IL “ES LO QUE HAY” DI SERGI

Giuseppe Ortu Serra

Ieri notte in conferenza stampa post gara, Sergi ha usato le parole totem di Koeman: “Es lo que hay”. Prima di iniziare a sentire in giro un fiume di polemiche da parte dei “komanisti“, i fedeli, orfani di Koeman e del duo Bartomeu-Rosell, notoriamente dotati di memoria corta (se non totalmente smemorati), che utilizzerebbero queste parole per iniziare a picconare il traghettatore e agitargli le acque sotto la barca con il chiaro scopo di vendicare il loro idolo d’oro, a chiaro danno e detrimento della squadra, bisogna subito chiarire il significato di quelle parole. Il Es lo que hay di Sergi è uguale a quello pronunciato fino al disgusto da Romnald Koeman? No, certamente no! È questione di semantica.

L’idolo dei bartorosellisti, idolo solo in quanto uomo di Bartomeu, ponte di barche di Bartomeu, testa d’ariete di Bartomeu, usato da questi per destabilizzare dall’interno la Junta Laporta (ecco perché definito idolo che riluce di luce riflessa, quella dell’ex presidente), utilizzava il suo mantra con lo scopo esclusivo di denigrare i suoi giocatori, esaltandone una falsa pochezza tecnica per giustificare la sua manifesta incapacità da una parte e accusare Laporta di non avergli messo a disposizione una rosa all’altezza dall’altra. Con quelle parole, Koeman si riferiva alla totalità della sua rosa. A coloro che metteva in campo e a chi non utilizzava, leggasi i vari Pjanic e Konrad nella scorsa stagione; Riqui, Demir, Collado, Lenglet in questa, mentre esaltava al limite del ridicolo elementi improbabili come Luuk de Jong con nomee talmente ridicole da diventare una macchietta come può esserlo Charlot (“Luuk de Jong è più forte di Neymar nei colpi di testa”).

Sergi Barjuan, invece, ha usato il “Es lo que hay”, in risposta a una domanda sui tanti, tantissimi giocatori infortunati. Solo ieri sono stati due: Piqué e Aguero, a cui si aggiungono gli altri noti: Pedri, Dembélé, Braithwaite, De Jong, Ansu, Araujo, Roberto. Dunque Sergi ha voluto descrivere la situazione attuale degli infortunati quasi aprendo le braccia e rimettendosi alla divina provvidenza. Non ha usato quelle parole per giustificare i cattivi risultati e la mancanza di gioco per dire che i suoi giocatori sono scadenti e delle rape in maglietta, calzoncini e scarpette. È questione di semantica. Medesime parole, significato e contesto opposti. Chi lo vuole capire, bene. Chi è in mala fede dovrebbe pensare al bene della squadra e del club, certamente superiore alla fedeltà prezzolata a una singola persona o area politica. Noi non abbiamo debiti con nessuno e non siamo mai stati pagati da alcuno.

ARRIVA SERGI E RIAPPARE IL BARÇA. SOLO IL RISULTATO è DELUDENTE

Giuseppe Ortu Serra

L’orco non c’è più, se n’è andato. E il sereno, insieme al gioco, sono tornati nella contea. Il Barça di Sergi esordisce con un pareggio contro l’Alavés. Poca cosa dal punto di vista del risultato, ma un ottimo passo avanti dal punto di vista del gioco e dello stato di salute della squadra. La partita ha chiarito che il Barça ha già fatto enormi passi. E’ bastato aprire la finestra e far cambiare l’aria venefica che impregnava le mura del vestuario. La squadra c’è.

I 90′ minuti hanno mostrato una squadra che si è tolta un peso enorme dalle spalle che le impediva di alzarsi in piedi e di esibirsi. Il 4-3-3 di Sergi è stato un toccasana per i blaugrana. La squadra è apparsa leggera, unita, compatta. Ha giocato corta e i giocatori sono stati tutti nel vivo dell’azione. Il Barça è andato bene dal punto di vista difensivo e del centrocampo. Buono l’immediato recupero della palla e del posizionamento preventivo in fase difensiva quando la squadra è in possesso di palla. In attacco si sono visti movimenti in velocità senza palla e sincronia tra i giocatori che non si vedevano dai tempi di Messi.

Tutto bene, dunque? Non tutto. Nel primo tempo, nonostante la gran mole di gioco creata e il poderoso possesso palla (l’Alavés ha superato la metà campo in tre occasioni), sono state poche le palle goal contabilizzate: due tiri in porta: Eric di testa e Depay da fuori area, e un tiro fuori ad opera di Aguero. Poco, pochino per vincere una gara peraltro dominata in lungo e in largo. Ma è chiaro che ci vuole pazienza. Dopo il terremoto destabilizzante di Koeman non era possibile che la squadra diventasse immediatamente una macchina da goal. Sergi e i giocatori hanno comunque fatto una sorta di miracolo nel trasformare una pattuglia tremante e impaurita che non sapeva più giocare a calcio, in una formazione in grado, comunque, di giocare un football piacevole e a tratti spettacolare.

Tra le note dolenti dei primi 45 minuti l’infortunio a Agüero che ha dovuto lasciare il terreno di gioco al 42′. Al suo posto è entrato Coutinho. Dalle notizie che abbiamo, il Kun ha avuto un mancamento e ha sentito dolori al petto. È stato trasportato in ospedale in ambulanza per controlli. È certamente azzardato pronunciarsi in eventuali diagnosi.

La ripresa, iniziata senza cambi, si è aperta con le reti che hanno deciso la partita. Tutto nel giro di tre minuti. Prima è stato il Barça, con Depay, a portarsi in vantaggio con un tiro a giro di destro dalla sinistra dell’area di rigore che è finito nell’angolo alto opposto. Una grandissima rete che ha meritatamente portato davanti i blaugrana. Ma la serata non era delle più fertili per il raccolto. E così, dopo appena tre minuti, è giunta la rete del pari. Azione personale di Rioja iniziata dalla trequarti. L’attaccante di Vitoria si è infilato al limite dell’area, ha scambiato con Joselu, e ha insaccato nella porta sguarnita dopo avere dribblato Ter Stegen. Una rete da togliersi il cappello. Due reti capolavoro.

Il Barça di Sergi, a differenza di quello molle e sbronzo di Koeman, ha ripreso a giocare con ancora maggior foga di prima. Le azioni sono fioccate, e con esse le occasioni da rete. Ma una serie di parate del portiere dell’Alavés e un palo centrato in pieno da Depay, dopo avere anticipato l’estremo difensore in uscita, non sono state sufficienti per riportare il risultato dalla parte del Barça.

I cambi operati da Sergi, complice l’infortunio di Piqué che ha chiesto di uscire, sono stati operati con raziocinio. Lenglet per Piqué e Balde per Nico sono stati obbligati. Sono poi entrati Riqui per Gavi e Abdé per Mingueza. Riqui ha dato verve e dinamismo alla squadra, dimostrando una volta di più, quando catastrofico e tossico sia stato Mister Lamento per le sorti del Barça di quest’anno.

Il pareggio è poca cosa, certamente. Ma da una squadra con l’encefalogramma piatto, come era con Koeman, anche un piccolo pareggio conquistato con una buona, convincente e incoraggiante prova è gran cosa.

LIBERI!

Giuseppe Ortu Serra

Liberi! Liberi dal giogo della stupidità, dell’arroganza, dell’incapacità e incompetenza. Liberi dalla follia, dall’irrazionalità e incoerenza. Liberi dalle contraddizioni. Liberi dalla confusione e dal caos. Liberi dalle manie di protagonismo, dalle manie di persecuzione, dal complesso di sfiducia verso tutto e tutti. Liberi dall’innocenza di facciata, dal doppiogiochismo, dalla malafede. Liberi dall’ottusità, dalla mancanza di empatia e di relazione con gli altri. Liberi dalle bugie e menzogne, dalle falsità, dai giochi infantili del “io sono tutto e tu niente”, o del “so tutto io”. Liberi dalle lamentele e dagli isterici piagnistei creati ad arte. Liberi dalle velate minacce e ripicche, dai giochi sporchi e dai rancori covati e taciuti, ma mai dimenticati. Liberi dalla claque che adesso sta schiattando per aver perso il suo idolo d’oro che riluceva solo di luce riflessa. Liberi da chi ha perso il suo pupazzo a cui apriva la bocca e lo faceva parlare come in quelle vecchie bambole che avevano al loro interno un piccolo disco di vinile. Liberi da chi è in lutto per non aver più la sua marionetta da teatro dei pupi che manovrava con invisibili fili e a cui faceva muovere braccia e gambe a piacimento. Liberi da chi si beava per avere un megafono in una posizione strategica. Liberi dalla politica da quattro soldi. Liberi da un cavallo di Troia che finalmente è stato riportato fuori dalle mura prima che i soldati di Agamennone potessero appiccare l’incendio a Troia e distruggere definitivamente ciò che avevano già saccheggiato. Liberi di poter riprendere a sperare, di vedere il sole spuntare dalle buie tenebre di Mordor e di ricominciare a gioire. Liberi!

LA BARÇA DI KOEMAN AFFONDA COME IL TITANIC

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça perde ancora, questa volta contro il Rayo in trasferta a Vallecas per 1-0. Koeman è sempre sulla panchina blaugrana, come una sfinge iettatrice, e Laporta sempre presidente. Tutto immutabile, come il moto perpetuo che tutto comanda. Ognuno ai rispettivi posti di comando, che è ciò che conta nell’ordine costituito. La squadra perde? Non importa, l’importante che Koeman sieda in panchina. Così parte del barcelonismo, quello più becero, può festeggiare la vendetta per aver fatto fuori il nefasto Bartomeu, il peggiore presidente della storia del club, uomo che ha più attinenze con il sindaco della Chicago di Al Capone che con Joan Gamper, entrambi presidenti, ma dal profilo personale e umano decisamente agli antipodi. La squadra rotola a catafascio in classifica e viene violentata e stuprata da qualsiasi avversario gli capiti a tiro? Non importa; l’importante è che Laporta dorma sonni tranquilli con l’opposizione barto-rosellista e non ci rimetta la presidenza. In questo marcio e squallido gioco di potere, dove tutti pensano al proprio potere personale, alla propria poltrona, e nessuno alla squadra, gli unici a sentire qualcosa, ad essere stuprati da quel branco di violentatori seriali, sono i soci, i tifosi, gli appassionati che danno il cuore, l’anima, l’entusiasmo al Barça. Non vogliamo vedere un minuto di più la vergognosa, grassa, patetica figura impassibile, quasi al limite della sociopatia, di Koeman sulla panchina del Barça. Uno schiaffo alla moralità, allo stile, alla storia del club. E se Laporta non è in grado di fare il presidente in maniera seria, che non significa postare video sostenendo che tutto va bene quando l’acqua ha già invaso la barca, ma assumersi le responsabilità che l’incarico lo obbliga a prendere, che si faccia da parte, dia le dimissioni per manifesta incapacità e si dedichi ad altro.

Oggi il Barça, a Vallecas, ha mostrato per l’ennesima volta la sua impotenza più assoluta. Ha tenuto palla, ha fatto confusione, correndo peraltro male, ma non ha mai tirato in porta su azione. Ha avuto tra i suoi piedi, di Depay per meglio dire, l’occasione del pareggio al 72′ con un calcio di rigore, ma non è riuscito a trasformarlo. Dimitrievsky lo ha parato (addirittura) in due tempi. Quello è stato l’unico tiro tra i tre pali della formazione di Koeman, il LO QUE HAY del Football Club Barcelona.

In tutta la gara il Barça ha tenuto palla, ma non è riuscito a concretizzare. Il Barça, arido e senz’anima quanto il suo allenatore, schierato da Koeman con il 4-2-3-1, è un modulo perfetto per fare giocare male la squadra, mettere in difficoltà il centrocampo e non arrivare mai al tiro. Modulo sbagliato, giocatori sbagliati.

Il centrocampo a due non è in grado di proteggere la difesa, né i due centrocampisti, tantomeno sostenere l’attacco. Sopratutto Busquets soffre questo modulo. Il numero 5 deve giocare in spazi enormi, e il suo gioco va in difficoltà in queste situazioni. Lo sanno anche le pietre, ma pare ignorarlo, dopo due anni da allenatore del Barça, Ronald Koeman. I casi sono due: o lo fa apposta, oppure proprio non ci arriva. Nico, invece, deve portare palla per metri e metri per poter trovare un compagno a cui passare la palla. Esattamente ciò che capita a De Jong (quello buono; l’unico).

Uomini sbagliati, si diceva. Coutinho, schierato titolare in una trequarti a tre insieme a Dest e Memphis, è stato certamente il peggiore in campo fino all’ingresso dell’impresentabile Luuk de Jong. Ancora non abbiamo capito cosa sia e cosa ci faccia al Barça, ma certamente giocatore di calcio non è. Però piace a quel gran intenditore di football che risponde al nome di Koeman. E alla fine i conti tornano e tutto si spiega. Con Coutinho prima, e Luuk poi, il Barça ha giocato in 10 uomini tutta la gara. Il brasiliano è lento, porta la palla a passettini facendo girandole e giravolte su stesso, rallenta la manovra e i tempi di gioco. Con il suo modo di giocare i compagni devono rallentare, o persino fermarsi prima di ricevere la palla da lui. Il panchinaro del Sevilla invece, il giocatore che di testa è più forte di Neymar, sempre per Ronald Koeman (per chi se no!), è una figura ridicola e patetica in campo. Vederlo muoversi (non giocare perché non lo fa), metterebbe l’ilarità addosso perfino alle guardie della regina Elisabetta di Buckingham Palace, per quanto è assurdo. Oggi si è messo in evidenza solo per una specie di pallonetto tentato dalla lunga distanza, una specie di tiro compiuto in maniera sgraziata, con il corpo rigido quanto uno stoccafisso e dall’esito ancora più tragicomico.

Non c’è molto da aggiungere ad una gara nata male e terminata peggio. Se non la speranza che domani Koeman sia solo un brutto, bruttissimo ricordo e che Laporta decida di fare il Laporta per il quale è stato eletto e non la controfigura tremante e piagnucolosa che sta mostrando in questi mesi. Solo così il Barça potrà sperare di non affondare con lo schianto fragoroso di un moderno Titanic, il gigante del mare che mai sarebbe affondato e che colò a picco al suo viaggio inaugurale.

AL BARÇA NON CI SI ALLENA – GLI INFORTUNI COLPA DEi blandi ALLENAMENTI DI KOEMAN

Giuseppe Ortu Serra

Al Barça non ci si allena. Questa la sentenza definitiva, inappellabile. I testimoni? I giocatori e gli infortuni a ripetizione. Coloro che hanno lasciato il club lo hanno detto a chiare lettere. Per i blaugrana parlano invece gli infortuni.

Ansu, Piqué, De Jong sono gli ultimi giocatori che hanno accusato problemi fisici nella partita contro il Real Madrid. In precedenza Araujo. Lesione, recupero, nuova lesione. Ma anche Mingueza, Jordi e Balde. E Agüero. In questa stagione il Barça ha subito una autentica piaga dal punto di vista delle lesioni. Mancano le cavallette e siamo apposto.

La colpa è certamente dei metodi di allenamento di Koeman, se di allenamento si suole parlare. Sessioni brevi e di scarsa intensità, a volte nemmeno dirette dall’allenatore capo. Più che una squadra di calcio, il FC Barcelona sembra un reparto geriatrico diretto per evitare ogni sforzo fisico ai degenti. Sessioni blande e brevi che si ripercuotono in campo, dove la squadra non è in grado di approcciare con ritmo la gara, di competere, e che già dopo un’ora di gioco non è più in grado di mantenere quella seppur blanda intensità iniziale.

Ogni nuovo arrivato, o che ha lasciato l’entità barcelonista, ha evidenziato il non-lavoro che si svolge sotto Ronald Koeman. Agüero per esempio, che aveva messo in evidenza la differenza tra gli allenamenti del Barça e quelli che svolgeva con Pep Guardiola quando era al City. Da villaggio vacanze al Barcelona; da squadra di calcio professionista a Manchester. Differenza pagata con un infortunio al polpaccio appena arrivato. L’ultimo in ordine di tempo a lamentarsi dei ritmi vacanzieri degli allenamenti di Ronald Koeman è stato Konrad. Il talentuoso extremo del Barça ha dichiarato di essersi trovato in difficoltà all’arrivo a Marsiglia, posto che Sampaoli fa esercitare la squadra seriamente. Due ore e mezzo di allenamento più una di palestra.

Nel Barça, invece, si batte la fiacca. La squadra non è preparata, non solo tatticamente (dove Koeman non prepara la partita con la squadra, non studia l’avversario di turno), ma anche fisicamente. La conseguenza è che gli avversari corrono di più e meglio, oltre al fatto che i mancati allenamenti sono terreno fertile per gli infortuni. Allenarsi poco e male causa gravi problemi fisici ai giocatori quando devono cercare di correre per novanta minuti e oltre. Gli ultimi giocatori in ordine di tempo ad avere sofferto complicazioni sono stati Ansu, Piqué e De Jong. I primi due dovrebbero essere recuperati (il condizionale è d’obbligo trattandosi di Koeman, e a breve ne vedremo il perché), il terzo, invece, è out e non è stato convocato per la sfida di mercoledì sera, ore 19:00, a Vallecas contro il Rayo.

Non solo infortuni dovuti al fatto che con Koeman i giocatori non si allenano, ma anche per la contorta e confusa forma mentis del tecnico. Koeman, oltre ad essere cervellotico, illogico e irrazionale, mancante totalmente di empatia (molti dei giocatori che sono andati via hanno parlato di un dialogo assente tra allenatore e giocatori e che ancora essi non capiscono il motivo per il quale non giocavano, nonostante non mancassero di chiederlo al tecnico) è un uomo che soffre di una profonda mania di persecuzione e di un senso di sfiducia nei confronti di chi lo circonda. Detto così sembrerebbe il referto clinico di un paziente gravemente e seriamente disturbato. Non è questo il caso, ci mancherebbe, ma è un dato di fatto che Koeman veda nemici e elementi incapaci ovunque. E così, oltre a fare fuori tutti i giocatori che potrebbero essere (o esser stati) utili alla squadra (vedi Konrad, Collado, Demir – per far giocare il quale fu sacrificato il primo salvo poi giudicare Demir non più all’altezza, Riqui, Balde, Pjanic nella scorsa stagione, e l’elenco non è certamente esaustivo) Koeman si affida sempre agli stessi giocatori anche quando non sono nella loro forma migliore. E così ecco saltar fuori, dopo il clásico, che De Jong e Piqué avevano giocato con problemi fisici che certamente ne hanno minato il rendimento in campo, e aggravato gli infortuni. De Jong, in maniera definitiva poiché non è stato nemmeno convocato. Piqué è entrato nella lista, ma visto come lavora e ragiona Ronald Koeman, non escludiamo che il ragazzo possa ancora essere alle prese con l’infortunio. Sullo stesso filone anche Jordi, costretto a giocare con la febbre a 38 contro il Bayern Monaco perché il mister non si fidava di Balde, né di Dest.

Questo è Ronald – Mister Lamento – Koeman. Questo es lo que hay. Questo è l’incubo e la rovina del Barça.

DA O’CONNELL A KOEMAN: DA 86 ANNI MAI COSÌ MALE

Giuseppe Ortu Serra

L’uragano Koeman si sta abbattendo sul Barcelona con una forza distruttiva mai vista. Il disastroso impatto sul mondo blaugrana sta terremotando la squadra dalle fondamenta. Una serie di record negativi dietro l’altro. L’ultimo porta il club dritto agli anni ’30, quando l’allenatore di allora, Patrick Joseph O’Connell, fu il primo, prima dell’arrivo di Koeman, a riuscire a perdere tre clásicos di fila. Correva la stagione 1935-36 e il suo Barça venne sconfitto dai blancos tre volte dal Madrid. Due volte in Liga, andata e ritorno, con un doppio 3-0, e una in Copa d’España, all’epoca Copa de la República, con una sconfitta per 2-1.

Oggi, ben 86 anni dopo, si è riproposta la medesima situazione. Da O’Connell a Koeman, senza scalo, il medesimo filotto di sconfitte: tre su tre contro il Real Madrid. Nemmeno negli anni più bui e mediocri della storia del Barça, con allenatori di basso profilo sostituiti da soluzioni d’emergenza (leggasi il comodín Rexach), si è mai più riproposta una situazione catastrofica di questo genere. Si doveva attendere l’arrivo di Ronald Koeman nel 2020 in blaugrana per portare tanto in basso la squadra, fare un viaggio a ritroso nel tempo e ripercorrere i bui cunicoli della tormentata storia del club.

Se eguagliare un record negativo che durava da quasi un secolo vi sembra il peggio del peggio, allora preparatevi a qualcosa di ancora peggiore. Sì, perché il vero incubo, the nightmare, non è ancora arrivato. Ronald Koeman, il Freddie Kruger del FC Barcelona, non ha ancora portato a termine la sua missione. C’è ancora un clásico da giocare, il ritorno al Bernabeu. E se allora la panchina sarà ancora scaldata da Mister Lamento, preparatevi a battere ogni catastrofica sventura. La quarta sconfitta consecutiva in un Barça-Madrid e viceversa. Impresa che nemmeno a Patrick Joseph O’Connell riuscì. Ma dove non potè giungere il tecnico irlandese, potrà certamente Ronald Koeman. Sempre, salvo che Joan Laporta non decida di prestare fede al suo motto: “desde ahora perder tendrá consecuencias” e non decida di porre fine a questa deplorevole messinscena, facendo calare definitivamente il sipario su un’altra sconcertante e miseranda rappresentazione.

IL CLÁSICO VA AL MADRID. KOEMAN PERDE ANCHE IL TERZO

Giuseppe Ortu Serra

Il Madrid espugna il Camp Nou vincendo con il risultato du 2-1 grazie alle marcature di Alaba e Vasquez. La rete della bandiera blaugrana è del Kun Agüero. Con questa sconfitta, Koeman diventa il tecnico più perdente della storia del Barça, andando a eguagliare un antico record negativo degli anni 30 di tre clásicos persi di fila. Con questo Ronald ha perso tutti e tre i Barça-Madrid/Madrid-Barça che ha disputato. Un record di cui fregiarsi.

Koeman ha sbagliato l’ennesima formazione della sua carriera. Certamente da quando è al Barça. Evitiamo di andare a fondo sul suo passato da allenatore, sul quale preferiamo, invece, stendere un velo pietoso. Dest in attacco, la sua nuova fissazione, è costato un goal e il vantaggio del Madrid. Il laterale, sul punteggio di zero a zero, ha avuto l’occasione più limpida e cristallina dei primi 45’. Ma da due passi, davanti al portiere, ha tirato alto sulla traversa. Non per colpa del giocatore. È un laterale e non può giocare in attacco. La colpa è di Koeman che invece che disporre in campo i giocatori per ruolo, preferisce fare il genio e andare contro l’ordine normale delle cose. Ma lui non è Guardiola, è solamente Koeman. E così, Dest in attacco insieme ad Ansu e Depay, mentre Agüero se ne stava seduto in panchina a scalpitare. La rete fallita clamorosamente da Dest ha lasciato in vita il Madrid, che alla sua prima occasione, appena sette minuti dopo, ha realizzato la rete del vantaggio. Palla persa da Depay al limite dell’area di rigore, azione del Madrid che si svolge sulla destra sinistra, Mingueza che esce in pressione su Mendy fuori tempo, e lancio lungo su Alaba. Il Madrid si è trovato in contropiede in condizioni di superiorità numerica, 3 vs 2. Tiro in diagonale di Alaba sul palo lontano e rete del vantaggio. Fino a quel momento il Real Madrid non aveva fatto assolutamente nulla e mai si era affacciato nei pressi dell’area di rigore blaugrana. E’ bastata una azione, un contropiede, per cambiare le sorti della partita.

Siamo alle solite. Un allenatore pauroso che gioca con 5 giocatori difendenti su 11 come se fosse in panchina con i suoi Everton o Southampton. Un allenatore che alla fine della partita insiste, in quattro dichiarazioni diverse, sull’errore di Dest come causa della sconfitta, (come a suo tempo fu Nico a finire sulla gogna mediatica dell'”allenatore” blaugrana), come se il Barça fosse una squadra come il Huesca capace di costruire un’unica azione da rete in tutta la partita, non è né un allenatore, né un uomo, o gestore di uomini, un capitano o un comandante che scappa a nascondersi sotto la gonna di mamma buttando la responsabilità delle sue manchevolezze sul più debole di turno, che in quanto tale, non può, neanche volendo, prendere la parola pubblicamente e rispondere per le rime al suo tecnico. Puntando tutto, nelle dichiarazioni post gara su quell’unica occasione di Dest, Koeman ha dimostrato di essere un allenatore da piccola squadra che affronta la squadra della grande città e di avere una mentalità meschina. Questo è Ronald Koeman, un allenatore scadente da piccola squadra, da Everton, da Southampton. Un allenatore senza capacità che ragiona in piccolo. Questo è Ronald Koeman, Mister Lamento. Questo es lo que hay.

Dopo la rete del vantaggio, dopo appena sei minuti, il Madrid è partito nuovamente in contropiede. Per fortuna del Barça, senza conseguenze. Anche questa volta 3 vs 2. E anche in questa circostanza il capace allenatore del Barcelona è stato sorpreso. E bello è che, alla fine della gara, lo stesso Koeman ha dichiarato che sapeva che il Madrid sarebbe ripartito in quella maniera. Sapeva, ma non è stato capace di preparare le contromisure; sapeva, ma nonostante il goal, ha subito una azione identica dopo pochi minuti senza essere in grado di porvi rimedio. Però poi la colpa è di Dest, di un difensore che lui, il genio, l’illuminato, ha messo a fare l’attaccante.

Nel primo tempo il Barça ha giocato in maniera lenta, arzigogolata, senza idee, senza fantasia e schemi. Nulla di più facile per qualsiasi difesa. Non solo, la squadra era lunga e larga, con i giocatori blaugrana costretti a portare la palla per accorciare le distanze o a cercare lanci lunghi per trovare il compagno di squadra. Nulla di più sbagliato che si possa fare. Però la colpa è di Dest che ha sbagliato un tiro. Come se il Barça fosse sceso in campo armato di una pistola con solo il colpo in canna. Sparato quello, basta, finito, nada. Più niente o speranze di segnare. Questo è il calcio di Ronald Koeman. Nella ripresa il tecnico blaugrana ha cambiato modulo passando al 4-2-3-1. Doble pivote con De Jong e Busi, Con al posto di Mingueza e Dest tornato a fare il suo ruolo: il laterale. Ancora più spazi da coprire per i due centrocampisti. Il Barça ha iniziato la ripresa con maggior convinzione, ma è durato lo spazio di pochi minuti. Il Madrid ha preso le misure e ha ripreso a produrre situazioni di pericolo per la porta blaugrana.

Mentre Agüero languiva in panchina, il Barça cercava di rendersi pericoloso spinto solo dalla reazione nervosa dei giocatori, non da una manovra pensata e organizzata dalla panchina. Finalmente, a 15′ dalla fine, ecco entrare in campo il Kun. Tardi? Non so, dite voi! Agüero avrebbe dovuto giocare dall’inizio della gara insieme a Depay e Ansu, quando i due erano freschi e avrebbero potuto combinare assieme. Invece l’ex City è entrato al posto di Ansu per giocare insieme a un Memphis stanco e a un Coutinho inconsistente. In questo modo, con la squadra che giocava per inerzia e spinta dal panico della sconfitta, il Kun ha avuto poche chance di rendersi pericoloso. Come ciliegina finale, Koeman, all’85’ ha fatto entrare il suo pupillo, l’uomo che di testa è più forte di Neymar: Luuk de Jong. L’inutile numero 17, accolto dai fischi del pubblico, indispettito per vederlo entrare in campo, si è messo in evidenza solo per la sua incapacità. Goffe cadute a terra, sgraziati tentativi di raggiungere la palla. Questo è stato il panchinaro del Sevilla nel Clásico.

Al 93′ è giunto il raddoppio del Madrid. Altro contropiede letale (e meno male che Koeman se li aspettava), respinta disperata di Ter Stegen sulla prima conclusione dei blancos e Lucas Vasquez che ha sentenziato l’azione ribadendo in rete. Al 96′, infine, è giunta la rete di Agüero, al volo da dentro l’area, su cross di Dest. Se solo avesse giocato dall’inizio.

L’ODORE DELLA SCONFITTA E I J’ACCUSE A RONALD KOEMAN

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça ieri sera al Camp Nou ha conquistato i tre punti, ma forse nessuno se ne è accorto. La classifica sì, ma pochi altri ad essere onesti. Non certamente il pubblico, accorso in buon numero nonostante Koeman e l’orario sfavorevole (negozi e attività aperti nella serata di Barcelona). Tre punti dicevamo, ma le buone notizie finiscono anche qui. Quelli di ieri sono stati forse i tre punti che più si avvicinano a una sconfitta di qualsiasi altra circostanza.

Sconfitta nel gioco, nella mentalità, nell’applicazione in campo, nella tenuta fisica dei giocatori, nella scelta dei protagonisti in campo. Questi i J’accuse a mister Ronald Koeman

Quella contro la Dinamo Kiev era una gara da vincere a tutti i costi con un buon margine nel punteggio. Sia per la classifica e la differenza reti (si partiva da un netto e impattante 0-6), che per il morale. Con il Clásico alle porte, mostrare i muscoli ormai atrofizzati per lo scarso uso ed esercizio e rifarsi il look, mostrandosi cool piuttosto che homeless style come l’anti-calcio di Koeman ci ha ormai abituato, era non auspicabile, bensì necessario.

Invece niente. Nulla di tutto questo. E’ arrivato un uno a zero striminzito, tirato al limite della rottura, sofferto fin nei minuti finali con un Barça impaurito, in casa, contro la modestissima Dinamo Kiev, venuta al Camp Nou solo per difendersi e nulla più, in cerca del massimo risultato possibile: uno zero a zero. Nonostante ciò, nonostante la pochezza dell’avversario, nonostante si giocasse in casa, nonostante si dovesse vincere e convincere, nonostante si dovesse recuperare un -6 nella differenza reti, nonostante il mondo, il Barça di mister Ronald Koeman ha finito la gara con il fiatone, sulle gambe, a difendere il misero vantaggio e con la paura di subire la rete del pari.

Una sconfitta dal punto di vista del gioco e dell’immagine, dicevamo, che avrà certamente ripercussioni nel morale e nelle certezze di un gruppo di giocatori che hanno smarrito ogni sicurezza da quando sono “diretti” da Koeman. Una squadra che domenica affronterà il Madrid con la stesso entusiasmo di un tacchino che attende il Natale.

Una sconfitta dal punto di vista della mentalità, perché la partita di ieri ha certificato il cambio di status del Barça; da grande d’Europa fino all’avvento del tecnico ex Southampton, a matricola provinciale, che festeggia una vittoria sofferta e stiracchiata in casa, por la minima, contro una Dinamo Kiev qualunque.

Una sconfitta nell’applicazione in campo perché giocata con il freno a mano tirato, guardando più dietro che avanti, facendo un passo verso l’area avversaria e due all’indietro verso la propria porta perché è meglio non sbilanciarsi troppo. Ronald Koeman ha trasmesso le sue paure, le sue insicurezze da studentello brufoloso poco uscito ai suoi giocatori, trasformando un gruppo dall’alto potenziale in una sparuta e spaurita pattuglia di codardi a cui tremano le gambe ad affrontare persino la Dinamo Kiev. Una sconfitta perché si deve giocare ogni gara per vincere, e se devi vincere devi attaccare, non difenderti. Il mantra del Barça era difendere attaccando. Quel genio di Ronald Koeman lo ha stravolto, trasformandolo in attaccare difendendo. Ieri ha giocato con un laterale (Dest) extemo a destra. In totale 5 difendenti in una gara casalinga da vincere a tutti i costi con ampio scarto contro un modesto avversario.

Una sconfitta nella tenuta fisica dei giocatori, perché la squadra non regge i 90 minuti. Ieri, mentre la Dinamo Kiev correva, o forse sarebbe più corretto dire mentre perfino la Dinamo Kiev correva, il Barça faticava, passeggiava correndo a vuoto dietro il palleggio degli avversari. Ronald Koeman non solo mette male la squadra in campo, ma non allena nemmeno i suoi giocatori. I calciatori sono stanchi, non corrono; in campo camminano. Hanno una autonomia di 60 minuti. Dopodiché crollano, fisicamente e mentalmente. Un allenatore che non allena la sua squadra è utile quanto un elefante in una cristalleria. Solo per questo motivo, anche senza prendere in considerazione tutti gli altri motivi, Ronald Koeman andrebbe esonerato seduta stante.

Una sconfitta nella scelta dei giocatori. Decidere di schierare Luuk de Jong numero nove titolare, in un attacco con Dest e Memphis, mentre hai Ansu e Agüero in panchina, è un crimine contro l’intelligenza, il calcio, il buon senso e la salute mentale. Luuk de Jong, il panchinaro del Sevilla arrivato per fare il titolare al Barça, ha sbagliato tutto quello che era possibile sbagliare. Anche di più. Non ne ha combinato una giusta. In area non sa muoversi. Non taglia, non fa movimento, non apre spazi, non porta via l’uomo. E quando gli capita la palla tra i piedi o sulla testa… Dio ce ne scampi. Puntualmente la spreca. Ieri ha avuto tre palle goal limpide. Le ha fallite tutte miseramente. Mentre si attendevano le reti del numero nove, che per la mente ottenebrata di Koeman è, parole sue, “più forte di Neymar nei colpi di testa”, è stata necessaria la rete di Piqué per vincere la gara. Anche il pubblico ha fischiato Luuk ieri. Capirai, abituato a vedere in campo i Messi, i Suarez, i Neymar, i Ronaldinho, i Ronaldo, i Romario, gli Henry, adesso deve sopportare la presenza in campo di uno scalda panchina del Sevilla che non sarebbe in grado di trovare la rete nemmeno a cercarla con il metal detector. Tre partite in Champions e Ronald Koeman ha schierato tre volte titolare Luuk de Jong. O è una presa in giro per il pubblico blaugrana da parte di Ronald Koeman, oppure il grosso, grasso allenatore giunto dai Paesi Bassi, che nella sua carriera non ha mai combinato nulla di buono, deve essere esonerato senz’indugi. Se Jan Laporta vuole bene al Barcelona deve farlo prima che la situazione sia definitivamente irrimediabile. Perché, diciamocela tutta, questa squadra, con Koeman in panchina, non vincerà né a Kiev né contro il Benfica al Camp Nou.

VITTORIA POR LA MINIMA DI UN BARCELONA TRISTE E SULLE GAMBE

Giuseppe Ortu Serra

Vittoria por la minima per un Barça triste e lento contro una formazione estremamente debole, la Dinamo Kiev. Il Barça avrebbe dovuto vincere e convincere con un buon bottino di reti per una differenza reti estremamente deficitaria. Invece niente, uno striminzito 1-0 con un finale di gara giocato in estrema sofferenza davanti a un avversario che ha dimostrato tutte le pecche di una formazione estremamente debole. La rete della vittoria è stata siglata da Piqué, il migliore degli attaccanti pur non essendo un attaccante. E questo già è una condanna a morte per Luuk e il suo allenatore Ronald Koeman.

Il Barça ha disputato un primo tempo sotto ritmo, grigio, senza idee e schemi. Messo in campo con il 4-3-3, Koeman ha schierato Luuk de Jong, poco più di un ectoplasma, in avanti insieme a Memphis e Dest. Con Ansu e Agüero in panchina, il nederlandese ha scelto il suo connazionale come punta in una gara da vincere a tutti i costi. Un palo di ferro che non segnerebbe nemmeno con la minaccia di finire a Abu Ghraib.

Koeman ha presentato il solito Barça lento e noioso. Le solite parole che ad ogni partita dei blaugrana siamo costretti a scrivere e a pronunciare. Il Barcelona è una squadra senza anima, estilo, forza, né allenamenti sulle gambe. Scontato, scolastico, prevedibile. Esto es lo que hay è Ronald Koeman, un insulto alla storia del club. In panchina scalda la poltrona. Non allena la squadra, non prepara le partite, non studia l’avversario. Diciamola tutta e in maniera brutale. Mister Lamento Koeman, oltre a lamentarsi, non è in grado di fare altro. Perché non puoi cavare sangue da una rapa. Se non hai la stoffa adeguata, non puoi fare un grande abito. E Ronald Koeman, mentre insulta, disprezza, deprezza e svalorizza i suoi giocatori per salvare la sua incapacità manifesta, usurpa il ruolo e il titolo di allenatore di calcio, incapace di mettere una squadra professionistica in campo, di allenare dei giocatori professionisti. Ronald Koeman è quello che è, es lo que hay. Poche occasioni da rete nonostante la Dinamo si sia limitata a presidiare strade difensive. La rete è giunta al 36′ su piatto destro al volo di Piqué dopo che il giocatore con il numero 17 sulle spalle aveva sbagliato anche l’impossibile.

Nel secondo tempo subito due cambi del Barça. Coutinho e Ansu in campo per Mingueza e Luuk. Dest è retrocesso sul laterale a destra, permettendo al brasiliano di giocare extremo. Il Barça è migliorato immediatamente. Manovra più spinta e veloce. Ansu ha avuto una grande occasione per raddoppiare i conti con l’avversario, ma l’ha sciupata banalmente con una giocata errata e un grave errore. Dopo aver recuperato il possesso del pallone con un pressing sul portiere avversario in combinazione con Depay, Ansu, davanti al portiere, ma di spalle, ha palleggiato due volte per poi cercare una rovesciata terminata abbondantemente a lato. Un semplice tiro al volo in mezza rovesciata dopo il primo palleggio avrebbe certamente avuto miglior sorte.

L’occasione di Ansu è stata anche l’ultima occasione pericolosa del Barça. La Dinamo, anche grazie ai cambi di Lucescu (Garmash per De Pena e Vitinho per Supriaha), ha migliorato la qualità del palleggio, ha iniziato a tenere palla e a avanzare il raggio di azione. Il Barça, di contro, è calato, si è impaurito con il passare del tempo temendo di non mantenere il vantaggio nemmeno contro la formazione di Lucerscu, ed è andato a vuoto sul possesso palla degli avversari. La formazione ucraina ha macinato gioco, mostrando potenzialità pericolose per la difesa del Barça. Per fortuna dei blaugrana, la pochezza tecnica degli avversari non ha permesso di creare pericoli alla porta del Barça ma certo che l’apprensione creata è di per sé un segnale di grande disfatta per il Barcelona.

La seconda occasione in cui la formazione di casa si è resa pericolosa è giunta al 71′ con Coutinho, che ha calciato alto dal limite dell’area. Al 75′ ha fatto il suo ingresso in campo Agüero, anche se il Barça, totalmente sfiancato fisicamente, era ormai proiettato a pensare esclusivamente a difendere il risultato contro una Dinamo Kiev mal in arnese.

IMPORTANTE VITTORIA DEL BARÇA CONTRO IL VALENCIA

Giuseppe Ortu Serra

Importantissima vittoria del Barça contro il Valencia nella gara casalinga valevole per la nona giornata di campionato. Davanti a quasi 50 mila spettatori, nella prima partita senza limitazioni di affluenza, il Barça ha conquistato tre punti che portano la firma di Ansu (assist di Memphis), Depay, su calcio di rigore per fallo su Ansu, e rete finale di Coutinho (su passaggio di Dest).

Non tutto è andato bene, però, posto che è stato il Valencia di Bordalás a portarsi in vantaggio. Sugli sviluppi del primo calcio d’angolo della gara, al 5° minuto, la formazione ché è passata con un tiro da fuori area di Gayá dopo che la difesa blaugrana aveva allontanato la minaccia dall’angolo. Una rete che avrebbe potuto tagliare le gambe a una squadra che da tempo viaggia sull’orlo di uno stato mentale confusionario, così come il suo allenatore. Messa in campo con un inedito 4-1-3-2, con Busi pericolosamente solo, ma ben aiutato dai compagni di difesa e di centrocampo, il Barça ha reagito immediatamente. Al 9′ la prima occasione chiara per giungere il pareggio, con Dest anticipato sotto porta. Pochi minuti ed ecco la rate del pareggio. Al 14′ azione combinata tra Ansu e Memphis e tiro in diagonale sul palo lungo del numero 10. Un gran goal per un pareggio fondamentale. Il Barça ha insistito, mettendo in campo una buona organizzazione di gioco. Squadra veloce, con buon pressing e un gioco piacevole. Unica pecca, i giocatori hanno spesso portato troppo la palla.

Al 41′ è arrivata la rete del sorpasso. Depay su calcio di rigore assegnato per un fallo commesso ai danni di Ansu, mattatore della serata. Una rete e il fallo da rigore vanno a referto per lui.

Nella ripresa il Valencia ha avuto subito due chiarissime occasioni per portarsi sul pareggio. Fortuna ha voluto, per il Barça, che al 53′ Guedes abbia colpito il palo interno a Ter Stegen battuto, e che dopo qualche minuto il braccio bionico del portiere tedesco, teso e rigido come una lastra di titanio, sia riuscito a respingere una fortissima botta da fuori scagliata ancora dal numero 7 valenciano. Un po’ di fortuna per i blaugrana, che da quel momento non hanno quasi più rischiato, dominando l’incontro in ogni zona del campo.

I cambi di Koeman al 71′ (Nico per Gavi e Mingueza per Roberto, anche se far entrare il Kun per Roberto, abbassando la posizione di Dest sarebbe stato certamente più logico), hanno portato a un cambio di modulo. Doble pivote Busi-Nico, e passaggio al 4-2-3-1.

All’86’ è giunta la rete del definitivo 3-1. A metterla a segno è stato Coutinho, subentrato a Ansu al 59′, su assist di Dest. Un risultato molto importante che rimpingua la classifica, fa scalare le posizioni ai blaugrana accorciando le distanze dalla vetta, e da una spinta morale importante in vista delle prossime fondamentali sfide, di Champions contro la Dinamo Kiev del 20 e del 2 novembre, e di Liga, il Clasico, del 23.