Giuseppe Ortu Serra
Il Barça assesta un colpo alla Liga con una vittoria di autorità al Matropolitano. Un trionfo totale contro una squadra che pochi giorni prima aveva messo sotto i vicecampioni d’Europa dell’Inter. Uno 0 a 3 che non ammette repliche o discussioni. I blaugrana hanno mostrato il volto della grande squadra a Madrid in una sfida che valeva il secondo posto per il Barcelona e la permanenza nelle prime 4 per l’Atletico. Al di là dell’importanza intrinseca della partita, un incontro di un’importanza enorme per entrambe le contendenti. Una squadra, quella blaugrana, che ha cambiato decisamente volto e passo dalle dimissioni di Xavi, mai più benedette possano essere state. Senza la presenza futura in panchina del tecnico, la squadra ha cambiato modulo di gioco, mentalità e tipo di calcio. El pacto del vestuario tra giocatori e allenatore sta decisamente dando i suoi frutti. È ancora prematuro per dirlo, ma qualcosa di importante sta nascendo.
La formazione blaugrana ha dovuto rinunciare a due giocatori chiave immediatamente prima della sfida. Inizialmente Cancelo, che inaspettatamente non è entrato nella convocatoria per un problema fisico. Al suo posto Fort. Poi Christensen, che inserito nella formazione ufficiale, è rimasto negli spogliatoi per un’indisposizione dell’ultimo istante. In luogo del danese ha giocato Fermín, andato a sistemarsi a destra di Gundogan in posizione di pivote. Le due squadre si sono posizionate con le difese a tre in fase difensiva. In quella offensiva il Barça si è schierato a 4, mentre l’Atletico a 5.
Il Barça ha iniziato con molta calma e attenzione. Atletico che ha pressato maggiormente cercando subito di sbloccare la partita. Il Barça ha giocato con molta tranquillità, mettendo in mostra ancora una volta un Cubarsí in forma mondiale. Dopo aver annullato Osimhen in Champions, il 17enne ha bloccato Morata ed ogni attaccante colchonero si sia avventurato dalle sue parti. Anticipi, di piede e addirittura di petto, passaggi, lunghi e corti, recuperi, tranquillità olimpica nella gestione anche dei momenti più complicati. No, non è un nuovo Piqué. È molto, ma molto più forte. Distribuisce la palla come Beckembauer, difende come Gentile, solo senza commettere un solo fallo. Pulito, limpido, cristallino. Una meraviglia vederlo giocare e toccare la palla.
La formazione di Simeone non ha creato un serio pericolo alla porta di Ter Stegen nel primo tempo nonostante la maggiore e continua pressione nella prima mezz’ora di gara. Offensivamente i blaugrana hanno trovato difficoltà a trovare spazi e linee di passaggio per la grande densità dell’Atletico a centrocampo e per la pressione effettuata. Tutto questo fino alla mezz’ora, quando il Barça ha iniziato a trovare qualche varco nella metà campo rojiblanca. È stata la svolta dei primi 45 minuti. E il primo turning point della partita. Il Barça ha iniziato a rendersi pericoloso dapprima con Raphinha di testa, poi con Fermín, con un tiro a tu per tu con Oblak. Entrambi hanno sfiorato la rete, creando le basi per il vantaggio di Joao -el gato- Felix. Azione impostata da Gundogan. Dribbling e imbucata in area per Lewa che si è liberato della marcatura, è andato sul fondo e ha messo in mezzo un pallone perfetto per il portoghese, ed ex della serata, che aveva seguito il movimento del compagno. Piedino sul cross rasoterra arretrato e palla nell’angolo opposto. Tutto meravigliosamente perfetto.
Sanchez Martinez si è reso protagonista per alcune decisioni incomprensibili che hanno sollecitato gli animi di giocatori in campo e panchine. A farne le spese è stato Xavi, ammonito due volte e di conseguenza espulso per proteste dopo mancati fischi arbitrali su Gundogan.
Ad inizio del secondo tempo la seconda svolta della gara, quella definitiva. Al 46′ Lewandowski ha sentenziato la sfida e blindato il secondo posto in classifica alle spalle del Madrid. Buona pressione del Barça con Raphinha nella trequarti colchonera. Il brasiliano recupera palla e punta decisamente l’area di rigore. Scavetto delizioso per l’inserimento del polacco, che si allarga sulla destra e, con una giravolta, scocca un tiro diagonale diretto al palo lontano. Palo-rete e raddoppio. La partita, di fatto, è finita lì. Un colpo mortale per l’Atletico che aveva appena sostituito, ad inizio ripresa, un Morata annichilito da Cubarsí e Samuel Lino. Al posto dei due uscenti gli ex blaugrana Depay e Griezmann. Chi di ex ferisce, di ex perisce, deve aver pensato Simeone. Niente di più sbagliato. Per Cubarsí l’uno vale l’altro. Il canterano ha continuato a dominare la palla e l’area di rigore, attaccanti avversari compresi. Dopo aver annullato Morata nel primo tempo, ha riservato il medesimo trattamento ai neo entrati.
Il Barça, con Xavi fratello in panchina, ha letteralmente dominato con una calma olimpica disarmante per i padroni di casa. Gli azulgrana, in tenuta amarilla con la Senyera, si sono trovati sempre liberi grazie al movimento senza palla, alle giocate di prima e alla velocità di esecuzione. In questo modo hanno potuto sia gestire palla senza far avvicinare più di tanto i colchoneros all’area di rigore, sia ripartire con efficacia e ferocia, con una verticalità vista altre volte contro il Getafe e il Napoli. Molto importante, in questo senso, anche la partita di Koundé, rinato come difensore (sempre puntuale nelle chiusure e nel pressing) e ottimo contropiedista ed extremo aggiunto. Molti pericoli alla difesa avversaria sono stati portati proprio da queste sue giocate.
Dopo l’ingresso in campo di Yamal al posto di un ottimo (e arrabbiato) Raphinha e l’occasione mancata da Lewa in un 1 vs 1 contro Oblak, la cui conclusione è stata disturbata dal contrasto corporale disperato di un difensore, è giunta, due minuti dopo, la terza rete. Altra ripartenza verticale dei giocatori in maglia gialla. Lewa a centrocampo che riceve spalle alla porta, stoppa di tacco, scarica la palla e si propone. Il polacco vede l’inserimento di Fermín in area di rigore tra i centrali dell’Atletico, lo serve con precisione millimetrica, incornata del ventenne canterano e zero a tre. Mentre l’afición rojiblanca gridava “puta Barça, puta Catalunya”, il Barça andava a sentenziare la gara e il secondo posto con tre goal a zero capaci di umiliare anche il più grande dei trogloditi. C’è stato ancora il tempo per i crampi del 17enne Fort, sostituito dal 20enne Casadó (questo il miracolo del Barça) e per la sostituzione del 20enne Fermín con Inigo Martinez che ha preso la posizione lasciata vacante da Fort. Quando le cose girano e giochi sul velluto, anche un centrale come Inigo può fare il laterale a sinistra. Al 93′, infine, rosso diretto per il campione del mondo Molina che, in un duello Argentina-Brasile, è riuscito a fermare da ultimo uomo, solo con le cattive, Vitor Roque, subentrato al 76′ a Joao Felix, prima che potesse calciare per la quarta rete.
Tra il passaggio ai Quarti di Champions e questa vittoria ottenuta con pieno merito, autorità e sicurezza, il Barça ha fatto il pieno di autostima, battendo un pugno sul tavolo della Liga e facendo capire a qualsiasi avversario che il libro della stagione non si è ancora chiuso.