Giuseppe Ortu Serra
Il Barcelona si scioglie come neve al sole nel pomeriggio di Barcelona, e come una barca di piccolo cabotaggio affonda in mare aperto sotto i colpi di un Madrid piuttosto mediocre che ha avuto il solo merito di tenersi in piedi per 90 m minuti al cospetto di un Barcelona che si è sgonfiato come uno spinnaker in assenza di vento e che si è afflosciato su se stesso.
Il Barça aveva recuperato la metà degli infortunati, ma per l’undici titolare Xavi ha preferito affidarsi a coloro che erano più rodati e con tutti i 90 minuti sulle gambe per affrontare la sfida delle sfide, il Clásico contro il Madrid. La sorpresa della formazione titolare è stato Cancelo extremo a destra e Araujo laterale. L’uruguaiano con l’obiettivo di controllare Vinicius; il portoghese schierato alto per raggiungere costantemente la linea di fondo e pungere la difesa dei blancos. Nello stesso tempo Cancelo è retrocesso sulla linea dei difensori quando c’era da dare una mano alla retroguardia. A centrocampo Gündogan quale pivote, attorniato da Gavi e Fermín come angeli custodi.
In casa Madrid gli osservati speciali erano Vinicius e Bellingham. Sul britannico si sono alternati un po’ tutti a centrocampo per evitare che entrasse in possesso di palla. Controllo sempre molto attento sul 5 blanco con anticipi e raddoppi. Il Barça si è schierato molto corto e attento, con le linee vicine per fare in modo di dare sempre una diversa opportunità di passaggio e per permettere di avere subito un compagno vicino alla palla in caso di perdita del suo possesso.
Il Barça è passato quasi subito davanti ad uno stadio pieno, con una coreografia come al solito spettacolare e colorata di blaugrana e dei colori della Catalunya, e ai Rolling Stones presenti in tribuna per celebrare la maglia del Barcelona che presentava il loro storico logo sul petto. Gündogan ha scambiato con Joao Félix, è entrato in area sfruttando un allungo di palla della difesa del Madrid. L’ex City si è infilato nel cuore dell’area passando tra due ali di giocatori del Madrid immobili, ha vinto un contrasto con Alaba, e ha insaccato sull’uscita di Kepa. Al 6° minuto Barça 1 Madrid 0.
I blaugrana hanno continuato a giocare con calma, precisione e ottima pressione offensiva sugli avversari, spesso anticipati e soverchiati dalla voglia dei giocatori azulgrana. La formazione di Xavi si è resa pericolosa dopo pochi minuti dal vantaggio con un tiro di Fermín che ha colpito il palo a Kepa battuto. Il Barça ha dominato e controllato con una perfetta precisione in regia di Gündogan. Unico passaggio non andato a buon fine da parte del turco al 33′. Per il resto un percorso netto da applausi. Il primo tempo si è concluso con un dominio blaugrana a congelare la rete di vantaggio. I pro del primo tempo certamente la difesa e gestione della gara, con un Gündogan superlativo. I contro, poca offesa rispetto alla gran mole di gioco davanti ad un avversario timido, in difficoltà e schiacchiato dietro; il solo goal di vantaggio; lo scarso coinvolgimento di Joao Félix, per una volta quasi spettatore. Primo grande errore. Quando hai l’avversario alle corde lo devi mettere al tappeto, non permettergli di terminare il round dandogli la possibilità di riorganizzarsi mentalmente.
La ripresa… tutta un’altra storia. Il Barça, come troppo spesso gli capita, è rimasto nello spogliatoio. Era accaduto anche contro lo Shaktar. Allora, soffrendo e facendosi dominare dagli ucraini, era riuscito a portare a casa la vittoria; questa volta l’avversario era decisamente diverso. Il Madrid, scampato il pericolo nel primo tempo e ritrovandosi solo sotto di uno, ha deciso che non era più il caso di rischiare e si è riorganizzato mentalmente. Si è capito immediatamente da come le squadre hanno iniziato la ripresa che la musica era cambiata e la sera iniziava a calare sulle velleità e le teste del Barça. Pur non strafando, i blancos hanno piantato le tende nella metà campo del Barça che, dal canto suo, è retrocesso di almeno 20 metri.
Stanchezza? Tattica? In ogni caso un problema riconducibile chiaramente alla panchina, responsabile numero uno di questa sconfitta. Se è un problema di stanchezza ad inizi di novembre, con già due mesi e mezzo di stagione sulle gambe significa che Xavi e il suo staff ha sbagliato la preparazione e gli allenamenti sono insufficienti. Se è stata tattica… beh, diciamo che Xavi non diventerà mai generale e resterà per sempre un semplice caporale. Ma non si tratta di tattica. Questo calo fisico è un vecchio compagno di incubi della formazione blaugrana
Il Barça si è appiattito nei pressi dell’area di rigore ed è rimasto ad attendere il Madrid, dandogli così la possibilità di recuperare sensazioni positive. Secondo grave errore. Al 66′ Tchoumeni ha lanciato un missile terra – aria che ha chiamato Ter Stegen all’intervento salva porta. Era solo la notifica di sfratto per la vittoria blaugrana. Due minuti dopo è stato Bellingham a imitare il compagno. Altra conclusione-bomba da fuori area e questa volta il portiere tedesco non ha potuto fare nulla. Pareggio e tanti saluti. L’ex BVB ha avuto la possibilità, come precedentemente il compagno, di liberarsi di un uomo e di calciare indisturbato, senza che nessuno uscisse sul pallone per impedirne la conclusione. Si sapeva, e lo avevamo detto nel corso de Il Diario di Passió Barça di ieri, che la chiave della gara sarebbe stato Bellingham. Lo si doveva annullare per evitare che lui annullasse il Barça. Nel primo tempo il giocatore inglese era stato letteralmente stoppato e mangiato da centrocampo e difesa, ma più dalla linea mediana, posto che raramente il numero 5 era riuscito ad avvicinarsi ai 16 metri. Nella ripresa il Barcelona ha pensato (o è stato costretto dallo stato comatoso della forma fisica dei giocatori) di difendere al limite dell’area di rigore. Come una squadretta qualsiasi. Ed ecco giunta immediata la bacchettata sulle mani e la scudisciata sulle chiappette dei giocatori e, sopratutto, di Xavi.
I cambi di Xavi hanno messo in campo Lewandowskial 60′, con la squadra ancora in vantaggio, al posto di Ferran. Ma il primo tiro dell’ex Bayern, e della squadra, è arrivato solo al 79′. Il polacco, appena rientrato e ovviamente non al 100%, non ha brillato, ma è stata tutta la squadra a non farlo. Un giocatore come il numero 9 devi supportarlo con un gioco offensivo adeguato. Non è Messi che prendeva la palla a centrocampo e se ne andava saltando tutto e tutti. Robert è un centravanti, e in quanto tale, devi servirlo. Ma come puoi pensare di farlo se non attacchi? O se decidi di portare in zona offensiva tre uomini perché gli altri ancora arrancano e si trascinano nelle retrovie? Che tattica è questa? Se non si doveva occupare in massa l’area del Madrid tanto valeva lasciare in campo Ferran.
Raphinha e Yamal sono saltati in campo al 76′ al posto di Joao Félix e Cancelo. Dopo qualche minuto è giunta la conclusione di Lewy (alta sulla traversa) e subito dopo una seconda di Gavi. Era la riscossa, forse, e il cambio di marcia? No, solo una favilla tra la cenere che soffocava il fuoco ormai quasi spento dopo i primi 45 minuti. La squadra era certamente più offensiva con i due neo entrati, ma il resto della formazione continuava a non accompagnare l’attacco.
I blaugrana non hanno più avuto occasioni rimarchevoli e il Madrid ha continuato a minacciare. Sarebbe potuto passare con una azione di Joselu (entrato al 62′ al posto di Rodrygo), messo sul dischetto del rigore da una imbucata, ma il Barça è rimasto in piedi per la grande difesa in uno contro uno di Inigo Martinez. Ma i tempi erano ormai maturi per il raddoppio dei blancos. E così, da una azione sporca in area, con un mezzo pasticcio della difesa blaugrana, è nato il goal del sorpasso e della vittoria del Madrid. Ancora Bellingham ad esultare a braccia larghe in faccia ai 50.000 di Montjuic e, indirettamente, di Xavi, il vero sconfitto di questa partita, messo nel sacco da uno che mastica la gomma americana facendo più baccano dei 50.000 di Montjuic e mostrando anche il tartaro in fondo ai denti del giudizio stante la sua eleganza e raffinatezza.