Le parole di Aguero in conferenza stampa: Spero di “conseguir titulos en el mellor club del mundo”

Giuseppe Ortu Serra

La conferenza stampa del nuovo blaugrana Agüero inizia con la musica di un mitico tango di Carlos Gardel, che fu colonna sonora anche del film Scent of Woman con Al Pacino. Dopo la firma, le foto di rito, il nuovo fiammante azulgrana si è trasferito, accompagnato dalla sua fidanzata, la biondissima Sofi Calzetti, alla sala de prensa insieme a Laporta e Yuste.

Laporta ha preso la parola, introducendo il giocatore dichiarando “ti abbiamo ricevuto con un tango eccitante, come sei tu”. Ha messo in evidenza lo sforzo che ha fatto il Kun per giocare nel Barça (sforzo economico n.d.r.) e lo ha ringraziato e ha dichiarato che “tutti i tifosi ti riconosceranno questo in questi due anni”.

“Non mi aspettavo di giocare nel Barça, ma quando ho saputo della chiamata non ho voluto sentire nient’altro e sono venuto di corsa”.

“Con Laporta stiamo negoziando da molto tempo. Conosco Messi da molti anni. Credo che sì, che Messi resterà al Barça e assieme faremo di tutto per conseguir titulos”. “No, non ho parlato con Koeman”.

“Le ultime parole che Guardiola mi ha detto sono state: Vai al miglior club del mondo“.

Laporta non ha perso occasione per esprimere il suo pensiero: “Vogliamo avere una squadra molto competitiva. Abbiamo acquistato il Kun per Aguero non perché è amico di Messi. E’ un giocatore importante. Koeman è stato informato del suo arrivo. Lo abbiamo voluto prima dell’inizio della Copa America perché non potevamo attendere e rischiare di farcelo scappare”.

“E’ stata una gioia immensa quando si sono messi in contatto con il mio agente. Un sogno da bambino”.

Laporta, interrogato nuovamente su Koeman, ha precisato il leitmotif di questo ultimo periodo: “Abbiamo iniziato un periodo di riflessione. La temporada non è terminata bene. Non lo abbiamo scelto noi. Ci sono contatti in vigore. In questo momento Ronald Koeman è il nostro allenatore, ma il periodo di riflessione si doveva, e si deve fare”.

“Titolare indiscutibile al lato di Messi? Il mio ruolo è fare una buona pretemporada. Allenandosi bene uno ha maggiori possibilità. Ma non mi considero in nessuna maniera titolare fisso. Il ruolo bisogna guadagnarselo anche per rispetto ai propri compagni. La motivazione numero uno per venire è stato il Barça. E’ l’equipo numero uno”.

In merito alla possibilità che Guardiola possa arrivare al Barça, il Kun si è sentito imbarazzato. “Guardiola ha ancora due anni di contratto con il City, poi per il resto non so niente. Non dovete chiederlo a me”.

Agüero ha appena firmato il contratto con il Barça

Giuseppe Ortu Serra

Il Kun Agüero è arrivato. Stamattina visite mediche all’Hospital de Barcelona, poi trasferimento a la Ciutat Deportiva per altri accertamenti medici e visita al centro sportivo. Nel pomeriggio, alle 18:30, apposizione della firma sul contratto biennale da 5 milioni netti a stagioni con clausola da 100 milioni di euro. Tutto davanti a telecamere, taccuini, macchine fotografiche. Camicia bianca, pantaloni neri e sneakers bianche e oro. Il Jun era accompagnato dalla sua biondissima fidanzata, vestita in tinte écru.

Dopo le firme al contratto che legherà il Kun per i prossimi due anni, Agüero ha indossato all’interno dell’Auditori la maglia del Barça di questa stagione ancora senza numero sulle spalle. Quello arriverà nei prossimi giorni. Tappa quindi al campo di gioco per le foto e riprese di rito sul prato del Camp Nou. Le prime parole da blaugrana sono state rilasciate alla mattina dopo le visite mediche. Con la Camiseta da allenamento blue indosso, il Kun ha detto che è felice “di arrivare nel club più importante al mondo”. Spera di contribuire alla crescita della squadra e a conquistare titoli e di trionfare.

La fumata nera e i retroscena

Giuseppe Ortu Serra

La fumata nera che si è prodotta ieri nel corso dell’incontro tra Laporta, Ronald Koeman, il suo procuratore, Jansen e Yuste, può avere solo una giustificazione. Il presidente sta prendendo tempo per cercare una strada che conduce a un diverso scenario per la panchina blaugrana. Non più Koeman, quindi, nella prospettiva di Laporta, ma un altro allenatore. Il sogno? Guardiola chiaramente. Gli altri nomi? Pochi per la verità. I tecnici di rilievo sono tutti sotto contratto con le rispettive squadre. Rimangono in gioco solo Xavi e Löw. Il catalano non sembra sgombrare i dubbi del mandatario blaugrana. Secondo Laporta el de Terrassa non sarebbe ancora preparato per assumere la guida del Barça. Il tedesco non è neanche mai entrato nella rosa dei candidabili. Dunque, per la panchina blaugrana è una corsa a due/ tre.

Koeman attende alla finestra gli sviluppi. Pare, anche se sul punto le voci sono contrastanti, che gli sia stato detto chiaramente che non è il prescelto da Laporta e che per il momento deve “portare pazienza” e attendere che la nebbia che circonda il futuro della panchina blaugrana si diradi.

A partire dalla finale di Champions League. Se l’obiettivo di Laporta è Pep Guardiola, è chiaro che innanzitutto bisognerà attendere l’esito della finale. In caso di vittoria, scenario privilegiato e migliore in ottica Barça, Laporta proverà a convincere il tecnico del City che, raggiunto l’obiettivo Champions con i citizens, ha anche ottenuto quanto si era prefisso lasciando il Barça: vincere la orejona lontano dalla Catalunya. Con l’eventuale conquista del trofeo a Manchester, Jan Laporta spingerà per riportare a casa il tecnico catalano contando sulla riuscita della missione.

Non sarà certo cosa facile, tenendo conto che Pep dovrebbe rinunciare a giocarsi la Coppa del mondo per club con il City e non potrebbe, in questo modo, concludere il ciclo di trofei con il Grand Chelem. Ma è certamente una possibilità, e chiaramente Laporta non vuol lasciare nulla di intentato. Discorso diverso sarebbe in caso di vittoria del Chelsea. In questo caso Guardiola sarebbe spinto dal tentativo di provare a vincere la Champions con la sua attuale squadra e ciò impedirebbe l’apertura di qualsiasi discorso con il presidente blaugrana.

Koeman, dunque, sta vivendo queste ore di attesa sentendosi certamente messo in castigo. Per usare una metafora automobilistica, è stato relegato a partire dalla pit lane e non dalla griglia di partenza.

Se alla fine della fiera dovesse restare l’olandese, rimane da vedere quelli che potranno essere i rapporti all’interno della squadra e dello spogliatoio. Il giocattolo si è chiaramente rotto sul finire di stagione. Lo spogliatoio, che fino a tre quarti di stagione sembrava saldamente in pugno al tecnico olandese, nell’ultimo gruppo di gare è parso essere sfuggito alla leggenda di Wembley. Quali saranno perciò i rapporti di forza tra giocatori e tecnico all’inizio della nuova stagione se dovesse ripresentarsi al posto di comando? Koeman è uomo capriccioso, dispettoso e estremamente permaloso; uomo che si lega al dito fatti e visi e che difficilmente cambia idea (aspetto, tra l’altro, che denota una certa rigidità mentale e una caratteristica poco incline a buoni doti di condottiero. Chi non cambia mai idea su persone o cose e si fissa su rigidi schemi mentali non ha mai avuto particolare successo nella vita). Gli inspiegabili casi di Pjanic e Riqui sono qui a dimostrarlo. Una eventuale riconferma di Koeman per mancanza di alternative potrebbe scatenare una guerra da notte dei lunghi coltelli all’interno dello spogliatoio e dentro il club che potrebbe essere devastante per tutti.

Finisce la Liga di Koeman e Bartomeu. Finalmente

Giuseppe Ortu Serra

Koeman chiude la stagione con una vittoria ma con uno spettacolo indecoroso. A Ipurua vince por la minima con l’unico tiro in porta della partita. Rete di Griezmann con una splendida mezza rovesciata finita nell’angolo alto opposto. Una unica azione decente, un unico tiro in porta, una rete. Tutto, molto, troppo scarno. Gioco, actitud, approccio, mentalità dei giocatori in campo e dell’allenatore in panchina.

Contro l’Eibar retrocesso, ad Ipurua, per l’ultima giornata di campionato, con il Barça che non si giocava niente se non il mantenimento del terzo posto dalla m incacia del Sevilla, in campo domani, un Ronald Koeman praticamente fuori dal club, con una postura in panchina da chi è consapevole di esserlo: poco concentrato, svogliato, praticamente assente, ha mandato in campo per l’ultima volta da allenatore blaugrana un undici rivoluzionato rispetto a quello classico titolare. Messi e Pedri sono stati gratificati con vacanze anticipate, Ter Stegen out dopo l’operazione ginocchio. Lenglet squalificato. Sul terreno di gioco ecco dunque chi non ha mai giocato, o chi ha avuto poche chance: Neto, Junior, Trincao, Ilaix. Poteva essere l’occasione di dare la maglia da titolare a Riqui e a Pjanic, ma niente. Cabezón fino alla fine il tecnico olandese. Come se avesse voluto dire: “se devo andare a fondo, con me andranno anche tutti i miei nemici”. Al grido di “Muoia Sansone e tutti i filistei”, i due giocatori non hanno visto il campo.

Il Barça si è schierato a tre dietro, con i cinque in mezzo. Davanti Griezmann e Dembélé. La formazione blaugrana si è vista solo per il colore delle magliette, rosa. De Jong ha giocato dietro; spesso lo abbiamo visto nei tre centrali difensivi. Per il resto solo Eibar nel primo tempo. Le occasioni da rete per i baschi, il gioco, sebbene deficitario per i retrocessi all’ultimo posto della Liga, solo per i locali. Un disastro completo per una formazione svogliata, con la mente da tutt’altra parte, esattamente come il suo allenatore, ormai forse ex.

Nella ripresa in campo Umtiti, Braithwaite e Jordi (per Junior, Mingueza e Trincao), con Frenkie riportato a centrocampo. Il Barça non ha ingranato nemmeno nella ripresa, continuando con uno stanco e impreciso palleggio. Finalmente Koeman ha deciso di svoltare e rivolgersi alla qualità e alla fantasia. Al 55’ in campo ha fatto il suo ingresso Riqui al posto di un evanescente Ilaix. Il diciottenne, una delle rivelazioni di questa stagione, da qualche gara ha iniziato a guardarsi troppo allo specchio, puntando su giocate effimere e fini a se stesse. Anche oggi il ragazzo non ha inciso, puntando decisamente verso il basso nel sentiment degli analisti.

Con Riqui la situazione è mutata. Energia, velocità e brio. Tutto ciò che era mancato fino a quel momento è apparso in un santiamén. Il numero 12, ostaggio di un gioco al massacro di Koeman nei suoi confronti che ha finito per danneggiare sia la squadra che la sua figura, si è proposto, si è fatto dare la palla, ha pressato e aperto il gioco di prima in maniera precisa, orchestrando, tra l’altro, l’azione della vittoria. Impostata dalle retrovie proprio da Riqui, nell’unica azione di pregio della squadra, il Barça è passato. Gran conclusione di Griezmann e rete della vittoria. Peraltro, al di fuori della marcatura, il francese non si era visto minimamente sotto porto per tutti gli 80 minuti precedenti. Pensando che si giocava contro il già retrocesso Eibar, si può tranquillamente parlare di ennesimo fallimento.

Sul finire di gara, a 15’ dalla fine, con il risultato ancora inchiodato sullo 0-0 per l’imprecisione degli attaccanti armeros Koeman da dato ingresso in campo anche a Pjanic. Questa sì che è una notizia signori! Riqui e Pjanic in campo nella stessa partita. Roba da annali del calcio e pane per maniaci di statistiche e matematici.

Con questa lenta e sfibrata vittoria si chiude una stagione iniziata male, proseguita con una illusoria ripresa da canto del cigno, e finita con un tonfo grosso come una meteorite giunta da un altro mondo. Da domani si volta pagina, grazie a Dio!

Koeman: “allenatore e giocatori meritano rispetto”

Giuseppe Ortu Serra

La conferenza stampa di Ronald Koeman della vigilia dell’ultima di campionato contro il retrocesso Eibar, non è stata come il solito, scontato faccia a faccia tra tecnico e stampa. L’incontro è stato condito da un pizzico di pepe, paprika e peperoncino che il tecnico olandese ha inserito negli ingredienti base di una conferenza previa a una gara di campionato, la più inutile di questa sofferta, strana, contorta, schizofrenica stagione.

“Io e i giocatori meritiamo rispetto”. La voce è quella di Ronald Koeman. Amareggiato, l’entrenador blaugrana ha patito e subito la girandola di voci e speculazioni di questi ultimi giorni su chi ballerà sui poveri resti mortali dell’ex numero 4 del Dream Team. Certamente stare a vedere, leggere e ascoltare i nomi di chi sarà il suo successore, nomi alcuni seri, altri talmente fantasiosi da sembrare più un gioco a chi la spara più grossa (ci mancava solo Spock di Guerre Stellari tra i candidati, ma non disperiamo; c’è ancora del tempo prima dell’annuncio ufficiale), deve essere abbastanza umiliante e fastidiosi per lui.

“Per me ultimamente, nell’ultimo mese… io credo che bisogna rispettare maggiormente il tuo allenatore; bisogna rispettare di più ai nostri giocatori; perché capisco che i giocatori siano stati toccati per ciò che negli ultimi giorni è venuto fuori nella stampa; io credo che i giocatori non meritano questo trattamento, meritano molto più rispetto; ci sono molte cose che devono andare in maniera differente”.

Sfogo amaro, si diceva. Koeman si riferiva chiaramente alle voci circolate nei media circa i giocatori che non contano più per la nuova Junta, quelli che saranno messi sul mercato e quelli che attualmente sarebbero in bilico nel giudizio di Laporta e dei suoi collaboratori.

E poi l’affondo, il j’accuse, all’ambiente Barça:

“In questo club vengono fuori dall’interno del club troppe cose che non possono uscir fuori. Per il mio lavoro, per il mio rispetto ai giocatori bisogna comunicare ai giocatori o ai loro rappresentanti se pensiamo a cambiare; con rispetto e nulla più. E’ il mio modo di essere”.

Riguardo al suo futuro nello specifico e al fatto se senta o meno la fiducia del presidente, Koeman ha detto di no, specificando subito “perché non abbiamo parlato del futuro. Non ho parlato con il presidente. Gli ho parlato nel pranzo che abbiamo avuto due, tre settimane fa. Siamo rimasti che avremmo parlato alla fine della stagione e sicuramente parleremo dopo la partita di domani e vedremo. Io ho sempre detto dal primo giorno che voglio continuare, voglio completare il mio contratto. Ci sono cose che dobbiamo cambiare che abbiamo fatto nella nostra prima stagione, continuiamo così… la ultima parola ce l’ha il presidente”. Una strenua difesa del suo lavoro, dunque, e della sua panchina.

Che si senta in difficoltà, e che debba in ogni circostanza e in quasi ormai ogni conferenza stampa difendere e mettere in risalto il suo lavoro, è indubbio. E’ accaduto anche questo pomeriggio.

“In agosto avremmo firmato per la stagione che abbiamo fatto. Abbiamo conquistato un titolo e abbiamo lottato con vincere la Liga… per me fino a due, tre giornate dalla fine. Però il problema è stato, sopratutto a partire dal 2021, dove abbiamo accorciato le distanze, abbiamo migliorato l’immagine della squadra, per la forma con la quale abbiamo conquistato la Copa, ha dato maggiori speranze di vincere il campionato. Sì, siamo tristi perché credo che ci sono state alcune partite nelle quali non siamo stati al nostro livello, dove potevamo fare qualcosa di più, però in generale, con tutti i problemi che abbiamo avuto (non te li elenco tutti uno per uno), questa non è una brutta stagione. Non è nemmeno molto buona. Per me è una buona temporada sapendo tutte le circostanze che abbiamo avuto contro. Questa è la mia opinione”.

Che Koeman si senta, almeno di facciata, l’allenatore anche per la prossima stagione lo dice lui stesso parlando dell’organizzazione e pianificazione della prossima stagione.

“Ho fatto quello che devo fare come allenatore: pianificare la pretemporada, parlare di acquisti, di cessioni, cercare di migliorare la rosa. Dal primo giorno ad oggi ho parlato con Ramon Planes e Mateu Alemanu su argomenti della prossima stagione. E’ il mio lavoro fino all’ultimo giorno, che è oggi, devo fare il mio lavoro e mi piacerebbe farlo”.

Nella conferenza stampa c’è stato però anche spazio per l’autocritica, non solo per la strenua difesa del suo operato. “Chiaro che faccio autocritica. Sono responsabile dei cambi che sono stati fatti questa stagione e dei momenti in cui non ci siamo stati”.

L’Antipatico – I pappagalli di Koeman

Giuseppe Ortu Serra

In queste ultime ore stiamo leggendo delle notizie tendenti a salvare in tutti i modi Ronald Koeman e a cercare un capro espiatorio che possa spiegare il calo vertiginoso della squadra in questo finale di stagione. Come un bravo illusionista, qualcuno sta cercando di afferrarsi mani e piedi al tecnico olandese, sviando l’attenzione su specchietti luccicanti mentre con l’altra mano esegue il trucco con destrezza e abilità. Mostrare dei numeri e statistiche parziali per creare una verità falsata, ignorando tutti quelli che vanno contro il tecnico, non è fare del buon giornalismo. Piuttosto è trattare tutti i lettori come degli struzzi a cui affondare la testa sotto la sabbia. Cosa ancor più grave, accusando stampa e presidente di tutti i mali del Barça di questa stagione.

Qualcuno, oggi, ha pensato bene di scaricare sui giornalisti gli errori e le deficienze professionali di Ronald Koeman, come se fossero i giornalisti infedeli, o Laporta, a sedersi in panchina ogni gara, a dirigere gli allenamenti e le sedute tattiche, a effettuare le scelte. Per qualcuno, forse, siamo noi altri giornalisti a sbagliare i cambi e i momenti nei quali essi vengono fatti; a sbagliare l’approccio della squadra in certe partite o nei secondi tempi; ad aver spremuto alcuni giocatori fino al loro limite massimo e averne punito altri con la tribuna per una stagione intera, salvo poi, all’improvviso, ricordarsi di loro, gettarli nella mischia e magari pretendere pure un rendimento immediato. Sempre per quel qualcuno, forse è una nostra responsabilità se la squadra subisce le reti degli avversari quasi sempre al primo tiro in porta. Se qualcuno pensa che la colpa di tutto questo sia di certi altri giornalisti, o di Laporta, ci dispiace dissentire, ma non è così.

Nonostante Koeman e il suo pappagallesco eco snocciolino con enfasi il dato delle reti realizzate dalla squadra, il numero delle reti subite è allarmante. 38 come la Real Sociedad, a fronte delle 24 e 27 di Atletico e Madrid. I dati offensivi sono in ogni caso deficitari rispetto a quelli degli anni passati, sebbene in panchina ci fossero i disastrati Valverde e Setién. La scorsa stagione si realizzarono 86 reti; l’anno precedente (vittoria in Liga) 90; nel 17-18 furono 99 (a fronte di soli 29 subiti). E’ inutile dilungarsi ancora, posto che i numeri saranno sempre superiori a quelli di quest’anno. Se quello delle reti realizzate non è dunque un dato di cui lodarsi più di tanto, è semmai vero il contrario. Se chi parla parte dall’assunto che la squadra “abbia costruito come il City e segnato più di tutti in Europa ad eccezione del Bayern, a maggior ragione si deve sostenere che segnare più di tutti nel vecchio continente (Bayern a parte) e giungere terzi in campionato è un fallimento colossale.

La eco pappagallesca di Koeman deve tenere in conto di tutti i dati, non solo quelli che portano l’acqua al proprio mulino. Sopratutto, inserirli e analizzarli nel proprio contesto. Segnare più di tutti (ad eccezione sempre del Bayern) va benissimo se a fronte di quel numero di reti si ottengono anche i risultati. Si loda il fatto che il City abbia segnato di meno del Barcelona. Però il City ha vinto la Premier ed è in finale di Champions. L’Atletico ha segnato meno del Barça? Vero, ma sono primi in classifica a una giornata dalla conclusione della Liga; i blaugrana sono invece terzi. Segnare più degli altri, ma subire molto più delle altre squadre, non è un dato onorevole, tantomeno confortevole; semmai allarmante.

Ronald Koeman – Fracaso final!

Giuseppe Ortu Serra

Il Barcelona di Koeman, con tutta probabilità alla sua ultima al Camp Nou da allenatore del Barça, esce nuovamente sconfitto per 1-2. Questa volta è il Celta a fare la festa a Mister Koeman e a comprargli un biglietto di sola andata per Amsterdam. La trentesima rete di Messi in campionato non è servita, nemmeno questa volta, per regalare alla squadra i tre punti. Al vantaggio dell’argentino nel primo tempo ha risposto Santi Mina, sempre nei primi 45 minuti, al primo tiro della sua squadra. La rete del galiziano ha trovato la difesa di Koeman totalmente impreparata e insufficiente. Nella ripresa il Barça si è sgonfiato come sempre gli è capitato in questo finale di stagione e il Celta, ancora con Mina, ne ha approfittato per siglare doppietta e rete della vittoria.

Un mesto, mestissimo addio alla Liga da parte di un Barça bello per brevi spazi nel corso dei primi 45′ e orrorifico nel secondo tempo. Il solito Barça double face, dunque. Bello in una facciata, brutto in quella opposta. Come Giano bifronte, questa squadra ha due aspetti del suo carattere calcistico totalmente differenti e incompatibili. Mentre Xavi e famiglia fanno bagagli veri (non due trolley per 20 giorni di vacanza) e tornano a Barcelona, Koeman dimostra per l’ennesima volta la sua impreparazione tattica a livello difensivo e una gestione mentale della squadra, oltreché dei cambi totalmente casuale. Come sempre buono il primo tempo, o parte di esso (errori difensivi a parte), disastrosa la ripresa, con la squadra che stacca la spina, smette di giocare e viene travolta dall’avversario. La fase d’attacco, almeno nei primi tempi, è stata buona, sostenuta da velocità e movimento senza palla dei suoi uomini. Bruttissima e agghiacciante, invece, la fase difensiva. Oggi, contro il Celta, all’ultima in casa, abbiamo visto il solito Dottor Jackyll and Mister Hyde.

La superiorità blaugrana è stata schiacciante nei perimi 45′. La squadra di Koeman ha avuto diverse palle da goal prima di passare con Messi di testa su assist di Busquets. Ma ecco che, come nella peggior tradizione di questo Barça schizofrenico, al primo affondo dei galiziani è arrivata la rete del pareggio. Ripartenza del Celta sulla sinistra; formazione blaugrana sbilanciata e impreparata sulle pre marcature, con Dembélé disattento; Santi Mina affrontato con eccessivo lassismo dalla difesa blaugrana. Conclusione, tiro in porta e rete. Incredibile. Un unico normalissimo tiro è stato in grado di far prendere goal al Barcelona. Gli errori della fase difensiva, non della difesa, sono indubitabili. Innanzitutto il posizionamento difensivo dei giocatori blaugrana nel momento in cui il Celta è ripartito. Secondo, Santi Mina è stato “affrontato” da Araujo che gli ha concesso due metri. Non solo, al momento del tiro dell’avversario il difensore si è per giunta voltato. Risultato, Ter Stegen spiazzato nel suo posizionamento (male anche il portiere nella circostanza) e rete del pareggio. Tanta fatica da parte dei giocatori del Barça per segnare per poi buttare via tutto il lavoro speso con una unica scellerata impreparazione difensiva.

La ripresa è iniziata con Koeman che ha mandato in campo Riqui al posto di Pedri. Il 16 ha giocato il suo calcio, ma come al suo solito, ha calciato alta una conclusione subito ad inizio gara che avrebbe potuto dare il vantaggio ai suoi ben prima della rete di Messi. Il 18enne deve imparare a concludere a rete. Il prossimo allenatore dovrà dedicarsi particolarmente a questo fondamentale in merito all’ex Las Palmas. Riqui ha mostrato subito ciò che è in grado di fare. Ingresso un po’ timido, ma dopo un leggero riscaldamento con il pallone tra i piedi, ha subito impresso una grande accelerazione alla manovra. Incursioni, cambi di passo, velocità. Il ragazzo ha portato il pressing, ha affrontato con durezza anche gli avversari (in risposta ai detrattori che gli contestano una presunta incapacità alla lotta è stato per giunta ammonito), ha illuminato. Fintantoché la squadra ha tenuto fisicamente e nervosamente Riqui è stato il migliore in campo insieme a Messi. Koeman è stato senza ombra di dubbio obbligato da Laporta a mandare in campo il numero 12. Dalla chiacchierata avuta con il presidente, Koeman ha utilizzato il ragazzo per gli ultimi 5 minuti di gara contro il Granada. Oggi per tutto un tempo.

Poi, “Improvvisamente l’estate scorsa”, permettetemi questa innocente citazione, il crollo repentino, a piombo, totale. Così, all’improvviso, senza segni di cedimento. Come una costruzione che crolla di punto in bianco, che cede dalle fondamenta. Il motivo resterà sempre senza un perché. Il calo è giunto, pressapoco, in coincidenza con l’ammonizione ai danni di Riqui. Il cartellino ha spento leggermente le giocate del de Matadepera che non ha più rischiato il pressing furioso. Con un Riqui meno cattivo sull’avversario, la squadra è andata a sciogliersi come neve al sole. Tutti hanno smesso di correre e di recuperare le posizioni arretrate. Il Celta, da parte sua, ha continuato a fare la sua partita ordinata e ben giocata. Con il Barça che ha iniziato a sbagliare i passaggi più elementari, a non muoversi più senza palla, i galiziani hanno creato pericoli alla svagata difesa blaugrana più per demeriti del Barcelona che per meriti degli uomini di Vigo.

In questo modo è arrivato il goal del sorpasso ad opera di Mina, che ha ribadito in rete un cross dalla destra che si era stampato contro l’interno del palo della porta di Ter Stegen ed era tornato nel terreno di gioco nei pressi del primo palo. Mentre dagli altri campi giungevano notizie che in qualche modo sembravano aprire spazi di una clamorosa rentrée di Messi & Co per la corsa della Liga, Lenglet, disastroso fino all’ultima gara della stagione, si è fatto gentilmente espellere per doppia ammonizione, lasciando una banda in disarmo, mentale e tattico, per giunta in inferiorità numerica.

E Koeman? L’allenatore olandese, sempre più in confusione tattica, colpito da crisi mistica, ha gestito malamente i cambi anche in questa gara. Le mosse della disperazione sono state Braithwaite al posto di Griezmann, anche lui ai saluti (sempre che si riesca a piazzarlo in estate) dopo l’ennesima gara senza costrutto; Trincao per Dembélé (giocatore inutile) e, udite udite, Pjanic per Ilaix. Il bosniaco, punito senza colpe dal carceriere Koeman, all’improvviso, a cinque dalla fine, ha visto il campo. Clamoroso sarebbe da dire. Da stracciarsi le vesti addirittura. Che senso ha inserire in campo un giocatore bocciato con la cella della tribuna per tutta la stagione? Aveva per caso idea, Koeman, di regalargli il contentino finale? O pensava, invece, che gli risolvesse la partita dopo che lui stesso lo aveva demolito moralmente e psicologicamente, e dopo averlo umiliato per tutta la stagione? Il cambio mette in luce una vena autolesionista e masochista del tecnico olandese, oltre a certificare lo stato di confusione mentale per un tecnico ormai giunto all’ultima portata di un pranzo mal cucinato e peggio servito.

Le ragioni per volere Koeman fuori dal Barça l’anno prossimo

Giuseppe Ortu Serra

Dalla sfida contro il Granada inclusa, il Barça ha disputato quattro partite, racimolando la pena di due pareggi, una sconfitta e una vittoria. 5 punti su 12 totali disponibili. Una débâcle, un fallimento, un fiasco assoluto.

Le ragioni di questa metamorfosi? Le parole dell’allenatore olandese, che al termine di Levante- Barcelona ha rivelato che al termine del primo tempo, con la squadra in vantaggio di due reti a zero, ha spronato la squadra a non calare il ritmo e l’intensità di gioco, ergo non giocare sul risultato speculando su di esso, suonano quanto meno strane davanti all’attitudine della squadra che ha calato ritmo e concentrazione fino a smettere di correre e a subire due reti nel giro di due/tre minuti. Inaccettabile. Perché se l’allenatore dice una cosa alla sua squadra i giocatori ne fanno una completamente opposta? Non lo seguono più, dicendosi tra di loro “lasciamo perdere ciò che dice il vecchio” ; oppure non sono più in grado di correre e competere, a livello fisico e mentale, dopo appena 45 minuti di gioco?

Se la squadra non segue più il proprio tecnico e le sue parole sono come acqua corrente che defluisce nello scarico del lavandino senza restarne traccia, la situazione è grave e viene da chiedersi come possa, un allenatore di fatto esautorato all’interno dello spogliatoio, dirigere la squadra anche nella prossima stagione.

Se la squadra, invece, è talmente stanca da non riuscire più nemmeno a correre e a mettere in pratica le indicazione del proprio allenatore, viene da chiedersi come e perché si è giunti a questo punto. La risposta è certamente da ricercarsi nella errata gestione della rosa da parte di Ronald Koeman, che ha puntato su soli 14 giocatori per tutta la seconda parte della stagione, arrivando a sfiancare i suoi calciatori fino al punto da non riuscire nemmeno ad avere i 90 minuti sulle gambe e a dire basta dopo appena un tempo di gioco. Giocatori come Pjanic, Riqui, Trincao, Braithwaite sono stati letteralmente dimenticati, ostracizzati, mobizzati e angariati dal bambolotto Ronald Koeman. Così facendo, Ciccio Bello ha sovraccaricato di minuti i soliti uomini, arrivando a sfiancarli, bruciandone i muscoli e le sinapsi cerebrali. Chi è finito nel libro nero della fattucchiera, invece (sarà sempre tardi quando, e se, Koeman vorrà farci dono di una spiegazione razionale che vada al di là degli umori di una donnetta in apparente crisi di nervi che giudica le persone dal colore dei calzini indossati piuttosto che dalle rispettive capacità professionali e tecniche), è stato distrutto moralmente, cancellandone con un colpo di spugna concentrazione e compromiso con la squadra.

Il caso di Riqui è lampante: dopo sei partite di seguito trascorse in panchina, e in cui nelle precedenti quattro aveva giocato per un totale di 16 minuti (sedici): 5’+5’+3’+3′, è fin troppo chiaro che il ragazzo viene giudicato inappropriato dal proprio allenatore, non all’altezza del compito e della squadra, oltreché dei compagni. Un calciatore in una situazione come questa si sente mentalmente fuori dalla squadra e totalmente rilassato (tutto l’opposto dell’aspetto psicologico che un calciatore deve avere). Ma allora, se escludi di fatto un giocatore dalla rosa perché secondo il tuo giudizio non è in grado di apportare nulla alla squadra, come è possibile che al momento del massimo bisogno, quando il Barça è stato raggiunto per la seconda volta nel punteggio, mancano cinque minuti alla fine e devi vincere a tutti i costi, mandi in campo Riqui, quello stesso giocatore del quale, escludendolo da tutto negli ultimi tempi, hai gridato al mondo di essere un calciatore inutile? Qual’è la logica di una azione del genere?

Cosa ci ha detto Koeman mandando in campo Riqui negli ultimi cinque minuti contro il Levante, con il punteggio di 3-3 in una partita da vincere a tutti i costi? Ci ha voluto dire che non voleva vincerla quella partita, avendo mandato in campo un giocatore, per il suo giudizio, dannoso o non utile per la squadra? Oppure ha voluto dire che in tutta la seconda parte della stagione aveva sbagliato tutto, e di colpo, quel giocatore dannoso o inutile per la squadra fino ad allora, diventa all’improvviso l’uomo determinante, l’uomo della provvidenza a cui aggrapparsi per ottenere una vittoria fondamentale per la corsa alla Liga? Delle due l’una. O il buon Koeman ha dormito per tutta la stagione, o ha iniziato a intorpidire la sua mente ottenebrata adesso.

Se Riqui non merita di giocare nel Barça, Koeman ha sbagliato mandando in campo un giocatore inutile. In questo caso è un allenatore pericoloso, oltreché incapace, e per ciò stesso merita di lasciare il club un minuto dopo la fine della Liga.

Se invece Riqui è talmente determinante da essere il prescelto per revertire una situazione disperata, il Signor Ronald Koeman, alias Ciccio Bello, ha volutamente danneggiato la squadra escludendo, forse per ripicca personale, antipatia o Dio solo sa per cos’altro, un uomo a cui lui stesso riconosce capacità calcistiche determinanti per la squadra.

Che la si veda in un modo o nell’altro, Koeman ha manifestato tutti i suoi limiti tattici, tecnici, di giudizio nei confronti del capitale umano a disposizione, oltreché di scelta. Comunque la si veda, Ronald Koeman non merita di allenare un anno di più il Football Club Barcelona.

La riunione Laporta-Koeman: opinioni a confronto

Giuseppe Ortu Serra

Laporta e Koeman, accompagnati da Rafa Yuste, vicepresidente deportivo del Barça, si sono riuniti presso il ristorante Via Veneto a San Gervasi, a monte di Plaça Maciá e del L’Illa. Il gruppo si è incontrato per sentire, dalla viva voce di Koeman, quali sono i problemi che hanno generato il crollo verticale e improvviso del Barça.

Dopo la vittoria della Copa del Rey, il Barcelona era lanciato verso la conquista della Liga. Il calo dell’Atletico, la incostanza del Madrid, avevano permesso il rally da recommended buy del titolo Barça. Ma, arrivato al picco di chance di gara la Liga, partita contro il Granada che avrebbe permesso il sorpasso sui colchoneros e quindi la gestione del campionato fino al trionfo finale, la formazione di Koeman ha iniziato a perdere colpi, a balbettare, a restare piantata in mezzo al guado senza benzina e senza vestiti. Evidentemente il livello raggiunto alla vigilia della sfida determinante contro il Granada era il livello barriera del titolo Barça. Resistenza che la squadra non è riuscita a superare. Da lì la contrazione del cammino verso la vittoria finale con creazione, all’interno dello spogliatoio, di un pericolosissimo e contagioso bearish sentiment da sell-off. Questo sì è verificato in sostanza. Dalla sfida contro il Granada inclusa, quattro partite, due pareggi, una sconfitta e una vittoria. 5 punti su 12 totali disponibili. Una débâcle, un fallimento, un fiasco assoluto.

Le ragioni di questa metamorfosi? Sono stati proprio questi dubbi e la necessità di avere dei chiarimenti che hanno spinto Laporta a incontrare Koeman in un faccia a faccia per essere messo al corrente di ciò che, da un certo momento in poi, non ha più funzionato. All’uscita dal ristorante, al termine della riunione, nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni degne di nota, trincerandosi, tutti, nel riserbo più assoluto. La sorte di Rambo Koeman quale tecnico del Barça per la prossima stagione è ancora avvolto nel più fitto mistero.

La Barça affonda al Ciutat de Valencia insieme a un inqualificabile Koeman

Giuseppe Ortu Serra

Che la Liga fosse finita era risaputo, oggi, con il tre a tre del Ciutat de Valencia, è stata bollinata ufficialmente. Messi e Pedri avevano illuso il Barcelona nel corso del primo tempo con due reti al Levante nel giro di pochi minuti. Il corso della gara dimostrerà quanto effimera e passeggera fosse quell’illusione. Dimostrerà, anche, quanto incapace e disastroso sia Ronald Koeman come allenatore di calcio.

Nel primo tempo il Barça è partito a spron battuto, con tre occasioni nel giro di pochi minuti. Due di queste sono capitate tra i piedi di Pedri che ha mancato il bersaglio in entrambe le occasioni. Dopo l’iniziale assedio blaugrana, oggi con la terza maglia, il Levante è riuscito a uscire dal proprio guscio, spezzando l’assalto del Barcelona. La formazione granota non tuttavia riuscita nell’intento di tenere gli avversari a lungo lontani dalla propria area di rigore difensiva. Già al 25′, infatti, il Barça passava in vantaggio con una rete di Leo Messi in mezza rovesciata. Rispetto a molte altre occasioni, nelle quali la formazione di Koeman aveva lasciato la partita pericolosamente sul limite dell’equilibrio con un solo goal di vantaggio, al Ciutat de Valencia ciò non si è ripetuto. Appena nove minuti dopo, al 34′, è giunto il raddoppio di Pedri che ha portato il Barça sullo 0 a 2.

Nella ripresa il primo cambio della serata. Sergi Roberto ha preso il posto di Araujo, infortunatosi nel corso del primo tempo. Con l’ingresso in campo del terzo capitano, Koeman non ha retrocesso la posizione di De Jong, ma ha cambiato il modulo, passando al 4-3-3, con Roberto laterale a destra, Jordi a sinistra, e i due centrali Piqué e Lenglet. Il cambio si è subito fatto sentire, negativamente, per il Barça. Due errori di Sergi Roberto, in apertura di secondo tempo, hanno permesso una clamorosa rimonta al Levante. Dallo zero a due, al due a due, nel giro di due minuti. La difesa del Barcelona ha mostrato tutti i suoi limiti in marcatura. E, certamente, l’ingresso di Roberto non ha aiutato la fase difensiva della sua squadra. Al 64′ il nuovo vantaggio blaugrana con Dembélé che ha messo in rete un bel destro potente. Il ritrovato vantaggio non ha evitato che il Barça smettesse di soffrire. Il Levante ha continuato ad attaccare, anche sfruttando la fragilità difensiva e psicologica di una squadra ormai abituata a subire rovesci e rimonte da parte degli avversari.

Koeman ha nuovamente messo mano ai cambi, facendo entrare Mingueza al posto di Pedri. In questo modo Roberto è stato spostato a centrocampo, con Mingueza dirottato sull’out di destra. Nuovamente difesa a tre e centrocampo a cinque. All’80’ doppio cambio del Barça: Dest per Dembélé e Braithwaite per Griezmann. Tatticamente nulla cambia. Nemmeno gli errori-orrori difensivi del Barça. All’83’ ennesima falla della difesa. Primo errore di posizionamento di Dest nella metà campo che è stato scavalcato dal diretto avversario. Secondo nel non essere riuscito a rimpallare il cross dell’avversario dopo aver recuperato la posizione. Terzo errore da parte di Piqué, anticipato da Sergio Leon per il nuovo pareggio del Levante. A quel punto Koeman ha fatto uscire Roberto per Riqui. Cercellotico Koeman, che ha sempre ignorato il giocatore di Metadepera per tutto il campionato per poi buttarlo nella mischia a pochi minuti dalla fine. Una incoerenza che dimostra la confusione di questo allenatore che, una volta di più, ha dimostrato di essere un tecnico mediocre, incapace a questi livelli. Riqui ha cercato di dare il suo contributo con la solita sua velocità e visione di gioco, ma è un po’ tardi metterlo in campo a cinque dalla fine dopo sei panchine consecutive e 16 minuti nelle precedenti quattro gare.

Koeman, primo della lista, e diversi giocatori di questa rosa non meritano di far parte della squadra della prossima stagione. Un giardiniere urge per potare i rami secchi di una squadra che sta morendo per mancanza di idee, coerenza, capacità. Pjanic, Riqui che marciscono in panca assieme al loro allenatore, mentre in campo si barcolla come pugili suonati per i colpi del primo arrivato, non è più ammissibile e sopportabile.