Giuseppe Ortu Serra
L’Athletic elimina il Barça dai quarti di Copa del Rey con il risultato di 4-2 e accede meritatamente alle semifinali della competizione. Per Xavi altre quattro reti sul groppone. Al primo avversario di livello della manifestazione il Barça cade di schianto, sconfitto chiaramente sotto l’aspetto fisico e atletico dalla formazione di Valverde. Anche l’ex tecnico barcelonista, cacciato dopo una sconfitta in Supercopa di Spagna, si prende la sua buona rivincita personale.
Eppure il Barça, vestito di bianco, la maglietta celebrativa dei match internazionali, con annessi trofei, anni ’60, aveva disputato un buon primo tempo, con esclusione del solito inguardabile inizio di gara. L’inizio è stato, come sempre, traumatico. La squadra è scesa in campo, come di costume, spensierata e intenta a cercare le margherite sul terreno del solito caldissimo e spettacolare San Mamés. Partenza addormentata del Barça a far da contraltare all’inizio stile chilometro lanciato della formazione di Valverde, che ha ricordato un incontro di qualche stagione or sono con Koeman in panchina e la formazione blaugrana aggredita stile pugile sul ring dai leones baschi. Erano passati appena 36 secondi quando l’Athletic è passato in vantaggio. A dare il via al disastro difensivo azulgrana è stata una palla persa sulla trequarti, con annesso passaggio arretrato errato che ha tagliato fuori l’intervento di Koundé. Il cross che ne è scaturito, di Nico Williams, ha creato il panico nell’area del Barcelona. Errori a ripetizione della difesa di Xavi e rete del vantaggio di Guruzeta. La partita non era sostanzialmente nemmeno iniziata e il Barça era già sotto. La formazione di Xavi ha tremato e sbandato, non riuscendo mai a ripartire nei primi minuti, anzi, rischiando di subire ancora.
Al 22′ l’ennesimo infortunio muscolare di una stagione dannata. Questa volta è stato Balde a farsi male. Lesione al flessore. Al suo posto è entrato Fort, che ha disputato una partita eccellente, stupenda, meravigliosa e ha terminato la gara piagato dai crampi. L’uno a uno di Lewa ha cambiato la storia del primo tempo. Un goal sulle prime casuale, ma assolutamente voluto dal bomber polacco. In una delle rare azioni offensive dei blaugrana, la difesa ha rinviato in affanno sul pressing portato da Lewandowski che, fiutata l’occasione, ha allargato la gamba sinistra per intercettare la sfera. Rimpallo favorevole e palla in rete. Non un goal casuale. Il nove ha cercato la palla. Rete assolutamente voluta.
Il pareggio ha dato spinta alla formazione di Xavi che ha giocato con buon ritmo e ha cambiato l’inerzia della gara. Alla mezz’ora è arrivato il raddoppio. Yamal è partito dalla metà campo ricevendo il pallone da Koundé. Ha puntato l’area, si è accentrato; una, due vinte e tiro secco nell’angolo opposto. Rete assolutamente meravigliosa. L’Athletic ha cercato di riacciuffare il risultato, dando vita ad un finale di tempo gradevole e ben giocato. In pieno recupero Ferran, unica cosa buona della sua partita, ha sfiorato la terza marcatura, ma Agirrezabala si è allungato alla sua sinistra per respingere il pericolo.
Il secondo tempo ha raccontato un’altro incontro. L’Athletic è rientrato in campo pronto a ruggire per assaltare il Barça. I blaugrana hanno rispolverato il loro marchio di fabbrica. Ingresso in campo svagato a passeggiare nel bosco per contare i pinoli sugli alberi, e rete del pareggio dei locali. Al 48′ è stato Sancet, di testa, a punire una squadra in vacanza agreste. Per far capire quanto era mal piazzata la retroguardia azulgrana basta un solo dato: in area c’erano Fort, De Jong e Pedri, a contrastare i rojiblancos? Dov’erano i difensori? Chiedere a Xavi. Il pareggio ha avuto l’effetto di una coperta a soffocare le fiamme in un principio di incendio. O forse sarebbe meglio dire la ripresa. Il Barça, infatti, ha pagato il ritmo del primo tempo. Ritmo assolutamente normale per qualsiasi squadra professionista. Non per il Barça di Xavi, abituato a velocità anacronistiche di quando le televisioni erano ancora in bianco e nero. Il secondo tempo è stato un dominio assoluto dell’Athletic, che ha imposto il suo ritmo sui giocatori del Barcelona, già sulle gambe dopo solo un tempo di gioco. A metà ripresa, nuovo infortunio di un azulgrana. Questa volta è toccato a Christensen lasciare anzitempo il campo per Cubarsí. Nonostante le chance dei padroni di casa, è stato il Barça ad avere le occasioni più ghiotte per riportarsi in vantaggio. Yamal, per due volte, si è presentato solo soletto davanti al portiere. Nella prima circostanza ha tentato uno scavetto che è terminato largo sul secondo palo; nella seconda ha dribblato l’estremo difensore, ma nel momento di appoggiare in porta ha calciato sopra la traversa. Come è possibile sbagliare due chance così semplici? Il tutto si spiega con la fatica. Questa squadra ha giocato tutti il secondo tempo in riserva di energie fisiche. E quando le gambe non rispondono, anche il gesto atletico o tecnico più semplice diventa impossibile da produrre. Il Barça ha perso la gara in quel momento? Forse. La seconda clamorosa azione è giunta all’85° minuto. A quel punto sarebbe stato tutto estremamente complicato per los leones. Noi non vogliamo buttare la croce addosso a Yamal. Questa è una squadra mal allenata che ha sbagliato totalmente la preparazione atletica estiva (sempre che l’abbiano fatta). La colpa non è dei ragazzi, che giocano al massimo delle loro possibilità, come oggi hanno fatto per tutti i 120 minuti. Oggi sono stati encomiabili. Ma se tu vai a 30 km/h già dal 45′, quando gli avversari vanno a 100 km/h, hai poco da dire o da fare.
Con il 2 a 2 si è aperto il primo tempo supplementare con Fort già zoppicante per i crampi. Il Barça, consapevole di non poter competere quanto a forze ed energie fisiche con i ragazzi di Valverde (la vendetta si consuma sempre fredda, non è così?) ha gestito la palla, tenendo lontano l’Athletic dalla propria area di rigore. Al 99′ è entrato Sergi Roberto e proprio lui è stato la causa del vantaggio basco giunto al 106′. Palla soffiatagli dai giocatori rojiblancos, come la borsetta ad una signora per la strada, tiro di Inaki, appena sceso da un aereo di ritorno dalla Coppa d’Africa, sfera sul secondo palo, che la restituisce al giocatore ghanese e rete del 3-2.
Il secondo tempo supplementare ha visto l’immane sofferenza dei blaugrana, costretti a ricorrere all’abbraccio o alla tirata di maglia sistematica per fermare dei giocatori praticamente imprendibili per i soldati del generale Xavi. L’Athletic ha continuato a suonare la musica e a far ballare il Barça a suo piacimento. La rete del definitivo 4-2 è giunta al 120° con Nico Williams con un pregevole esterno destro che è andato a morire nell’angolo opposto. Ma già prima le saette ben allenate da Valverde avevano sfiorato più volte il quarto goal. Una occasione per il Barça è stata di Guiu, mandato in campo da Xavi al 106′ al posto di Yamal.
Anche alcune sostituzioni del tecnico del Barça non ci hanno convinto. L’avvicendamento di Lewandowski con Joao Felix al 77′. Ferran è stato notevolmente meno attivo del polacco, che sarebbe stato utile per far salire la squadra nei momenti di difficoltà fisica dei compagni di squadra e per il gioco aereo. Con il tridente leggero Yamal, Joao Felix, Ferran, il Barcelona è stato ancora meno produttivo in attacco.
Persa la Supercopa con quattro goal subiti dal Madrid, eliminati dalla Copa del Rey con altre quattro reti sul groppone, con la squadra distante dalla vetta in Liga, a Xavi non rimane che fare strada in Champions per dimostrare di essere “più vicino all’eccellenza che alla sconfitta”. A cominciare dal Napoli, il primo ostacolo. Per adesso più che lampi di eccellenza si vedono solo infortuni, sconfitte con il pallottoliere e ombre taglienti come luccicanti lame.