I RISCHI DELLA SCELTA ROBERTO MARTINEZ

Giuseppe Ortu Serra

Sfogliando la margherita dei possibili sostituti di Ronald Koeman, i nomi veramente credibili si riducono a due, Xavi e Roberto Martínez. L’attuale tecnico del Belgio è la scelta maggiormente caldeggiata da Jan Laporta. I direttivi e membri della Junta, invece, sarebbero più propensi a sposare l’opzione Xavi. Due nomi e profili completamente diversi, quasi agli antipodi potremo dire.

Xavi vuol dire tradizione, continuità con il modello Barça, discontinuità totale rispetto a Ronald Koeman. Ma non solo, anche ritorno a quei valori calcistici e a quel DNA blaugrana abbandonato dal post Luis Enrique. E anche prima di Lucho, in realtà. Sì, perché l’attuale tecnico della Roja aveva modificato notevolmente il “modello” apportando molta verticalità. Dire Xavi significa rinverdire la scuola Guardiola. Con Xavi, l’estilo, il 4-3-3, il juego de posesión y posicionál non sarà mai in discussione.

Roberto Martínez è un’altra cosa. Il tecnico di Balaguer porta con sé dei punti interrogativi che ne fanno una scelta azzardata, sopratutto in un periodo in cui da Valverde a Koeman, passando per Setién, il Barcelona ha sempre sbagliato allenatore. Dopo il caos, il disastro e l’incubo di Mister Lamento, il Barça non può assolutamente più permettersi di compiere un altro passo falso. Sarebbe deleterio; meglio, catastrofico, sia dal punto di vista sportivo che economico. Se Xavi significa virare sul sicuro (esperienza ad alti livelli europei a parte), puntare l’attuale tecnico del Belgio si può rivelare una scelta rischiosa se non l’ennesimo autogoal. Vediamo nel dettaglio i punti critici e i fattori di rischio di una scelta di questo genere.

1) Roberto Martínez è un commissario tecnico. Dirige il Belgio. Il Barça, dopo l’esperienza nefasta con Koeman, ex c.t. dei Paesi Bassi (ex Olanda come ufficialmente lo stesso governo nederlandese ha decretato), dovrebbe evitare di rinfilarsi in un corridoio già percorso con il tecnico Orange. Basta con i tecnici da nazionale.

2) Il ruolo del Commissario Tecnico è totalmente diverso da quello dell’Allenatore di Club. Sono due professioni, due compiti, due incarichi differenti. Diversi sono le competenze, altre le capacità richieste. L’allenatore di club lavora nella quotidianità con la squadra, si rapporta con i giocatori quotidianamente e deve avere un carattere aperto, franco, sereno e leale. Il tecnico di club fa veramente l’allenatore, nel senso che allena la squadra. Dà ad essa organizzazione tattica, incide sul gioco, sugli schemi, sulla tattica e imposta un lavoro di crescita tecnica, tattica e umana dei giocatori. Il selezionatore fa un lavoro diverso. Seleziona giocatori allenati da altri e li gestisce nel periodo di tempo limitato nel quale li ha a disposizione. Nel corso di una stagione sportiva, se non ci sono manifestazioni internazionali, non più di due/ tre, massimo quattro volte. Viene da sé che in così poco tempo, tranne casi eccezionali, non si ha il tempo per impostare un lavoro tattico approfondito, idem per quanto riguarda schemi e organizzazione di gioco. Se il tecnico di club “allena”, il selezionatore “gestisce”, due abilità completamente diverse l’una dall’altra. Roberto Martínez dirige il Belgio dal 3 agosto del 2016. Sono già 5 anni che seleziona, gestisce, dirige, ma che non “allena”. Troppo tempo. Per quanto detto, e per il differente lavoro svolto, non è detto che un buon selezionatore sia anche un buon allenatore; e viceversa. Sarà in grado di allenare nel día a día una squadra così complicata e particolare come il Barça?

3) Altro punto di frizione della candidatura Martínez è il modulo che usualmente utilizza con la sua nazionale: il 3-4-2-1. Non è rischioso, dopo le innumerevoli polemiche piovute su Koeman per l’utilizzo della difesa a tre, modulo che come si è ampiamente visto non funziona nel Barça, prendere un altro tecnico che usa abitualmente la difesa a tre? Oppure cosa vogliamo fare, prendere un allenatore da difesa a tre e costringerlo dal primo giorno a usare la difesa a 4 e il 4-3-3? Se ti serve un mancino, ti rivolgi a una persona che usa la sinistra, non ad un destro chiedendogli di cambiare mano. Prendere Roberto Martínez e chiedergli di cambiare modulo e sperimentarne uno mai usato è rischioso quanto dare continuità a un modello di difesa che non si può impiantare a Barcelona. Oltre al disastroso Koeman, ci aveva provato anche Setién con risultati altrettanto negativi. Se vuoi ritornare alla normalità e riportare calma, serenità in squadra, facendo in modo che con il 4-3-3 tutti i giocatori riprendano a giocare a memoria un calcio che hanno sempre praticato da quando sono entrati nelle giovanili del Barça, devi rivolgerti a un allenatore che attui il 4-3-3 e che di quel modulo conosca ogni angolo, sfaccettatura e pertugio.

4) Proseguendo nella disanima dei punti oscuri di una scelta di questo genere, non possiamo dimenticare l’aspetto risultati. Roberto Martínez dirige una nazionale tra le più forti d’Europa che può vantare tra le sue fila fior di campioni. Una squadra ricca di talento che può vantare De Bruyne, Lukaku, i due Hazard, Courtois, Witsel, Carrasco, Aldeweireld e tanti altri. E’ prima nel ranking Uefa, eppure non ha mai vinto nulla. Terzo posto ai Mondiali di Russia 2018, eliminati dall’Italia ai quarti agli Europei 2020 e attualmente semifinalista alla Nations League, competizione notoriamente minore nel panorama internazionale per nazionali, dove il 7 ottobre affronterà la Francia. Per il resto il nulla. Ergo, è il caso di puntare su un tecnico che nonostante una formazione ricca di talento e campioni non ha mai vinto niente? E’ un allenatore che può andare bene per il Barça? O non rischiamo di ritrovarci con il classico allenatore perdente, che è lì lì per vincere, ma non vince mai?

5) Ulteriore motivo di scetticismo che investe il tecnico preferito da Laporta, riguarda la sua carriera da allenatore di squadre di club. Prima di approdare alla guida del Belgio nel 2016, aveva allenato formazioni minori della Premier League. Lo Swansea, il Wigan e l’Everton. Una carriera simile a quella di Ronald Koeman, che prima di approdare alla nazionale del suo paese aveva diretto Vitesse, Ajax, Benfica, PSV, Valencia, AZ Alkmaar, Feyenoord, Southampton e Everton. Carriera modesta per un allenatore mediocre. Roberto Martínez, che non ha mai diretto un top club e che con il Belgio non ha mai vinto nulla, sarà in grado di interfacciassi con un mondo complicatissimo come quello del Barça dove sei obbligato a vincere dando spettacolo, dovendo ricostruire completamente un ambiente a livello calcistico e mentale appena distrutto da Koeman e Bartomeu?

6) Ultimo fattore di rischio nell’eleggere Martínez a successore di Koeman è dato dal fatto che non è della Casa. Sebbene catalano di nascita, ha sviluppato la sua carriere quasi completamente in Gran Bretagna, sia da calciatore che da allenatore. Escludendo i primi passi nei quali ha giocato nel Saragozza e nel Balaguer, Martínez non ha mai allenato o giocato in Spagna, e non ha una conoscenza diretta né de La Liga, né del Barça. È un elemento esterno al Barça. Non è un uomo della Casa. Non ci ha mai giocato e allenato. Non ha mai respirato quell’aria blaugrana che è necessario aver conosciuto e vissuto per conoscere il Barcelona dal di dentro e sapersi orientare con la sua filosofia, gli intrighi di corte e l’eccellenza che stampa, soci, aficionados e dirigenza richiedono a chiunque si provi a sedere su quella panchina.

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