L’ODORE DELLA SCONFITTA E I J’ACCUSE A RONALD KOEMAN

Giuseppe Ortu Serra

Il Barça ieri sera al Camp Nou ha conquistato i tre punti, ma forse nessuno se ne è accorto. La classifica sì, ma pochi altri ad essere onesti. Non certamente il pubblico, accorso in buon numero nonostante Koeman e l’orario sfavorevole (negozi e attività aperti nella serata di Barcelona). Tre punti dicevamo, ma le buone notizie finiscono anche qui. Quelli di ieri sono stati forse i tre punti che più si avvicinano a una sconfitta di qualsiasi altra circostanza.

Sconfitta nel gioco, nella mentalità, nell’applicazione in campo, nella tenuta fisica dei giocatori, nella scelta dei protagonisti in campo. Questi i J’accuse a mister Ronald Koeman

Quella contro la Dinamo Kiev era una gara da vincere a tutti i costi con un buon margine nel punteggio. Sia per la classifica e la differenza reti (si partiva da un netto e impattante 0-6), che per il morale. Con il Clásico alle porte, mostrare i muscoli ormai atrofizzati per lo scarso uso ed esercizio e rifarsi il look, mostrandosi cool piuttosto che homeless style come l’anti-calcio di Koeman ci ha ormai abituato, era non auspicabile, bensì necessario.

Invece niente. Nulla di tutto questo. E’ arrivato un uno a zero striminzito, tirato al limite della rottura, sofferto fin nei minuti finali con un Barça impaurito, in casa, contro la modestissima Dinamo Kiev, venuta al Camp Nou solo per difendersi e nulla più, in cerca del massimo risultato possibile: uno zero a zero. Nonostante ciò, nonostante la pochezza dell’avversario, nonostante si giocasse in casa, nonostante si dovesse vincere e convincere, nonostante si dovesse recuperare un -6 nella differenza reti, nonostante il mondo, il Barça di mister Ronald Koeman ha finito la gara con il fiatone, sulle gambe, a difendere il misero vantaggio e con la paura di subire la rete del pari.

Una sconfitta dal punto di vista del gioco e dell’immagine, dicevamo, che avrà certamente ripercussioni nel morale e nelle certezze di un gruppo di giocatori che hanno smarrito ogni sicurezza da quando sono “diretti” da Koeman. Una squadra che domenica affronterà il Madrid con la stesso entusiasmo di un tacchino che attende il Natale.

Una sconfitta dal punto di vista della mentalità, perché la partita di ieri ha certificato il cambio di status del Barça; da grande d’Europa fino all’avvento del tecnico ex Southampton, a matricola provinciale, che festeggia una vittoria sofferta e stiracchiata in casa, por la minima, contro una Dinamo Kiev qualunque.

Una sconfitta nell’applicazione in campo perché giocata con il freno a mano tirato, guardando più dietro che avanti, facendo un passo verso l’area avversaria e due all’indietro verso la propria porta perché è meglio non sbilanciarsi troppo. Ronald Koeman ha trasmesso le sue paure, le sue insicurezze da studentello brufoloso poco uscito ai suoi giocatori, trasformando un gruppo dall’alto potenziale in una sparuta e spaurita pattuglia di codardi a cui tremano le gambe ad affrontare persino la Dinamo Kiev. Una sconfitta perché si deve giocare ogni gara per vincere, e se devi vincere devi attaccare, non difenderti. Il mantra del Barça era difendere attaccando. Quel genio di Ronald Koeman lo ha stravolto, trasformandolo in attaccare difendendo. Ieri ha giocato con un laterale (Dest) extemo a destra. In totale 5 difendenti in una gara casalinga da vincere a tutti i costi con ampio scarto contro un modesto avversario.

Una sconfitta nella tenuta fisica dei giocatori, perché la squadra non regge i 90 minuti. Ieri, mentre la Dinamo Kiev correva, o forse sarebbe più corretto dire mentre perfino la Dinamo Kiev correva, il Barça faticava, passeggiava correndo a vuoto dietro il palleggio degli avversari. Ronald Koeman non solo mette male la squadra in campo, ma non allena nemmeno i suoi giocatori. I calciatori sono stanchi, non corrono; in campo camminano. Hanno una autonomia di 60 minuti. Dopodiché crollano, fisicamente e mentalmente. Un allenatore che non allena la sua squadra è utile quanto un elefante in una cristalleria. Solo per questo motivo, anche senza prendere in considerazione tutti gli altri motivi, Ronald Koeman andrebbe esonerato seduta stante.

Una sconfitta nella scelta dei giocatori. Decidere di schierare Luuk de Jong numero nove titolare, in un attacco con Dest e Memphis, mentre hai Ansu e Agüero in panchina, è un crimine contro l’intelligenza, il calcio, il buon senso e la salute mentale. Luuk de Jong, il panchinaro del Sevilla arrivato per fare il titolare al Barça, ha sbagliato tutto quello che era possibile sbagliare. Anche di più. Non ne ha combinato una giusta. In area non sa muoversi. Non taglia, non fa movimento, non apre spazi, non porta via l’uomo. E quando gli capita la palla tra i piedi o sulla testa… Dio ce ne scampi. Puntualmente la spreca. Ieri ha avuto tre palle goal limpide. Le ha fallite tutte miseramente. Mentre si attendevano le reti del numero nove, che per la mente ottenebrata di Koeman è, parole sue, “più forte di Neymar nei colpi di testa”, è stata necessaria la rete di Piqué per vincere la gara. Anche il pubblico ha fischiato Luuk ieri. Capirai, abituato a vedere in campo i Messi, i Suarez, i Neymar, i Ronaldinho, i Ronaldo, i Romario, gli Henry, adesso deve sopportare la presenza in campo di uno scalda panchina del Sevilla che non sarebbe in grado di trovare la rete nemmeno a cercarla con il metal detector. Tre partite in Champions e Ronald Koeman ha schierato tre volte titolare Luuk de Jong. O è una presa in giro per il pubblico blaugrana da parte di Ronald Koeman, oppure il grosso, grasso allenatore giunto dai Paesi Bassi, che nella sua carriera non ha mai combinato nulla di buono, deve essere esonerato senz’indugi. Se Jan Laporta vuole bene al Barcelona deve farlo prima che la situazione sia definitivamente irrimediabile. Perché, diciamocela tutta, questa squadra, con Koeman in panchina, non vincerà né a Kiev né contro il Benfica al Camp Nou.

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