COME IL BARÇA DI KOEMAN

Giuseppe Ortu Serra

La partita di ieri contro il Rayo ha messo in evidenza il Barça più brutto dell’anno. Una squadra senza idee, senza gioco, senza attributi. Troppo brutta per essere vera. Ma non è che la conseguenza di una parabola discendente che la formazione di Xavi ha intrapreso, in Spagna, a partire dalla brutta sconfitta contro il Madrid in semifinale di Copa del Rey. In Europa, invece, è qualcosa di atavico. Un declivio inesorabile, ma progressivo che ha portato allo spettacolo indecente offerto ieri a Vallecas. E badate bene, non è un goal a fare la differenza nel nostro giudizio. Sarebbe stata la medesima cosa se alla fine fosse arrivata la rete del pari. Lo avevamo scritto, d’altronde, anche per la sfida contro l’Atletico, dove il risultato era, insieme alla solidità difensiva, l’unica nota lieta dell’incontro. In Europa il declino è ormai certificato e bollinato da un susseguirsi di stagioni grigie, tutte uguali, che portano sempre ad un unico evento: l’eliminazione. Una squadra che scende in campo attanagliata dalla paura, salvo prendere in considerazione che questa squadra è così, anche dal punto di vista tecnico-tattico: una formazione debole, senza carattere, che gioca un calcio scolastico e che in campo ha una presenza impalpabile. L’Eintracht, il Manchester United, l’Inter. Tutte corazzate? Possibile? E basta con gli alibi da perdenti: il Var che non funziona, lo stadio tinto di bianco, il rigore non fischiato al 94′ contro l’Inter (e fino al 94′?), le assenze al ritorno contro i nerazzurri e contro lo Utd (ma all’andata c’erano tutti), il rigore a Monaco. E le stagioni precedenti? Benfica… lo ricordiamo, sì?

Ieri questa squadra sembrava il Barça di Koeman. Sconclusionato, senza idee, né anima. A Vallecas e contro il Madrid in Copa, come in Europa, si è visto il clone della stessa squadra perdente. Occupa il campo con sufficienza finché gli avversari non segnano. Poi è finita.

Xavi è furioso. E meno male. Ma è lui l’allenatore e deve porre rimedio a questa situazione. “Non abbiamo giocato come si sarebbe richiesto qui per vincere”. Ha detto nel dopo gara. “Manca ancora molto, non abbiamo ancora fatto niente, la Liga non è ancora vinta e non è ancora finita. Questo è il problema”. E ancora: “È un peccato perché potevano salire a +14 ed era un’ottima opportunità. La sensazione è di profonda tristezza”. Tutte considerazioni corrette a cui deve porre rimedio al più presto e concetti da noi espressi già da settimane.

Male in ogni reparto, sono stati sopratutto il laterale destro e il centrocampo ad essere al di sotto di tutti gli altri. Koundé ha commesso errori marchiani di concetto. Nella prima rete è chiaramente uscito nella foto scattata da Álvaro García. Invece che tenere la posizione ha stretto al centro, lasciando tutto il tempo all’avversario di controllare, prendere la mira e fucilare Ter Stegen. Il francese è un centrale, non un laterale. Urge l’inserimento in estate di uno specialista del ruolo. Dal primo Alves il Barça non ha più avuto un laterale forte, e da allora non ha più vinto. Il centrocampo, nel ruolo di pivote, è stato un costante buco nello schieramento blaugrana. La rete del raddoppio è nata proprio lì. De Jong, in ogni caso troppo solo e senza appoggio da parte dei compagni (dov’erano?) ha perso un rimpallo, ma dietro di lui si sono aperte le acque del Mar Rosso. Nessuno a presidiare la zona centrale difensiva. Inconcepibile. Eric non può giocare lì, perlomeno se vuoi anche solo pensare di poter giocarti una carta per vincere qualcosa. Busi quando gioca offre una presenza importante in quella posizione, anche se, con l’andare avanti della gara, il giocatore va in difficoltà con il dinamismo degli avversari. Contro l’Atletico una sua palla persa al limite dell’area è costata quasi una rete di Griezmann. Ed eravamo solo ad inizio del match. Per non parlare poi dell’attacco. E di Lewandowski.

I problemi sono tanti, di giocatori forse non all’altezza (ma non certo per non battere il Rayo Vallecano), ma sopratutto di attitudine e atteggiamento in campo. Non è un discorso di nomi. Ricordiamoci che in semifinale di Champions contro il City il Madrid, lo scorso anno, ha avuto in campo, ad un certo punto, Ceballos e Asensio. Avete presente, sì? Ecco che è un discorso di come ti poni caratterialmente e individualmente nei confronti di un evento. Se vuoi suonare o essere suonato. Il Barça manca sotto questo punto di vista, quello caratteriale. E forse anche il gioco non aiuta a tenere tutti sulla corda e a renderli altrettanto protagonisti. Basta vedere la parabola di Lewandowski, sempre più un enigma, e mille anni luce lontano dal bomber che incantava in Europa. Sempre solo colpa degli altri?

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