RECITAL DEL BARÇA CONTRO IL VALLADOLID. IL SUCCESSO DI XAVI, LAPORTA, ALEMANY

Giuseppe Ortu Serra

Un partitazo! Una meravigliosa partita di un Barcelona che, alla presenza di Ronaldo il Fenomeno, presidente del Valladolid, in tribuna accanto a Laporta, è voluto stare all’altezza dell’appellativo dell’ex giocatore del Barça anni 90. Il Barça sceso in campo contro il Valladolid, allenato da Pacheta, è stato assolutamente incredibilmente amazing. Una partita completa da percorso netto ippico. Quattro reti (doppietta Lewandowski, Pedri, Roberto), quattordici calci d’angolo battuti (contro quattro), un palo (Lewa) e due traverse (Dembélé e Lewa), giocate spettacolari, recupero della palla rabbioso e immediato nella metà campo offensiva, cambi di altissima qualità (Ansu per Raphinha, De Jong per Gavi, Ferran per Dembélé, Kessie per Busi e Roberto per Araujo), un goal, il secondo di Wunder Robert, altamente spettacolare con un colpo di tacco dall’area piccola, in diagonale sul palo lontano, con tunnel sul difensore che lo marcava strettamente.

Uno spettacolo puro e totale per gli oltre 83.000 spettatori accorsi per una partita che, lo scorso anno, con Koeman in panchina e il morale sotto i tacchi, non ne avrebbe visto più di 60.000. Tutto merito di Xavi, Laporta e Alemany che hanno costruito uno squadrone che gioca un calcio spettacolare e ricostruito un entusiasmo contagioso che non si percepiva da molti anni ormai.

La partita è stata un monologo blaugrana. Dal primo momento si è visto che la squadra c’era, era in palla, e aveva una voglia matta di spaccare l’atomo in quattro. Avere tutto addosso, tutti contro, sia in patria che all’estero, con il mondo (da Klopp a Nagelsmann, da Neville a Hoeness, fino a Huckleberry’s friend) che mette becco sui conti, sulle strategie di mercato, sui debiti, sui bilanci e che fra un po’ si metterà a fare le pulci anche sull’altezza alla quale viene tagliata l’erba del Camp Nou, attaccando, gufando come iettatori che prevedono catastrofici fallimenti e giocatori liberi a zero preda degli avvoltoi di mezza Europa, non ha fatto altro che accrescere il sentimento di unione della rosa intorno a Xavi. Come i quattro moschettieri, come gli azzurri dell”82, compattatisi contro la stampa avversa, i blaugrana si sono assemblati e uniti al grido di “Tutti per uno; uno per tutti”.

Il risultato è stato questa partita. Xavi ha fatto esordire Koundé, un altro che in Italia e altrove vedevano già libero di accasarsi qua e là, schierandolo laterale a destra. Araujo è scalato al centro assieme a Eric. A sinistra, a sorpresa, non Jordi ma Balde. Il ragazzo ha sorpreso l’uditorio con una prestazione sopra le righe e oltre ogni più rosea aspettativa. Preciso davanti e dietro, è risultato sicuro in ogni frangente. Centrocampo e attacco sono stati schierati in base a quella che, ormai, è la squadra titolare nella testa di Xavi. Il Barça è stato devastante. Fine del periodo.

La forza di questa squadra è sopratutto negli extremos e nel nueve. Raphinha è un giocatore superiore. Forte fisicamente, veloce, abile tecnicamente, con una ottima visione di gioco e una capacità incredibile di vedere gli spazi per inserirsi o piazzare la palla. Con lui da una parte, Dembélé è il suo specchio dall’altra. Tutto un altro giocatore rispetto a quello molle, svogliato, irritante visto fino alla prima parte della scorsa stagione. Con Xavi è nato un nuovo Dembélé, quello che si era intravisto al BVB. Il francese è concentrato sulla partita e sul gioco, capisce la manovra e il movimento dei compagni. Non è più anarchico. Tra Raphinha e Dembélé, rapidi come falchi, le difese avversarie non sanno come e dove chiudere. Devono sempre raddoppiare da una parte e dall’altra scoprendo altre zone del campo. Scambiandosi spesso le fasce di competenza, le difese contrarie non hanno nemmeno la possibilità di iniziare a prendere le misure ad un giocatore che subito se ne trovano un altro. Lewandowski, infine, è l’attaccante che mancava. Un signore acquisto, una grande acquisizione. Lewan-Gol-ski ha speso la pretemporada per capire il gioco e i compagni di squadra; per scaldare le gomme, metterle in temperatura e non rischiare di bruciarle al primo giro. Mentre già in Catalunya iniziavano a fasciarsi la testa accusando Laporta di avere preso il polacco (!) e non avere puntato su Jutglá (signori!, siamo seri per favore!) Lewa ha iniziato a fare seriamente non appena le cose si sono fatte serie. Oggi due reti più due pali, contro la Real altre due marcature. Tre partite giocate e quattro reti oltre ad una montagna di occasioni da goal. Lewandowski è un vero top player di classe mondiale. L’elemento che serviva a questa squadra per completare un puzzle che sta venendo fuori alla perfezione.

Ma è anche un’altra la vera forza di questa squadra. La sua panchina. I cambi che Xavi ha a disposizione sono un’arma in più. Contro il Valladolid erano seduti in panchina, tra gli altri, Ansu, Aubameyang (forse andrà via, forse no), De Jong, Depay, Kessie, Ferran, Piqué, Jordi, Pjanic. Xavi si può voltare e ha l’imbarazzo della scelta. Ne ha per tutti i gusti, tutti i tipi e per tutte le situazioni. Poter fare cinque cambi e avere a disposizione tutta questa qualità è il vero punto di svolta di questa squadra. Il Barça è, adesso, davvero alla pari con le migliori squadre d’Europa.

IL GIRONE DI FERRO E LA SPOCCHIA BAVARESE

Giuseppe Ortu Serra

L’urna di Istanbul è stata, come al solito, nefasta per i colori blaugrana. Bayern, Barça, Inter e Viktoria Plsen è un girone davvero complicato. Sempre come al solito, il sorteggio dei blancos è stato trionfale. Madrid, Lipsia, Shakhtar e Celtic è più o meno un rumoroso, notturno picnic per les merengues. Tutto normale.

Anormale, invece, è stata la reazione spocchiosa e superficiale da parte del Bayern alla notizia dell’accoppiamento del girone C con il Barcelona. Dal sorrisetto non celato di Oliver Kahn nella sala della celebrazione del sorteggio, alle parole condiscendenti e cariche di sprezzante superiorità di Nagelsmann.

L’espressione facciale dell’ex portiere del Bayern, ora alto dirigente del club, è stato il più classico scivolone di stile che si potesse vedere in un consesso come quello. Solitamente ci si trincera dietro una maschera di impassibilità da gentleman, sia per i sorteggi favorevoli che per quelli svantaggiosi. La soddisfazione di Kahn è stata fin troppo plateale tanto da non essere passata inosservata alla regia internazionale che la ha immortalata in maniera impietosa. Nagelsmann, nelle dichiarazioni post sorteggio, ha snobbato totalmente l’avversario dicendo “Speriamo di poter ottenere risultati simili a quelli ha abbiamo fatto contro il Barça negli ultimi anni”. Dichiarazioni più da bullo di periferia, da gangsta, che da allenatore di uno dei club più prestigiosi al mondo.

Ma si sa, la classe non è acqua. È una dote rara e non comune che certamente non possiedono i dirigenti (allenatore compreso) del club bavarese. Semmai tali atteggiamenti certificano comportamenti tipici di quella classe sociale, quella della Baviera, conosciuta per le birrerie e i macellai che per spirito nobile e cavalleresco. La parte nobile della Germania è quella di Hannover, nella Bassa Sassonia.

In ogni caso, sentire tale vanagloriosa spocchia in bocca ad alti dirigenti di un club il cui presidente onorario, oltre che membro del consiglio di amministrazione, è un pregiudicato che ha frequentato le patrie galere tedesche, è ulteriore motivo per prendere le distanze da un club il cui valore si fonda, non più sulla storia, ma sul comportamento e le azioni attuali dei suoi rappresentanti. Sarà, questo, un motivo in più per regolare tutti i conti nel rettangolo di gioco.

RIPARTIRE DAL 63° MINUTO

Giuseppe Ortu Serra

La vittoria di Anoeta è stata ambivalente. Bella e brutta assieme, ci ha mostrato due facce della stessa medaglia, della stessa squadra. Il Barça ieri è stato un po’ squadra della scorsa stagione, un po’ squadra straripante di questa pretemporada. Cosa ci ha detto l’1-4 di ieri notte? Molte cose, ma sopratutto importanti da cogliere al volo, imparare e assimilare come già standardizzate.

Balde e Ferran non sono giocatori per questo Barça, ma di quello della passata e tormentata annata. De Jong, sia in campo che fuori, e vieppiù se usato nella posizione di pivote, è più un problema che una soluzione per questa squadra. Raphinha e Ansu sono due pedine fondamentali dello scacchiere di Xavi. Lewandowski è il nove da goal che il club stava cercando da anni, ma, concetto fondamentale, non può giocare da solo.

Ieri il Barcelona si è mostrato debole nei laterali. Balde, dopo quella sgroppata iniziale che ha dato a Lewandowski il pallone per la rete del vantaggio, ha faticato enormemente, non dimostrandosi giocatore per un Barça ganador. Dall’altra parte Araujo è assolutamente sprecato, sopratutto se deve giocare Eric come centrale. Il modo in cui il canterano è stato superato, e giocato, da Isak nella rete del momentaneo pareggio è lampante del fatto che il giocatore non può presentarsi da titolare nelle partite che contano davvero. L’uguguagio deve giocare come centrale per assicurare solidità al reparto se si vuole fare strada in Champions e vincere La Liga. Ferran ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un profilo di medio/basso livello e che non può fare il titolare in questo progetto calcistico. È un giocatore impalpabile che non fa la differenza e che si nasconde all’interno della partita.

De Jong è il punctum dolens dell’estate, la spina difficile da estrarre dalle carni del club. Il giocatore sta diventando un vero problema. Fuori dal campo la sua ostinazione nel non voler fare le valige (condivisibile) e di non volersi ridurre la ficha al livello di tutti gli altri (inammissibile) che stanno remando nella stessa direzione per l’interesse comune, non permette il rafforzamento della squadra. L’iscrizione di Koundé e gli arrivi di Marcos Alonso e Bernardo Silva dipendono anche da questo suo comportamento ostruzionistico. In campo, poi, ieri ha dimostrato di non poter giocare da pivote per sostituire Busi. Giocatori troppo diversi come stile e impostazione per pensare di usare l’olandese come clone del de Badia. Busquets gioca sulla posizione e distribuisce il gioco, De Jong è uno che deve andare, inserirsi e aprire lo schieramento avversario. Anche Xavi si è equivocato nello schierarlo in quella posizione. Può andare bene da interior con libertà di attaccare lo spazio, ma non da pivote. L’errore che è costato il momentaneo pareggio della Real è sintomatico di questo equivoco tattico.

Raphinha e Ansu sono due giocatori insostituibili. Il loro ingresso in campo, al 63′, al posto di Ferran e Balde (solo un caso?) ha trasformato una pattuglia in difficoltà nel pungere in avanti in una squadra che ha esondato come il Nilo in piena nella stagione della semina. La partita del Barça è iniziata in quel momento. Non è un caso o una coincidenza (non sono solo le bande criminali a non credere alle coincidenze) se da quell’istante sono arrivati reti e gioco. Non solo offensivo. Fino ad allora era stata la Real a rendersi pericolosa in più di una circostanza. Dal 63′ la squadra ha preso in mano le redini del gioco e non ha più rischiato nemmeno in difesa. Il cambio di marcia lo si è visto immediatamente con un violento tiro di Lewandowski al medesimo minuto 63, seguito dalle reti: 65′, 68′, 78′. Tutt’altra musica, tutt’altra storia, tutt’altra squadra. Tutt’altro gioco. All’improvviso si è accesa la luce. Raphinha, Lewandowski e Ansu, oltre a Dembélé, è bene ricordarlo, hanno partecipato fattivamente nella costruzione e realizzazione delle ultime tre reti.

E questo ci porta all’ultima nostra considerazione. Lewa non può giocare da solo. Non è Messi che prende palla a centrocampo ed entra in porta con il pallone. E’ un nove straordinario (la prima rete è tipica del grande attaccante d’area di rigore) e non lo scopriamo certo adesso. Dopo tutto ciò che ha fatto nella sua carriera sarebbe sciocco anche solo usare altre parole per spiegarlo. Ma necessita di una squadra che lo supporti. Nel periodo buio della partita di Anoeta anche lui è andato in difficoltà come una rosa in un deserto (con l’eccezione di quella di Atacama). Ma ecco che, partire da quel fatidico minuto 63, anche lui si è trasformato nel fulgido cavaliere dalla lucente armatura delle storie dei nobili cavalieri medievali. Mezzora di conclusioni, goal, assist. Una rete e un assist di tacco. E non solo lui: Ansu (una rete e due assist, uno di tacco), Raphinha (due pre-assist e tanto gioco). Ieri abbiamo capito chiaramente come fare per avere un Barça ganador: ripartire dal minuto 63′ dell’Anoeta.

VITTORIA DALLE DUE FACCE AD ANOETA PER UN BARÇA CON ANCORA MOLTA STRADA DAVANTI

Giuseppe Ortu Serra

É ancora un Barça in piena ricostruzione quello che ha battuto con un rotondo e sonoro 1-4 la Real ad Anoeta. La terza vittoria consecutiva in terra basca è un record per i blaugrana. Ma non sono tutte coccole per la formazione di Xavi. Il cartello lavori in corso fa ancora bella mostra nelle maglie dei blaugrana.

Contro la Real si è assistito ad un primo tempo in cui il Barça è andato in rete subito, al primo affondo, con Lewandowski, che ha siglato la sua prima rete ufficiale in maglia blaugrana. Il vantaggio è durato poco, però. 5 minuti dopo e De Jong, schierato da Xavi nella posizione di Busi, ha perso palla con troppa facilità, pressato da due avversari in mezzo al campo con la squadra in uscita. Conquistata la sfera, la Real è partita in contropiede trovando la difesa del Barcelona totalmente fuori posto. Lancio verso Isak dalla parte di Balde (avanzato e fuori posizione). Eric è stato colpevolmente scavalcato dal pallone e non è riuscito a tenere il passo dell’avversario. Pur in vantaggio, è stato superato da Isak che ha segnato con un delizioso scalettò su Ter Stegen in uscita.

La squadra è apparsa squilibrata sin dalle prime battute. De Jong nella posizione di pivote è naufragato davanti alle maglie a righe verticali biancazzurre. Il 21 che non vuole nemmeno adeguare il suo lautissimo ingaggio alla nuova policy della squadra, ha squilibrato il reparto, e di conseguenza, tutto lo schieramento. Il Barça è apparso con un capo e una coda, ma niente nel mezzo. Il centrocampo non faceva né filtro, né copriva sulle seconde palle, come in occasione di una doppia conclusione de los donostiarras, con Kubo che ha avuto l’opportunità di raccogliere la respinta di Ter Stegen su conclusione iniziale di Mikel Merino e calciare in porta, senza esito, proprio perché nessuno dei centrocampisti aveva coperto la posizione difensiva. I laterali sono stati gli altri punti deboli dello schieramento. Balde, sebbene abbia dato l’assist a Lewandowski per lo zero a uno, è carente a livello di prima squadra e non può giocare in blaugrana. È un giocatore da segunda, e si vede. Araujo è una soluzione di ripiego che non può diventare definitiva in quella posizione. Urgono due laterali di ruolo se si vuole che questa squadra possa puntare in alto, altrimenti è destinata ad accantonare i sogni estivi e a patire come nella passata stagione.

Real Sociedad e Barça si sono affrontate a viso aperto senza tatticismi. Due squadre allungate sin dall’inizio che hanno rovesciato i fronti in un continuo andirivieni di attacchi e contrattacchi portati con corsa e palla al piede. Il poco raziocinio in mezzo al campo non ha permesso una gestione oculata della gara. La Real è stata più pericolosa dei blaugrana, con Ter Stegen impegnato severamente in due circostanze.

La ripresa è iniziata sulla falsariga del primo tempo, con un Barça sconcertante che ha subito più che pungere. Ferran ha dimostrato tutta la sua inutilità e impalpabilità in questa squadra, giocatore da panchina. La situazione è radicalmente cambiata con i cambi di Xavi. Il tecnico blaugrana ha rimediato agli errori iniziali di una squadra sbagliata inserendo gli uomini che hanno cambiato la gara. Al 63′ ecco fuori Ferran e dentro Ansu; fuori Balde e dentro Raphinha. Due dei peggiori in campo sostituiti dai giocatori che contribuiranno al successo della squadra. Con un laterale in meno la difesa è passata a tre, con Araujo, Christensen e Eric. Neanche un minuto è trascorso dalla nuova situazione tattica e subito ecco che Lewandowski ha trovato lo spazio per la conclusione. È stato il segnale. Due minuti dopo è giunto il vantaggio di Dembélé. Bella conclusione in diagonale da sinistra a destra che ha battuto inesorabilmente Remiro su assist di tacco di Ansu su azione nata a destra da Raphinha. I due nuovi entrati subito in cattedra. Il Barça ha iniziato a comandare il gioco con leggerezza e facilità. La fatica compiuta fino a pochi minuti prima e il passo pesante dei giocatori sono parsi svanire come un ectoplasma dopo una seduta spiritica. Altri tre minuti e giunge il terzo goal. Ancora Lewandowski, che ricevuta palla da Ansu di prima (da una imbucata centrale di Pedri), ha calciato dall’altezza del dischetto di piatto destro infilando ancora il portiere avversario. In campo c’era solo la formazione blaugrana, con la Real uscita praticamente dalla partita.

Con il risultato dalla sua parte, Xavi ha messo ancora mano al suo schieramento riportando la difesa a quattro con l’inserimento di Jordi al posto di Dembélé. Con il Barcelona che dominava totalmente la scena, è giunta anche la quarta marcatura. Questa volta è stato Ansu a segnare la rete dell’uno a quattro definitivo. Assist di Lewandowski, da Raphinha, e tocco di piatto da dentro l’area.

La partita ha detto alcune cose. La formazione è competitiva se gioca con i titolari; alcune posizioni sono assolutamente da rafforzare (come i laterali) e che De Jong, in questo momento, è più un elemento negativo che uno punto di forza. Bernardo Silva sarebbe l’uomo perfetto al posto giusto. Se De Jong se ne facesse una ragione del fatto che la sua presenza nel club è più dannosa che altro, tutti sarebbero più contenti: lui, perché troverebbe una squadra che lo desidera; il Barça che si toglierebbe di dosso un peso oltre ad un equivoco e avrebbe la possibilità di prendere il giocatore perfetto per il centrocampo.

A MENTE FREDDA LE SENSAZIONI RIMANGONO POSITIVE

Giuseppe Ortu Serra

A mente fredda, dopo una notte di sonno, spesso le cose si vedono diversamente. Gli occhi della mente elaborano immagini, sensazioni, impressioni e ricostruiscono un quadro che, sul momento, spinti dall’adrenalina, dall’emozione, spesso non corrisponde alla fedele realtà delle cose. Sul momento si captano sensazioni che spesso poi sfuggono, ma a volte, l’emotività tende a attribuire eccessivo valore a certe componenti poco importanti e meno ad altre di maggior rilevanza. Nell’esame a posteriori, invece, tutto viene incasellato nel giusto modo. Entrambi i giudizi sono buoni: quello a caldo, emotivo, e quello a mente fredda, ponderato. Dal mix dei due si può avere uno specchio fedele della situazione.

Il Barcelona, ieri, è apparso, sopratutto nella seconda parte di gara, un po’ troppo emotivamente preso, tanto da creare una certa confusione. La squadra, ancora oggetto di cambiamenti (fino alla chiusura di mercato alcuni giocatori potrebbero cambiare) si è fatta prendere dalla foga, dalla smania di dimostrare tutto e subito. Come quello scolaro che al primo giorno di scuola vuole impressionare i professori con la sua preparazione e rischia di ingolfarsi mettendo troppa carne al fuoco. Troppa benzina nel carburatore non fa partire l’automobile.

Il Rayo, ieri, ha parcheggiato il pullman di Mourinho davanti alla propria linea di porta. Iraola ha giocato una partita perfetta dal punto di vista difensivo, e in due circostanze, una per tempo, ha addirittura avuto la chance per portarsi a casa la vittoria. Con Koeman, diciamo così, la partita sarebbe stata persa nella più classica delle beffe. Ieri no. E questo è decisamente un punto a favore. Ter Stegen ha dimostrato di essere tornato ai suoi livelli pre crisi, e questo è un punto di partenza basilare per affrontare una stagione in cui si deve arrivare in fondo in tutte le competizioni.

Contro le formazioni chiuse a riccio, in cui in area di rigore non passa uno spillo, esattamente come ieri, il tiro da fuori risulta l’arma in più. Ieri è stato provato in diverse circostanze: 6, ma è mancata la precisione. Dall’interno dell’area si è concluso 15 volte. Visto quanto l’area era affollata, insistere su una conclusione da lontano piuttosto che su una imbucata in area non sarebbe stato male. Tenendo conto, sopratutto, che la prima è meno prevedibile dalla difesa avversaria, maggiormente propensa a lasciare lo spazio per il tiro attendendosi il passaggio filtrante in area. Con gli allenamenti giungerà una migliore intesa e anche una maggiore precisione nelle conclusioni. Con una maggiore precisione nel tiro, contro il Rayo, la lata si sarebbe aperta sin dai primi 45 minuti e la squadra avrebbe gestito diversamente la seconda parte di gara.

L’aspetto positivo della partita di ieri sono le occasioni create. 6 parate difficili del portiere, una respinta sulla linea, due conclusioni che hanno fatto la barba al palo a portiere battuto (Pedri e Lewandowski), due goal annullati per fuorigioco (Lewa e Kessie), un rigore non concesso per precedente offside (Raphinha), uno semplicemente non concesso (trattenuta evidente su Lewandowski sugli sviluppi di un corner battuto dalla destra). Otto calci d’angolo battuti. Tutto questo considerando che l’avversario non ha avuto neanche un angolo a favore, e che ha impegnato il portiere blaugrana una volta per tempo. Alla luce di ciò, il quadro clinico ci sembra piuttosto confortante.

Anche la prestazione dei singoli giocatori è stata confortante. Abbiamo visto un Lewandowski incitare, incalzare, arringare il pubblico come un veterano della squadra. Solo questo dimostra le qualità caratteriali del giocatore, uno che non si nasconde, un leader, un sangue caldo che sarà determinante in questo Barça. Il migliore acquisto dai tempi di Suarez. De Jong, quando è entrato nella ripresa, ha mostrato un volto inedito del calciatore compassato, inerme e esangue che spesso abbiamo visto in campo. Veloce, concentrato, deciso, positivamente arrabbiato. Da solo ha dato velocità e spaccato in due lo schieramento rayista, prendendosi la responsabilità di condurre il pallone per trasformare l’azione da difensiva in offensiva. Pedri, preciso nei cambi di gioco, sicuro e sereno come un bounty killer a cui non trema la mano nel momento del duello a fuoco. Raphinha e Dembélé, sui quali si basa tutto il gioco offensivo del Barça: extremos larghi, forti nel puntare l’avversario e entrare in area o cercare il passaggio orizzontale, con l’opposto che taglia verso il centro per creare soprannumero e ricevere il passaggio per la conclusione (come è accaduto nell’azione del 19′, con conclusione del brasiliano su passaggio del francese).

Non capiterà sempre che i palloni calciati da Lewandowski sibilino accanto ai pali della difesa avversaria o che il tiro a segno non riesca mai a rompere un vetro del pullman. La prima non è andata secondo le aspettative, ma solo dal punto di vista del risultato.

LA PRIMA DEL BARÇA FINISCE CON UN PAREGGIO. MA IL GIOCO E LA SQUADRA CI SONO.

Giuseppe Ortu Serra

Prima giornata di Liga. Esordio in casa per Il Barça. Stadio pieno, tanta aspettativa ed emozione alle stelle. Avversario il Rayo Vallecano. Il Barça è messo bene in campo e la manovra è decisamente buona, così come l’intensità. I blaugrana hanno il loro punto di forza nel complesso di squadra. La formazione è forte, e si vede, e quadrata. La difesa è sicura con Araujo sul laterale destro, capace di difendere con sicurezza ed attaccare quando serve, sostenendo la manovra. Una unica incertezza della difesa sul finire del primo tempo con una grande parata di Ter Stegen, occasione per far vedere allo stadio pieno che anche lui era della partita. Al di là di quella occasione, più una gemella sul finale di gara, la partita di ter Stegen è stata assolutamente tranquilla. L’azione si è infatti sempre concentrata sulla metà campo avversaria.

Il Barça ha catalizzato il gioco e le attenzioni degli spettatori. Il centrocampo ha dimostrato di essere veloce e leggero, con Pedri in grado di trovare con precisione i due extremos, Raphinha e Dembélé. Busi, il solito organizzatore e direttore d’orchestra, gestisce bene i tempi di gioco. L’attacco, e tutta la squadra, si regge sopratutto sulle ali, los extremos. Insieme a Lewandowsky, Dembélé e Raphinha sono stati i più pericolosi. Il francese e il brasiliano si scambiano spesso le posizioni per disorientare gli avversari.

Il Barça ha giocato bene e avuto molte occasioni per passare in vantaggio nel corso di tutti i primi 45 minuti. Raphinha con tre occasioni e Dembélé sono stati i mattatori lungo gli out, costringendo la difesa rayista ad allargarsi per permettere gli inserimenti centrali di Pedri e dell’extremo opposto che si accentrava per cercare il tiro sul passaggio orizzontale o la seconda palla. Lewandowsky, all’impatto con la Liga, ha giocato bene e ha avuto due occasioni nel primo tempo, una delle quali conclusa con un delizioso pallonetto sul portiere in uscita terminato in fondo al sacco. Rete, però, annullata per precedente fuorigioco dello stesso polacco. Il giocatore si è mosso bene, concludendo, creando spazi e duettando con i compagni. Nella ripresa è stato encomiabile. Un autentico leone. Ha ingaggiato duelli corpo a corpo, e tecnici, con tutti i difendenti avversari (che in certe circostanze affollavano l’aria di rigore più della Tube di Londra nell’ora di punta). Ha tirato di piede e di testa, cercando la rete in tutti i modi. Ha anche arringato la folla per spronarla e caricarla. Un vero mattatore, un leader, un vero numero 9.

La ripresa ha continuato a vedere il Barça dominante del primo tempo. Molte occasioni, molte parate, molti tiri finiti a lato di poco. Xavi ha rivoluzionato lo schieramento nella ripresa per forzare la vittoria. A centrocampo hanno lasciato il campo Gavi e Pedri (quest’ultimo uscito con un infortunio muscolare). Al loro posto Kessie e De Jong. L’ex Milan ha portato forza muscolare sul terreno di gioco, ma anche una certa confusione che forse non ha giovato nel frenetico finale di gara, con il Barça proteso in avanti alla ricerca della vittoria. De Jong, che ha iniziato interno, e poi con l’espulsione per doppio giallo di Busi è passato nella posizione del capitano, ha giocato con piglio e personalità. Deve dimostrare che si merita questa maglia e la prestazione di questa sera lo certifica. Si è abbassato sulla linea dei difensori, e con le sue sgroppate eleganti ha spaccato in due la squadra avversaria, apportando velocità, verticalità e soprannumero. Il ragazzo, però, deve capire che se vuole questa squadra deve abbassarsi lo stipendio, conditio sine qua non per restare in blaugrana. In attacco Xavi ha fatto uscire Raphinha e ha inserito Ansu, mentre Aubameyang ha fatto il suo ingresso in campo al posto di Jordi, con la difesa che è passata, così, a tre. Nonostante il carico da 90 (Lewa, Auba, Ansu e Dembe), il Barça non è comunque riuscito a passare. Non si può dire che non le abbia tentate. Nei 90′ il Barça ha tirato in porta 23 volte contro le sole tre del Rayo. Dimitrievsky ha ottenuto la palma d’oro di migliore in campo, tenendo in piedi i suoi e permettendogli di uscire dal Camp Nou con un punto in tasca. Parate e respinte, il numero uno rayista si è esibito in un recital. Dove non è riuscito ad arrivare lui ci hanno pensato i suoi colleghi di reparto, con salvataggi sulla linea, respinte in piena area di rigore opponendo il corpo alle conclusioni dei blaugrana che spingevano sulle ali del pubblico che caricava la squadra. Sul finire di gara sono stati annullati per fuorigioco due reti, una a testa.

La prima non è stata buona fino in fondo. Il risultato ha lasciato un po’ di amaro in bocca ad un pubblico che attendeva una vittoria sonante. La squadra non è ancora quella definitiva. Molto manca perché si possa giungere al suo aspetto finale. Questa parte finale di agosto serberà ancora sorprese, sia in entrata che in uscita. Ovviamente la prestazione è stata buona. La squadra avrebbe potuto tranquillamente vincere 3/4 a zero e nessuno avrebbe detto ma. La stagione è appena iniziata, la macchina è partita ma merita ancora qualche registrazione sopratutto nei meccanismi e nelle intese tra i giocatori. I lavori sono ancora in corso, certo, ma le premesse sono più che buone.

XAVI: “RAPHINHA COMO NEYMAR Y RIVALDO”

Giuseppe Ortu Serra

En su rueda de prensa de esta tarde, Xavi ha sido muy claro sobre el nuevo, flamante jugador brasileño. No es un jugador más de la plantilla. Es algo más. Es un futbolista especial que ha tenido un impacto barbaro con la camiseta blaugrana. Xavi le valora mucho y sus palabras le habrán parecido como un gustoso postre. El entrenador blaugrana ha sido muy claro sobre él: “Raphinha juega como Neymar pero chuta como Rivaldo”. Una descripción dulce como el miel.

UFFICIALE. LA QUARTA PALANCA SARÀ CON ORPHEUS MEDIA

Giuseppe Ortu Serra

Il FC Barcelona ha reso ufficiale, attraverso un comunicato stampa, l’attivazione della quarta palanca attraverso la società Orpheus Media SL. La Orpheus Media, amministrata e rappresentata da Jaume Roures, acquista il restante 24,5% di Barça Studios (la prima quota era stata ceduta all’azienda Socios.com) per una somma pari a 100 milioni di euro. Con questa cessione, più l’accordo di riduzione salariale del contratto di Piqué e il differimento di quello di Busquets, il Barça potrà iscrivere tutti i nuovi acquisti e i due rinnovi.

Roures, oltre che rappresentante di Orpheus Media, è anche uno degli azionisti, con il 12%, di Mediapro, la società che detiene, tra gli altri, i diritti audiovisivi calcistici de La Liga, della Copa del Rey, di Champions ed Europa League. La Mediapro, di cui Roures è rilevante azionista, non solo detiene i diritti de La Liga, ma è anche agente esclusivo della loro commercializzazione internazionale.

L’odierno acquirente del 24,5% di Barça Studios è già stato legato al Barça di Laporta nel recente passato, posto che aveva assicurato all’attuale presidente un avál di 30 milioni di euro per ottenere la presidenza, salvo poi ritirarlo in ottobre per divergenze sulla gestione del club. Adesso rientra in campo al fianco di Laporta e dei colori blaugrana come scudiero al fine di dare una spallata definitiva, o quasi, ai problemi di fair play finanziario che hanno assillato in queste ultime settimane gli animi del FC Barcelona

L’OSTRUZIONE DA GIALLO DI DE JONG

Giuseppe Ortu Serra

De Jong sta tenendo banco in questa calda estate 2022, la più bollente e torrida di sempre. Anche al Barça l’estate è rovente. Il club is on fire. Ma la situazione De Jong, quasi come La situazione Bonnie di Pulp Fiction, sembra creare problemi a non finire.

De Jong ha uno stipendio altissimo dovuto, come ormai tutti sanno fino alla noia, ai noti rinnovi con differimento dell’ingaggio in tempo di Coronavirus. Fatto sta che ad oggi Frenkie ha una ficha strabordante rispetto agli standard del Barcelona dell’era Laporta. Il giocatore, che non ha mai veramente svoltato in blaugrana nonostante le grandiose promesse al momento del suo tesseramento, si trova come il classico elemento di disturbo all’interno di una perfetta composizione fotografica. È un di più da eliminare o da sistemare. Coco Chanel diceva sempre: “Vestiti, specchiati e poi togli un accessorio prima di uscire”. Nuovamente il particolare in eccesso, che disturba.

Frenkie, purtroppo, si è convertito in esso, nell’elemento in più che rovina un perfetto frame o un perfetto outfit. Con l’aumento della forza della squadra a centrocampo, la sua posizione, visto anche il rendimento sotto le stime di previsione, non è più indispensabile. Gavi, Busi e Pedri costituiscono degli elementi oggi almeno pari, se non più affidabili rispetto al numero 21. Busi e Pedri sono, ovviamente, intoccabili. Gavi è già arrivato quasi sulla sua stessa ipotetica linea. Tenendo conto che poi, Laporta conta di concludere per Bernardo Silva, ecco che la sua presenza si rivela assolutamente non più indispensabile a livello tecnico.

Il vero problema è che il ragazzo guadagna troppo. Il suo ingaggio è di parecchio al fuori dai parametri del club. Potrebbe restare, Xavi non dice di no, ma Frenkie deve rivedere il suo stipendio fortemente al ribasso. Circa della metà. Il giocatore ha sempre dichiarato che vuole restare al Barça, perché è la squadra che sognava da bambino, ma visto come stanno le cose, e posto che bambino non è più e ha ormai raggiunto una età in cui si ragiona da adulti e ci si assume le responsabilità delle scelte e della vita, De Jong deve capire che se vuole restare deve tagliarsi lo stipendio, altrimenti deve accettare la cessione. Se è vero, stando alle sue parole, che il suo sogno è quello di indossare la camiseta blaugrana, e che ama questo club, deve comportarsi di conseguenza. Il suo giochino, invece, di dire no alla cessione e di non volersi, contestualmente, abbassare l’ingaggio, è una manovra che fa a pugni con il suo c.d. amore per il Barcelona. In questa maniera il giocatore sta danneggiando chiaramente il club con un comportamento francamente antipatico e stucchevole, un’azione ostruzionistica che se compiuta sul terreno di gioco sarebbe passibile di un indiscutibile cartellino giallo.

Il club non ha problemi economici in sé, ma sì di masa salarial, di fair play finanziario. Questo perché La Liga ha deciso di fare le cose per bene e non ammette le barzellette o le pantomime che vediamo in molti altri campionati europei (quello italiano tanto per fare un nome), dove il principio del financial fair play sembra essere un taglio di capelli non più alla moda per non disturbare grossi club bandiera indebitati fino al collo (e anche oltre) e per non volere interporsi in un gioco in cui la simbiosi malata tra club, stampa e curve crea una sinergia in cui si cerca di ovviare allo scadente livello tecnico del calcio rispetto a quello di altri paesi permettendo di nascondere in casa il cadavere in via di decomposizione in nome del campanile e dell’onorabilità. Così facendo in Italia si cerca di inseguire gli altri campionati con una errata rappresentazione della realtà, ignorando conti e bilanci in sprofondo rosso. Le peggiori infamie si commettono sempre per salvaguardare l’onore e il buon nome. Posto che in Spagna le cose si fanno come Dio comanda, il Barça deve fare una cura dimagrante al monte ingaggi. E De Jong è il lasciapassare per far rispettare il fair play finanziario. Di conseguenza le strade sono solo due per l’ex Ajax: cessione e addio per sempre, oppure permanenza con diminuzione pesante dell’ingaggio. L’alternativa, restare a dispetto dei santi con l’ingaggio pieno, significherebbe danneggiare enormemente il club, che potrebbe essere costretto a rivedere i suoi piani di rafforzamento, inimicarsi l’ambiente, la tifoseria, probabilmente parte dello spogliatoio, e, chissà, forse anche vedere il campo con il contagocce.

LA SERA DEL GAMPER E LE SUE CURIOSITÀ

Giuseppe Ortu Serra

È tutto pronto per il Gamper. Il primo trofeu di Xavi da allenatore del Barça. Il primo di Lewandowsky blaugrana. Il primo della nuova era Laporta. Il primero de la nueva ilusión. Questa sera alle 20:00, il Camp Nou riceverà la nuova squadra nel giorno della sua presentazione ufficiale al suo pubblico. Un rito che dura da decenni, ormai, ma che quest’anno avrà un sapore particolare perché potrebbe essere quello della rinascita.

Il Barça come la Fenice che risorge dalle sue ceneri. Non è mai un procedimento semplice e breve. E nemmeno questo che sta compiendo il Barcelona lo è. La cosa più sorprendente è che questa junta, visto dal di fuori delle mura de las oficinas del Camp Nou, sta facendo di tutto per far sembrare semplice un percorso complicatissimo: ricostituire solidità economica attorno al club e, contemporaneamente, costruire un equipazo capace de ganarlo todo. Un lavoro di equipe, di squadra, un lavorio di strategia monumental che sta coinvolgendo ogni uomo che Laporta ha voluto al posto giusto per iniziare e portare a termine questa operazione titanica.

Un lavoro non ancora completato. Mancano dei tasselli da aggiungere all’opera per avere il puzzle completo. Questa sera il Camp Nou non vedrà la squadra definitiva. Molto c’è ancora da fare, ma è chiaro che ciò che il pubblico vedrà questa sera sarà il progetto quasi definitivo. Mancano ancora i due laterali e quel centrocampista interior che è il sogno di Xavi e Laporta. Marcos Alonso arriverà a giorni, forse già martedì. Sfumato Azpilicueta (anche se le strade del mercato, così come quelle del Signore, sono infinite), bisognerà cercare una alternativa al numero 28 del Chelsea. La strada che porta a Araujo o Koundé laterali non può essere una decisione definitiva perché ti porta a rompere una coppia di centrali fortissima che porterebbe una solidità che al Barça manca dai tempi di Puyol e Piqué. E sinceramente, sarebbe un vero peccato doverci rinunciare. Con De Jong, che vuole restare a tutti i costi al Barça, ma poi non vuole fare niente per abbassarsi la ficha (a differenza di Pjanic; applausi per lui) e mettere il club nelle condizioni di tenerlo, quasi una contraddizione in termini, il nome caldo, il sogno, il lavorio frenetico è incentrato su Bernardo Silva. Tre nomi, tre posizioni, per completare la squadra da sogno di Laporta e Xavi.

Le curiosità di questa sera saranno più di una. Lewa alla sua prima davanti al suo nuovo pubblico; l’accoglienza dei ribelli Braithwaite e di Umtiti (hanno rifiutato il trasferimento con pretesa della carta de liberdad) e del senza numero Memphis Depay (situazione simile a quella di Braithwaite); la posizione di De Jong (applausi o mugugni?); il saluto a Dani Alves da ex barcelonista, presenza importantissima e non adeguatamente evidenziata, la sua, nella scorsa stagione, per una affettuosa e meritata despedida (per questo un grazie alla Roma che abbia voluto non partecipare: un Mourinho in meno da vedere e sopportare, e una squadra che non avrebbe apportato nulla sul piano dell’immagine).