FC Barcelona – L’Equipe celebra Messi come Che Guevara

di Giuseppe Ortu

Messi come Che Guevara. La prima pagina dell’Equipe, influente quotidiano sportivo francese ha innalzato il genio argentino a una sorta di semidio, vedendolo nei panni di Che Guevara, iconico combattente assurto all’Olimpo dell’immortalità storica insieme a tanti altri eterni personaggi storici; figure del livello di Ramsesse III, Giulio CesareAlessandro il Grande, Achille, Garibaldi (tanto da meritarsi un busto in Washington Sq.), Rommel, Fidel che resteranno per sempre nell’immaginario collettivo di ognuno. Adesso anche Messi assurge a quelle altezze grazie a un gesto di estrema solidarietà umana. Con il Che, tra l’altro, condivide anche gli stessi natali, essendo entrambi di Rosario, città fiorente nelle arti, nella cultura e nei suoi illustri concittadini.  

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La foto dell’argentino, con i capelli del Che e il suo intramontabile e iconico basco, ma con il pallone tratto dallo scudo del FC Barcelona al centro di esso, come fregio della sua appartenenza, rende omaggio al Diez blaugrana e della albiceleste. La misura drastica, proposta dalla Junta Directiva del Barcelona e accolta dalla squadra, ufficializzata nel comunicato pubblicato dal primo capitano nel suo account di Twitter, lo ha reso immortale nel mondo del football.

Non solo la riduzione del 70% dell’ingaggio finché perdura lo Stato di Allerta decretato dal presidente Sanchez, ma un ulteriore contributo, non richiesto dal club, che permetta agli impiegati dell’entità blaugrana di continuare a percepire il 100% del loro stipendio. Una misura economica, quella decisa dai calciatori del Barça, che dunque va ben oltre il richiesto e programmato dal Barcelona per i propri tesserati. Una misura che trasforma Messi, come portatore degli interessi di tutta la squadra e suo portavoce, come un moderno luchador por la liberdad, combattente contro un nemico oscuro e invisibile, e paladino degli interessi e delle istanze delle persone meno privilegiate che lavorano nel suo stesso ambiente sociale. La misura della riduzione del 70% degli emolumenti decisa dal FC Barcelona colpisce tutti all’interno del club. Personale agonistico e impiegatizio; tanto la canterà quanto la prima squadra. Questo gesto di ulteriore solidarietà e apertura sociale permette dunque agli impiegati del club di continuare a percepire in toto la normale retribuzione senza essere intaccati nella loro capacità economica. Un gesto che è valso a Messi, ma in realtà a tutta la squadra, la copertina di l’Equipe in versione Che.

FC Barcelona – La prima squadra accetta il taglio del 70% degli stipendi. La Nota Ufficiale

di Giuseppe Ortu

Alla fine è arrivato il anche della sezione football. Il FC Barcelona nel suo complesso, tenendo conto di tutte le sezioni sportive che lo compongono (calcio maschile e femminile, pallacanestro, futbol sala, hockey, pallamano), hanno aderito alla proposta della Junta del taglio degli emolumenti per ogni settore del club, sportivo e non, del 70%. Il provvedimento è valevole per il periodo di allerta imposto dal governo Sanchez in cui le attività sportive e economiche del club saranno bloccate. Senza entrate, derivanti dai diritti tv, contratti di sponsorizzazione tecnica e commerciale, incassi ai botteghini dello stadio, ingressi al museo, tour del Camp Nou, con tutto l’indotto inevitabilmente paralizzato, il club non poteva andare evidentemente avanti con le spese ordinarie derivanti dal pagamento degli stipendi del personale dipendente e delle varie squadre sportive. Da qui la necessità di un fronte comune contro la crisi economica e finanziaria che ha richiesto un sacrificio unitario ad ogni ingranaggio dell’entità; dal più piccolo al più grande.

Nella giornata di ieri era giunto l’ok delle altre sezioni della polisportiva manifestato dalle dichiarazioni di assenso esplicitate dai rispettivi capitani con dei post pubblicati su Twitter. Oggi è giunto il benestare anche della squadra di calcio attraverso un comunicato ufficiale pubblicato sullo stesso social network da parte del primo capitano della squadra: Leo Messi.

Un comunicato che non manca di una vena polemica nei confronti della Junta stessa quando, a partire da un passaggio del comunicato, in cui si dice che “SEMPRE”, scritto in caratteri maiuscoli “abbiamo aiutato il club quando ce lo hanno chiesto. Incluso, molte volte lo abbiamo fatto anche per nostra iniziativa personale in momenti nei quali lo credevamo necessario e importante”. La nota si accende sopratutto quando la squadra, esplicitata dal suo capitano, sostiene che “Per questo non smette di sorprenderci che dall’interno del club ci fosse chi cercava di metterci sotto i riflettori con l’intento di pressarci per far qualcosa che noi avevamo sempre chiaro che avremmo fatto”.

Tolti i fastidiosi sassolini dalla scarpa, e dopo la spiegazione che visto il momento di assoluta emergenza e gravità era normale e necessario reagire in maniera altrettanto straordinaria, accettando la proposta del club della riduzione del 70% degli emolumenti per tutta la durata dello Stato di Allerta, Messi ha specificato che la squadra non si era ancora espressa in merito (vale a dire dichiarato di accettare da subito la proposta della Junta), “perché era prioritario per noi trovare soluzioni che fossero reali per aiutare il club e anche coloro questa situazione danneggia maggiormente”. Posta questa premessa, il dispositivo che segue segna uno dei passi più importanti e di maggior impatto nel tessuto sociale del club di tutta la nota ufficiale. Messi scrive che oltre alla riduzione del 70% degli stipendi della prima squadra per il bene del FC Barcelona, i giocatori intendono agire anche a favore degli impiegati del club attraverso la elargizione di “un contributo extra che permetta agli impiegati del club di continuare a guadagnare il 100% delle loro retribuzioni mentre perdurerà lo Stato di Allerta”.

Il comunicato chiude con un “affettuoso saluto e un messaggio di forza per tutti i culers che stanno vivendo con sofferenza questi duri momenti” e con un “Visca el Barça i vista Catalunya!”.  

Ceferin – La sua ricetta per la ripresa della Champions

di Giuseppe Ortu


Ceferin, il boss della Uefa, ha parlato. In una intervista rilasciata al quotidiano La Repubblica, il Presidente dell’organismo del football europea ha provato a emanare la sua ricetta per il calcio del Vecchio Continente. Come un bravo medico condotto, uno di quegli semplici dei paesini di campagna tanto cari a molti scrittori e sceneggiatori come Georges Simenon, che si ritrovano facilmente anche nei sentieri erbosi dei villaggi della Vecchia Inghilterra di Agatha Christie, Ceferin ha tracciato la via (ipotetica s’intende), per la ripresa delle competizioni europee: Champions e Europa League.

Il mandatario della Uefa ha parlato innanzitutto della necessità di uniformare i campionati di tutte le Leghe nazionali per poter procedere congiuntamente sin dal momento in cui le competizioni si riannoderanno. Questo per fronteggiare all’unisono l’emergenza e per procedere uniti alla meta finale, la chiusura della stagione (se mai ci sarà n.d.r.). Ripartire tutti assieme per finire nello stesso momento è essenziale per poter iniziare la stagione successiva, la 20-21, in tutta normalità. Questo è uno dei punti base della ricetta del Capo della Uefa.

Per porre fine all’emergenza causata dalla pandemia, Ceferin ha ipotizzato tre date nelle quali le competizioni continentali potrebbero riprendere. “Magari a porte chiuse” ha specificato “se la situazione sanitaria non dovesse essere pacificata del tutto”. Le tre opzioni dunque: 1) riprendere l’attività sportiva a metà maggio; 2) a inizio giugno; 3) a fine giugno. Per Ceferin, che vede la data di fine giugno come uno spartiacque per salvare la stagione in corso, esisterebbe una ulteriore chance per riannodare il filo di Champions e Europa League. Spostare la ripresa del gioco nel periodo solitamente deputato all’inizio della nuova stagione; quindi intorno ad agosto 2020. Ciò comporterebbe lo slittamento in avanti della stagione 2020-2021. Questa ultima possibilità è comunque meramente residuale, posto che costringerebbe a ridurre enormemente la campagna agonistica 20-21 per finire nei tempi canonici ed evitare uno spostamento temporale a domino di ogni stagione sportiva da qui in avanti.

In merito ai contratti dei calciatori, la cui scadenza naturale è il 30 di giugno, ha auspicato un intervento della Fifa al fine di sbaragliare una volta per tutte le ipotesi in ballo in questo periodo emanando un principio che regoli la problematica in esame. Una parola della Fifa che equivarrebbe a una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per stabilire un criterio chiaro e univoco a cui tutti dovranno uniformarsi. In merito restiamo comunque dell’opinione, già espressa da queste colonne in precedenza, che l’istituto della Prorogatio deve essere quello a cui rimettersi per la gestione del caso in esame.

FC Barcelona – La Junta chiede il taglio del 70% degli stipendi, la squadra risponde con il 30%

di Giuseppe Ortu

E’ balletto di cifre e percentuali a Can Barça. In tempo di Coronavirus, con il pallone relegato nelle ceste della Ciutat Esportiva, con tutta l’attività bloccata, sportiva, sociale e economica, il Barça sta entrando in zona crisi. Propone alle squadre delle varie sezioni un taglio del 70% degli emolumenti per il periodo di fermo economico dovuto alla pandemia. La squadra risponde con il 30% calcolato, però, su tutta la stagione. Vediamo di entrare meglio all’interno della situazione e chiarire tutta la questione. 

Il Barça, come tutte le altre squadre, sta affrontando una rilevante crisi economica per mancati introiti dalle competizioni sportive. Mancanti incassi ai botteghini, ingressi dagli sponsor e diritti televisivi. Tutto è fermo e bloccato intorno al club. Negozi, tra i quali la tienda del Camp Nou, che da solo fornisce una voce importantissima delle entrate della Entità. Quando era ancora sotto la gestione Nike, lo store del Camp Nou, da solo, incassava più di ogni altro negozio della casa distribuito in tutto il territorio mondiale, compreso lo Nike Store di New York, un grattacielo sulla 53rd Street. Chiuso anche il Museo e tutte le attività collaterali, il club si trova prossimo a una crisi economica senza precedenti. Più perdurerà il blocco totale delle attività, maggiore sarà l’impatto della crisi sul futuro del club così come siamo abituati a conoscerlo. Il modello di una Entità posseduta dai soci che eleggono un Presidente e non da un magnate proprietario, non può perdurare a una crisi globale di questa portata. Il rischio che esempi come il Barça e lo stesso Real Madrid, che si basa sul medesimo principio su cui è costruito il FC Barcelona possano non sopravvivere alla crisi economica causata dagli effetti del Coronavirus è reale, concreto. In un mondo in cui i Presidenti-Magnati stanno evolvendosi nella categoria di più alto livello dei Presidenti-Stati (Manchester City e Paris Saint Germain), è sempre più difficile per club come Barcelona e Madrid mantenersi ai massimi livelli. In momenti di recessione economica e di sell-off dei mercati finanziari il Barça sta cercando di correre velocemente ai ripari per salvare la unicità e meraviglia del suo modello democratico.

Come altri club in Europa, Bayern per esempio, ma lo stesso sta capitando in Premier, che stanno proponendo e attuando il taglio degli stipendi per affrontare la crisi finanziaria del Coronavirus, anche il Barça ha proposto a tutte le sezioni che compongono il club (calcio, basket, hockey ecc) una riduzione del 70% degli stipendi di giocatori e staff per il periodo di lockdown e di chiusura totale di ogni attività. Tale manovra è stata pensata per cercare di ridurre al massimo le perdite in un momento di mancati incassi. Sarebbe come far scorrere a vuoto l’acqua della cisterna in momenti di sospensione della fornitura idrica pubblica. La Junta ha presentato la sua proposta vincolandola temporalmente esclusivamente al periodo di emergenza della pandemia del Coronavirus. Quando le attività economiche del club potranno riattivarsi, gli emolumenti dei giocatori torneranno in automatico alla conformazione originale. Ciò anche se la stagione sportiva non dovesse ripartire e le varie competizioni dovessero chiudersi a questo punto della stagione. La misura proposta dal club ha effetto retroattivo al momento della chiusura delle attività produttive del FC Barcelona.

A questa proposta, la plantilla si è inizialmente divisa in tre tronconi. Una parte l’ha dichiarata accettabile, una seconda si è trovata scettica, mentre c’è stato chi ha respinto in toto la misura. C’è chi imputa al club una gestione sportiva ed economica sbagliata, con spese folli per giocatori che non hanno reso o di medio livello e ora non vuole pagare di tasca propria per quelle scelte errate. Alla fine i giocatori hanno trovato una via comune e hanno risposto con una controfferta presentata dai quattro capitani. La riduzione degli emolumenti non sarebbe del 70% per il periodo limitato al blocco dell’attività economica del club, ma del 30% calcolato però sull’intera stagione. Il Barça riunirà la Junta in una riunione straordinaria da tenersi per via telematica questa sera per valutare la controfferta e prendere una decisione finale. Dalle indiscrezioni che filtrano, sembrerebbe che il club sia intenzionato rigettare l’offerta della squadra e a proseguire per la linea proposta, vale a dire la riduzione del 70% per il solo periodo dell’emergenza sanitaria. Sembra anche che la Juntasia intenzionata ad andare avanti sulla sua strada con o senza il consenso dei giocatori. Tempi duri, dunque, si attendono a Can Barça. Tempi di contrapposizione dura che potrebbero portare a scenari imprevedibili fino a questo momento e che potrebbero incidere profondamente nella costruzione della squadra della prossima stagione. 

FC Barcelona – Liga rinviata sine die. Il dilemma del 30 giugno

di Giuseppe Ortu

Era ovvio che dovesse accadere. La Liga e la Federazione di calcio spagnola hanno deciso l’unica cosa sensata da porre in essere. Rinviare il campionato sine die. Non più due settimane come era in principio. Non più date ipotetiche come le tre annunciate qualche giorno fa. Ora non ci sono più date possibili, probabili. La ripresa del campionato sarà decisa esclusivamente dalle condizioni mediche e sociali della popolazione iberica. Il via alla ripresa lo darà il governoattraverso il ministero della sanità. Ogni altra decisione, o speculazione, o ipotesi sarà priva di fondamento ed effettività se non giungerà dall’autorità ministeriale.

A questo punto, con il contagio da Coronavirus che si sta estendendo esponenzialmente sempre più nelle varie regioni della Spagna, con punte massime nella regione di Madrid e in Catalunya, seconda anche se distanziata notevolmente dalla capitale, è sempre più che probabile che il campionato possa proseguire, se mai si dovesse riprendere a giocare, anche oltre la data limite del 30 giugno; una data, questa, che spaventa e che viene definita come invalicabile da tutte le autorità calcistiche, spagnole e europee.

L’importanza di questa data si evince dal fatto che tutti i contratti dei calciatori e degli staff tecnici hanno come scadenza temporale e naturale proprio quel giorno. Coloro che si trovano in scadenza contrattuale, da quel giorno saranno liberi da ogni vincolo con i rispettivi club. Ciò comporterebbe una situazione di caos clamoroso se si dovesse ancora giocare in quella data. Dal giorno dopo il componente di una rosa potrebbe decidere, potenzialmente e teoricamente, di lasciare la squadra. È facile immaginare i problemi che una situazione di questo tipo creerebbe se i campionati, la Liga nella fattispecie, ma anche la Champions, fossero ancora in corso.

Come risolvere dunque un caso del genere? Senza allarmi o panico. Semplicemente ricorrendo ai principi generali del diritto e all’istituto della prorogatio. In certe situazioni, chiaramente extra ordinem, si allungano, si prorogano appunto, i poteri di un organo scaduto dalla carica (come un governo in attesa delle nuove elezioni) al fine di evitare dei vuoti di potere. Nel caso dei contratti dei calciatori si ricorrerebbe al medesimo principio, allungandone la validità fittizziamente fino al termine della stagione giocata. La decadenza dal rapporto contrattuale che lega il calciatore al club riprenderebbe validità dal giorno successivo alla data di effettiva fine della stagione ufficiale, vale a dire dal giorno dopo dell’ultima partita ufficiale giocata dalla squadra a cui quel giocatore appartiene.

Il discorso piuttosto è un altro. Ci sarà il tempo per riprendere la stagione senza andare troppo in là con il calendario e non compromettere l’inizio della stagione a venire? Questo è il vero punctum dolens della questione. Ha senso giocare fino a luglio/agosto, e spostare in avanti tutta la stagione 2020-21? Oppure costringere a ridurre la nuova stagione per farla terminare nei tempi canonici, entro il 30 giugno del 2021? Non sarebbe invece più congruo e ragionevole dichiarare chiusa la campagna in corso con la cristallizzazione delle posizioni della classifica al momento dello stop alla Liga? È su questi argomenti che bisognerebbe iniziare a lavorare da oggi.    

FC Barcelona – Un Coronavirus come alleato

di Giuseppe Ortu


Non tutti i mali vengono per nuocere, recita un vecchio adagio. Per il FC Barcelona la pandemia del coronavirus può comportare più vantaggi che svantaggi dal punto di vista sportivo. Forse una occasione unica. Non ci credete? Restate con noi e cercheremo di convincervi.

Il rinvio delle competizioni permette al Barça il recupero insperato di Suarez. Senza lo stop alle competizioni il churruaavrebbe saltato tutta la stagione. Forse sarebbe potuto rientrare per le ultime due partite stagionali. In questo modo invece, con la data di ripresa della stagione sportiva ancora in alto mare e legata alla fine della pandemia, di cui giornalmente si vede allontanare sempre più la sua sconfitta, il Pistolero può riprendere il suo posto in squadra praticamente sin dalla ripresa del campionato e della Champions. Per Setién una manna dal cielo, visti gli enormi problemi che ha dovuto affrontare la sua squadra in questa tormentata stagione. Infortuni a ripetizione in ogni settore della rosa, ma specialmente in attacco, ne hanno complicato non poco il cammino e i risultati. La crisi di gioco e le performance altalenanti sono causati anche dalle assenze eccellenti di Suarez e Dembélé. L’uruguayano ha disputato la sua ultima partita in blaugrana nel derby contro l’Espanyol all’ultima di andata. Il francese, infortunatosi in Champions contro il Dortmund, è stato a disposizione in appena sei partite di campionato e quattro di Champions. Praticamente un giocatore in meno in questa stagione. Il peso dei due assenti sono stati basilari nel calo evidenziato quest’anno, certamente condizionato dalla minore pericolosità sottoporta e da una netta sforbiciata nel numero delle reti. Anche Messi ha risentito dell’assenza del suo socio. Il Re Sole è eccessivamente isolato in attacco. L’aiuto gli sarebbe dovuto giungere da Griezmann, ma il giocatore della Saona e Loira non ha fornito il contributo sperato in termine di computo reti e movimenti a liberare spazi per l’argentino. Senza Suarez e Dembélé si è dovuto ricorrere al 17enne Fati e successivamente, al mercato straordinario per acquistare Braithwaite dal Leganés. Ma con tutto il bene che si può dire di loro, i titolari infortunati sono altra cosa. Adesso il virus può ridare verve e vitalità all’attacco blaugrana. Più lontano sarà la ripresa dell’attività agonistica, maggiori saranno le possibilità di vedere Suarez in campo dalla prima partita.

Altro fattore di cui può beneficiare il Barça da questa sosta forzata è il fattore preparazione fisica. Abbiamo sempre messo in evidenza che la squadra quest’anno è deficitaria dal punto di vista atletico. Saltata la preparazione fisica per ciò di cui abbiamo sempre parlato nel corso della temporada, i blaugrana hanno pagato a caro prezzo il peccato originale della Junta Directiva nella pianificazione della campagna in corso. Con ritmi medio-bassi il Barça ha sempre gestito bene le partite. Ma quando il tono agonistico e fisico è salito di livello la squadra ha pagato pesantemente, lasciando sul terreno di gioco punti importanti e una sensazione di estrema precarietà atletica. Questa sosta ora rimette tutto in gioco per tutte le compagini coinvolte nelle varie competizioni: Liga e Champions. Come si dice negli Usa: bets off, scommesse cancellate. Tutti ripartono da capo. Chi era in forma smagliante dovrà riprendere da zero dopo più di un mese senza allenamenti. Squadre come il Liverpool, anche se già fuori dalla Champions, le altre inglesi ancora in corsa, o come Atletico e Madrid, certamente più forma del Barça, adesso non potranno più puntare su questo elemento come discriminante dei valori in campo. Con ritmi più bassi e minor intensità, il Barcelona potrà certamente dire la sua con molte più chance di successo in questa parte finale della stagione. Di colpo, grazie al coronavirus, il Barça può tornare protagonista in Spagna e Europa, puntando a ganarlos todo.

Ciò che la forza maggiore tolse alla squadra nel 2010, con l’eruzione del vulcano Eyjafioll che costrinse l’undici blaugrana a viaggiare in pullman da Barcelona a Milano, con conseguente calo fatale delle prestazioni fisiche e mentali nella sfida contro l’Inter di Mourinho, il coronavirus quest’anno gli può restituire. Per la serie dei corsi e ricorsi storici. 

Fc Barcelona – Le tre ipotesi di Tebas per ripartire con la Liga

di Giuseppe Ortu

Periodo di coronavirus. Periodo di quarantena e di stop al calcio giocato. Ma anche tempo per valutare e programmare la ripresa dell’attività agonista. Non si sa quando ripartirà la stagione sportiva. Il boss è il virus. L’antivirus sono la scienza e la ricerca medica. In tanti, in queste ore, stanno stilando tabelle, facendo programmi, scrivendo comunicati, riempendo pagine e pagine di inchiostro. Liga, Uefa… Nulla di determinante e decisivo. Volente o nolente sono altri i personaggi principali di questa pellicola cinematografica che si è abbattuta sul mondo dello sport in generale e del calcio nello specifico; un film catastrofico a tinte dark sul genere The Blob – Fluido mortale, con Steve McQueen; o peggio ancora Cassandra Crossing. La Liga, la RFEF, Tebas, Rubiales, sono solo degli actors in a supporting role, degli also starringdi nessun valore, o quasi. La vera battaglia si svolge tra la scienza e il virus, la malattia, e solo dal loro scontro finale si sapranno date, programmi, calendari e format vari. Usando le parole di De Niro – Al Capone in Gli Intoccabili, “Questo è un incontro all’ultimo sangue. Aspettate la fine, uno solo resterà in piedi; è così che saprete chi ha vinto”. Da quel momento, e solo da quel momento, si potranno sapere anche date, programmi, schedules, formule per portare a termine le varie competizioni.

In questo bailamme di parole e chiacchiere si stanno perdendo un po’ tutte le organizzazioni sportive. Ognuna con la propria ricetta, la propria idea. Ieri la Uefa, oggi la Liga. Puri esercizi di stile senza alcun valore pratico se non l’esercitazione delle proprie facoltà mentali e il tentativo di mostrare la propria esistenza. Un gioco tipicamente da maschi egocentrici in crisi di copertine.
Tebas ha dunque fatto sentire la sua voce per chiarire che, quando sarà, la Liga riprenderà il campionato con l’intenzione di portarlo a termine sì o sì, a ogni costo, qualunque sia la data di ripresa e chiusura. A questo proposito ha messo in evidenza tre possibili scenari di riavvio delle ostilità sportive e del campionato.

La prima ipotesi, eccessivamente speranzosa, ha la data del 23 aprile. Vista l’evoluzione della pandemia e le infezioni esponenziali che stanno prendendo piede in questi ultimi giorni in Spagna, una previsione eccessivamente ottimistica fatta solo per aggiungere qualche riga al comunicato ufficiale.

Altra data per uno scenario meno roseo sarebbe il fine settimana del 1 – 2 maggio. Un mese e mezzo da oggi.

La terza previsione è posticipata di altre due settimane ed è stata programmata per il 14 maggio; poco meno di due mesi a far data da oggi. Tanti numeri, poco senso. Sarebbe il caso di giocarli al lotto o alla roulette di casa in questi giorni di confinamento casalingo. Avrebbero certamente più senso.

Da quanto visto risulta chiaro che se l’idea è realmente quella di completare il calendario, a meno di 11 giornate dalla fine, più tardi si inizia più complicato sarebbe poi programmare la stagione successiva. Se si iniziasse a fine maggio si giocherebbe fino a fine luglio, con tutti i problemi dettati da vacanze per le squadre, preparazione della temporada a venire, ritiri vari. Il rischio di dover far partire la stagione 20-21 a ottobre/novembre, è concreto. Per evitare che lo spostamento in avanti delle stagioni agonistiche diventi cronico, ci si troverebbe di fronte alla necessità di abbreviare la stagione 2020-21. Più facile a dirsi che a farsi, con calendari intasati di partite e competizioni sempre più lunghe per garantire maggiori incontri e maggiori incassi. Insomma un ginepraio da cui sarà complicato uscirne a meno di prendere in considerazione la possibilità di dare una poderosa sforbiciata alla fine della stagione in corso.
Non concludere la Liga, congelare la classifica allo stato in cui si è sospeso il campionato, assegnando titoli, posti in Europa e retrocessioni in base alla classifica stilata dopo la 27ª giornata. Completare velocemente la Championsraggruppando le gare dei vari turni in una sola giornata, come accadeva prima della massiva monetizzazione di ogni singolo incontro, magari con partite secche da disputarsi in campo neutro, e ritornare alla normalità nel preparare la stagione 2020-21 con le consuete date, ritmi di lavoro e programmi una volta finalizzata quella in corso. Spesso la soluzione ideale è sempre quella più semplice, logica e lineare. Lo sanno anche i bambini.

La Uefa posticipa gli Europei al 2021 per concludere Champions e Liga.

di Giuseppe Ortu

Martedì era il giorno deputato affinché la Uefa facesse piena luce sul futuro e il destino di Champions ed Eurocoppa. Così è stato. Nel merito le decisioni prese sono state deludenti e non risolutive, quantomeno riguardo alla Champions. Pienamente esaustive quelle riferentesi agli Europei 2020, invece, che si sarebbero dovuti svolgere a dal 12 giugno, al 12 luglio. La manifestazione è stata posticipata al 2021, dall’11 giugno all’11 luglio. Ciò ha permesso di liberare il mese di giugno al fine di completare le competizioni, nazionali e internazionali per club, attualmente in corso e pendenti.

Se si pensava che l’organismo di gestione del calcio europeo avrebbe anche deciso se non il quando, eccessivamente complicato e legato a troppe variabili indipendenti dalla volontà e dal controllo della Uefa, almeno il come relativamente al completamento della competizione di cui è l’organizzatore, vale a dire la Champions League, si è rimasti delusi. La decisione sul come, vale a dire la formula attraverso la quale portare a termine la stagione europea di Champions e Europa League arrestatasi per la diffusione del coronavirus, è la grande assente da questa riunione. La Uefa, riunitasi in videoconferenza insieme ai presidenti e segretari generali delle 55 federazioni nazionali, nonché i rappresentanti dell’Associazione Europea dei Club, delle Leghe Europee e della FIFPro Europa, ha deciso di nominare una commissione di esperti scelti tra rappresentanti delle rispettive leghe e dei club che porti a una deliberazione comune circa le modalità con cui portare a compimento le manifestazioni in corso, tra cui, appunto, la Champions League e la Europa League. L’organismo, la cui priorità “è tutelare la salute di tutti coloro sono coinvolti nel gioco del calcio ed evitare di esercitare inutili pressioni sui servizi pubblici nazionali coinvolti nell’organizzazione delle partite”, non ha dichiarato quando queste deliberazioni verranno assunte.

Oltre alla notizia della posticipazione degli Europei di Calcio, è giunta anche quella del rinvio anche dell’altra competizione per nazioni in programma questa estate: la Copa America. La CONMEBOL, nella persona del suo presidente Alejandro Dominguez, ha agito in questo modo per le medesime ragioni che hanno spinto la stessa Uefa a rinviare gli europei: ragioni di salute e sicurezza pubbliche. Senza le due competizioni per nazioni a far da ostacolo, le formazioni europee avranno le loro rose integre per il completamento, quando e come sarà da vedersi, della stagione europea e nazionale.

Domani la Uefa decide sulla Champions League

di Giuseppe Ortu

Domani la Uefa si riunirà per decidere i possibili scenari che si presentano al fine della definizione del Caso Champions. La soluzione che sta passando è quella di posticipare l’Europeo al 2021 e allungare la stagione europea di Champions e Europa League, che sforerebbe nel mese di giugno. Come riprendere la competizione e quando? Questi saranno due dei quesiti che si discuteranno nella riunione al vertice di domani. Circa i tempi è ancora tutto fumoso. Nessuno, ad oggi, potrà stabilire il quando. Solamente il miglioramento della situazione di sviluppo e contagio del virus potrà stabilirlo. Non certamente un organismo politico, com’è quello della Uefa sebbene orientato nel mondo del calcio. Solo il virus stesso, alla fine, potrà mettere la bandierina su una data del calendario. Il virus e la ricerca medica. E sopratutto, il corretto, coscienzioso e scrupoloso atteggiamento dei cittadini di ogni paese europeo. Circa il come, questo è invece un aspetto su cui l’organismo del calcio europeo può decidere, sin da ora, le modalità di svolgimento alla ripresa dell’attività ufficiale. 

Ciò che serpeggia e filtra attraverso gli spiragli delle persiane della Uefa, come le scie assolate di luce fumosa che colpiscono come incandescenti lame l’intimità di una stanza, è che al termine degli Ottavi di finale, da giocarsi con la solita formula, Quarti e Semifinali si disputino in gara secca e sopratutto in un unico blocco di partite per evitare un non necessario allungamento dei tempi. L’eliminatoria a partita unica dovrebbe giocarsi in campo neutro o nello stadio di una delle due formazioni sfidanti, scelto attraverso un sorteggio. E’ ovvio che solo la prima delle due formule garantirebbe un regolare e imparziale svolgimento della competizione. Altro criterio potrebbe essere quello di giocare a casa della squadra più debole, sulla falsariga di ciò che accade nella FA Cup. Ma trattandosi di Quarti di Champions e non di un primo turno di Coppa di Lega, rischia di risultare estremamente arduo individuare l’avversario debole e svantaggiato. Il medesimo discorso è replicabile anche per la Europa League.  

FC Barcelona – Il Club sospende ogni attività. Non accadeva dal 1925

di Giuseppe Ortu

 

Il Barça, che non scenderà in campo contro il Napoli, e che non potrà farlo nemmeno in Liga per lo stop del campionato, entra automaticamente in riposo forzato. Il club ha annunciato, infatti, che saranno interrotte tutte le attività sportive e agonistiche della squadra in attesa di ulteriori novità. Tutti a casa dunque, con il programma di rispettare una serie di attività fisiche casalinghe approntate dallo staff medico e atletico del FC Barcelona. E’ la seconda volta nella storia del club che la squadra interrompe ogni attività. Prima d’ora era accaduto solo nel lontano 1925, quando il club fu letteralmente chiuso d’autorità da Primo de Rivera. Il 14 giugno di quell’anno, in occasione di una amichevole celebrata tra l’equipaggio di una nave britannica attraccata in porto a Barcelona e la formazione blaugrana, vennero suonati gli inni nazionali inglese e spagnolo prima dell’inizio della gara. L’Estadi de Las Cortes applaudi calorosamente l’inno britannico, ma seppellì sotto una salva di fischi la Marcha Real. La risposta del governo dittatoriale di Primo de Rivera fu la chiusura dello stadio e di tutte le attività del club, sportive e sociali, per sei mesi. A seguito di quell’evento Gamper, allora presidente, subì l’ostracismo del governo e fu costretto, nel giro di breve tempo, a lasciare il suo amato Barça e all’esilio. Da allora in poi non era più accaduto che il club interrompesse le sue attività, nemmeno durante lo Guerra Civile del 1936. In quei frangenti, in fatti, la squadra continuò a giocare per raccogliere il denaro necessario per aiutare gli ospedali e gli ospedali del sangue. Quando divenne impossibile per i continui bombardamenti e le minacce a cui vennero sottoposti i membri del club, la squadra continuò a giocare grazie alla Gira Americanala tournée che portò il Barça in Messico e Usa come ambasciatore della causa repubblicana e per ricercare sostegno politico per la causa della libertà. Ciò che nemmeno la guerra riuscì a fermare, è riuscito a un dittatore e al coronavirus.