Giuseppe Ortu Serra
Si chiama Football Club Barcelona, non Football Club Xavi. In tanti hanno provato a cambiargli il nome nel corso della storia. Dalla fondazione, avvenuta nel 1899 ad oggi, ci hanno provato in tanti, ma l’anima, l’essenza, lo spirito del Club è rimasta intonsa, immutata fino ad ora. Franco, sotto la dittatura, ne aveva modificato nome e escudo, cambiandone la dicitura in Barcelona Club de Football. Il Barça, allora, era una idea, un ideale, un modo di vivere, di essere e pensare, un modo per dire “NO” alla dittatura, alla mancanza di libertà, di espressione, di parola, all’impossibilità di usare il proprio idioma. Un “NO” alla tirannia, all’intolleranza, al bullismo, all’insulto, alla prevaricazione, all’arroganza, all’ignoranza, all’ottusità della gente. Ed è ancora così, tutt’oggi. I violenti, anche solo nei modi o nelle parole, non hanno diritto di cittadinanza in questo Club e dovrebbero essere bannati, cacciati dal Barça. Il FC Barcelona è questo, ancora oggi.
C’è stato un periodo in cui il Barça era una idea tanto debole e fragile all’esterno, anche se forte e calda nei cuori e nell’animo della gente, che solo un sussurro più forte di un bisbiglio l’avrebbe fatta svanire. E ciò è accaduto concretamente due volte nel corso della storia. Prima Gamper stesso, rimasto senza soci, dovette andare casa per casa a cercare di salvare il Club; poi, durante la guerra civile, quando fu un magazziniere a presidiare le installazioni del Barça per evitare che venissero collettivizzate. Il Barça, il Football Club Barcelona, ne ha passate tante nel corso della storia per non lottare contro chi pone prima della sua storia, del suo spirito, della sua eredità morale e culturale, della squadra e dei suoi risultati, il singolo. Il Barça è un Club di proprietà dei soci. Non di un presidente, non di un giocatore, non di un allenatore, non di un gruppuscolo di tifosi. È di tutti. Che vivano nel Nebraska o a Las Cortes.
Noi siamo Football Club Barcelona, non Football Club Xavi. Amiamo questo Club, la sua storia, le sue spinte libertarie e sociali attraverso Fondazioni e beneficenza, l’istituzione Barça, il suo cordone ombelicale con Barcelona, con la sua storia e la sua gente, con la Catalunya. Noi amiamo la squadra, le sue gesta, i suoi trionfi, le sue vittorie. Sono anche conquiste, vittorie, trofei vinti dalla città, dai suoi abitanti, dai soci e dai tifosi (quelli veri). Noi amiamo tutto questo, non una singola persona. Noi teniamo a tutto questo, non a una singola persona. Ogni sconfitta della squadra è una ferita che lacera la carne di Barcelona, degli aficionados, dei soci.
E non metteremo mai, e dico MAI, una persona, un allenatore, un giocatore, prima della squadra e del Club. Chiunque esso sia. E ci opporremo fino allo stremo delle nostre forze a chi voglia farlo. Chi lo fa non ama il Barça; ama un allenatore. Chi tifa per Xavi e non per il bene della squadra, chi lo difende nonostante i disastri, le sconfitte, le figuracce, la perdita di rispetto, prestigio e considerazione della squadra, del nome e dell’Istituzione, a dispetto dei Santi, delle evidenze, dei risultati, non sta dalla parte della squadra o del Club, ma da quella di un singolo uomo.
Speriamo che chiunque metta Xavi prima dell’escudo e del Club, tifando e sostenendo lui piuttosto che le sorti della squadra, abbia anche la compiacenza, a cose finite, di abbandonare il Football Club Barcelona e di continuare a sostenere il Football Club Xavi ovunque esso sarà, ma lontano da qui.
Di gente così il FC Barcelona non ha bisogno.