Presidenza cruyffista e catalanista

di Giuseppe Ortu Serra

La rottura con il passato è chiara e netta. Le prime parole da presidente di Jan Laporta sono sintomatiche e illustrative di quella che sarà la sua presidenza. Una gestione illuminata che guarda al futuro con ben saldi i principi del passato. “La mia è una candidatura cruyffista e catalanista”. Ora potremo parlare di presidenza cruyffista e catalanista. Due parole che accendono gli animi dei culés.

Il Barça è stato di Johan Cruyff, e viceversa, sin da quando mise piede da giocatore a Barcelona. Venne in Catalunya e si prese il club, la squadra, la sua anima pessimista, conflittuale e perdente e la trasformò in una creatura vincente e scintillante che farà innamorare i puristi, gli esteti e gli intenditori di calcio per anni fino ai giorni nostri. L’olandese che diventò più catalano dei catalani. Il diamante olandese stregò subito Barcelona con le sue parole e le giocate, i goal, la sua conversione alla causa catalana. “Non giocherò mai per una squadra che ha tra i suoi tifosi un dittatore” disse quando si parlò di un interessamento dei blancos per il suo ingaggio.

La causa catalana è sempre stata una costola, forse la spina dorsale del FC Barcelona. Squadra e Catalunya; club e Barcelona; società civile e squadra sportiva. Due diverse anime della medesima cosa. Barcelona come la conosciamo oggi non potrebbe esistere senza la sua squadra; il Barça altrettanto senza la sua città, la sue regione (la Catalunya). Due cuori, due polmoni; che battono, si gonfiano e vivono in simbiosi. L’orgoglio catalano, il sentimento autonomista prima e indipendentista adesso. A Barcelona non si è mai giocato solo per la vittoria su un campo di calcio. Non si è mai andati allo stadio solo per vedere una partita di calcio. Altrove sì; in tutto il resto del mondo certamente. Ma non a Barcelona. Sopratutto sotto Primo de Rivera e Franco si è sempre giocato per battere il regime, la censura, l’autoritarismo che soffoca la voce, il grido, il respiro di libertà e democrazia. E la gente blaugrana, la gente di Barcelona, il popolo di Catalunya, ha sempre gremito le tribune dei vari campi da gioco della squadra per dire “noi siamo diversi da voi, siamo l’opposto di voi”. Battere il Madrid equivaleva battere per 90′ la repressione e innalzare la bandiera della libertà di pensiero e parola (cosa che in Spagna manca anche oggi se per quello, con il caso Hasél impietosamente qui a ricordarcelo) allo stesso modo in cui, negli Stati del sud degli Stati Uniti, si dice che il baseball è l’unico modo per un nero di agitare un bastone davanti a un bianco senza essere ucciso all’istante.

Tutto questo è venuto a mancare con le presidenze Rosell e Bartomeu. Quanto meno è stato annacquato come mai dovrebbe esser fatto con un ottimo Chateau Latour con dell’acqua. Il cruyffismo è sempre stato ostacolato da Rosell e Bartomeu, come pure lo stesso Johan. Polemiche a non finire sulla sua fondazione, ostacolata e ostracizzata dalle passate presidenze. La rottura tra Cruyff e il binomio Rosell – Bartomeu è stata totale. Il sentimento indipendentista confinato in soffitta dentro il vecchio baule dei giocattoli da bambino.

Adesso si cambia. Il primo messaggio visuale è lampante. La squadra Laporta è salita sul palco del vincitore, dopo la proclamazione, con la mascherina color arancione a ricordare la maglia dell’Olanda e il numero 14 stampato a un lato. Evidente citazione all’olandese volante con il numero 14. Nel discorso d’insediamento e di ringraziamento, quasi fossimo agli Oscar, non poteva mancare il ringraziamento al grande amico e mentore Johan. “Da lassù ci sta guardando e ci ha aiutato. E spero che continui a farlo”.

Il sostegno alla causa catalana è una nota peculiare del profilo di Jan Laporta. E la sua presidenza non si smentirà. Sarà certamente un’amministrazione in stile anti piolines, con tutto ciò che esso significa. Siamo convinti del fatto che la sua presidenza cercherà di contrastare fino in fondo ogni repressione che quel termine incamera. La difesa delle esteladas allo stadio sarà totale e senza tentennamenti, così come, siamo certi, la maglia della squadra, che non sarà più usata da Nike per dare sfogo alle fantasie più distorte e malate del suo reparto fashion e design. Non più creatori fatti di crack al tavolo da disegno per lavorare alle maglie del Barcelona, ma proposte serie e leali in linea con la dignità, l’importanza, il prestigio, la nobiltà di un club come il Football Club Barcelona.

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