La rinascita del Barça in due elementi chimici

di Giuseppe Ortu Serra

Il Barça sembra avere veramente spiccato il volo nell’ultimo mese. Un rally da extreme buy che ha portato in classifica la bellezza di cinque vittorie consecutive in Liga, la remuntada vincente contro il Sevilla e il pareggio, con sontuosa prestazione inclusa, al Parco dei Principi di Parigi nel ritorno con il PSG. Qual’è il motivo di questa metamorfosi? La prima pietra è stata posta da Leo Messi nel secondo tempo della partita contro l’Elche. Dopo un primo tempo asfittico, il Diez ha deciso di vincerla da solo quella gara. Dalla sfida successiva Koeman ha tirato fuori dalle ampolle del laboratorio chimico che ha messo in piedi da quando è arrivato a Barcelona, il 3-5-2 con la sua variante del 3-4-3.

Il Barça in questa stagione ha avuto un grafico oscillatorio, fatto di accelerazioni e di improvvisi e repentini crolli, con delle gole che in borsa avrebbero fatto la fortuna di potenziali investitori. Un buon e promettente avvio a cui ha fatto seguito un lento e inesorabile crollo fino a raggiungere la pericolosa dodicesima posizione in classifica e un quarto posto che pareva lontano quanto non mai.

Koeman ha cercato di trovare il bandolo della matassa in un andamento che vedeva piccoli e speranzosi progressi seguiti da capitomboli che riportavano tutti alla realtà di una formazione mal costruita, senza gioco, né idee. In quel periodo l’allenatore ha cercato di trovare rimedi con continui cambi di moduli. Dal 4-2-3-1 al 4-4-2, al 4-3-3, cercando una soluzione tattica anche facendo ruotare i giocatori come girandole per trovare il bandolo della matassa, o la giusta combinazione chimica per restare alla figura allegorica del ricercatore in camice bianco. Nel periodo in esame ha compiuto parecchi errori: scelte sbagliate negli uomini e nelle sostituzioni, spesso effettuate senza criterio logico-tattico (fuori i centrocampisti e dentro tutti gli attaccanti) e in ritardo (cambi compiti negli ultimi 10 minuti, addirittura nei minuti di recupero quando si era sotto nel risultato).

Alla fine, prova e riprova, e dopo molteplici fallimenti ed esplosioni per errate reazioni chimiche, Koeman è riuscito a trovare La Formula. Difesa a tre, centrocampo a cinque, attacco a due. Da allora la situazione è svoltata di 180°. All’improvviso la squadra ha ritrovato antichi meccanismi, gioco, spazi stretti nei quali infilarsi, duettare, e, grazie alla riemersa pressione alta e velocità di manovra, anche l’immediato recupero della palla. Al 3-5-2, Koeman ha affiancato anche un altra versione, il 3-4-3, con i medesimi risultati. Sono serviti lunghi mesi di prove e stagnazione per ottenere il risultato cercato e voluto, ma alla fine, Koeman ha trovato la formula vincente. Da febbraio la squadra ha iniziato a volare e non si è più fermata. Risultati e spettacolo. Ora il Barça è un bel vedere.

Ma c’è dell’altro. Questo è solo il primo dei due elementi chimici della formula vincente. Il secondo è un elemento emotivo, spirituale, psicologico. Un processo mentale. La elezione di Laporta alle presidenziali ha dato quella scarica di adrenalina che mancava da tanti anni in seno al Barcelona. All’improvviso è tornato il sorriso, l’entusiasmo, la voglia di giocare, di lottare, di stare insieme. Il gruppo si è cementato come per magia e quella chimica magica che ha preso possesso della squadra e del suo spogliatoio ha fatto il resto, dando un’anima e un motore alla formula vincente tattica di Koeman. Senza il primo il secondo non sarebbe stato sufficiente. Solo con l’entusiasmo, la squadra non sarebbe durata a lungo. La sinergia vincente tra il lavoro certosino di Koeman e l’energia dell’avvento di Laporta hanno fatto il miracolo. Koeman-Laporta, un binomio portentoso.

La Dea Bendata come secretario tecnico e presidente

di Giuseppe Ortu Serra

Questa stagione possiamo dire rappresenti l’anno zero del nuovo Barça. Una squadra che ha mutato pelle nell’ultima estate, con l’abbandono della linea della maturità e l’avvio del progetto gioventù. Sappiamo tutti bene quali sono i motivi che hanno spinto la vecchia junta ad avviare questo progetto (problemi economici non affrontati con capacità gestionali, volontà di tagliare i costi con l’abbandono degli ultra trentenni da alti ingaggi e decisione di spendere poco puntando su giovani di belle speranze). La Junta Bartomeu non ha puntato sui giovani per via di una fede cieca nelle nuove incorporazioni (tra acquisti e promozioni di canterani dal filial) o di un progetto ganador mirato, pensato e realizzato. Il successo del nuovo corso è stato più che altro il frutto del caso. Diciamo che fortuna abbia voluto che i giovani scelti in sostituzione dei cari (in tutti i sensi) veterani fossero veramente forti. Ma non diamo il merito alla Junta Bartomeu che ha scelto i migliori giovani per il nuovo progetto. Nossignore! Diciamo che Junta e Secretaria tecnica, nel pescare dall’urna, ha tratto i ragazzi giusti. Grazie Dea Bendata dunque. Non Bartomeu, Abidal & Compagnia. I vari Dest, Mingueza, Araujo, Pedri, Riqui, Ilaix, Ansu, Trincao, sono stati liete sorprese. Come quando alla roulette peschi tutti i numeri giusti. Sì, puoi dire che avevi una strategia, un sistema. Ma tanto nessuno ci crede. E’ sempre stata solo fortuna. Gli acquisti mirati della Junta, quelle studiati, pensati e voluti, sono stati i vari Coutinho, Griezmann, Arthur, André Gomez, Arda e via di seguito. Tutti, tra i fallimentari e i deludenti. Come specchio di una altrettanto fallimentare amministrazione.

Anche la scelta del tecnico è stata… casuale. Non si è scelto Koeman in quanto tale, perché era l’uomo giusto al posto giusto. No. Lo si è scelto in quanto le varie opzioni principali si erano liquefatte come neve al sole a seguito di un piccato e infastidito “No grazie”. Alla fine, ecco spuntare il nome di Koeman. Anche in questo caso dunque, come già visto per i calciatori, si sono fatte roteare le palline nell’urna, come fossimo stati a Nyon in occasione di un sorteggio Champions. Ed ecco che, come per magia, è stato tratto il nome dell’olandese. Stando ai risultati odierni si può dire che è andata bene. La squadra dopo un andamento oscillatorio con un promettente inizio, un crollo verticale e la lenta ma progressiva risalita, adesso sta rispondendo pienamente, con una messe di bel gioco e risultati in serie. Ma anche in questo caso si è trattato di un colpo di fortuna nell’aver trovato i nomi giusti. Non di una scelta consapevole. E che nessuno osi arrogarsi meriti per questa bella, brillante e entusiasmante squadra, o che certa stampa pensi di sfruttare questa rinascita per i suoi gretti scopi e per sponsorizzare questo o quel personaggio.

Memorabile Barça. 6 a 1 all’Anoeta

di Giuseppe Ortu Serra

Un Barça spettacolare, come poche lo avevamo visto negli ultimi anni, sale in cattedra a Anoeta, adesso Reale Arena, e vestiti i panni del Magnifico Rettore, incanta l’uditorio con una lectio magistralis da mille e una notte. Il Barcelona, questa notte vestito elegantemente di nero e oro, come ad una esclusiva festa di raccolta fondi benefica organizzata al Met, ha dato spettacolo rinverdendo i fasti guardioliani dell’Impero Blaugrana che conquistava il mondo a cavallo degli anni ’10 del 2000. Le reti della serata sono giunte grazie a due doppiette, quelle di Dest (prima doppietta e prime reti con la maglia blaugrana) e Messi (768 presenze, recordman assoluto del Barça e 23 goal in campionato), a cui si sono aggiunte le segnature di Griezmann (goal dell’ex e seconda rete consecutiva) e Dembélé.

Non sappiamo se le aquile imperiali siano tornate con i loro stendardi imponenti che incutono timore, ma certo che Koeman è veramente su una strada che pare lastricata di gloria. Ad Anoeta, un campo storicamente triste, amaro, avaro di soddisfazioni per la squadra blaugrana, il Barça ha sbancato il campo, sbaragliando gli avversari come birilli su di una pista di bowling. 1 a 6 il risultato finale. Una partita senza storia, dominata, aggredita, sentenziata dai ragazzi di Koeman con una fame di vittorie fino ad ora sconosciuta. La partita è stata un monologo barcelonista. Squadra messa in campo in maniera perfetta ed impeccabile da Ronald Koeman. La formazione messa in campo, schierata con il 3-4-3, è stata unita, forte come una roccia. La squadra ha giocato in maniera compatta; i giocatori, vicini gli uni agli altri, hanno avuto la possibilità di pressare alto e di recuperare la palla in un nano secondo. Una prestazione che mette in evidenza il grande lavoro che il tecnico olandese sta apportando da quando è arrivato.

Oltre alla pressione alta e al recupero di palla immediato, la squadra ha messo in evidenza consapevolezza nei propri mezzi. Grande velocità di esecuzione, gioco di prima, movimento perpetuo di tutti i suoi giocatori. Questi sono stati i punti basici con i quali il Barça ha stravinto questa partita.

Questa notte il Barcelona ha dato una dimostrazione di forza al campionato e a Madrid e Atletico con tre punti che, per il modo in cui sono giunti, sembrano molti di più, sopratutto per l’impatto psicologico che possono avere sugli avversari dei blaugrana. Il Madrid ha vinto con estrema sofferenza contro il Celta, l’Atletico ha rischiato di pareggiare contro l’Alavés. Di fronte a queste difficoltà e tentennamenti delle avversarie, il Barcelona ha mostrato una freschezza atletica e una superiorità tecnico-tattica schiacciante. La stagione, e la Liga, è più aperta che mai per questo Barça.

La Junta Laporta. Componenti e Incarichi

di Giuseppe Ortu Serra

Nella riunione di oggi, la Junta Directiva presieduta da Jan Laporta ha reso noti i singoli incarichi dei direttivi del suo board. Il nuovo presidente ha rinverdito la posizione di Presidente del Barça B, di fatto staccandola dall’incarico di Presidente del club. Sarà occupata da Jordi Casáls.

L’elenco dei direttivi al completo con i rispettivi ruoli è il seguente. Coloro che sono contrassegnati con l’asterisco sono gli ultimi arrivati nella Junta Laporta. Essi dovranno essere approvati dall’Assemblea dei Compromisarios:

JOAN LAPORTA I ESTRUCH (Presidente)

RAFAEL YUSTE I ABEL (Vicepresidente primer. Área deportiva)

ELENA FORT I CISNEROS (Vicepresidenta. Área institucional)

EDUARD ROMEU I BARCELÓ* (Vicepresidente. Área econòmica)

FERRAN OLIVÉ I CÀNOVAS* (Tesorero)

JOSEP CUBELLS I RIBÉ (Secretario)

JOSEP MARIA ALBERT I TURCÓ (Vocal)

XAVIER BARBANY I CANALETA (Vocal)

MIQUEL CAMPS I FONT (Vocal)

ALFONS CASTRO I SOUSA (Vocal)

ANTONIO ESCUDERO I MARTÍNEZ (Vocal)

JULI GUIU I MARQUINA (Vocal)

JORDI LLAURADÓ I CONEJERO (Vocal)

JOSEP IGNASI MACIÀ I GOU (Vocal)

AURELI MAS I RALDIRIS (Vocal)

XAVIER PUIG I HERNÁNDEZ (Vocal)

ÀNGEL RIUDALBAS I CODINA* (Vocal)

JOAN SOLÉ I SUST (Vocal)

JOAN SOLER I FERRÉ* (Vocal)

A Meno 4 dalla vetta!

di Giuseppe Ortu Serra

Il Barça vince placidamente contro il Huesca, consolida il secondo posto por delante del Madrid e fa un considerevole passo verso la vetta, occupata da un Atletico che da inizio anno inizia a vedere le streghe e a sentire il fiato corto e quello sul collo del Barça che arriva, arriva, arriva implacabile e inarrestabile.

Contro il Huesca i blaugrana risolvono la pratica con un bel primo tempo e una ripresa di controllo. Due gol per tempo e l’ennesimo recital di Leo Messi, autore di una prestazione maiuscola con una doppietta e un assist. Le altre due reti sono giunte da Griezmann al primo tempo e da Oscar Mingueza, di testa, in apertura di secondo tempo. Gli ospiti hanno timbrato il cartellino con un rigore concesso da un arbitro in estrema confusione mentale e da un Var ubriaco. L’allegra combriccola, dopo una overdose di allucinogeni e di fiaschi di vino, ha visto un fallo di Ter Stegen laddove nemmeno gli avversari in campo, o in panchina, avevano notato alcuna irregolarità. Ma si sa, quando si gioca contro camisetas blancas (la divisa del Huesca di questa notte), è facile scambiare lucciole per lanterne o anche immondi ranocchi per meravigliosi e fulgidi principi. Per la classe arbitrale spagnola un passaggio a vuoto preoccupante che dimostra o una incapacità totale, oppure una lucida visione d’insieme. In ogni caso, sia che gli arbitri spagnoli non ci vedano, o al contrario che ci vedano più che bene, non sappiamo cosa sia più preoccupante, una evidente incapacità a svolgere il proprio lavoro e una impreparazione evidente, o una premeditazione da regime dittatoriale.

Koeman ha affrontato la colista del campionato con qualche piccola modifica nello schieramento tattico. Sempre tre in difesa, sì, con la conferma di Frenkie centrale, ma il passaggio ai quattro a centrocampo, con Dest, Busi, Pedri e Jordi, e tre davanti, con l’aggiunta di Griezmann al duo Messi – Dembélé. L’ex Atletico è stato il solito ex Atletico. Buona volontà e poco altro. Ripieghi difensivi, giocate da centrale difensivo, ma ancora una totale e incomprensibile incapacità a leggere il gioco, le azioni e i movimenti del Barça. Dopo tanto tempo nel Barcelona, il ragazzo sembra come al suo primo giorno in blaugrana. In campo non sa dove posizionarsi, va a occupare spazi di altri suoi compagni, rendendo più difficoltosa la manovra, oltre a non capire ancora quando imbucare e quando no. Ad oggi, e sono passati già due stagioni, è ancora un corpo estraneo a questa squadra. Ha realizzato un gran goal, certo; importantissimo, non c’è dubbio. Ma prima e dopo quel momento, il ragazzo non ha inciso minimamente nella azione offensiva della squadra.

Un bel primo tempo si diceva. Una ripresa, invece, molto controllata, al passo. Fin troppo. Al di là delle due reti di Mingueza e Messi, il Barça si è rilassato eccessivamente, lasciando eccessiva confidenza al Huesca. La formazione ospite ha approfittato di questi spazi ed è andata vicina a una ulteriore marcatura. Tale eccessiva sicurezza è uno degli aspetti negativi della serata. Oggi, contro il Huesca, è andata bene; domani, contro un avversario più competitivo, il finale potrebbe avere un differente epilogo.

Capitolo Messi. Oggi ha raggiunto Xavi come numero di partite con la maglia blaugrana. 767 partite. Traguardo festeggiato, celebrato, con una doppietta meravigliosa realizzata con due tiri da fuori area di rara bellezza. Un Barça che oggi ha dimostrato di poter disporre anche di un’arma ulteriore: il tiro da fuori.

Il progetto tecnico di Laporta

di Giuseppe Ortu Serra

Il presidente eletto Jan Laporta è strenuamente al lavoro per comporre la sua squadra che governerà il Barça per i prossimi anni. Tanti nomi e tante trattative sono allo studio del presidente del primo triplete, quello del Barça delle meraviglie condotto da Pep Guardiola. Laporta ha puntato tutto sulla sua immagine ed esperienza per affrontare queste elezioni, mostrandosi umile a sufficienza da scendere in strada di persona e, stante la pandemia, fare una campagna elettorale porta a porta.

La squadra, al momento, prevede tanti nomi di livello per un progetto ilusionante che dovrà portare il Barça, nelle prossime stagioni, a occupare le posizioni che merita nel panorama calcistico mondiale. Vale a dire, lottare concretamente per tornare sul tetto d’Europa. Se Alemany, Jordi Cruyff, Ferran Reverter (49 enne Ceo di Madiamarkt Saturn, ma catalano e barcelonese di nascita) sono alcuni dei nomi di quella che sarà l’ossatura dello staff dirigenziale del presidente eletto, per quanto riguarda l’aspetto sportivo Laporta ha dei punti fermi assoluti. Blindare Messi e costruire una squadra con rinforzi sia nel reparto offensivo che in quello difensivo.

In merito al primo punto, quasi una pregiudiziale rispetto a tutti il resto, il 58enne massimo dirigente del Barcelona ha già intavolato fervidi colloqui con l’argentino. Dal momento in cui ha vinto le elezioni, e c’è da giurarci anche ben prima, si sta muovendo per coccolare Leo, per farlo sentire a casa, comodo con l’ambiente circostante. Dopo anni di tensioni, frizioni, scontri e lunghi silenzi, il mandatario blaugrana sta facendo di tutto per mostrargli che dopo l’oscurità degli ultimi anni è finalmente spuntato il sole al Camp Nou e a Sant Joan Despí. Il nome di Messi è sempre stato ricorrente nella sua campagna elettorale. E la prima cosa che ha fatto, una volta sbaragliata la concorrenza per la corsa alle presidenziali, è stata quella di parlare con l’argentino. La stima è chiaramente reciproca. E’ notoria l’amicizia tra i due. Leo, tra l’altro, si è recato al seggio elettorale per esprimere la propria preferenza, cosa mai fatta fino ad ora. Questo è già un segno forte di una ferrea volontà di restare. Se il ragazzo volesse andare via, perché mai recarsi a votare? E ciò a maggior ragione del fatto che mai lo aveva fatto prima d’ora. La coincidenza non è casuale. Mentre noi parliamo di fatti, tante campane stonate provenienti dal Brasile o dalla Francia cercano di sostenere il contrario nel tentativo di creare acrimonia all’interno del club, infastidire e cercare di guastare un clima che da un mesetto circa si è chiaramente rasserenato. L’ultima notizia farlocca proviene da un media che si chiama TNT, secondo il quale Messi avrebbe giocato in questa champions l’ultima gara contro il PSG poiché dalla prossima stagione indosserebbe la maglia della formazione qatariota. Come se un media con un nome del genere potesse essere considerato attendibile e foriero di serietà e prestigio. Una colla forse, un fumetto, o la nota compagnia di spedizioni sì, ma non certo un organo di informazione, le cui notizie sembrano esplodere e disintegrarsi con una velocità maggiore di come sono state create.

Perché tanta insistenza? Il clima all’interno della squadra è tornato sereno, c’è compattezza tra lo spogliatoio e l’allenatore, il gioco è rifiorito, e con esso l’entusiasmo in campo anche grazie al cambio di modulo che Koeman ha modellato come un abito su misura a questa squadra. Tutto questo, è evidente, a qualcuno non giova, e opera come piccole api operose (chi riconosce la citazione è bravo) affinché si rovini la ritrovata serenità. Lunedì prossimo, inoltre, Jorge Messi arriverà a Barcelona dall’Argentina per incontrare il presidente eletto. E c’è da scommetterci, la chiacchierata sarà pacata, cordiale e fruttifera.

Non solo Messi però. L’idea di un Barça ganadór non si ferma alla conferma del genio di Rosario. Tutt’altro. E’ di tutta evidenza che la squadra è pesantemente da rafforzare. Attacco e difesa sono i reparti che necessitano i maggiori interventi di restauro. Il centrocampo, invece, grazie alla Masia, ma non solo, è instradato verso la corretta direzione. Un mix di esperienza, gioventù, eleganza e forza fisica. Il centrocampo blaugrana sembra una combinazione tra scienza e romantica incoerenza. Tra Riqui, Ilaix, Pedri, De Jong, Collado che preme dal filial, Busquets, che nel centrocampo a cinque sembra avere ritrovato antiche virtù, Dest e Jordi, centrocampisti aggiunti, il reparto che oggi può contare formalmente anche su Pjanic (domani non si sa, o per dirla come Rossella, “Dopotutto, domani è un altro giorno!”), appare completo, competitivo e ben miscelato tra esperienza e temerarietà.

L’attacco, si diceva. Laporta maneggia alcuni nomi, alcuni più entusiasmanti di altri. Il nome per eccellenza è, ovviamente Erling Haaland. Del 20enne del Borussia Dortmund si è già detto molto. Il norvegese è un autentico portento. Un ragazzone di 88 kg per 1,94 metri che segna più reti di quante partite giochi. In Champions, per esempio, Erling ha realizzato 20 reti in 14 gare con 2 assist, diventando il giocatore che ha raggiunto il traguardo delle 20 segnature con il minor numero di partite giocate. Tanto per fare un esempio, Messi ha avuto necessità di 40 partite, 56 addirittura per Ronaldo alla sua prima stagione al Madrid. Lewandowski è arrivato a quota 20 reti dopo 36 gare alla prima annata al Bayern. Questa comparazione mette ancora più in evidenza gli incredibili numeri di Haaland. Erling ha una clausola rescissoria fissata in 75 milioni di euro, ai quali si devono aggiungere le commissioni da pagare a Raiola e a suo padre che fanno schizzare il costo del giocatore intorno ai 100 milioni, giustappunto il suo valore di mercato secondo Transkertmarkt. Una enormità certo, sopratutto in periodo di coronavirus e di crisi economica generalizzata per il mondo del calcio, a cui certo il Barça, come ben sappiamo, non fa eccezione. Il calciatore del BVB è però la sensazione dell’anno e marcherà certamente un’epoca. Sarà indubbiamente il calciatore simbolo dei prossimi 10, 15 anni al pari di Mbappé. Vale la pena fare carte false e rischiare il tutto per tutto per assicurassi un giocatore del genere? Certamente sì. Al Dortmund non resterà a lungo. Questa estate prossima, o al più tardi quella dopo, il ragazzo farà le valige e lascerà i gialli di Germania per approdare in una grande d’Europa. E una volta lì, non si muoverà più; o quantomeno, sarà il Barça a non potersi permettere la scalata a un’altra grande per assicurarsi il ragazzo. Dunque… Carpe diem! Ora o mai più.

Agüero è l’opzione più economica anche anche di limitato respiro. Il giocatore di 32 anni, in scadenza con il City, può essere preso a zero. Bisogna solo trattare per l’ingaggio che chiaramente, vista anche l’età, non potrà essere elevato. L’argentino è reduce da una stagione travagliata. Due infortuni al ginocchio e uno ai flessori, a cui si è aggiunta l’infezione di coronavirus, gli hanno impedito di disputare praticamente l’intera stagione. Se pienamente recuperato, il Kun offrirebbe un buon rendimento nell’immediato, ma certo che non può essere una scommessa per il futuro. Non più di una/due stagioni. E poi? Punto e a capo alla ricerca di una punta che non sarà mai devastante come Haaland.

Altri nomi? Depay, pupillo di Koeman. Anche lui arriverebbe a zero, ma in questo caso si tratta quasi di un rimedio della nonna, non una scelta meditata e giudicata la migliore. E di qui a uno, due anni, si dovrà nuovamente scandagliare il mercato alla ricerca di un nueve di garanzia.

Tirando le somme, o come dicono negli Usa, at the bottom line, si andrebbe a spendere molto di più perché nel giro di poche stagioni bisognerebbe ingaggiare due giocatori senza la garanzia di una buona riuscita dell’operazione, sia dal punto di vista sportivo che finanziario, invece che puntare direttamente su un unico giocatore, il cavallo vincente. Come fare per prenderlo? Sponsor che finanzino l’operazione, cessioni di giocatori, prestiti in uscita che possano permettere di risparmiare ingaggi onerosi o parte di essi.

Riguardo al reparto arretrato, i nomi sono Eric García e Alaba. Il primo è praticamente cosa fatta. Arriverà a zero dal City in estate. C’è già l’accordo con il ragazzo. Uscito dal Barça recentemente, ad inizio del ’17 sentendosi chiuso da Piqué e Umtiti, può giocare centrale sia a destra che a sinistra, oltre che ricoprire anche il ruolo di laterale destro in caso di necessità. Alaba, invece, è un po’ il sogno di questa estate per la difesa. in uscita dal Bayern con il quale non ha voluto rinnovare, il ragazzo è il miglior difensore in circolazione che si possa ingaggiare da svincolato. 28 anni, quindi nel pieno della maturità fisico-calcistica, David è un giocatore polivalente, potendo occupare il ruolo di difensore centrale destro e sinistro indifferentemente, il laterale sinistro e anche il centrocampista centrale. Questo, tuttavia, secondo indiscrezioni, sarebbe il ruolo che vorrebbe svolgere lasciando il Bayern, dove è stato invece relegato in difesa. Essendo svincolato bisognerebbe trattare solo per l’ingaggio, che si sa già che sarà elevato secondo le sue richieste (circa 11 milioni netti a stagione). Sarebbe il giocatore perfetto per il nuovo progetto Koeman-Laporta, tanto più se il ragazzo dovesse recedere dal puntiglio di voler giocare a tutti i costi a centrocampo. Laporta ha già contatti con il procuratore di Alaba, Pini Zahavi, che gli ha assicurato di attendere il Barcelona e la sua offerta.

Il Barça non passa ma ritrova se stesso, l’orgoglio e l’anima blaugrana

di Giuseppe Ortu Serra

E’ finita con un pareggio, 1 a 1. Un punteggio bugiardo perché il Barcelona avrebbe meritato di più, molto di più. Non c’è stato il passaggio del turno e la remuntada, ma c’è stata la prestazione. L’era Laporta è iniziata. Serviva una grande prestazione, e c’è stata. Un bellissimo Barcelona fermato solo dal portiere e da tanta fortuna della difesa del PSG. Una squadra unita, forte mentalmente e fisicamente. Ha messo nella propria area di rigore il PSG e ha giocato a una porta. Un Barça come poche volte lo avevamo visto in Europa. Costruttivo, veloce, forte, con un pressing alto e una riconquista immediata del pallone. Tante occasioni da rete, conclusioni, una traversa, un rigore sbagliato con traversa (seconda) allegata. Gli errori di Dembélé nel primi 45′ alla fine sono stati fondamentali. Questo il Barça, che ha dominato e annichilito gli avversari, evidenziandone la pochezza dei suoi singoli componenti. Nonostante ciò era andato sotto in una delle rarissime occasioni in cui i qatarioti avevano messo il naso fuori dalla loro area di rigore. Calcio di rigore per un fallo involontario di Lenglet ai danni di Icardi, che nella corsa, ha colpito il tallone del giocatore argentino. Dal dischetto il ragazzo della banlieu Mbappé ha portato in vantaggio i suoi. Un vantaggio tanto immeritato non si era mai visto. Pochettino è stato ridicolizzato da Koeman. Messi ha messo in castigo, dietro la lavagna, annullato Mbappé, che non ha mai abbandonato il carattere da teppista delle banlieue. Essere grandi calciatori è facile, essere uomini è molto difficile.

Dopo l’immeritato vantaggio, il Barça ha ripreso a giocare dal punto in cui era stato messo in pausa dall’intervento arbitrale. Messi ha rimesso la sfida in parità con una rete meravigliosa. Il Barça ha continuato ad aggredire, togliendo loro spazio e aria da respirare agli avversari. Quando i blaugrana perdevano il possesso della palla, in un secondo era già recuperata.

Messi, con una rete meravigliosa, ha rimesso la partita in parità. Un tiro da lontanissimo che ha bucato la porta di Navas. Il risultato di parità ha nuovamente alimentato il sogno di una incredibile remuntada. I supplementari erano sempre possibili. Quasi allo scadere della prima frazione di gioco lo sono sembrati un pochino di più, poiché il Barça ha beneficiato di un penalty per fallo di Kurzawa su Griezmann. L’arbitro ha risparmiato il secondo giallo e così il PSG è rimasto in undici in campo. Messi, però, ha fallito il tiro dal dischetto. Navas è riuscito a opporsi mettendosi nella traiettoria del tiro. La palla, schizzata in alto, ha poi incocciato contro la traversa ed è tornata in campo.

Nella ripresa il Barça ha rallentato leggermente il ritmo, forse accusando la stanchezza dei primi 45′, o il rigore fallito in chiusura di tempo, o le molteplici occasioni fallite da Dembélé. Nonostante tutto è stato il Barcelona a menare le danze e a mettere nuovamente il PSG nella propria metà campo. E ancora una volta è stato Navas ad ergersi a protagonista e a negare le marcature ai blaugrana.

La gara è finita con il passaggio del turno per i padroni di casa, ma con la consapevolezza che con un po’ di attenzione nella gara d’andata la qualificazione sarebbe stata probabilmente capovolta. In ogni caso una gara tutta cuore, anima e orgoglio per i blaugrana che hanno riscattato così la brutta prova dell’andata, dimostrando di essere una formazione tutt’altro che morta.

Alemany-Cruyff en la grada; Kun en la cancha?

di Giuseppe Ortu Serra

Secondo le intenzioni del nuovo presidente Jan Laporta, la secretaria tecnica, l’area deportiva, sarebbero affidate ad Alemany e a Jordi Cruyff. L’ex dirigente del Valencia e l’attuale allenatore del Shenzhen, sarebbero gli incaricati di confezionare la nuova squadra del Barcelona.

Alemany, dopo aver lasciato l’incarico di direttore generale al Valencia nel 2019, è attualmente senza contratto, cosicché il suo ingaggio sarebbe praticamente cosa fatta. Il discorso di Jordi, così come amava farsi chiamare per rispetto e timidezza verso l’ingombrante e monumentale padre, è più complicato, posto che ha un contratto attivo con il Shenzhen, formazione cinese nella quale ricopre il ruolo di allenatore. Laporta lo aveva contattato durante la campagna elettorale, e lo ha rifatto a maggior ragione adesso che è diventato presidente. Cruyff sta ponendo in essere tutti i passi necessari per provare a svincolarsi dal suo club di appartenenza. Il contratto con lo Shenzhen ha ancora un anno di validità. Certo che per il ragazzo sarebbe una occasione d’oro che non può certo lasciarsi sfuggire. Così, muovendosi con la delicatezza necessaria in questi casi per non infastidire e indisporre lo Shenzhen, che dovrebbe compiere un gesto di generosità verso il proprio allenatore, Cruyff sta operando dall’interno per giungere nell’intento di svincolarsi in anticipo e venire al Barça. Dal canto suo, anche Laporta si muoverà verso la squadra cinese per mostrare che il desiderio di Jordi Cruyff non è un mero sogno, ma una possibilità attuale e concreta. Questo passo ufficiale del Barça dovrebbe aiutare a sbloccare la situazione. Alla coppia Alemany-Jordi Cruyff dovrebbero essere affidate le redini della gestione sportiva del club.

Il piano Laporta prevederebbe rinforzare tutte le linee della squadra. Per quanto riguarda l’attacco l’idea sarebbe quella di prendere il Kun Aguero. Il giocatore argentino di 32 anni, amico di Messi, si svincolerà a zero dal City alla fine di questa stagione, il 30 giugno. Secondo il media argentino TyC Sport che ha lanciato la notizia, notoriamente ben informato su tutto ciò che riguarda i suoi connazionali (la notizia del burofax di Messi era di TyC Sport), Laporta gli avrebbe già fatto pervenire una offerta formale. Il giocatore garantirebbe quell’esperienza necessaria per l’attacco orfano di Suárez. Pur di giocare al fianco di Messi e chiudere così la carriera al Barça, in uno dei due club più prestigiosi al mondo, il giocatore sarebbe disposto a ritoccare pesantemente l’ingaggio. In questo modo il club cercherebbe di correggere l’errore commesso in questa stagione di dare il ben servito a Suárez, lasciando così il reparto offensivo della squadra orfano di un attaccante d’area capace di segnare con continuità.

In questa stagione l’argentino dei citizens ha avuto una stagione travagliata costellata da due infortuni, uno al ginocchio a inizio stagione, che lo ha tenuto fuori per cinque partite con una ricaduta che gli sono costate altre tre gare, e uno alla coscia (altre tre sfide out). Ad inizio anno è stato poi colpito dal coronavirus (dieci partite fuorigioco). Tuttavia da quando è guarito a metà febbraio, non ha ancora trovato la forma fisica per riapparire sul terreno di gioco, restando in panchina per cinque delle ultime sei partite.

L’argentino di Buenos Aires sarebbe certamente una scelta economica per dare esperienza alla squadra in un periodo di crisi finanziaria. L’opzione più ricercata e desiderata, Haaland, è certamente molto più impegnativa dal punto di vista economico. Vero è che, se davvero si vuole puntare sul ventenne del BVB, bisognerebbe agire al più presto finché Erling gioca ancora nelle fila del Dortmund. Lasciato il club tedesco per una delle grandi del calcio europeo, cosa che avverrà se non quest’anno al più tardi al termine della prossima stagione, l’operazione ingaggio diventerebbe impossibile.

Presidenza cruyffista e catalanista

di Giuseppe Ortu Serra

La rottura con il passato è chiara e netta. Le prime parole da presidente di Jan Laporta sono sintomatiche e illustrative di quella che sarà la sua presidenza. Una gestione illuminata che guarda al futuro con ben saldi i principi del passato. “La mia è una candidatura cruyffista e catalanista”. Ora potremo parlare di presidenza cruyffista e catalanista. Due parole che accendono gli animi dei culés.

Il Barça è stato di Johan Cruyff, e viceversa, sin da quando mise piede da giocatore a Barcelona. Venne in Catalunya e si prese il club, la squadra, la sua anima pessimista, conflittuale e perdente e la trasformò in una creatura vincente e scintillante che farà innamorare i puristi, gli esteti e gli intenditori di calcio per anni fino ai giorni nostri. L’olandese che diventò più catalano dei catalani. Il diamante olandese stregò subito Barcelona con le sue parole e le giocate, i goal, la sua conversione alla causa catalana. “Non giocherò mai per una squadra che ha tra i suoi tifosi un dittatore” disse quando si parlò di un interessamento dei blancos per il suo ingaggio.

La causa catalana è sempre stata una costola, forse la spina dorsale del FC Barcelona. Squadra e Catalunya; club e Barcelona; società civile e squadra sportiva. Due diverse anime della medesima cosa. Barcelona come la conosciamo oggi non potrebbe esistere senza la sua squadra; il Barça altrettanto senza la sua città, la sue regione (la Catalunya). Due cuori, due polmoni; che battono, si gonfiano e vivono in simbiosi. L’orgoglio catalano, il sentimento autonomista prima e indipendentista adesso. A Barcelona non si è mai giocato solo per la vittoria su un campo di calcio. Non si è mai andati allo stadio solo per vedere una partita di calcio. Altrove sì; in tutto il resto del mondo certamente. Ma non a Barcelona. Sopratutto sotto Primo de Rivera e Franco si è sempre giocato per battere il regime, la censura, l’autoritarismo che soffoca la voce, il grido, il respiro di libertà e democrazia. E la gente blaugrana, la gente di Barcelona, il popolo di Catalunya, ha sempre gremito le tribune dei vari campi da gioco della squadra per dire “noi siamo diversi da voi, siamo l’opposto di voi”. Battere il Madrid equivaleva battere per 90′ la repressione e innalzare la bandiera della libertà di pensiero e parola (cosa che in Spagna manca anche oggi se per quello, con il caso Hasél impietosamente qui a ricordarcelo) allo stesso modo in cui, negli Stati del sud degli Stati Uniti, si dice che il baseball è l’unico modo per un nero di agitare un bastone davanti a un bianco senza essere ucciso all’istante.

Tutto questo è venuto a mancare con le presidenze Rosell e Bartomeu. Quanto meno è stato annacquato come mai dovrebbe esser fatto con un ottimo Chateau Latour con dell’acqua. Il cruyffismo è sempre stato ostacolato da Rosell e Bartomeu, come pure lo stesso Johan. Polemiche a non finire sulla sua fondazione, ostacolata e ostracizzata dalle passate presidenze. La rottura tra Cruyff e il binomio Rosell – Bartomeu è stata totale. Il sentimento indipendentista confinato in soffitta dentro il vecchio baule dei giocattoli da bambino.

Adesso si cambia. Il primo messaggio visuale è lampante. La squadra Laporta è salita sul palco del vincitore, dopo la proclamazione, con la mascherina color arancione a ricordare la maglia dell’Olanda e il numero 14 stampato a un lato. Evidente citazione all’olandese volante con il numero 14. Nel discorso d’insediamento e di ringraziamento, quasi fossimo agli Oscar, non poteva mancare il ringraziamento al grande amico e mentore Johan. “Da lassù ci sta guardando e ci ha aiutato. E spero che continui a farlo”.

Il sostegno alla causa catalana è una nota peculiare del profilo di Jan Laporta. E la sua presidenza non si smentirà. Sarà certamente un’amministrazione in stile anti piolines, con tutto ciò che esso significa. Siamo convinti del fatto che la sua presidenza cercherà di contrastare fino in fondo ogni repressione che quel termine incamera. La difesa delle esteladas allo stadio sarà totale e senza tentennamenti, così come, siamo certi, la maglia della squadra, che non sarà più usata da Nike per dare sfogo alle fantasie più distorte e malate del suo reparto fashion e design. Non più creatori fatti di crack al tavolo da disegno per lavorare alle maglie del Barcelona, ma proposte serie e leali in linea con la dignità, l’importanza, il prestigio, la nobiltà di un club come il Football Club Barcelona.

Jan Laporta nuovo presidente

di Giuseppe Ortu Serra

E’ Jan Laporta il nuovo presidente del FC Barcelona. Le elezioni celebrate oggi hanno bollinato l’elezione del presidente del primo triplete. Il presidente Laporta ha vinto le elezioni con il 54,28% dei voti, battendo nettamente Victor Font fermatosi al 29,99% e Toni Freixa, ultimo staccattissimo con appena l’8,58% dei suffragi. Un presidente forte, di personalità, che da subito, ancora in campagna elettorale, ha dichiarato di voler far tornare una forte rappresentanza del club in tutte le istituzioni sportive a carattere mondiali. Il primo obiettivo di Laporta presidente sarà quello di parlare con Messi e offrirgli un piano sportivo che lo convinca a restare. Già nel pomeriggio del giorno delle elezioni lo ha dichiarato ufficialmente. “Se vinco le elezioni chiamerò oggi stesso Jorge Messi”. Queste sono state le elezioni che hanno portato alle urne il secondo dato di affluenza di sempre. Tenendo conto del periodo complicato, marcato dalla pandemia, esso equivale sostanzialmente al maggior numero assoluto di affluenza. Laporta ha superato il suo precedente numero di voti a favore con i quali aveva ottenuto la carica presidenziale nel 2003. Il nuovo presidente del Barça è risultato il secondo mandatario più votato di sempre con i suoi 30.184 voti, finendo alle spalle di Rosell, che nel 2010 aveva ottenuto 35.021 voti pari al 61,35% del censo. L’affluenza è stata colossale tenendo in considerazione i protocolli coronavirus, le limitazioni agli spostamenti personali e i confinanti, raggiungendo la cifra di oltre il 50% (50,42%) degli aventi diritto (110.290 soci sparsi in tutto il mondo).