Barça Olé al Sanchez Pizjuan. Lopetegui matato ancora

di Giuseppe Ortu Serra

Bella e rassicurante vittoria del Barcelona a Sevilla. Un due a zero in trasferta in un campo che poche settimane fa aveva fatto soffrire terribilmente i colori blaugrana con un risultato identico, ma opposto. Un risultato che rincuora e rilancia le ambizioni della squadra in chiave Liga.

Ronald Koeman ha messo in campo il suo Barcelona con un nuovo modulo. Un cambio tattico per un 3-5-2. Tre difensori centrali, Mingueza, Piqué, Lenglet per blindare la difesa e non dare profondità all’avversario. Cinque centrocampisti con De Jong, Busquets e Pedri a cui si sono aggiunti i due laterali, Dest e Jordi. Il Barça così è stato in grado di pressare alto, altissimo la difesa avversaria, impedendone la tranquilla e regolare azione dal basso. Invece che essere pressato, come da idea del Sevilla, è stato il Barcelona a pressare gli uomini di Lopetegui. Importante, in questo, ma in generale nell’azione del Barça è stato Dest, autentico scompiglia carte per l’avversario. Il laterale è andato a prendere gli andalusi sin dal limite dell’area sevillista, creando enormi grattacapi e problemi alla difesa opponente. Questa è stata una delle armi più fulgide della riuscita della formazione di Koeman. In attacco hanno giocato Messi e Dembélé, preciso ed efficace come mai.

Al Sanchez Pizjuan, il Barça è stato ficcante, veloce, verticale e con movimento senza palla, le quattro pietre angolari del DNA Barça. La squadra è stata quindi fautrice di una ottima gara come poche volte le era capitato in questa stagione. Se questo fosse la faccia definitiva e costante dei blaugrana non ci sarebbe di che preoccuparsi, con prospettive che sarebbero certamente rosee in tutte le competizioni. In assenza di una costanza di rendimento che la squadra ha dimostrato in questa stagione, speriamo che questa possa essere l’attesa svolta a livello psicologico e di inerzia.

La velocità di esecuzione dell’azione è stata fondamentale per il risultato di questo pomeriggio. Recupero della palla immediato e verticalizzazione fulminante. Questo l’adagio di una squadra rabbiosa e estremamente concreta. Break e imbucata. Un uno-due che è stato fatale per i rojiblancos andalusi. Proprio grazie a questi due elementi il Barça è passato nei primi 45′. Recupero della palla a centrocampo e immediata verticalizzazione di Messi per Dembélé che ha stoppato e ha puntato l’area avversaria. Il suo tiro è stato immediato, basso e potente. Nulla da fare per Bono e rete del vantaggio. Anche il numero 11 è stato finalmente efficace ed effettivo. Uno degli uomini in gran spolvero, sopratutto nei primi 45′, è stato certamente Dest. Una spina nel fianco per la formazione di casa. Il ragazzo ha portato il pressing sino all’area di rigore di Lopetegui creando enormi problemi alla difesa avversaria. Ma anche in funzione offensiva è stato determinante con la costante ricerca della profondità, le sovrapposizioni, i cross precisi e le azioni in area di rigore. Il ragazzo nordamericano è stato protagonista sotto porta anche di un palo colpito nella ripresa quasi a botta sicura dopo una azione iniziata a destra da Mingueza, proseguita sulla sinistra e terminata nuovamente sull’out di destra dopo un tentativo di Dembélé stoppato a centro area.

Nella ripresa il Sevilla ha effettuato alcuni cambi, con Suso e En-Nesyri in campo, passando anche alla difesa a tre. I padroni di casa hanno alzato i ritmi del gioco e cercato di pressare alto il Barça. Dopo una certa fase di esitazione, durante la quale la squadra si è comunque ben disimpegnata grazie alla velocità di manovra dei suoi giocatori, il Barça ha ripreso ad essere pericoloso. In tre occasioni la squadra ha sfiorato il raddoppio; in una è andata in rete, ma il colpo di testa vincente di Lenglet è stato vanificato da una sua posizione di fuorigioco.

Da segnalare gli infortuni di Piqué, Araujo e Pedri. I tre giocatori hanno dovuto abbandonare il terreno di gioco per dei problemi muscolari. Per Piqué si tratta di un normale fastidio e di una sostituzione concordata con Koeman. Discorso diverso per Araujo e Pedri. Una complicazione che non ci voleva proprio in un momento in cui la squadra ha mostrato la sua faccia migliore. Nel secondo tempo chiaramente più equilibrato, il Barça comunque non ha mai smarrito la strada maestra percorsa per tutti i primi quarantacinque minuti di gioco. Un Messi in gran spolvero ha creato e cantato come la Callas al suo massimo splendore. Ha anche marcato, segnando la rete del raddoppio che ha chiuso la partita. Una azione personale delle sue con vaselina sul portiere, rimpallo a favore del Diez che ha scartato Bono e ha segnato in scivolata. Un gran messaggio la sua attuazione in campo questo pomeriggio. Da segnalare l’ingresso in campo di Ilaix Moriba. Il canterano ha fatto una bellissima partita tutta forza fisica e tecnica

Messi salva il Barça e la pochezza del suo allenatore. 3-0 contro l’Elche

di Giuseppe Ortu Serra

Messi vince la gara contro l’Elche nel recupero della prima giornata di campionato. Il rosarino l’ha vinta da solo la partita dopo un primo tempo da semaforo rosso. Tutti fermi ad aspettare. Koeman per primo. Il primo tempo è stato disastroso, desolante. La squadra di Koeman si sta sgretolando sempre più partita dopo partita, novanta minuti dopo novanta minuti. Vedere il Barça oggi è una tortura, una missione impossibile per dannati del calcio; quasi una punizione divina. Lo zero a zero contro l’Elche dei primi 45′ ha dimostrato l’assoluta assenza e capacità della guida tecnica blaugrana. Una squadra senza idee né gioco. Non uno schema, non un movimento provato e riprovato in allenamento e messo in pratica sul campo di gioco. E’ evidente l’improvvisazione che i giocatori mettono sul prato verde quando scendono in campo. Il Barça quest’anno è scadente, sì. Ma ciò non giustifica prestazioni come quelle dei primi 45 minuti contro l’Elche e i 90 contro il Cadice. Non è certo il migliore Barça degli ultimi anni. Ma non è nemmeno così povero come queste partite stanno a dimostrare. Anche le formazioni piccole e deboli tecnicamente, ma ben guidate dalla panchina, dimostrano personalità, idee e gioco. Magari non riescono a eseguire alla perfezione schemi e movimenti per colpa dei mezzi tecnici individuali deficitari, ma in ogni caso l’impronta della squadra è chiara ed evidente. Nel Barça di Koeman ciò che appare è il deserto assoluto. E’ chiaro come il sole che i giocatori scendono in campo senza avere preparato una giocata durante la settimana, una idea di gioco, uno schema. La formazione blaugrana sembra un gruppo di ragazzi che si ritrovano una volta alla settimana per giocare senza essersi mai allenati assieme e senza mai avere studiato una strategia, una linea di passaggio, uno schema. Nel primo tempo contro l’Elche, così come in tutti i novasti minuti contro il Cadice, i giocatori sono entrati in campo e hanno improvvisato dall’inizio fino all’intervallo.

Nella ripresa la musica è cambiata… grazie a Messi nel ruolo di protagonista della vittoria. Also starring Frenkie de Jong, autore di una ottima prestazione da miglior attore non protagonista e meritevole della nomination. Tre reti nel secondo tempo; una doppietta di Leo e rete di Jordi a chiudere l’incontro. Nei secondi quarantacinque minuti l’argentino si è caricato la squadra sulle spalle, ha deciso di giocare da solo e di vincerla in solitaria la gara, come una regata oceanica dove, da solo, lo skipper deve lottare contro i minacciosi marosi.

Pronti via e il Barça passa. Leo decide e esegue. Parte da solo, supera la difesa dell’Elche dritto per dritto come fosse ai mondiali di sci alpino di Cortina, cede al Sarto di Panama che, grazie al cielo fa la cosa giusta, come avrebbe detto Spike Lee, restituisce di suola la sfera all’argentino che apre le marcature. Altri venti minuti e ancora Messi, imbeccato da un favoloso De Jong, raddoppia e di fatto chiude la gara. Recupero di palla a centrocampo di Pedri che lascia subito al 21. L’olandese parte palla al piede e fa tutto il campo con una velocità e una eleganza da vero Principe di Walt Disney (biondo è biondo in effetti e il phisique du role il ragazzo ce l’ha). Appena entrato in area serve a Messi un pallone d’oro che il Diez trasforma alla sua maniera. Supera uno, due, tre uomini e insacca con una mini vaselina sul portiere. Dopo cinque minuti ecco giungere il tre a zero che chiude definitivamente gara e risultato. Autore Jordi, che sfrutta il secondo assist di giornata di Braithwaite e calcia in porta in maniera acrobatica.

Un Barcelona che dimostra ancora una volta in più che Messi è sempre più il deus ex machina blaugrana: giocatore e allenatore. Dalla panchina non arrivano segnali di vita umana, cosicché è Leo che deve risolvere tutte le grane. Nella ripresa Koeman ha cercato di prendere una decisione e l’ha quasi sbagliata. Inizialmente ha messo in campo Dembélé al posto di Pjanic, schierando la squadra con un 4-2-4. Così ha dimostrato, una volta di più, il suo scarso scibile calcistico che prevede di mettere sempre un attaccante in più al posto di un centrocampista, salvo poi tornare sui suoi passi dopo venti minuti facendo uscire Trincao per inserire Busquets. Questa di Koeman è una abitudine pericolosa: sbilanciare la squadra che rischia le ripartenze avversarie. I problemi non si risolvono con un attaccante in più, ma dando maggiore talento e pericolo senza perdere equilibrio.

Dopo il tre a zero altri tre cambi: Antoine “l’orso Grizzly” Griezmann per Martin “Il Sarto di Panama” Braithwaite, Dest per Jordi, Lenglet per Piqué. Tutto ciò mentre il diffidato De Jong è rimasto in campo con il rischio di essere ammonito e dover così saltare la decisiva sfida contro il Sevilla al Sanchez Pizjuan. Da folli. E i giovani? Se non giocano sul tre a zero a favore a 15′ dalla fine, quando mai potranno giocare e trovare tempi e modi per poter crescere? Le Vie del Signore sono infinite, si dice; allo stesso tempo quelle di Koeman sono misteriose e imperscrutabili, oltreché cervellotiche e senza senso compiuto.

Il Barça non scarta il regalo dell’Atletico. 1-1 con il Cadice

di Giuseppe Ortu Serra

Un brutto, bruttissimo Barcelona pareggia in casa contro il Cadice per uno a uno, butta via una Liga che la sconfitta dell’Atletico aveva clamorosamente riaperto ieri, e si lecca le ferite che saranno difficilmente rimarginabili. Se si fosse vinto, il risultato e i tre punti sarebbero stati l’unica cosa da tenere di questa partitaccia. Si è invece pareggiato al termine di una partita a senso unico con un possesso palla dell’81% contro 19%, 20 tiri contro 3 (ma quelli nello specchio si possono contare con le dita di una mano) e 8 calci d’angolo a zero. Come è possibile in queste circostanze pareggiare una partita che un qualsiasi altra squadra avrebbe vinto con un risultato abbondante non è proprio possibile da capire. Bisognerebbe chiedere a Mister Koeman, se si è svegliato dal suo dolce dormire in panchina che ha contagiato la sua squadra. La formazione blaugrana ha infatti dormito in piedi, in campo, dal primo al 90° minuto, momento in cui è giunta la rete del pareggio su rigore per fallo commesso da uno scriteriato Lenglet, che in area ha deciso di calciare il piede dell’avversario invece che il pallone.

La partita del Barcelona è stata di una noia mortale. Koeman ha riproposto il medesimo undici che aveva sbroccato e stallato contro i qatarioti del PSG. Manovra lenta, impacciata, senza voglia di giocare da parte dei giocatori di Koeman. Una delle partite più brutte e noiose del Barça degli ultimi anni. Un film dell’orrore da mostrare ai bambini cattivi e dispettosi. “Se non fai da bravo ti faccio vedere tutta la partita del Barcelona contro il Cadice”. Una tortura in stile Arancia Meccanica, quando Malcom McDowell, viene incardinato alla sedia, con gli occhi forzatamente aperti, per vedere orribili scene video passate con una dolorosissima velocità di montaggio.

Il primo tempo è scivolato sulla base del calcio di rigore conquistato da Pedri e trasformato da Messi. Poi due altre reti annullate per fuorigioco. Di De Jong, netto; di Griezmann, invece, nella rete di Pedri, inesistente. Le linee del Var, blu e rossa, così come mostrate dall’immagine Var, e che contraddistinguono le posizioni di attaccante e difendente, sono esattamente sovrapposte. Ergo, le due posizioni sono perfettamente in linea e la posizione del francese è regolare. Sarebbe stato il gol del 2 a 0. Ma non è tempo o momento per recriminare questo. Non siamo qui per piangere sugli errori altrui. Sarebbe sciocco quando gli errori propri, dell’allenatore in primis, e dei giocatori in subordine, sono stati tanti ed evidenti che anche un marziano, collegatosi tramite il Rover Perseverance, li avrebbe notati. Prima e dopo la rete di Messi su rigore, il Barça ha giocato in maniera stucchevole, con passaggi indietro più che in avanti, con ritmi da gara giocata con il deambulatore. Sopratutto è mancata la voglia di giocare e confrontarsi con l’avversario. Segnato il misero golletto, Koeman ha pensato di giocare sul risultato, di speculare sull’uno a zero, senza cercare di onorare l’impegno sportivo con una prestazione sportiva, agonistica. Senza nemmeno sudare la maglia, c’è da scommetterci.

In attacco la squadra ha sprecato tutto quanto poteva. Griezmann e Dembélé hanno chiaramente dimostrato di non avere il livello per vestire la Camiseta del Barça. Tiri da ogni parte, sopratutto dell’ex BVB, ma nemmeno uno nello specchio di porta. L’alsaziano ha avuto ghiotte occasioni, sopratutto una davanti al portiere su assist di Leo, ma la sua lentezza nel caricare il tiro ha fatto sì che venisse anticipato sotto porta. Giocatori del genere non possono continuare a giocare in questo club. In difesa la formazione ha sofferto anche nei pochi momenti in cui il Cadice ha messo il naso fuori dalla propria area di rigore. In quel 19% di possesso palla, con zero corners a favore, gli avversari hanno avuto la possibilità di pareggiare immediatamente nell’azione successiva al vantaggio e poi trovato il pareggio al 90′.

Il gioco oggi non c’è stato. Dopo il secondo tempo umiliante contro il Psg, la squadra ha mostrato di non avere uno schema di gioco, una idea, uno schema. Il Barça è sceso in campo mostrando di non sapere cosa fare con il pallone. Il responsabile ha chiaramente un nome e un cognome. Ronald Koeman. Un tecnico che non è riuscito a dare gioco, anima, stile. Un tecnico che non deve restare un secondo in più dopo la fine della stagione. Altro che liberare e organizzare il nuovo progetto. Ronald Koeman non sarebbe capace di organizzare una squadra a sette per il torneo della facoltà di Farmacia della UB.

La Liga è andata, i pesi morti speriamo che vadano via alla fine della stagione.

Koeman stalla, sbaglia l’impossibile, e i qatarioti chiudono la sfida all’andata

di Giuseppe Ortu Serra

1 a 4. Brutta e pesante sconfitta casalinga di Koeman. Una sconfitta personale, quella subita dalla formazione del Qatar ospitata a Parigi. Il tecnico blaugrana ha impostato un buon primo tempo, sebbene troppo lento, ma è scivolato come uno sciocco nella ripresa, non rendendosi conto che la squadra stava perdendo il duello in mezzo al campo con gli avversari e attendendo fino al limite della riserva prima di effettuare il rifornimento alla sua macchina, vale a dire le sostituzioni.

Ma andiamo per ordine ad iniziare da un primo tempo sufficiente del Barcelona. Koeman ha impostato la squadra con il miglior undici possibile, almeno sulla carta, quello che garantiva, al momento, le migliori prestazioni. Il recupero di Piqué è stato un tassello importante per la difesa che, fino al momento, era stato l’anello debole della catena barcelonista. Dentro tutti i migliori arruolabili, dunque. Un undici di tutto rispetto con qualità, gioventù, controllo. Il primo o tempo è stato equilibrato, molto tattico, tra due formazioni che si temevano. Le due formazioni si sono guardate negli occhi e si sono affrontate a viso aperto, ma senza mai perdere quell’equilibrio che giunge dal reciproco rispetto. Il Psg, senza Neymar, Bernat e Di Maria, è stato meno spaventoso di quanto ci si sarebbe attesi, sopratutto per un Barça giunto a questo appuntamento incerottato al massimo, ma con il morale in rally da buy forsennato. Il Barça quindi non è parso quello incerto e falloso della prima parte di stagione. Sono stati proprio i blaugrana a passare in vantaggio con Leo Messi che ha trasformato alla perfezione un penalty concesso dall’arbitro Kuipers per atterramento in area di De Jong da parte di Kurzawa. Palla sotto la traversa alla sinistra del portiere e Barça in vantaggio. I blaugrana avrebbero potuto raddoppiare immediatamente dopo, ma Dembélé non ha sfruttato la favorevole occasione calciando debolmente contro Navas. Nei qatarioti l’uomo certamente maggiormente osservato, la stella, era Mbappé. E proprio lui è stato l’autore della rete del pareggio dei mediorientali. Azione sviluppatasi sulla sinistra, la corsia maggiormente usata dai giocatori di Doha per i loro attacchi, palla in area per Verratti che ha fatto proseguire Mbappé di prima con un tocco di esterno. Dribbling su Lenglet, che invece che posizionarsi sul fianco per essere reattivo negli spostamenti ha affrontato l’avversario frontalmente, piatto, e palla sotto la traversa senza che Ter Stegen potesse fare nulla sul forte pallone calciato da due passi. L’arbitro ha risparmiato il doppio giallo a Gueye, meritevole della doppia sanzione in tre occasioni, ma rimasto impunemente in campo nella prima parte di gara. Capitolo rigori. Uno chiaro ed evidente non fischiato al Barça per un evidente fallo di mano di un avversario nell’angolo basso dell’area di rigore. Arbitro e Var hanno fatto spallucce. Il vuoto societario e un Presidente della Gestora che tifa per gli altri è una evidente causa di questa situazione

Nella ripresa Pochettino ha sostituito Gueye per evitare l’arrivo del giallo che sarebbe certamente giunto se fosse rimasto ancora in campo. Nella seconda parte il PSG ha preso pian piano possesso della gara, mentre gli uomini di Koeman, al contrario, sono lentamente usciti dalla sfida. Era evidente che dopo una prima parte equilibrata, nella quale il Barça aveva avuto due grosse occasioni per marcare con Dembélé (di cui abbiamo già parlato) e Griezmann (contropiede concluso con una conclusione larga a fil di palo. Nuova stecca per il francese), la ripresa stava parlando troppo la lingua del Qatar. I blaugrana apparivano stanchi e mal posizionati in campo. Busi era sempre in ritardo nelle coperture, Dest in enorme difficoltà con Mbappe sulla fascia destra. Il rientrante laterale olandese è stato uno dei giocatori che più ha sofferto il gioco degli avversari. Come nel primo tempo, anche nella ripresa i pericoli sono arrivati quasi tutti dalla sua parte. Koeman, davanti a questa evidente difficoltà, ha deciso di stare a guardare, assistendo alla disgregazione tattica della sua squadra. Un allenatore presente a se stesso avrebbe agito immediatamente. Invece, il dormiente tecnico olandese è rimasto immobile a guardare come gli avversari si sono presi il risultato e anche la qualificazione. Al 65‘ è giunta la rete del sorpasso di Mbappé. Koeman? Niente, imperterrito a guardarsi la partita come alla televisione. Al 70‘ è arrivata la rete dell’uno a tre. Autore Kean, giocatore spedito via dall’Everton per pochezza caratteriale e tattica. Errore della difesa, con Jordi e De Jong entrambi su un avversario e Moise Kean liberissimo di colpire di testa davanti a Ter Stegen. E Koeman? Finalmente il biondo tecnico barcelonista si è accorto che qualcosa non andava e un minuto dopo ha operato il suo primo cambio. Ma invece che mettere mano al centrocampo, sotto ritmo e con poco-o-nulla movimento, ha deciso di sostituire Dest con Mingueza, conservandosi gli altri cambi non si sa per quale momento della sfida.

Mentre il tempo scorreva e il Psg gestiva la partita con facilità, facendo girare a vuoto il piatto e immobile centrocampo blaugrana, Pochettino operava il cambio di Draxler per Verratti. Koeman? Continuava a guardare la partita alla televisione dal divano di casa sua con pantofole, coca cola e pop corn.

Finalmente, svegliatosi da un torpore che lo aveva fatto cadere nel mondo dei sogni, il buon Ronald, controllando il regolamento, si è ricordato che la Uefa gli dava la possibilità di operare ancora dei cambi. Con la squadra sotto 1-3 ha atteso fino al 78‘ per fare uscire Busi (sarebbe dovuto uscire almeno al 55′) e Pedri (sottotono la sua gara). Al loro posto sono entrati Pjanic e Trincao. In più, è uscito dal campo anche Piqué per l’inserimento di Riqui. Al suo posto in difesa è retrocesso De Jong, con il suo posto in mezzo al campo occupato dal bosniaco. Ora resta da vedere se Gerard è uscito per un problema fisico o per scelta tattica. Nel secondo caso giungerebbe una ulteriore bocciatura per il tecnico di questa catastrofica partita. De Jong in difesa, già provato in Liga con risultati negativi, e mancante anche nella circostanza del terzo goal dei parigini, non poteva essere una mossa azzeccata. Riprova di ciò il Paris ha creato sempre più pericoli alla disastrata difesa del Barcelona, mentre l’assenza atavica di un nueve, ha impedito di portare pericolo alla porta di Navas se non in sporadiche, e al termine di azioni complesse e laboriose, occasioni. Ecco che, al termine dell’ennesima ripartenza francese, ancora Mbappé ha realizzato la quarta rete che ha chiuso definitivamente partita e eliminatoria a favore della formazione qatariota.

Manita del Barça e boccata di fiducia in vista del PSG

di Giuseppe Ortu Serra

Un cinque a uno spettacolare del Barcelona nella sfida casalinga contro l’Alavés in Liga. Doppietta di Messi e di Trincao e rete di Junior per la manita finale di un Barça che ha rischiato, sofferto e mostrato il suo lato più spettacolare della stagione. Bel gioco offensivo e carenze difensive. Questo è il Barça di Koeman di questa stagione. Va bene fintantoché si segna una rete in più degli avversari, ma certo che con il crescere del valore degli opponenti sarà anche più complicato marcare con tanta facilità.

L’allenatore olandese ha deciso di uscire con un equipo leggermente modificato nel suo once de gala avendo in mente la partita di Champions contro il Paris St Germain. Dunque ampie rotazioni con Riqui, Ilaix, Junior, Trincao titolari. De Jong centrale difensivo in coppia con Lenglet. Un inizio pungente e veloce del Barça a chiudere l’Alavés nella propria area di rigore. Subito due occasioni da rete che non sono sfociate nel goal del vantaggio blaugrana per la buona attuazione difensiva degli uomini di Abelardo. Con lo svilupparsi della gara, però, il Barcelona ha rallentato il passo e la velocità di esecuzione della manovra, diventando eccessivamente prevedibile. In questa fase dell’incontro l’Alavés ha sbrigato con facilità l’incombenza. Sono certamente mancate le penetrazioni lungo l’out di destra che è solito fornire Dest e che Mingueza non è in grado di dare non avendone le caratteristiche. Neanche Trincao è mai riuscito a raggiungere il fondo, cosicché la manovra ne ha risentito in pericolosità, imprevedibilità e velocità, con la costante del passaggio centrale una volta giunti nei pressi del lato corto di destra dell’area di rigore. L’unica volta che il 28 blaugrana ha raggiunto il fondo e effettuato il cross è giunta la rete del vantaggio. Palla lunga per gli avanti azulgrana, possesso recuperato da Ilaix dalla parte opposta dell’area. Servizio al bacio per Trincao che con un sinistro di prima a girare ha insaccato il pallone dell’uno a zero. Il Barça ha insistito. Una rete annullata a Messi per un fuorigioco microscopico visto solo dal Var dopo una conclusione di Griezmann respinta dal portiere avversario. A pochi secondi dalla fine, infine, Messi ha deciso di calciare da fuori area dopo aver superato un uomo. La palla è andata a colpire il palo vicino al portiere e si è insaccata dalla parte opposta. Due a zero all’intervallo.

Nella ripresa il Barça ha iniziato in maniera sonnacchiosa, ed è stato subito colpito a freddo. Errato e arrischiato passaggio laterale di Ilaix e l’Alavés ha avuto la chance di andare a calciare da posizione favorevole. Rete dell’uno a due per la formazione di Vitoria e gara riaperta. Il solito vizio della formazione di blaugrana di voler gestire sotto ritmo la gara. Quando ciò accade sono sempre guai e dolori. La gara è rimasta sui binari dell’incertezza del risultato fino a un quarto dalla fine, quando il Barça ha debordato andando a chiudere la gara in maniera trionfale.

Ancora Trincao per la rete del tre a uno dopo un uno contro uno di Messi con il portiere avversario che è riuscito a evitare di essere superato dal 10 argentino. Sul tackle del numero uno dell’Alavés è però giunto sul pallone Trincao che ha realizzato la sua prima doppietta personale da quando è arrivato a Barcelona. Un minuto dopo ancora Messi ha sfondato la rete con la sua doppietta e il quarto goal della squadra. Altri 5 minuti e anche Junior è riuscito a timbrare il referto nella colonna reti realizzate. Azione spettacolare blaugrana con Messim che ha scodellato per Griezmann. Il francese è andato a trovare dalla parte opposta Junior che ha chiuso l’azione con la quinta rete. Una partita importante per il morale e l’autostima della squadra in vista della partita contro i galli (in tutti i sensi).

Sconfitta al Sanchez Pizjuan in Copa. Barça quasi fuori.

di Giuseppe Ortu Serra

Brutta sconfitta del Barcelona in semifinale contro il Sevilla. Un 2-0 che complica terribilmente il discorso qualificazione visto che al ritorno il Barça dovrebbe ribaltare il risultato di oggi con un difficile 3-0. Brutto primo tempo con la squadra ferma, senza movimento in avanti, senza idee o pressione. Nelle rare occasioni in cui la pressione è stata portata, è sempre stata fuori tempo. A inizio gara due occasioni per il Barça con Leo Messi. Questi sono stati anche gli unici squilli di tromba dei blaugrana nei primi 45′. Per il resto, il disastro assoluto. La rete del Sevilla è nata da un errore difensivo collettivo. Tre, quattro difendenti saltati come birilli, con tunnel a Umtiti, da Koundé, un difensore, e rete dello stesso ragazzo in un uno contro uno contro Ter Stegen.

Nel secondo tempo la musica è cambiata. Il Barça è sceso in campo con un’altra mentalità. Maggiore velocità, aggressività e passo. La squadra è stata molto più pericolosa, e il Sevilla ha rischiato di subire la rete del pareggio in più di una circostanza. Messi ha sfiorato il goal in più di una circostanza, anche se è stato l’avversario ad andare in rete per la seconda volta. Da segnalare un clamoroso calcio di rigore non assegnato al Barça per un fallo evidente ai danni di Jordi che Mateu Lahoz ha trasformato incredibilmente, con il beneplacito del Var, in un calcio di punizione al limite dell’area. Da un possibile pareggio al raddoppio del Sevilla. Altro buco difensivo di Umtiti che, in una ripartenza degli andalusi, ha cercato di mettere in fuorigioco un avversario che partiva da una posizione più arretrata. Ovviamente una idea impossibile da realizzare. Nel tentativo di recuperare la posizione, il francese è perfino scivolato, dando ulteriore vantaggio all’avversario. La rete di Rakitic ha di fatto chiuso la partita.

Una gara nella quale certamente non ha inciso la mano dell’allenatore, o meglio, ha inciso in senso negativo. Con la formazione andalusa in vantaggio di uno a zero, e senza aver mai disputato un solo tempo supplementare a differenza del Barcelona, Lopetegui ha effettuato tutti e 5 i cambi che gli permetteva il regolamento tra il 69′ e l’82’: tre centrocampisti, un attaccante e un laterale. E Koeman? Sotto di una rete a zero, il tecnico olandese ha effettuato il primo cambio all’85‘. Riqui per Pedri. Tardi, troppo tardi per cercare di inserire forze fresche in campo. Solo dopo il raddoppio è giunta la seconda sostituzione: fuori Umtiti e dentro Trincao. Al 90‘! No comment!

La concorrenza sleale della Piovra PSG nel calcio europeo

di Giuseppe Ortu Serra

Nel mondo del calcio vige il principio non scritto della lealtà e della sportività. Dare ad ognuno almeno una possibilità di vittoria. Principio cavalleresco da gentlemen che si è sempre seguito fin dai tempi delle giostre medioevali. Cavalieri ad armi pari tra i pari del regno. Parità di competizione come parità di armi, al di là del valore di ciascuno nella propria arma o disciplina. Ma regole uguali per tutti e partecipazione ai tornei disciplinati da regole uguali per tutti affinché ognuno potesse avere, in partenza, le medesime chance di vittoria. Chi partecipava al torneo di spada, non poteva giostrare contro un cavaliere armato di lancia in sella al suo destriero.

Nel calcio abbiamo pressapoco lo stesso principio. Tutti devono concorrere con le regole della lealtà e sportività. Per questo fu creato il principio del Fair Play Finanziario, affinché si potesse operare tutti con le medesime armi delle capacità personali e professionali. Ma si sa, nel mondo del calcio c’è qualcuno che rompe gli schemi e gioca in maniera sleale, stracciando quel gentleman agreement rappresentato dalla onestà e lealtà. Questo qualcuno è il Paris Saint Germain. Non è posseduto da una persona, no. Non da una azienda, sebbene grossa e potente, no. E’ posseduto e gestito da uno Stato: il Qatar. E’ fin troppo evidente che il rapporto di equilibrio tra i grandi club europei viene a frantumarsi nel momento in cui si oppongono a club di azionariato popolare puri come il Barcelona, misti (soci – aziende) come il Bayern Monaco, o di proprietà direttamente di aziende, club che sono di proprietà di uno Stato sovrano. Il Qatar, che naviga sul petrolio, come può essere un competitor serio e onesto con i suoi illimitati capitali? Risposta. Certo, se seguisse le regole del Fair Play Finanziario. Parola magica. Ma sappiamo benissimo come questo istituto funziona; o meglio non funziona. Abbiamo visto come il Fair Play Finanziario possa facilmente essere aggirato con operazioni contabili realizzate ad arte. E il PSG, come vedremo, è maestro in questo. Se la Uefa, che ha creato questo istituto nel 2009, permette di aggirare facilmente le sue maglie e regole con semplici stratagemmi di mercato, e quando vengono esse violate interviene con sanzioni barzelletta (il caso della condanna del Manchester City, altro club di proprietà di uno Stato, è lampante), allora siamo davanti alla più grande manipolazione delle regole di sportività della storia dello sport.

Il PSG, che ha come presidente Nasser Al-Khelaifi, è di proprietà dello Stato del Qatar attraverso il Qatar Investment Authority. Questo è un fondo sovrano (strumento di investimento pubblico che appartiene direttamente al governo del Qatar) che controlla, tra le altre cose, la totalità del Paris St. Germain attraverso la sua controllata, la Qatar Sports Investments. Il QIA è solito operare in finanza attraverso acquisizioni di società e gruppi finanziari attraverso il sistema impropriamente definito “a debito”. In realtà il termine corretto è leveraged buyout e consiste nell’acquisire una società attraverso la creazione di debito per finanziare la maggior parte dell’acquisto. Il debito così creato per l’acquisizione dell’azienda, di un ramo della stessa, o di un gruppo di società, viene ripagato o attraverso i flussi di cassa della società acquisita, o mediante lo smembramento della società acquistata e la vendita di alcuni singoli rami della stessa (i maggiormente produttivi).

Il Qatar Investment Authority che ha la proprietà del PSG, è una Piovra che controlla in maniera più o meno consolidata ogni settore merceologico e ha investimenti in tutto il mondo. Dal settore aerospaziale attraverso Airbus alla finanza via Barclays, CITIC Group, London Stock Exchange, HSBC e Credit Suisse; dal settore automobilistico (Volkswagen Group) a quello del lusso (Valentino), dalla grande distribuzione del lusso (Harrods principalmente, ma anche Sainsbury’s) al Broadcasting (Al Jazeera e BeIN Sports). Il settore degli investimenti immobiliari non è da meno, posto che quattro dei più prestigiosi hotel della Costa Smeralda appartengono alla QIA, la quale ha investito pesantemente su Canary Wharf Group (la nuova City di Londra) insieme a Brookfield Property Partners. Ma non solo Canary. I proprietari del PSG hanno pesanti investimenti anche nel resto della città. Harrods è di loro totale proprietà dopo l’acquisizione dalle mani di Al Fayed. E così per i grandi alberghi della città e aziende con sede a Londra.

I tentacoli della piovra dei proprietari del Paris si sono dispiegati in ogni dove nel mondo. In Francia, per esempio, gli emiri bevono a garganella dalla grande tazza anche grazie a un profittevole sistema di esenzioni fiscali a loro favore create ad hoc dal governo francese. Nel 2009 Sarkozy, grande tifoso del Paris St. Germain, e il parlamento francese, hanno emanato una legge ad personam a favore degli investitori qatarioti che permetteva l’esenzione dal pagamento delle tasse dei proventi delle aziende qatariote sul suolo transalpino. Una pacchia. Una licenza a vita per fabbricare soldi senza pagare un euro. Negli anni il Qatar, per il tramite del Qatar Investment Authority, si è comprato mezza Francia. Da una piccola partecipazione in LVMH Group (Luis Vuitton Moët Hennessy) agli immobili di mezza Plaçe Vendome e degli Champs-Élysées. E poi Total, Vinci, Lagardere. Ma c’è di più. Tre settimane fa, la QIA ha venduto a LVHM la quota rimante che detenevano (9,3%) in Tiffany & Co per un guadagno complessivo di 892,3 milioni di dollari.

Ma anche in Italia l’Emiro che possiede il Paris St. Germain fa affari d’oro. Interi quartieri di Milano, e non certo i più popolari, sono nelle mani della Qatar Investment Authority, così come alcuni dei palazzi storici del capoluogo milanese. Anche lo Stato Italiano fa begli affari con i proprietari del PSG, vendendo armi e andando a braccetto per mezzo dell’Enel (E’ di due settimane fa la creazione di una Jount Venture per progetti di sfruttamento green nell’Africa subsahariana). Il capitolo armi ha visto la vendita da parte del Governo italiano al Qatar di 7 navi da guerra per il valore di circa 4 miliardi di euro, 28 elicotteri NH-90 per 3 miliardi, oltre alla sottoscrizione di un accordo per 24 caccia Typhoon del consorzio Eurofighter. Senza dimenticare che il Qatar è apertamente accusato, da anni e da tutti i Paesi del Golfo confinanti, Arabia Saudita in testa, di finanziare indirettamente il terrorismo e i Fratelli Musulmani, oltre a fornire loro diritto di alloggio via Al Jazeera. Nel conflitto in Libia, Qatar e Turchia appoggiano direttamente Sarraj e i Fratelli Musulmani, mentre tutta Europa, e anche oltre, sta dalla parte di Haftar. Ma l’Italia vende armi a Doha. La cosa ancora più preoccupante è che con tutti questi legami oscuri e tali dubbie frequentazioni, che porterebbero qualsiasi mamma a rinchiudere il figlio in casa per un anno al fine di evitare che possa prendere strade pericolose, il documento Qatar Papers di due giornalisti francesi, Christian Chesnot e Georges Malbrunot, mette in luce la pioggia di soldi (72 milioni di euro) che lo Stato del Qatar, tramite la Qatar Charity, ha investito in Europa attraverso la costruzione di 113 moschee, dove c’è da scommetterci, non indottrineranno solo attraverso i libri sacri.

Davanti a questa piovra dai mille tentacoli che tutto risucchia e tutto avvinghia, Il PSG come può onestamente competere con tutti i club europei che si reggono sulle loro misere e povere gambe? Come può un club normale confrontarsi con una Piovra come quella? Il Fair Play Finanziario è una vera barzelletta, e pare genuflettersi ai poteri forti dell’Emiro. In questa stagione il PSG ha tre sponsor sulla maglia. ALL, acronimo di Accor Live Limitless, è lo sponsor principale della squadra. ALL altro non è se non il programma fidelizzazione clienti della catena alberghiera Accor, di cui, guarda caso, il Qatar Investment Authority, dunque il proprietario del PSG stesso, possiede una quota azionaria del 10,5%. L’accordo porta nelle casse del club una cifra intorno ai 50 milioni di euro. Lo sponsor presente sul retro della maglia, Ooredoo, è il provider di telecomunicazioni presente in Qatar. Lo sponsor sulla manica, QNB, si riferisce al Qatar National Bank. Tutte aziende di proprietà del Qatar, vale a dire dell’Emiro che controlla il PSG attraverso la Qatar Sports Investments. Tutto in casa. Gli sponsor, dunque, non sono fondi esterni alla proprietà, ma sempre provenienti dalla stessa fonte. Dunque un chiaro ed evidente inganno, un intento truffaldino di aggirare il Fair Play Finanziario e mascherare continui flussi e gettiti di cassa dentro il club da parte dello stesso proprietario del PSG. E la UEFA che fa? Guarda, asserisce e annuisce. E forse muggisce pure mentre spulcia i conti, i resti, e i saldi e i decimali dei bilanci alla voce altri club d’Europa, quelli normali senza Santi in paradiso.

Messi e Trincao danno i tre punti al Barça alla quinta vittoria fuori casa

di Giuseppe Ortu Serra

Vittoria faticosa per il Barça che espugna il Benito Villamarin con reti di Messi, autorete di Ruiz e con il primo goal di Trincao. 2-3 il risultato della partitiche ha visto un primo tempo senza Messi e inizialmente De Jong. I due giocatori dovevano, nelle intenzioni di Koeman, essere risparmiati per l’incontro di Copa contro il Sevilla del 10. Senonché i piani dell’allenatore olandese non sono stati rispettati per l’infortunio occorso a Araujo, distorsione della caviglia sinistra e per il risultato deludente della prima frazione di gioco. Araujo si è fatto male subito ad inizio gara. All’11’, in un rinvio ostacolato da un avversario, l’Uruguay ha messo male il piede e la caviglia gli si è girata malamente e dolorosamente. Il giocatore, certamente il miglior difensore della rosa attualmente disponibile, ha dovuto immediatamente lasciare il campo dopo essere stato soccorso a bordo campo dallo staff medico della squadra. Nelle prossime ore le ulteriori prove mediche segneranno la durata dello stop, nella speranza che non sia nulla di particolarmente grave giacché alle porte si sta presentando la sfida di Champions contro il PSG. Al posto di Araujo ha fatto il suo ingresso in campo Frenkie, accomodatosi nella posizione di centrale di destra. La squadra ha patito seriamente l’uscita dal campo del numero 4 e sugli sviluppi di un contropiede, con la squadra sbilanciata in avanti, l’assenza di Ronald è stata pagata con la rete dello svantaggio. Difesa male posizionata e completamente fuori posizione. Mingueza è stato colto in area di rigore avversaria quando è partita la controffensiva betica. De Jong in ritardo nelle chiusure; Lenglet, anche lui attardato, non è riuscito a intervenire sul cross da destra, sul quale Jordi è entrato in scivolata ma senza deviare la traiettoria della palla. Busquets, accanto a Borja Iglesias, invece che marcare e contrastare l’avversario, si è limitato a rallentare e sollevare il braccio per chiedere un fuorigioco inesistente.

Per tutto il primo tempo la squadra, orfana di Messi e di Araujo, ha sofferto la scarsa efficacia in avanti e l’improvvisa insicurezza e indecisione in difesa. Tutta la prima frazione è dunque scivolata in maniera stanca senza che i blaugrana riuscissero a incidere sul risultato. Poco gioco, poche occasioni e velocità insufficiente.

Nella ripresa, dunque, in campo Messi per Riqui. Insieme al dies c’è spazio anche per Trincao che prende il posto di uno spento Pjanic. Con l’argentino sul terreno di gioco è tutta un’altra musica. La squadra rinasce in un santiamén. Pochi minuti ed è subito pareggio. Assist per Leo di Dembélé. L’argentino entra in area e lascia partire un sinistro secco che si insacca nell’angolino basso. Dieci minuti ancora e giunge il raddoppio e il sorpasso dei blaugrana. Autorete di Ruiz che infila la propria porta dopo che Griezmann era riuscito nell’impresa di non calciare a porta vuota. Stop errato del francese con la palla che, invece che in avanti, carambola indietro e va ad incocciare contro il difensore alle sue spalle. Palla in rete e sorpasso raggiunto.

Ma questo è un Barça che non sa difendersi. Deficitario nei difensori, lasciato anche da Araujo infortunato, la squadra è abìndata in difficoltà ad ogni pallone scaraventato, crossato, anche solo appena abbozzato in area di rigore. E così, da un calcio di punizione dal limite dell’area regalato da un altro intervento in ritardo di Busquets, l’ennesimo errore del numero 5, che non salta sul pallone calciato nell’area piccola, permette a Ruiz di rifarsi dell’autorete e impattare il risultato sul 2-2.

L’ultima versione del Barça di Koeman, sebbene debole in difesa, ha certamente dalla sua tanta fede, coraggio e buona volontà. Sorretto da una forma fisica impeccabile, la squadra riesce sempre a chiudere le gare con ancora tante energia e velocità sulle gambe. E così, all’87’, ecco giungere la rete del sorpasso, del 2-3, e della vittoria, la quinta consecutiva in trasferta. A marcare è stato Trincao, alla sua prima realizzazione in blaugrana. Il portoghese ha recuperato palla dalla disponibilità di un difendente del Betis sul limitare dell’area e, con un sinistro potente, ha scagliato la palla in rete dopo aver colpito la parte bassa della traversa. Tre punti fondamentali nella lotta alla seconda piazza della Liga. Madrid nuovamente raggiunto e superato (per differenza reti) e Sevilla lasciato dietro di un punto.

Hazard: 40 milioni di euro a goal per il Madrid. Bilancio di un fallimento economico e sportivo

di Giuseppe Ortu Serra

Il madridismo tutto si sta occupando da settimane di Messi. In tutto questo marasma di notizie riguardanti il sei volte pallone d’oro, che piaccia o meno ancora attualmente in carica, Messi è la più chiara rappresentazione delle debolezze e mancanze del club blanco. Messi è diventato, da nemico pubblico uno di Chamartin, a specchio per occultare le magagne e i problemi che affliggono il madridismo.

Protezione attraverso confusione. Questo sta facendo Florentino. Come un bravo illusionista, il boss del Madrid distrae l’opinione pubblica attraverso trucchetti da mago da avanspettacolo, da Off-Off Broadway. Un po’ in stile Splendini, ma molto meno raffinato, e sopratutto, molto meno simpatico. Mostra un portacenere luccicante qui, mentre con l’altra mano infila sotto il cappello il più classico coniglio. Mentre tutta l’attenzione è rivolta al fronte orientale, verrebbe da dire, vale a dire a Barcelona, con il mirino tenuto sull’argentino, sul suo contratto, i corsi di lingua che intende seguire e forse anche se la lavatrice ultimamente acquistata è di un certo Paese piuttosto che di un altro, più a occidente cose ben più oscure stanno avvenendo.

Messi come elemento per nascondere i fallimenti degli ultimi 10 anni del Madrid. Benzema è stato l’ultimo acquisto non fallimentare dei blancos. E’ datato 2009-10. La stessa stagione giungeva nella Gran Via anche Ronaldo, non quello vero, che resterà per sempre Il Fenomeno, ma l’altro, quello fake, l’uomo costruito in palestra che tutto il mondo ha dovuto chiamare con il suo nome di battesimo perché ad usare il solo cognome tutti avrebbero immediatamente pensato all’ex blaugrana.

Dal 2009-10, vale a dire da ben 12 anni, il Real Madrid non ha più acquistato un nome altisonante che potesse abbassare la temperatura di frittura degli umori delle merengues, già troppe volte finite nella pattumiera per essere state bruciate a causa di una eccessiva cottura. Una serie di fallimenti di mercato dietro l’altro. Nomi lanciati come astri nascenti del firmamento calcistico e poi rivelatisi tossici e inquinanti meteoriti caduti bruscamente e sgraziatamente sulla terra. Vinicius, Rodrygo, Ødegaard, Ceballos, Militao, Isco, frattanto caduto in disgrazia proprio come un grosso, grasso… matrimonio greco?, no, detrito spaziale. E via discorrendo fino al fichaje estrella di Hazard.

Presentato come il colpo del secolo, la risposta Blanca al Neymar blaugrana di qualche stagione prima, el gordito è stato visto più nell’infermeria di Valdebebas che in campo al Bernabeu. Acquistato per 160 milioni di euro due stagioni fa, anche se ufficialmente era stata dichiarata una cifra assai minore (115 milioni), il belga ha finora realizzato appena tre misere reti. Una nell’intera stagione scorsa, rete contro il Granada nel 4-2 finale (Hazard segnò la seconda rete) e due nella stagione in corso. Reti pagate piuttosto salate da Florentino, posto che il Padre Padrone del madridismo ha sborsato finora la cifra astronomica di 40 milioni di euro a rete. Nel frattempo, el gordito è rimasto più nell’ambulatorio del medico e del fisioterapista che in campo. Nella prima stagione Hazard ha saltato ben 24 partite su 51 totali per infortunio. Due volte non è stato convocato e in tre circostanze è rimasto in panchina. Nell’anno in corso il ragazzo ha già saltato 14 partite per infortunio (gli è venuto perfino il coronavirus) e in un incontro ha languito in panchina. E’ sceso in campo in solo 13 incontri, totalizzando un monte minuti di 631, pari a 48 minuti a gara. Praticamente appena un tempo a partita. Se non è un fiasco questo… certamente non è un flûte di champagne con cui brindare al colpo di mercato realizzato.

Le cifre reali del contratto di trasferimento di Hazard sono state portate alla luce da una serie di scoperte giornalistiche dei quotidiani belgi Het Laatste Nieuws e La Dernière Heure, che indagando sui diritti di formazione sanciti dalla Fifa spettanti al club belga AFC Tubize (prima squadra di Eden che lo ha formato nelle sue giovanili e poi trasferito gratis in Francia, al Lille), introiti dovuti al passaggio del giocatore dal Chelsea al Real Madrid, hanno scoperto che le reali cifre ammontavano a ben più dei 115 milioni ufficiali, e ascendevano fino ai 160 milioni di euro.

Come è ben noto, tutti i club che hanno formato i calciatori tra i 12 e i 23 anni, hanno diritto a una percentuale annuale, fino a concorrenza del 5%, del prezzo finale delle future compravendite. Questa percentuale varia dallo 0,25% se il giocatore è stato formato tra i 12 e i 15 anni, allo 0,50% se l’età varia tra i 16 e i 23 anni.

La Epica di Koeman e del Barça contro il Granada

di Giuseppe Ortu Serra

87′ e 20” del secondo tempo. Il Barça perdeva 2 a 0 a Granada a Los Carmenes. Tre reti separavano i blaugrana dal passaggio del turno alle semifinali di Copa del Rey. Due per raggiungere il pareggio e prolungare la partita ai supplementari. Due minuti e spiccioli il tempo che rimaneva prima del triplice fischio del fischietto. Tutto stava remando contro in quella gara. Dominio assoluto della formazione di Koeman, con un possesso palla alla catalana di ben oltre il 70% e occasioni e conclusioni à gogo. Alla fine dell’incontro le statistiche parleranno di due pali, una traversa, una serie infinita di calci d’angolo (19 a 0), una gragnolata di tiri in porta (una sorta di tiro al piccione per un totale di 36 conclusioni, di cui 20 nello specchio della porta) e 16 parate del portiere del Granada. Nonostante ciò il Barça perdeva due a zero a 2 minuti dalla fine della partita. Tutto sembrava perduto. Il Barcelona eliminato ingiustamente e il Granada alle semifinali di Copa. Sembrava. Perché nel calcio non c’è mai la parola fine fino al triplice fischio arbitrale. Avevamo già visto epiche remuntadas del Barça nel recente passato: a Sevilla con doppietta di Cesc e Villa dal 2 a 0 al 2 – 3; al Camp Nou contro il Psg.

All’88‘, su servizio di Leo a scavalcare la difesa avversaria arroccata nella propria area di rigore come una guarnigione romana nella più classica delle formazioni difensive “a testuggine”, Griezmann è riuscito a trovare il pertugio giusto tra palo (l’ennesimo) e portiere. Questa volta il malefico legno del Nuevo Los Carmines, chiaro giocatore di parte e acerrimo e strenuo difensore della causa dei locali, ha respinto sull’esterno della gamba del portiere. La palla, finalmente, questa volta è carambolata in rete. 2-1, ma mancava ancora una rete per poter raggiungere il risultato di parità e portare la gara ai templi supplementari. Il Barça, che da un quarto alla fine del secondo tempo difendeva ormai con un solo difensore, Araujo, a cui era stato aggregato il trequartista-interno Pedrito Pedri, più Dest e Jordi, che tuttavia erano due estremi permanenti aggiunti, ha continuato a insistere con fede, cocciutaggine e testardaggine tutte catalane.

Quattro minuti è stato il tempo extra assegnato dalla squadra arbitrale dell’incontro. Ennesimo palo di Messi su conclusione angolatissima a portiere battuto, che ha attraversato tutta la linea di porta uscendo dalla parte opposta. Niente. Sembrava veramente una missione impossibile. Fino a quando Griezmann non ha trovato di testa Jordi che ha incornato in rete il pallone del quasi insperato pareggio.

Ai supplementari il Barça ha continuato con il suo moto continuo da bulldozer nei confronti del Granada che, con l’aiuto dell’arbitro, è clamorosamente e incredibilmente rientrato in gara dopo aver subito la rete del sorpasso operato ancora una volta di testa da Griezmann. 3-3 su calcio di rigore, non difficoltosamente definito “regalito” anche dalla Tv spagnola.

Nuovamente in parità, e nuovamente tutto da rifare. La pazienza questa volta ha avuto vita breve. Nel secondo tempo supplementare, prima De Jong che ha ribadito in rete una conclusione rasoterra di Messi che il portiere non era riuscito a trattenere, poi ancora una volta Jordi con un calcio al volo di rara bellezza, hanno definitivamente smantellato il Progetto Linea Maginot del Granada e conquistato l’accesso alla semifinale.

Nella remuntada contro il Granada tutta la squadra è stata superlativa, superandosi in ogni aspetto, sotto il profilo psicologico e fisico, dal punto di vista tattico a quello comportamentale. Desta attenzione l’aspetto tattico, perché Koeman ha cercato il tutto per tutto schierando, ad un certo momento, ben sette giocatori offensivi: Griezmann, Messi, Braithwaite, Dembélé, Riqui, Pedri, De Jong, più Jordi e Dest aggiunti alla fase offensiva in modo definitivo. La fase difensiva è stata gestita da Araujo con l’apporto di Pedri, e dai rari ripiegamenti dei due laterali. Se tale situazione tattica poteva andare bene nel momento della necessità di recuperare il risultato a tutti i costi, è stato più complicato gestire i supplementari con uno schieramento ultra offensivo che si difendeva con un centrale e un centrocampista offensivo come Pedrito.

Koeman è da elogiare per il coraggio mostrato al momento della massima tensione. La squadra per essere rimasta unita e compatta pur con uno schieramento tattico tanto folle e utopistico. Singolarmente, tranne Umtiti, autore dei due errori che hanno complicato la gara, compromettendone per poco la qualificazione, tutti gli altri sono stai encomiabili. Dal primo all’ultimo; chi più, chi meno. Certamente Leo è stato il faro, il profeta di questa squadra, ma gli altri, a partire da De Jong, sono stati i suoi discepoli. Un cenno a parte per Riqui, già definito il brutto anatroccolo di Koeman, e che si sta trasformando sempre più in un cigno bellissimo e regale. Il suo ingresso in campo ha dato un apporto di gioiosa freschezza e elettricità fondamentale. Un applauso a Koeman per aver capito di aver sbagliato nelle sue valutazioni e giudizi iniziali e aver avuto il coraggio di fare un passo indietro con il ragazzo di Metadepera.