FC Barcelona – I motivi del mercato piatto del Barça

di Giuseppe Ortu

Il mercato del FC Barcelona è ancora al palo. Il Madrid impazza con le prime presentazioni. Hazard, Jovic, Mendy. Una prima parte della stagione trasferimenti chiaramente a tinte blancos. Dal lato blaugrana, invece, tutto tace. Messo a segno il primo colpo della stagione (e che colpo per la verità) con l’acquisto di De Jong ben prima dell’inizio dell’estate, tutto è al momento fermo a Can Barça. Il motivo? In realtà sono due gli ordini di motivazioni che fanno sì che il Barça stia ancora a guardare i rivali madridisti maramaldeggiare nel mercato trasferimenti.

Il primo risponde al nome di De Ligt; il secondo ha le sembianze e le fattezze di Griezmann. Entrambe queste operazioni stanno bloccando tutti i movimenti del club.
Cominciando dal francese, tutto pare ormai instradato e sembra proprio che il colchonero arriverà al Camp Nou. La secretaria deve attendere tuttavia il primo luglio per portare a termine il movimento. Da quella data, infatti, come è noto, la clausola rescissoria di 200 milioni si abbasserà fino a toccare quota 120. Sarà a quel punto che il Barça completerà l’operazione ingaggio. Fino ad allora, bisognerà aspettare. Antoine Griezmann sarà atteso da un compito non certo semplice. Dovrà conquistare l’aficion che ha chiaramente manifestato di non volerlo, e sopratutto, cosa non da poco, fare cambiare idea allo spogliatoio che ha già chiarito in più di una circostanza di non gradire il suo arrivo. I tifosi catalani sono orgogliosi e puntigliosi. Non amano gli sgarbi e non li dimenticano. Griezmann si è inimicato il barcelonismo con il gran rifiuto spettacolarizzato (questa è la sua maggiore colpa) con il documental “La Decision”. Il 6 aprile, giorno di Barça – Atleti, il numero 7 fu sonoramente fischiato per tutto la durata dell’incontro. Dovrà farsi amare, o se non altro non farsi odiare dai suoi nuovi tifosi solo con molta umiltà, pazienza e tanti goals supportati da prestazioni eccellenti. Se al Barça l’eccellenza è pretesa da tutti i giocatori, lui dovrà fare molto di più di questo giacché parte da una posizione di netto svantaggio rispetto a tutti gli altri nuovi compagni.
Ancora più complicato sarà ricucire lo strappo con i compagni di squadra. Se lo scorso anno in tanti, sopratutto i pesos pesados, si erano prodigati per accoglierlo a braccia aperte, ora il vestuario gli è chiaramente contro. Da quando sono circolate le voci su un suo possibile arrivo, nessuno dei blaugrana si è espresso in favore di questa possibilità. Anzi, quando è stato sollecitato un loro parere, Messi & Co hanno sempre glissato con fastidio e un moto di stizzita insofferenza.

Il secondo ostacolo che di fatto blocca il mercato del FC Barcelona è il discorso De Ligt. Il difensore olandese non ha ancora rivelato ufficialmente quale sarà la sua nuova destinazione. Tutti gli indizi portano a Parigi, ma nulla è ancora ufficiale. Il Barça, anche se con molte meno possibilità rispetto a qualche tempo fa, rimane, comunque, di fatto in corsa. Fintanto che non si risolverà questo tormentone, il club non può disporre dei capitali necessari per la sua contrattazione. Con l’Ajax il prezzo è stabilito intorno ai 75 milioni di euro. Come un investimento finanziario non redditizio, ma che non puoi disinvestire per non capitalizzare una perdita, il capitale deve restare bloccato lì. Inutilizzato. Non appena De Ligt si deciderà per una o l’altra destinazione, il Barça saprà come investire il relativo danaro. Con l’acquisto dell’olandese, o per concretizzare altre operazioni. Nell’attesa, tutto è fermo.
Matthijs De Ligt ha messo in scena un gioco al rialzo che ha infastidito seriamente il club. Mal consigliato da Raiola, il 19 enne dell’Ajax ha prima pattuito un accordo preliminare verbale con Bartomeu e Segura nel periodo marzo-aprile, per poi iniziare a glissare e tentennare nel momento di mettere nero su bianco di pari passo con i progressi della sua squadra in Champions. All’opposto di quanto fatto dal suo compagno di squadra De Jong, il difensore, che per i progetti del Barça è un elemento chiave della costruzione della squadra del futuro, ha rimandato sempre più il momento di svelare la sua nuova squadra. Raiola ha aperto i contatti con altri club alla ricerca di facili guadagni immediati. Così sono arrivate le mareantes offerte di Psg, 12 milioni netti, e Juventus, 8-10. De Ligt pare abbia scelto la via del guadagno a quella sportiva. Il Psg non può vantare né la storia, né le chance di vittorie del Barça. Anche la Ligue 1 non è certamente all’altezza de La Liga. La scelta Barcelona si farebbe preferire anche per le similitudini tra lo stile Ajax e Barça, che a livello di ambientamento possono risultare vincenti. Molti giocatori, per questi ed altri motivi, hanno cercato di andare via da Parigi, ma la squadra di Al Khelaifi è una prigione dorata. Una volta dentro, non si esce più. Basta chiederlo a Neymar, Thiago Silva, Verratti, Marquinhos e tanti altri che nel corso degli anni hanno tentato, invano, di liberarsi dai lacci rivestiti di petroldollari del Psg. 

Editoriale – Le scelte errate della Junta del FC Barcelona

di Giuseppe Ortu


La Junta e il braccino corto. Potrebbe essere il titolo di un fumetto di Topolino. In realtà è lo scenario che sta affliggendo il FC Barcelona da qualche stagione a questa parte. Il problema è la programmazione del club. Una programmazione cervellotica, senza costrutto, senza una idea precisa di obiettivo. Una programmazione del tutto contraddittoria. Il Barça è, di fatto, un club senza un piano da seguire.

Posto che i trofei si vincono con le grandi squadre, e che queste sono formate da grandi giocatori, se l’obiettivo è vincere finalmente la Champions l’assioma è semplice. Bisogna fichar i migliori. Però c’è un problema sostanziale. I grandi giocatori costano. E molto. Dunque, delle due l’una. O si accantonano i sogni di gloria, o si decide di aprire i cordoni della borsa e, a volte, sottostare anche alle richieste e ai capricci di giocatori e agenti. Il caso di De Ligt è emblematico. Il Barça ha dimostrato sul finire di stagione una debolezza strutturale nella fase difensiva. Bisogna inoltre iniziare a pensare al ricambio generazionale per gradi per evitare di ritrovarsi, da una stagione all’altra, con l’acqua alla gola e la necessità impellente di acquistare sì o sì. De Ligt era la scelta migliore. Il ragazzo voleva venire a Barcelona, raggiungere il suo compagno di squadra De Jong e giocare al lato di Messi. Un sogno da bambino. Era tutto pronto. Le parti avevano già contrattato l’impegno per cinque anni con un ingaggio da sei milioni a stagione crescente nel corso di esecuzione del rapporto. La progressione dell’Ajax in Champions ha fatto sì che il ragazzo, spalleggiato e spinto dal suo procuratore Mino Raiola, abbia iniziato a pretendere più soldi stante la sua maggiore valutazione ottenuta dal cammino europeo della sua squadra. Il Barça è rimasto fermo sulle sue posizioni ed è stato scavalcato, prima dalla Juventus (offerta sui 8-10 milioni), poi dal Paris Saint Germain che ha assicurato un ingaggio di 12 milioni netti. De Ligt e Raiola hanno giocato al rilancio con il Barça. Il club è rimasto fermo alla sua proposta, non accettando questo giochino al rialzo. Corretto dal punto di vista del principio; meno da quello del business. Non prendere il 19 enne olandese significa spendere, domani, molto di più per un top player, o scendere di livello. Ed è ciò che preoccupa maggiormente il barcelonismo: che il club, per incapacità o volontà, stia abbassando il livello di competitività della squadra.

Negli ultimi anni gli errori si sono succeduti molteplici. Sbagli dovuti a precipitazione, correzioni di rotta improvvise, scelte sbagliate. Come il caso di Take Kubo, canterano del Barça, costretto a emigrare in Giappone per la sanzione Uefa che aveva colpito la cantera blaugrana e ora, al momento di rientrare in Europa, è finito al Real Madrid. Il Barça l’ha seguito costantemente dal suo forzato trasferimento da Barcelona per poi lasciarlo acquistare dai blancos per non voler accontentare il talentuoso ragazzo sul punto dell’ingaggio. Il contendere? Un milione di euro! Ancora una volta la mania di questa junta di risparmiare a tutti i costi è costato un altro talento del futuro. Le scelte errate stanno costando troppi trofei a questo club, come il voler insistere a tutti i costi, fino al limite del puntiglio ossessivo e autolesionistico su Valverde, tecnico che ha dimostrato nelle due stagioni, di non essere in grado di competere in Champions.

A proposito di scelte errate costate care, molto care, non dimentichiamoci la decisione del 2014 di risparmiare danaro nel non prendere Asensio, a vantaggio della soluzione più economica di Douglas. Asensio ora spopola, Douglas è passato per il Camp Nou, e sparito, come un clandestino. Asensio sarebbe costato 4 milioni di euro. Il club ha perso un gran giocatore, che sarebbe venuto di corsa a Barcelona, per non voler spendere 4 milioni di euro.

Se questa Junta perde grandi giocatori per risparmiare a tutti i costi, dall’altro non fa mistero di spendere a piene mani, a destra e a manca, per mezze figure quali André Gomes, Yerri Mina, Digne, Denis, Arda, Mathieu e tanti altri dello stesso livello. Il 2021, anno delle nuove elezioni, è ancora tanto, troppo lontano.   

Editoriale – L’insegnamento di Virgil

di Giuseppe Ortu

La finale della Champions League tra il Liverpool e il Tottenham ha lasciato più del classico amaro in bocca alla aficiòn del FC Barcelona. La partita ha dimostrato quanto la conquista della orejona fosse alla portata del Barça. Di più, ha dimostrato che l’equipo di Valverde si è suicidato nel non raggiungere la conquista della Sesta, andata invece ai reds. Se la squadra non fosse stata presa da catalessi per la seconda volta in due anni, avesse giocato da par suo e non avesse seguito i consigli conservativi della panchina, il Barça si sarebbe laureato campione d’Europa. Quella tra spurs e reds non è sembrata certamente una finale di Champions; semmai una brutta partita di un campionato di basso livello. Non si è giocato a football. In alcuni frangenti sembrava più un incontro di pallavolo che di calcio, con il pallone che è stato più in aria che in terra. Il gioco non si è visto, non c’era, non faceva parte della partita. Più che una sfida di pallone sembrava un saggio ginnico, una prova di atletismo dove gli atleti si superavano in corse di atletica e in gare di salto in alto. Ma del gioco del calcio, signori, neanche l’ombra. Senza quella orribile, terribile, catastrofica notte di Anfield, Messi & Co avrebbero conquistato la meritata coppa. Valverde è nuovamente in debito con Messi. In debito per aver contribuito al fallimento di una stagione (Liga con massimo distacco storico sul Madrid a parte) con un Messi al suo massimo: capocannoniera della competizione europea e doppiette in semifinale, ottavi e quarti. Il debito di Valverde e della Junta con D10S inizia a diventare difficilmente colmabile.

Ma cosa c’entrerà Virgil e il suo insegnamento in tutto questo? E sopratutto, chi è costui? No, non si tratta di Virgil, il protagonista de La Calda Notte dell’Ispettore Tibbs, come ha ipotizzato un amico, tra il serio ed il faceto, quando ha saputo del titolo dell’articolo. Parliamo piuttosto del n° 4 del Liverpool, il difensore olandese, MVP della gara, autore di una prestazione capolavoro. Il gigante red ha bloccato ogni iniziativa dei londinesi, anticipando, fermando, cementando la sua difesa e il risultato. E’ stato pagato una quantità di danaro enorme, 85 milioni, ma è stato il miglior acquisto che il Liverpool avesse potuto fare. Cifra pienamente ammortizzata con questa coppa. Senza di lui, Klopp & Co non avrebbero mai sollevato quel trofeo. Il Barça deve seriamente meditare su questo fatto nella trattativa con De Ligt, altro crack dello stesso calibro.

I soldi portano soldi” si dice. Ed è vero. Così come i grandi giocatori portano titoli, trofei, prestigio e nuovi contratti commerciali. Le vittorie e i contratti commerciali aprono nuovi mercati. Più vinci e più guadagni, dal punto di vista sportivo ed economico. Ma per vincere ti servono le grandi squadre; e queste sono costituite dai grandi giocatori, che costano cari. Ecco perché spendere in grandi giocatori è conveniente. Il caso di Virgil van Dijk è esemplificativo. Ora il FC Barcelona si trova ad un bivio fondamentale per il suo futuro. L’acquisto di Matthijs De Ligt. Un altro colosso della difesa; un altro olandese; un altro numero 4; un altro calciatore caro, carissimo, ma un elemento fondamentale per la costruzione del Barça del futuro. Mancare il suo ingaggio significherebbe perdere l’occasione per proseguire nel solco segnato da Guardiola con la costruzione del Grande Barça. Non sapersi rinnovare significa abdicare da certi livelli. La directiva blaugrana ha già detto che non si lancerà in nessuna asta per De Ligt. Mossa sbagliata. Risparmiare oggi con il difensore olandese significa spendere di più nel corso dei prossimi anni ottenendo risultati sportivi peggiori. De Ligt garantisce, ai suoi 19 anni, 10 anni e più di un rendimento ad altissimo livello. Spendi molto oggi per risparmiare nel corso degli anni. Lasciarselo sfuggire significherebbe spendere meno oggi, acquistando un difensore di costo, ma anche rendimento inferiore, ma costringerà la squadra a rivedere lo standard di rendimento sportivo, e il club a rimettere mano al portafoglio nel giro di pochi anni per investire ancora una volta nello lo stesso ruolo. Praticamente spendere due volte invece che una sola.

Dunque qual’è l’insegnamento di Virgil per il Barça? Mai cercare di risparmiare per l’ingaggio di un grande giocatore. I trofei li vincono i grandi calciatori, non quelli medi. De Ligt è un grande giocatore e non ci si può dimostrare parsimoniosi di fronte al futuro sportivo del club. Spendere meno significa anche vincere meno.