L’INCAPACITà DI LAHOZ ACUISCE QUELLA DEL BARçA DI BATTERE L’ESPANYOL

Giuseppe Ortu Serra

18 ammonizioni; due espulsioni per doppio giallo; una terza, per rosso diretto, revocata con l’on field review; falli fischiati in base alla lettura dei fondi del tea; nove minuti di recupero nel secondo tempo quando sarebbero dovuti essere 15. Questo il tabellino dell’arbitro Mateu Lahoz nella sfida dell’ultimo dell’anno tra Barcelona e Espanyol. Prima partita del dopo mondiale per un arbitro che è stato allontanato dalla competizione iridata dalla Fifa per la mancata gestione, o meglio dissennata gestione, di Argentina – Olanda, gara nella quale aveva distribuito 14 ammonizioni, comminato una espulsione, acceso gli animi e scoperto i nervi dei giocatori con i suoi errori, il suo protagonismo fuoriluogo, la sua arroganza. Oggi è riuscito a fare anche di peggio. Non solo i numeri prima snocciolati. Mateu Lahoz ha perso totalmente di mano la partita, andando in confusione, innervosendo i giocatori, accendendo gli animi, causando un aumento degli scontri in campo con il suo comportamento e portando a gesti antisportivi come quelli a cui si sono lasciati andare i giocatori dell’Espanyol i quali, in almeno due circostanze, hanno commesso dei pericolosi falli meritevoli di sanzioni ben superiori del semplice giallo. Dopo essere stato allontanato dal mondiale, Lahoz dovrebbe essere cacciato anche dalla Federazione Spagnola. È evidente la difficoltà personale, a livello di tranquillità e serenità mentale, in cui versa il fischietto valenciano. Mostra chiari segni di confusione al limite della patologia, del “delirium”, della “nebbia cognitiva”, che limitano, o ne rendono nullo, la sua capacità di valutare, giudicare, intendere ciò che realmente sta accadendo in campo. Oggi Lahoz è andato in deficit di ossigeno cerebrale e non è più riuscito, sopratutto dopo la rete del pareggio dell’Espanyol, a gestire la situazione, la partita, gli animi che si accendevano sempre più. Sopratutto, non è più riuscito a “vedere” con chiarezza e serenità i fatti in campo. Il cervello era offuscato, “annebbiato” appunto. In certi momenti della gara è parso di essere arbitrati da un non vedente per un disturbo psicosomatico tutto “Alleniano”.

Nel marasma primordiale che l’arbitro ha creato in campo, il Barça ne è uscito con le ossa rotte e con un pareggio casalingo che permette al Madrid di agganciare in testa alla classifica i blaugrana, sebbene restando secondo in classifica per la differenza reti. Tutto colpa dell’arbitro questo risultato? Neanche a pensarlo! Sarebbe troppo facile sostenere che la mancata vittoria è da attribuire esclusivamente alle incapacità tecniche e mentali dell’arbitro. Quello è un ragionamento da bar, da curva, da chi è confuso quanto Lahoz o ha gli occhi chiusi dentro una bandiera e si bea del suo mondo da Bella addormentata nel bosco, o sarebbe meglio dire, nella grada del Camp Nou.

Se il Barça questo pomeriggio al Camp Nou, alle ore 14:00 del 31/12, nel derby dell’ultimo dell’anno, non ha battuto l’Espanyol è principalmente colpa sua. La partita è andata in scena alle ore 14:00 del 31/12. Tempo più da chiusura di un bilancio che da partita di calcio professionista si dirà, escludendo l’Inghilterra, ovviamente. Ma si sa come sono gli inglesi. Lì fanno tutto al contrario. Guidano persino nel lato sbagliato! Orario e data insoliti, si diceva, ma non una novità assoluta per il Barça. Nelle prime decadi del 900 si disputava proprio nelle giornate delle festività natalizie la Copa Martini & Rossi, “trofeo internacional amistoso” che si giocava nella giornata di Natale al fine di festeggiare insieme ai tifosi quella giornata speciale.

La responsabilità di questo uno a uno finale ricade sopratutto sulla squadra di casa, incapace non solo di chiudere la gara, ma sopratutto di essersi addormentata nella ripresa, lasciando in vita un avversario che non aspettava altro che giocarsi il tutto per tutto nella parte finale della sfida. Il Barça, che aveva chiuso il primo tempo sopra di una rete per il vantaggio siglato da Marcos Alonso al 6°, ad inizio ripresa ha fatto una siesta messicana fino al 72° minuto, quando l’Espanyol è pervenuto alla rete del pareggio su un calcio di rigore causato/regalato da una entrata sconsiderata e fuori tempo di Marcos Alonso su un avversario. E hai voglia di decidere di entrare in partita quando le uova sono rotte. Al massimo puoi farle strapazzate, ma per l’uovo sodo è ormai tardi. I soliti difetti, dunque. La squadra che gioca sotto ritmo (anche il primo tempo), che si piace, che non tira da lontano!, che decide che non è il caso di forzare i ritmi perché tanto la gara è in controllo. Questo è il risultato. E con questa mentalità, perdente, non si va da nessuna parte. Certamente non si vincono i trofei, salvo non si decida di cambiare registro. In campo e in panchina.

C’è poi il problema Lewandowski. Appare come un corpo estraneo alla squadra. Non tocca tutti i palloni che dovrebbe. Non è inserito all’interno del gioco. Si vede a sprazzi. Appare, si illumina, e poi si eclissa. Nel Bayern il rendimento in campo, nel gioco (nel suo insieme) era totalmente diverso. Colpa del giocatore? Oppure ci sono altre chiavi di lettura ed altre responsabilità?

Eppure la gara è iniziata con le migliori premesse. Xavi ha ereditato dai Campionati del Mondo la rosa al completo, questa volta non ferita dal c.d. virus Fifa. L’allenatore catalano ha presentato una difesa comunque inedita, con Roberto nel laterale destro, Christensen e Marcos Alonso come centrali, e Jordi laterale a sinistra. Per il resto, con l’eccezione della panchina per Dembélé e la maglia da titolare per Ansu, il solito Barcelona, con Pedri, De Jong, Gavi a centrocampo e Raphinha con Lewy in attacco. Koundé e Araujo, così come l’estremo francese, si sono accomodati in panchina.

La gara è stata condotta dal Barça sin dall’inizio. I ritmi sono stati bassi da parte di ambedue le formazioni. Il Barça si è adeguato alla velocità da camminata dell’Espanyol, che non ha certo dato di matto per giocare a tutta. Il Barcelona ha così giocato in scioltezza, creando occasioni sin dai primissimi minuti e conquistando calci d’angolo in sequenza. Da uno di questi è nata la rete dell’uno a zero dei blaugrana. Marcos Alonso è stato il marcatore del goal grazie a un assist di testa di Christensen appostato sul secondo palo che ha rimesso in direzione del compagno una palla ricevuta da Lewy, che, sempre di testa, aveva incornato il corner calciato dalla sinistra da Raphinha. Il Barça ha continuato a insistere, creando e meritando ampiamente il vantaggio alla fine dei primi quarantacinque minuti. La ripresa, invece, come visto, non è stata pari alle attese così come anche il risultato e la posizione in classifica. Ci si attendeva di chiudere l’anno con il vantaggio di due punti sul Madrid. Ma forse è chiedere troppo.