianificazione finisca per appianare la situazione. Lui voleva sentirsi voluto, amato, e così sarà”. Parole che non dovrebbero farlo dubitare un attimo di più sul rinnovo del contratto con il Barça. Se Ousmane cercava un allenatore che credesse in lui e puntasse su di lui, beh, adesso è certo che lo ha trovato. E se il ragazzo, come ne è certo Xavi, ha margini di crescita, non esiste miglior allenatore per evidenziare e portare in superficie gli stessi. Adesso la palla è nel campo suo e del suo procuratore. Spetta a lui decidere se abbracciare la carriera sportiva o fare crescere il patrimonio.

Xavi ha avuto parole anche per altri suoi calciatori; come De Jong “giocatore intrasferibile”. Frasi dolci sono state rivolte a Sergi Roberto. Ricaduto nell’ennesima lesione, dalla quale potrà uscire solo attraverso il ricorso alla chirurgia e dopo molti mesi lontano dai campi di gioco, Xavi ha messo in evidenza il suo atteggiamento di amore verso il club. “È stato più di un anno senza essere al 100% per aiutare il club, ma non si è mai tirato indietro, non si è mai negato”. In merito a Dest, el de Terrassa ha annunciato che sarà disponibile per la sfida al Betis“. Xavi si è mostrato estremamente soddisfatto dei suoi ragazzi, dichiarando che sono talmente calati all’interno dello spirito di squadra che “devo frenarli perché vorrebbero giocare nonostante i problemi fisici”.

Ovviamente non poteva mancare il tema Pallone d’Oro nella conferenza stampa del tecnico blaugrana. Felice per Messi: “È il miglior giocatore del mondo e della storia del calcio. Sono d’accordo con Pep. Non può mai essere immeritato un Pallone d’Oro assegnato a Leo. È una questione di giustizia calcistica. Anche Lewandowski lo avrebbe meritato, come in passato è capitato a me e a Andres. Non bisogna prendersela, perché non è mai immeritato che diano il Pallone d’Oro a Leo“.

Stupito da Alexia: “il suo livello calcistico è impressionante. Abbiamo una buona relazione di amicizia. Sin da giovane si vedeva che era molto professionale. Lei ha fatto la storia.

Ammirato da Pedri, del quale ha messo in evidenza la sua maturità dentro e fuori dal campo, espressa anche dall’invito a cena di tutta la squadra per festeggiare il Premio Kopa.