Al Camp Nou tre punti del Barça contro l’Athletic e secondo posto in classifica

di Giuseppe Ortu Serra

Vittoria sofferta e complicata del Barça contro l’Athletic Bilbao nel primo incontro casalingo dei blaugrana nel 2021. Dopo ben otto partite consecutive in trasferta, il Barcelona ha finalmente messo piede al Camp Nou conquistando tre punti fondamentali che lo proiettano al secondo posto in classifica davanti al Real Madrid per differenza reti, ieri sconfitto in casa dal Levante per 1-2. Le reti dell’incontro contro i leones di Marcelino sono stati realizzati da Messi su punizione nel primo tempo e da Griezmann nella ripresa. Nel mezzo la rete del momentaneo pareggio dei baschi grazie a una autorete di Jordi in apertura di ripresa.

Il primo tempo è stato giocato molto bene dal Barcelona davanti a un Athletic insolitamente remissivo. Era la terza partita contro los bilbainos e fino ad ora avevano mostrato un carattere ruggente proprio come il loro soprannome. I primi 45′ sono invece scivolati in maniera morbida e soffice anche grazie a una performance perfetta del Barça. Ottima la pressione alta della formazione di Koeman che ha dato ritmo e velocità ad ogni azione. Il Barcelona ha così dominato placidamente, andando in rete con una punizione magistrale di Messi, alla sua rete numero 650 con il Barça. La punizione, dal limite dell’area, è stata morbida e precisa, battendo portiere e difensore rivale con una traiettoria imbattibile e imprendibile. I blaugrana hanno sfiorato il raddoppio in una serie di occasioni, chiudendo all’intervallo meritatamente in vantaggio anche se solo di una rete. Questo è stato l’unico cruccio di 45′ perfetti.

Nella ripresa l’Athletic ha cambiato marcia, ed è sceso sul terreno di gioco molto più combattivo rispetto alla prima frazione di gioco. Dopo pochi minuti dall’inizio del gioco è giunto il pareggio. E’ stato Jordi a mettere nella propria porta il pallone dell’1-1 per anticipare l’intervento di De Marcos. Ter Stegen battuto e tutto da rifare. Rispetto alla prima frazione di gioco, questa volta l’Athletic si è dimostrato molto meno malleabile. Il compito dei blaugrana si prospettava molto meno semplice che nel primo tempo. La partita è stata così molto più equilibrata e combattuta, e ad ogni azione blaugrana è corrisposta una controreplica degli uomini di Marcelino. I cambi dei due allenatori non hanno mutato più di tanto gli schieramenti in campo, Koeman ha inserito Roberto, al suo rientro in squadra dopo i problemi fisici che lo avevano tenuto fuori da dicembre, al posto di Pjanic (buona la sua partita nel primo tempo al pari di tutti i suoi compagni di squadra). Roberto si è posizionato sul terreno di gioco a centrocampo da interno di destra.

Al 74‘ è giunta la rete della vittoria. Essa porta la forma di Griezmann che ha ricevuto un bel pallone dai piedi di Mingueza in area di rigore. Il francese ha intercettato il cross deviandolo quel tanto che è bastato per trafiggere il portiere avversario nell’angolo alto opposto. Il 2-1 ha riportato il Barça al secondo posto in classifica, ma ha scatenato la voglia di reazione dell’Athletic che ha cinto d’assedio i blaugrana nella propria metà campo. Sono così iniziati quindici minuti di sofferenza per Messi e i suoi. I blaugrana hanno lottato su ogni pallone al pari dei loro avversari. la partita è diventata ancora più avvincente, ricca di emozioni e di intensità. A quel punto Koeman ha inserito Lenglet al posto di Griezmann, misura rischiosa se si pensa che la squadra si sarebbe schiacciata ancora maggiormente nella propria metà campo. A mitigare la mossa è giunto successivamente l’inserimento di Braithwaite per Dembélé allo scopo di dare profondità e maggiore consistenza fisica.

La partita è terminata con l’Athletic alla ricerca del pareggio e il Barça impegnato a cercare di tenere palla quanto più possibile lontano dall’area difesa da Ter Stegen. Tre punti in classifica di una importanza vitale per i blaugrana che danno continuità alla serie di vittorie (8 consecutive in campionato) e alla scalata in classifica, ponendosi ora in pole position per la rincorsa all’apparente inarrivabile Atletico. Sembrava un sogno solo pochi mesi fa. Il primo scalino è stato compiuto. Adesso si riparte da zero alla rincorsa della lepre cholista.

Il contratto di Messi e gli interessi oscuri dentro il Barcelona

di Giuseppe Ortu Serra

Questa mattina su El Mundo, è venuta alla luce il contratto di Leo Messi. Non una notizia sul contratto, non una indiscrezione, ma addirittura l’intero contratto con la presenza degli opportuni omissis riguardo ai dati personali e sensibili del giocatore. Ora, posto che un documento del genere non lo sia trova ovunque su internet, nelle librerie o nelle edicole in comode dispense settimanali, vien da sé che esista una Gola Profonda al Barcelona o nella sede della Liga affinché si possa pubblicare il contratto nella sua interezza. Stiamo parlando del contratto che il crack argentino ha firmato nel 2017 con scadenza a questa prossima estate. Un contratto che permette al 10 blaugrana di percepire la cifra lorda, come abbiamo scoperto stamane, tra fisso e bonus e ripartita nei quattro anni di contratto, di 555.237.619 euro. Questa somma, divisa per la durata contrattuale, equivale a un ingaggio lordo annuale di 138.809.404,75 euro. L’informativa dice che Messi, fino ad ora, a pochi mesi dalla scadenza del contratto che spirerà in giugno, ha guadagnato il 92% della cifra totale. La prima pagina di El Mundo correda la monumentale cifra con il titolo “El contrato faraonico de Messi que arruina al Barça”.

Caspita, ben più di un pugno in faccia! Un articolo bomba non c’è che dire. Stiamo parlando di cifre stratosferiche per il miglior giocatore al mondo e della storia. Ma queste cifre devono essere lette non certo da sole, ma insieme a quelle che il Barça incassa per mezzo dello stesso Leo Messi. Do ut des. Dare per avere in cambio qualcosa dicevano i latini. Come ogni bilancio, ogni scrittura commerciale, ci sono attivi e passivi, dare e avere. Un medesimo cespite, una stessa voce, può avere l’ambivalenza di causare uscite di cassa e permettere entrate finanziarie. E questo è esattamente il caso. Messi rappresenta per il club una evidente uscita di cassa, ma anche una altrettanto chiara entrata economica. Un attivo, un benefit. Cosicché, se da un lato si hanno uscite per 138 milioni annuali per un totale di 555 milioni nel quadriennio 17-21, il Barcelona incassa da Leo Messi, grazie a Leo Messi, per mezzo di Leo Messi, la cifra annuale di 282 milioni di euro che, moltiplicata per i quattro anni di contratto ascende alla cifra stellare di 1.128 milioni di euro, vale a dire più di un miliardo di euro. Messa a confronto con i 555 milioni di spesa contrattuale per l’astro argentino, il Barça ha un beneficio di ben 573 milioni. Le fonti di tutto questo esercizio matematico sono più che affidabili, trattandosi di Forbes e di Navigate Data Analytics.

Come si arriva alla suddetta somma, direte voi. Presto detto. Avete taccuino e penna alla mano? Bene. Il Barça vende circa 2 milioni all’anno di maglie con il nome Messi e il 10 sulle spalle dai suoi canali ufficiali, siano essi gli stores fisici sparsi in tutto il mondo, sia attraverso gli shops on line. Dalla vendita delle maglie ha quindi entrate per 71 milioni di euro annuali. Capitolo biglietti allo stadio e sponsorizzazioni per il club. L’apporto fattivo e diretto del giocatore a queste voci è più del doppio di qualsiasi altro giocatore medio del Barça. Apporto monetario calcolato in circa 145 milioni di euro all’anno. Sui social media grazie al nome Messi, il club blaugrana guadagna 66 milioni di euro all’anno. Tutte queste voci per un totale di 282 milioni di euro all’anno, che moltiplicate per gli anni del contratto dell’argentino equivalgono alla cifra già vista di 1.128 milioni. Perciò se il Barcelona paga un totale di 555 milioni all’argentino in quattro anni, nello stesso periodo il club guadagna, grazie al medesimo giocatore più del doppio; per l’esattezza 573 milioni all’anno.

Posto dunque che il contratto non arruina per niente al Barça, per usare le parole de El Mundo, e che invece, contrariamente a quanto si vuole far credere, viene beneficato da esso, rimane da scoprire chi è il colpevole, l’assassino direbbe Hercule Poirot se fossimo in un romanzo di Agatha Christie, la Gola Profonda del Watergate. La domanda in questi casi è sempre la stessa: Qui Prodest. Chi può avere interesse alla pubblicazione del contratto e per quale motivo?

Come abbiamo scritto nella prima parte dell’articolo solo due fonti posso essere le responsabili. La Liga e il Barcelona. Nessun altro poteva avere l’occasione e la disponibilità materiale del contratto. Perché La Liga? A che pro? La pubblicazione del contratto da parte di El Mundo, ha il chiaro intento di demolire ulteriormente l’immagine del giocatore e del club, di creare scandalo e imbarazzo in un momento estremamente difficile e complicato del club dal punto di vista economico-finanziario. Fare uscire adesso una notizia del genere, in assenza di un presidente, nel pieno di un caos istituzionale, con le elezioni rinviate ulteriormente, equivale a far addossare le responsabilità del disastro finanziario della squadra al suo capitano Messi attraverso l’equazione contratto di Messi uguale crack finanziario. Ergo Messi è il responsabile del dissesto e della situazione in cui versa al momento il club. Messo alla berlina per l’ennesima volta come causa di tutti i mali del Barça, Messi farebbe certamente le valige, non sognandosi minimamente di rinnovare con il club blaugrana. Che interesse avrebbero La Liga e Tebas nel perdere Messi? Alcuno. Anzi, ne uscirebbero danneggiati al pari del Barça. Il presidente della Liga lo aveva chiarito anche in estate quando c’era stata la Crisi del Burofax. “Non rilascerò mai il transfer in assenza di un accordo con il Barcelona” aveva ripetuto in quegli ardenti (sia dal punto di vista metereologico che della tensione emotiva) pomeriggi d’estate. Perdere Leo sarebbe un danno enorme per il calcio spagnolo. Danno in termine di immagine ed economico. Andare a contrattare i diritti televisivi con il resto d’Europa, la Cina e l’America senza Leo significherebbe perdere tutta la potenza suggestiva di un nome che da solo smuove folle, entusiasmi e capitali. Tebas non potrebbe certo sperare di ottenere cifre nemmeno simili a quelle dei diritti audiovisivi attuali senza la pulce argentina. Dopo aver perso Ronaldo, il calcio spagnolo non può minimamente permettersi di rinunciare a Leo. Dunque La Liga non ha il minimo interesse a far scappare l’argentino.

E a Can Barça? Se non possiamo rivolgere lo sguardo all’esterno, dobbiamo per forza guardare dentro casa. Chi potrebbe essere lo Iago della situazione? Chi, dentro l’Entidad, ha l’accesso ai documenti e ha anche l’interesse a privarsi di Messi? Chi da settimane non fa altro che parlare della necessità di vendere Leo Messi, che è stato un errore non privarsene questa estate e via discorrendo? Facile da scoprire. Solo una. Lo stesso nome che è sulla bocca di tutti nel barcelonismo da stamattina. Il segreto di pulcinella. Il villain per eccellenza se fossimo in un storyboard di 007. Una persona che per protagonismo o necessità di aiutare fino in fondo i suoi compari sta cercando di intorbidire le acque, lanciare falsi bersagli come in una guerra sottomarina e spostare l’attenzione su altri temi mentre si cerca di mascherare le magagne di anni di sprechi e dissennatezze.

Il Barcelona ha emesso un comunicato nel quale avanza l’intenzione di presentare querela contro El Mundo e coloro che hanno fatto uscire il contratto dalla cassaforte del club. Atto dovuto. Non significa niente. Sparare a un amico per farlo credere un nemico. Vecchio trucco da Gestapo.

La nuova vita di De Jong

di Giuseppe Ortu Serra

Il nuovo De Jong sta conquistando il Barcelonismo. Da oggetto misterioso che faceva torcere il naso per quanto riguarda prestazioni e posizione in campo con Valverde e Setién, a un nuovo Frenkie che sta ilusionando la afición con le sue performance, gli inserimenti in area di rigore, le sgroppate a centrocampo.

La nuova vita dell’olandese al Barça ha avuto origine nel secondo tempo della partita contro il Levante, il 13 dicembre. In quella circostanza Koeman spostò l’olandese in posizione più avanzata, dandogli la licenza di pestare l’erba dell’area della formazione granota. Da quel momento abbiamo visto il De Jong che tutti avevano sperato di avere sin dal primo giorno di Barcelona. Un centrocampista completo, un leader, in grado di cambiare la squadra e il suo gioco, oltre che di trasformarla. In due anni, questa è la sua seconda stagione in maglia blaugrana, né Valverde, né Setién erano riusciti a valorizzare l’enorme talento del numero 21, trasformandolo in un giocatore normale incapace di incidere sulla squadra. Quello appena trascorso è stato un campionato anonimo per lui, relegato in posizioni che lo facevano apparire un giocatore sbiadito rispetto a quello ammirato con la maglia dell’Ajax appena l’anno precedente, autore di una galoppata Champions clamorosa incorniciata da prestazioni che lo avevano portato agli onori delle cronache e in cima ai taccuini dei direttori sportivi dei top club europei. Nella scorsa stagione De Jong si era appiattivo sulle performance indolenti di Rakitic e Busquets, invece che tirare fuori, da loro, il meglio di loro stessi.

Con l’arrivo di Koeman si era pensato in una rinascita dell’ex Ajax. Ciò si è realmente verificato, anche se il passaggio non è stato per niente automatico. Inizialmente Frenkie, anche con Rambo in panchina, aveva ripreso ad appiattirsi sulle prestazioni della stagione precedente nonostante il passaggio al 4-2-3-1.

La svolta nel secondo tempo contro il Levante. Il 21 è stato avanzato nella attuale posizione di centrocampista – attaccante. Un medio con libertà di inserimento offensivo. Sulle prime molti commentatori e telecronisti, non capendo ciò che stava accadendo, avevano pensato che la confusione di Koeman fosse giunta al livello di far giocare il giocatore da centravanti. In realtà nulla di tutto ciò. In quella ripresa Koeman gli ha cucito addosso le nuove mansioni di centrocampista con libertà di inserimento in area. E così, se nella scorsa stagione De Jong aveva segnato appena due reti, con zero realizzazioni in questa fino alla gara contro il Levante, da quel momento sono arrivate tre reti e tre assist, il primo dei quali proprio nella stessa partita contro il Levante. I dati sono indiscutibili, ma ancor di più lo sono le sue prestazioni, cresciute esponenzialmente. Con esse, anche il fattore di pericolosità della squadra. Non è un caso che da quando Ronald ha assegnato le nuove regole d’ingaggio a Frenkie la squadra non ha più perso. L’ultima sconfitta risale esattamente alla gara precedente a quella contro il Levante. Da allora 9 risultati utili consecutivi in Liga con sette vittorie e due soli pareggi.

Messi e De Jong portano il Barça agli Ottavi. Rayo battuto a Vallecas

di Giuseppe Ortu Serra

Vittoria in rimonta del Barça a Vallecas contro il Rayo. 1-2 il risultato con le reti di Garcia per i locali e di Messi e De Jong per i blaugrana che hanno giocato con la maglia rosa. Il Barça accede così agli ottavi di finali della Copa del KO. Koeman presenta Riqui Puig nel Barça che affronta la sfida contro il Rayo di Copa del Rey. Nel Barcelona ha fatto la sua ricomparsa sopratutto Leo Messi dopo la doppia giornata di squalifica che gli era stata attribuita della sfida di Supercopa contro l’Athletic. Oltre a Riqui, Koeman ha dato del riposo a Dembélé inserendo Trincao. Difesa a quattro con Mingueza per Dest, ancora con molestias muscolares, e Junior a sinistra per Jordi. A centrocampo, insieme a Riqui, Busi e De Jong. In avanti Griezmann con Leo e Trincao. In porta Koeman ha dato riposo a Ter Stegen per permettere a Neto di giocare da titolare.

Il primo tempo del Barça è stato buono, anche grazie alla velocità che è riuscito a fornire alla squadra Riqui. Molto buona anche l’attuazione di De Jong, sia in chiave di costruzione che di finalizzazione. Un suo inserimento in area ha creato una delle migliori chance dei primi 45′, con una traversa colpita dopo un pallone contrastato con il portiere in uscita bassa. Araujo la solita conferma. Sicuro e preciso, è stato importante per guidare la difesa e nelle rare occasioni in cui il Rayo si è affacciato nei pressi dell’area difesa da Neto. La maggior parte delle azioni si sono sviluppate dalla parte di Junior, nonostante la sua performance sia stata imprecisa e non buona, con molti pallone persi o mal giocati. A destra, invece, Trincao è stato chiamato poco in azione, sebbene in una di queste abbia sfiorato il vantaggio con una bella discesa e un tiro incrociato deviato con difficoltà dall’estremo portiere rayista, sulla cui respinta, poi, Riqui ha colpito l’incrocio dei pali con deviazione determinante di un difensore. Il Barça avrebbe certamente meritato il vantaggio, con quattro chiare occasioni da rete che hanno portato la firma di Trincao, Riqui (incrocio), De Jong (traversa) e Griezmann. In merito al francese, buona la prestazione se la si giudica come lavoro complessivo a favore della squadra, meno dal punto di vista prettamente offensivo.

Nella ripresa nessun cambio da parte dell’allenatore olandese. La squadra ha continuato a creare. Palla sulla traversa di Leo Messi su calcio di punizione da posizione defilata. Sembrava la classica partita con la porta avversaria stregata. Sensazione accresciuta quando è stato il Rayo a passare. Azione offensiva dei locali sulla destra; Lenglet, entrato fuori tempo, è stato fatto fuori dall’avversario che ha messo in mezzo un pallone sul quale Neto ha solo smanacciato ma senza rinviare. Sulla palla vagante Garcia ha realizzato la rete del vantaggio. Il vantaggio dei locali ha accelerato i cambi di Koeman che ha inserito Dembélé, Jordi e Pedri al posto di Trincao, Junior e Riqui. Pedri e Jordi hanno subito inciso sulla partita. La squadra ha pareggiato quasi subito con Messi che ha ricevuto da Griezmann e battuto a rete per l’uno a uno. I blaugrana hanno insistito. All’80’ è giunto così il goal del sorpasso e della vittoria. Azione iniziata da Messi che ha scodellato per Jordi, che ha trovato in mezzo all’area il solito efficace inserimento di De Jong. Impatto sufficiente sul pallone e palla in porta sotto la traversa. Sul finire ancora Messi ha potuto realizzare una doppietta, ma la sua azione, dopo aver superato il portiere e un avversario, si è conclusa sull’esterno della rete. Il Barcelona raggiunge così gli ottavi di finale di Copa del Rey al termine della gara più convincente di questa serie di Copa.

Nel grigiore di Elche brillano le stelle di De Jong e Riqui

di Giuseppe Ortu Serra

Vittoria grigia per 0 a 2 del Barcelona al Martínez Valero di Elche. Nella tinta smorta del dipinto di Ronald Koeman in terra valenciana, hanno brillato la stella di De Jong, la verve di Dembélé e Trincao, e sopratutto l’astro del brutto anatroccolo di Koeman: Riqui Puig.

Il Barça senza Messi ha faticato non poco a segnare e fare gioco contro l’Elche al Manuel Martínez Valero. Non perché l’Elche lo abbia pressato e costretto alla difensiva, ma in quanto la formazione di Almirón si è messa dietro, con una difesa a cinque, e ha fatto muro, barriera, a ogni tentativo del Barça. I blaugrana, dal canto loro, oggi con la maglietta negra dai profili oro, una delle migliori nere della storia del club, non hanno fatto fuoco e fiamme nel tentativo di cercare la rete del vantaggio, poi successivamente arrivata alla fine del primo tempo. La manovra del Barça è stata infatti soporifera, monotona e scontata. Poca velocità e chispa in campo. Molti, troppi retropassaggi ai due centrali, sopratutto da parte di Busquets, peraltro non macchiata dai soliti errori, con la conseguenza che la manovra è stata noiosa e improduttiva.

Senza Messi è mancata la fantasia, le idee e il genio. Pedri, nel primo tempo eccessivamente sacrificato a sinistra, nella mattonella che con Valverde fu il braccialetto elettronico di Griezmann. Dembélé, di fatto, è stato l’unico a cercare di creare pericoli alla retroguardia dell’Elche.

I padroni di casa non sono sostanzialmente usciti dalla propria metà campo. In assenza anche di Dest, Mingueza ha giocato a destra in una difesa a quattro. Da quella parte non sono giunti aiuti a Dembélé e alla manovra d’attacco. La rete del vantaggio è stata opera di De Jong, che ha seguito l’azione offensiva dei suoi e ribadito in rete un tocco della difesa contraria per evitare la conclusione da destra di Griezmann. Nel deserto di idee e inventiva del Barça del primo tempo, è certamente mancata la verve di Riqui, che per gli amanti del calcio, tra i quali evidentemente non rientra Ronald Koeman, ha malinconicamente trascorso gran parte della gara seduto in panchina.

La ripresa è stata praticamente una fotocopia dei primi 45′. Dembélé sempre il più brillante della squadra, il Barça a dominare sterilmente e monotonamente la gara, l’Elche a cercare di chiudere ogni varco. Tatticamente l’allenatore olandese ha proposto alcune novità. Dembélé è stato spostato a sinistra, con Braithwaite a destra; Pedri ha avuto l’opportunità di lasciare il limbo della fascia ed è stato accentrato come punto di vertice del centrocampo, posizionatosi come un triangolo. Pedri è enormemente migliorato, così anche il gioco della squadra e le occasioni, certamente aumentate rispetto a quando il canario era stato esiliato sulla banda. Se nel primo tempo Ter Stegen non aveva toccato palla, nel secondo si è esibito da grande portiere qual’è, deviando con la gamba destra una conclusione ravvicinata di Rigoni, lanciato da solo verso l’area di rigore blaugrana da un doppio errore di Umtiti (di misura nel passaggio verso Araujo) e di Mingueza (mancato stop sullo stesso, con palla consegnata all’avversario).

I cambi di Koeman questa volta sono stati produttivi. Trincao, al posto di Dembélé, è stato autore della sua migliore partita da quando veste la maglietta blaugrana. Ottimo impatto con la gara, brillantezza, velocità, presenza di spirito e voglia di mettersi in mostra. Il ragazzo ha chiesto sempre la palla, proponendosi in velocità e nel gioco con i compagni. Il portoghese si è anche presentato al tiro due volte, la prima con una bella giocata e conclusione deviata con difficoltà dal portiere avversario; la seconda con un colpo di testa anch’esso deviato in corner dall’estremo difensore. Il secondo cambio ha visto l’ingresso sul terreno di gioco di Riqui. Al posto di Pedri, il ragazzo di Metadepera ha giocato da par suo con tocchi veloci e illuminanti. Il suo tardivo ingresso in campo, così come la sua volontà e il suo amore per il calcio, sono stati premiati con la rete del raddoppio. Merito della rete che va diviso con De Jong, che è partito palla al piede dalla trequarti, è entrato in area e dal fondo ha devoluto a Riqui, inseritosi in the box dalla parte opposta, un pallone leggero, morbidamente scodellato sulla sua testa. Il 12, nonostante una altezza certamente non da corazziere, ha saltato con perfetta scelta di tempo e è giunto all’appuntamento con il pallone con il giusto timing per insaccare il pallone dello zero a due. Riqui, che ha mostrato una gioia e un sorriso incontenibili per la marcatura, è stato festeggiato calorosamente da tutti i compagni di squadra, quasi come un evento di iniziazione. L’unico che non ha mostrato la medesima gioia è stato Ronald Koeman, che si è comportato come fosse stato un allenatore avversario. L’olandese, infatti, da bordo campo avrà maledetto quella rete, giacché da adesso sarà un po’ meno facile per lui lasciarlo fuori squadra.

Il Barça unica big a passare il turno di Copa. Battuto il Cornellà ai supplementari.

di Giuseppe Ortu Serra

I primi 45’ del Barça sono stati deludenti.La formazione di Koeman, imbottita di giocatori giovani e del filial, non ha lasciato grandi impressioni sul piccolo terreno di gioco in erba sintetica del Municipal di Cornellá. Il Barça ha avuto solo due grandi occasioni nella prima parte di gara e questo è certamente uno dei crucci e dei limiti dei ragazzi di Koeman. Un rigore fallito da Pjanic, battuto malamente e ben parato da Ramón, e un tiro da fuori area di Trincao. Il Barça è stato tutto qui nella prima frazione di gioco. Il Cornellá ha cercato di fare il suo, cercando di chiudere tutti i varchi avvantaggiandosi dell’abitudine agli spazi ridotti di quel terreno di gioco.

Nella ripresa con l’ingresso di Dembélé per Riqui, autore di una buona gara, insieme al compagno Ilaix, il tecnico olandese ha cercato di stringere i tempi alla ricerca della vittoria. Ma paradossalmente, sono stati gli avversari a rendersi più pericolosi. A metà del secondo tempo è terminata la gara dell’altro giovane Ilaix, sostituito da Busquets. Ha lasciato il campo anche Trincao per Pedri. La situazione non è migliorata di molto. Il gioco ha latitato anche nella seconda parte e l’assenza di Riqui si è fatta sentire da questo punto di vista. Il Barça ha avuto una nuova enorme occasione per vincere la sfida grazie all’ottenimento di un secondo calcio di rigore. Questa volta per fallo subito dall’altro centrale, Lenglet. Sul dischetto questa volta si è presentato Dembélé, ma il risultato è stato ancora più penoso. Un tiretto centrale che il portiere avversario ha calciato via con il piede destro. Sul finale ancora qualche occasione per il Barça, anche se sono stati sempre i difensori Araujo e Lenglet, più Pjanic (tiro deviato sulla traversa da Ramón) ad essere i giocatori maggiormente pericolosi. Nonostante ciò anche il secondo tempo si è chiuso a reti inviolate.

Nella proroga c’è stato subito la rete del Barça con Ousmane Dembélé con una bella conclusione finita sotto la traversa alle spalle del portiere avversario su passaggio di Pedri. Sul finire del primo supplementare c’è stato spazio anche per Konrad. Il ragazzo ha subito fatto vedere di che pasta è fatto. Primo pallone toccato e tiro a giro su assist al bacio di Dembélé che ha costretto Ramón a una grande parata in angolo. Da quel momento una serie di giocate che hanno creato lo scompiglio nella difesa biancoverde e velocizzato enormemente l’azione. Il finale di gara ha visto il raddoppio del Barcelona con Braithwaite al 121’ su assist di Pedri. Il Cornellá ha chiuso in 10 uomini per doppia ammonizione di Estellés.   

Koeman e i suoi errori che hanno condotto alla sconfitta in Supercopa

di Giuseppe Ortu Serra

La dolorosa sconfitta del Barça contro l’Athletic di Marcelino ha un nome e cognome: Ronald Koeman. Marcelino ha pesato l’olandese e gli ha fatto scacco matto in tre mosse. Rambo ha sbagliato tutto: gestione e lettura della gara, sostituzioni e tempi delle stesse. Ha impostato una gara di attesa, non di aggressione. Baricentro basso, il Barça ha lasciato l’iniziativa all’Athletic ed è rimasto dietro a controllare, cercando di chiudere gli spazi e ripartire in avanti. Nella prima mezz’ora ci è riuscito di rado, quanto meno con una certa pericolosità. La formazione di Marcelino ha fatto la partita e dominato il gioco e il pallone, lasciando al Barça il ruolo da comprimario. Sembrava una gara tra una piccola (i blaugrana) e una grande che prende in mano il pallino e conduce le danze (i baschi). Questo il primo errore fatale.

Il secondo è la scelta dei cambi e i suoi tempi. Così come i tempi sono il segreto della comicità, altrettanto nel calcio i tempi delle sostituzioni sono fondamentali per giungere alle vittorie. E nel calcio si sa, vincere non è tutto; è l’unica cosa. Ronald Koeman ha sostituito Dest alla fine del primo tempo con Mingueza, lasciando il Barça scoperto in attacco sulla fascia destra. In questo modo ha obbligato la squadra a attaccare su due dei tre fronti disponibili. In difesa, tra l’altro, Mingueza è andato in difficoltà fin dal primo momento come a Dest non era capitato nei primi 45′. Marcelino lo ha subito capito e ha sguinzagliato sulle sue tracce Muniain, costringendo il centrale, spostato sul laterale, a andare in crisi su ogni azione, sia offensiva che, sopratutto, difensiva. Sostituzione dovuta a un infortunio? Non c’è traccia di comunicati ufficiali del Barcelona in questo senso. Ergo, è stata una scelta tecnica che ha fatto del Barça un’anatra zoppa. In tutto il secondo tempo, nonostante le difficoltà mostrate dalla squadra, difficoltà marcate dalla lentezza della manovra e dalla fatica dei giocatori che venivano dall’aver disputato i supplementari, con rigori annessi solo pochi giorni prima, Koeman è rimasto inerte e ha atteso l’88’ per effettuare il secondo cambio, Braithwaite per Dembélé (che sarebbe stato più utile in campo che in panchina) e Pjanic per Pedri. E Riqui? E Busquets? El de Badia è rimasto sul terreno di gioco fino al 97‘, mentre sarebbe dovuto uscire ben prima, a inizio ripresa. Riqui, che era stato l’uomo di seconda di copertina della semifinale, e avrebbe portato in dote tutta la sua spinta adrenalinica e l’entusiasmo che aveva prodotto il suo ingresso in campo e il rigore decisivo, è entrato solo al 97‘ al posto di Busi. E quanto sia stato grande l’errore di Koeman lo abbiamo notato una volta messo piede in campo. La squadra spenta, stanca, priva di fantasia che si era trascinata per tutta la gara, all’improvviso si è animata. Riqui ha apportato freschezza mentale e atletica, dando una smossa ai suoi compagni. Se il ragazzo avesse giocato titolare, o al più tardi all’inizio della ripresa, è molto probabile che la partita avrebbe preso una direzione totalmente differente.

Il terzo errore dell’allenatore olandese è l’impreparazione sulle azioni a palla ferma, corners e calci di punizione. Ogni volta che una palla da azione a balon parado finiva in area di rigore, per il Barça erano dolori. Da quelle azioni sono giunte le reti dell’Athletic, quella annullata e quella fatale del 2 a 2. Uno dei punctum dolens della squadra sono proprio le giocate di strategia passive. Chiaro segno che il tecnico non prepara questi particolari, che nel calcio, sono fondamentali quanto uno stop ben realizzato.

Editoriale – Il fallimento della Cartuja come paradigma del fallimento istituzionale

di Giuseppe Ortu Serra

La partita di ieri notte alla Cartuja di Sevilla nella finale di Supercopa ha dichiaratamente dimostrato, senza paura di smentita, che il Barça non sa più vincere le finali, le partite a eliminazione diretta, le sfide importanti e decisive di una stagione. Quella di ieri della Supercopa contro l’Athletic è stato solo l’ultimo capitolo di una situazione che arriva da lontano e coinvolge una programmazione inesistente e/o disastrosa da parte della Junta uscente. Una Direttiva che ha minato sin dalle fondamenta un club historico come il Fútbol Club Barcelona. Una programmazione che ha portato alla costruzione, anno dopo anno, di una squadra molle, senza carattere, senza spina dorsale, che si spaventa e chiede scusa, che si fa prendere a pallate da qualsiasi avversario le si pari davanti che abbia un minimo di carattere e sangue nelle vene. Non migliore tecnicamente, no. Ma con quella struttura ossea che manca al Barça, che sembra fatto di molle e fastidiosa gelatina.

Bartomeu e soci hanno costruito nel corso delle stagioni una formazione di ragazzini piagnucolosi che si nascondono sotto al letto alle prime difficoltà. Negli anni sono giunti giocatori scadenti (visionati da chissà chi e nei quali hanno visto chissà cosa), molti dei quali pagati una esagerazione, che hanno pian piano abbassato il livello qualitativo della rosa. André Gomes, Yerry Mina, Digne, Arda Turan, Douglas, Coutinho, Vidal… e così a seguire fino alla dissolvenza al nero, sono il marchio di infamia del fallimento della Junta Bartomeu. Con essi, la Junta Bartomeu ha fatto abbassare l’asticella del valore tecnico – tattico dell’equipo blaugrana, facendo sì che da club più forte e ammirato del mondo sia diventato una squadra di valore medio-basso. Il solo nome non serve a vincere partite e conquistare trofei, sopratutto se, anche esso, è stato annacquato nella considerazione e nella reputazione da anni di azioni che hanno conseguito l’effetto di minare la competitività e l’onore del FC Barcelona.

Se si è trattato di semplice incapacità e incompetenza, di ignoranza, di vanesia, sciocca, voglia edonistica di mettersi in mostra, o di altro, non ci è dato sapere; fatto sta che l’incapacità della squadra di vincere una finale (quella della Cartuja è stata la terza consecutiva persa, e ciò non accadeva dal medio evo blaugrana degli anni sessanta e poi ottanta), la manifesta inferiorità mentale che la vede impossibilitata di ribaltare un risultato in gara, è ormai cronica. Se a ciò aggiungiamo il carattere svenevole da cliché femminile, melodrammatico e ottocentesco della squadra delle ultime stagioni, il Ritratto di signora è completo e incorniciato.

Questa situazione merita una azione ribaltante veloce e decisa, che non può più essere rimandata e su cui non si può più tentennare per interessi personali, giochi di potere o incapacità di rendersi conto di ciò che si sta rischiando. I settori tecnici (allenatore, osservatori, secretario tecnico) devono essere rasi al suolo e ricostruiti. La squadra deve essere rivista e rifatta da professionisti del football ripartendo dalla cantera e dallo spirito blaugrana. Il nuovo presidente dovrà lavorare per il club e i soci e non più viceversa. Questi punti sono di una urgenza indifferibile. E qual’è la risposta di Tusquets davanti a queste pregiudiziali? Il rinvio del voto presidenziale al 7 marzo (forse) deciso dall’Uomo che volle farsi Re, per conquistarsi Un posto al sole con la silenziosa e complice acquiescenza da parte dei candidati allo scranno del Camp Nou.

Nuovo fallimento del Barça in Supercopa un anno dopo.

di Giuseppe Ortu Serra

Il Barça e Koeman naufragano nella finale di Supercopa contro l’Athletic, perdendo ai supplementari con il risultato di 3-2 al termine di una partita brutta, giocata male e in maniera lenta in campo e gestita in maniera indecente dalla panchina. Koeman ha dimostrato questa notte tutti i suoi limiti di allenatore di livello, maggiormente accuditi dal confronto con Marcelino, che lo messo prima dell’angolo e poi lo ha battuto con una serie di normali mosse da allenatore di calcio. Da una Supercopa all’altra è racchiusa una stagione di fallimenti e incapacità dirigenziali e di gestione tecnico-tattiche del Barça. L’anno scorso la sconfitta contro l’Atletico era costata la panchina a Valverde; ora non accadrà lo stesso a Koeman, sarebbe da irresponsabili (al di là del fatto che non esiste un presidente che possa prendere una simile decisione), ma certo è che la situazione di caos nella formazione blaugrana non è molto diversa.

Nella serata in cui Griezmann ha realizzato una doppietta, vanificata da una doppietta di errori di Jordi, Koeman ha riproposto la formazione tipo, l’once de gala con i rientri di Messi e Dest. Un primo tempo bloccato tra due formazioni che si sono rispettate fin dal calcio d’inizio. L’Athtletic di Marcelino non è più quello sottotono di Garitano, sopratutto insicuro e fragile. Marcelino ha trasformato la squadra basca, dandole una connotazione precisa e una solidità che ha dell’incredibile se pensiamo da quanto poco tempo abbia preso le redini della squadra. La prima parte del primo tempo è stata di marca rojiblanca, che ha steso la sua rete su tutta la larghezza del campo imbrigliando la manovra blaugrana. L’Athletic ha tenuto palla con un’ottima pressione sui portatori di palla avversari e chiudendo tutte le linee di passaggio. Il Barça non è quindi riuscito a giocare e los bilbainos hanno pressato e tenuto palla. L’equilibrio a reti inviolate è stato rotto sul finale di tempo con le due reti dei primi 45′. E’ stato il Barça, che dalla mezzora aveva in viziato a prendere maggiormente l’iniziativa e a giocare con più facilità nella metà campo de los leones, a aprire la gara. Azione impostata sulla destra da Messi per Jordi nella fascia opposta; palla restituita con il solito cross rasoterra all’indietro per l’inserimento del 10. Sul tiro dell’argentino c’è stata l’opposizione della difesa avversaria, e sul rimpallo scaturito si è inserito Griezmann che ha fulminato il portiere dell’Athletic. Sembrava la svolta della gara, ma sono bastati appena due rimuti per rimettere tutto in gioco. Errore difensivo di Jordi, che invece che marcare l’avversario diretto è rimasto lontano dall’uomo e inerte sul suo movimento. Tiro ravvicinato contro Ter Stegen e rete del pareggio di De Marcos. Nemmeno il tempo di esultare per i blaugrana che già era tutto da rifare. La ripresa si è aperta con l’infortunio di Dest che ha dovuto lasciare il campo in favore di Mingueza. La squadra non è stata così più pericolosa sulla destra, dovendo cercare la strada per la rete al centro e nella fascia sinistra.

Il secondo tempo è stato confusionario e meno corretto tatticamente dei primi 45′. Manovra del Barça lenta e irregolare; l’Athletic forse meno preciso in alcune situazioni. Mentre la panchina di Marcelino iniziava a effettuare i cambi, Koeman restava impassibile, osservando la sua squadra patire la fatica e la lentezza difesa aggressiva dei baschi. In una situazione del genere la chiave di lettura era chiaramente in panchina e rispondeva al nome di Riqui Puig, ma Koeman sembrava non accorgersene. Busquets, frattanto, macinava errori nei movimenti e rallentava vieppiù la squadra, offrendo un secondo tempo addirittura irritante.

La partita è andata avanti senza spettacolo fino al nuovo vantaggio del Barça, ancora con Griezmann su assist di Jordi. Mentre l’Athletic cercava il modo giusto per riportarsi in parità, il Barça ha avuto l’occasione per chiudere la sfida con la rete del 3-1. Contropiede lanciato da Dembélé che ha visto la partecipazione di Pedri, Messi e De Jong, ma sul cross di Frankie che avrebbe permesso ai suoi di battere a rete a porta vuota, il piede del portiere ha evitato il KO. Questa occasione è stata, tuttavia, solo un fuoco di paglia. E nonostante la squadra continuasse a giocare in maniera disunita e sfilacciata, sotto ritmo, stanca anche dai supplementari con annessi rigori della partita di qualche notte fa contro la Real, Koeman continuava a non toccare l’undici iniziale. La prima sostituzione dell’olandese è stata operata all’88‘, con Braithwaite al posto di Dembélé e Pjanic per Pedri. Cambi più per perdere tempo che per riassestare la squadra. Altro errore. Finché c’è partita si gioca e si pensa a segnare non a giungere al fischio finale. Con il senno di poi, l’uscita dal terreno di gioco di Dembélé non è stata certo una mossa lungimirante.

Al 90‘, quando la gara sembrava finita con la 14ª Supercopa per il Barça, un nuovo errore difensivo di posizione su calcio piazzato dalla trequarti, ha dato la rete del 2 a 2 all’Athletic con Villalibre, che ha portato la sfida ai supplementari. Calcio di punizione per i ragazzi di Marcelino; pallone a centro area; nuovo errore di Jordi che non ha tenuto la linea del fuorigioco, e Villalibre ha battuto da distanza ravvicinata mettendo la palla sotto la traversa. I calci di punizione con cross in area sono stati la grande pecca e il lato debole di questo Barça. Oggi, ma non solo.

I supplementari si sono aperti con la rete del vantaggio dell’Athletic. Inaki, con un tiro a giro da sinistra verso il palo di destra ha insaccato nell’angolino il pallone del sorpasso. Palo – rete e il Barça, due volte in vantaggio e poi ripreso, era stato superato. E nel momento peggiore. Al 97‘ quando ormai i giochi parevano fatti è entrato Riqui, che nel giro di qualche minuto ha comunque trasformato la squadra, dando quella velocità, fantasia e brillantezza che erano mancate per tutta la sfida. La presenza del numero 12 non è però servita per rovesciare la situazione nel tabellino dei marcatori, ma certo per far capire a Koeman i suoi infiniti errori di lettura della gara e di scelta dei giocatori da mandare sul terreno di gioco. Da fuori campo era invece evidente cosa sarebbe servito al Barça. Dalla panchina no. Meglio passare sopra l’ingresso in campo di un impalpabile e inutile Trincao al 105′, giocatore buono solo per giocare in un torneo aziendale a sette. Al 121‘, poi, è giunta l‘espulsione di Messi per fallo su Villalibre che lo aveva bloccato irregolarmente mentre stava scattando e che ha colpito con una manata nel tentativo di divincolarsi dalla presa dell’avversario. Per Gil Manzano, l’arbitro con la busta del Madrid in mano di Real Madrid – Villareal, e per il Var, è rosso diretto. Un plauso a Leo, pur in una giornata storta a livello personale, più per la reazione di grinta che per la partita. Un applauso anche a Riqui per la sua capacità di far cambiare marcia ai suoi compagni. Una salva di fischi per Koeman in panchina e per la direzione arbitrale dell’arbitro con la Bolsa del Madrid, che ha permesso il gioco pesante senza sanzionarlo per tutta la gara da parte dell’Athletic, e per la decisione finale.

I tre punti dell’accordo Tusquets, Laporta, Font, Freixa

di Giuseppe Ortu Serra

La riunione era prevista per ieri notte. Dopo che Tusquets aveva concordato con la Generalitat il rinvio delle elezioni, probabilmente al 7 marzo, il presidente della Junta Gestora si è riunito con i candidati per discutere dell’attualità e il momento in cui versa il club, stretto tra la pandemia e la voglia di protagonismo di Tusquets, l’Uomo che volle farsi Re. Purtroppo questo non è un film come quello diretto da John Huston e che presentava attori del calibro di Sean Connery e Michael Caine. No, tutt’altro. Qui il protagonista è un ometto con smanie da protagonismo, uno di quei tanti oscuri burocrati che affollano uffici polverosi, maleodoranti e impolverati di anonimi quanto miseri sottani, rosi dal livore per aver trascorso una invisibile vita qualunque e che, avendone l’occasione, decide di usare tutti i minuti che la sorte gli ha dato in dote, una dote di improvvisa notorietà e posizione sociale, finalmente baciata dal sole piuttosto che dall’umidità di una esistenza ammuffita.

Nella riunione con i candidati sono state decise le prossime tre mosse che col club deve portare avanti: 1) votazioni al 7 marzo; 2) voto per posta; 3) nessun acquisto nel mercato di inverno.

Il primo punto è quello più dolente per tutto il barcelonismo. Stretto dalla crisi finanziaria e dalla pandemia, il Barça necessitava immediate elezioni per poter programmare il futuro prossimo venturo del club con un presidente in carica legittimato per tutto il corso del suo mandato. Chiudere la stagione in corso, impostare la prossima e porre in essere immediatamente delle misure economico-finanziare per limitare i danni di una crisi economica senza precedenti. Conseguentemente tutta questa serie di adempimenti dovrà, necessariamente, essere rinviata nel tempo.

2) Legato al rinvio delle elezioni, vi è il voto per posta. Tusquets, tramite la Generalitat, ha ottenuto che il governo catalano si adoperi entro la data preventivata per le elezioni, affinché modifichi la legge e permetta il voto per posta per l’elezione e il rinnovo degli incarichi direttivi delle istituzioni private. Questo è l’unico aspetto positivo di tutta questa buriana istituzionale che si sta venendo a creare, con la Generalitat che da una parte ha dichiarato che nel rispetto delle norme di sicurezza le votazioni si sarebbero potute tenere, e Tusquets, dall’altra, che preso da improvviso fervore etico e morale, ha deciso, dall’alto delle sue chiari doti divinatorie, che al 7 marzo pandemia e virus avranno già fatto i bagagli e tolto il disturbo. Con il voto per posta, a quel punto, potranno votare tutta una schiera di soci che altrimenti non avrebbero potuto. I soci residenti dall’estero sono tra questi.

3) Presidente della Gestora e candidati hanno trovato, infine, un accordo sul fatto di non tornare sul mercato in questa finestra invernale. Koeman spingeva per ottenere qualche giocatore di sua scelta, i tecnici del club avrebbero voluto prendere subito Eric García dal City. Alla fine Laporta, Freixa e Font hanno trovato il punto comune di astenersi da qualsiasi contrattazione. Il ragazzo in estate si libererà a zero, ed è certo che il City avrebbe chiesto una buona contropartita per privarsi da subito del centrale.