Giuseppe Ortu Serra
La fase storica del Football Club Barcelona che stiamo vivendo rischia di essere un turning point della storia del Club. Il suo futuro, così come lo conosciamo oggi, è legato indissolubilmente alla conquista, almeno, del 4° posto in Liga. Se si dovesse mancare questo obiettivo il rischio è che si possa giungere alla fine dell’attuale modello sociale per aprire le porte alla conversione del Football Club Barcelona in S.A. Già si inizia a parlarne. Bisbiglii di piccole api industriose che tramano negli angoli bui. Qui, con questa stagione da film horror, così approssimativa, quasi dilettantistica nella sua gestione dalla panchina, con punte così basse che non si vedevano da 50 anni, stiamo rischiando di fallire l’accesso alla Champions e di aprire le porte, o meglio spalancarle, alla S.A.. Vale a dire, la fine del Football Club Barcelona. La fine di un’idea; la fine di un sogno; la fine di un mito.
Il Barça è nato nel 1899 come club fondato da 12 soci e ed è stato miracolosamente e meravigliosamente mantenuto di proprietà degli stessi fino ai nostri giorni. Nel corso della storia è cresciuto fino a diventare una potenza del calcio mondiale grazie alla passione di uomini del calibro di Gamper e di chi lo ha succeduto al vertice del club. La tessera di socio del Barça viene ricevuta nei palazzi degli Emirati Arabi, del Kuwait, del Qatar, in Nord America e a Upper Manhattan, in Africa, in Giappone e Cina, in Sudamerica; ovunque nel mondo. Il fascino del Barça, club di proprietà dei soci, affascina e ispira, attrae e conquista. È un marchio di esclusività ed eleganza, di raffinatezza e distinzione, di educazione e libertà. Un unicum. Un marchio di civiltà e moralità con le sue Fondazioni e il suo impegno nel sociale a favore dei più svantaggiati. Chi vi appartiene si sente parte in causa, protagonista della scena sportiva, sociale, della storia di un club così grande e importante. Essere del Barça, fare parte di questo club, non è come essere tifoso di una qualsiasi altra squadra al mondo la cui proprietà è altrui. Sarebbe come festeggiare per l’acquisto di una automobile di lusso da parte di uno sconosciuto. Chi lo farebbe? Nessuno, salvo il commerciate che gliela ha venduta. A chi non capisce la bellezza, l’importanza, l’esclusività di appartenere al FC Barcelona, sfugge proprio questo punto chiave, mentre trascorre la vita tifando la squadra di un’altra persona.
125 anni di storia, di successi, di trionfi, ma anche di drammi e lacrime. Presidenti fucilati sulla pubblica strada solo per appartenere a questo Club, il nome e lo scudo modificati di imperio per l’importanza (e il fastidio conseguente) che essi sprigionano. La storia del Barça è transitata attraverso eventi drammatici di una portata tale da far passare in secondo piano le vicende meramente sportive. Il club ha rischiato di sparire agli inizi del ‘900 per mancanza di soci e, successivamente, perché una parte politica voleva collettivizzarlo. In entrambi i casi sono state le persone a mobilitarsi per salvare la squadra, il Club. Il Barça è, infatti, un club di persone costruito, gestito e vissuto da persone. Calcio e vita che si allacciano e si intersecano come una treccia di capelli che cade sulla schiena di una ingenua ragazza con indosso un tenero abito a fiori; come l’edera che sale e si avvinghia al tronco di un albero fino a ricoprirlo come una seconda pelle; come due amanti stretti in un forte abbraccio. Il Barça non è solo una squadra di calcio. Giammai! È un tutt’uno con Barcelona, il suo tessuto sociale, con le sue rivendicazioni, i suoi mormorii, i suoi lamenti, ora forti ed imponenti, ora lievi e soffocati, appena accennati. Quando la società civile soffre, lo stesso club va in sofferenza, e si fa portatore delle istanze, delle rivendicazioni, delle lotte del tessuto sociale catalano. Més que un Club.
Ora, questa stagione rischia di essere distruttiva non solo a livello sportivo, di immagine, di reputazione, ma anche per l’esistenza stessa del Football Club Barcelona. O almeno così come lo conosciamo adesso. L’unicità rischia di essere spazzata via da dei risultati sportivi di una squadra allo sbando, gestita e diretta anche peggio. Dopo 125 anni il Barça rischia di perdere la sua essenza, il suo spirito, la sua anima: il modello sociale; la proprietà dei soci. Se in questo campionato il Barça non dovesse riuscire a entrare nei primi 4 posti, e dunque in Champions, il danno economico-finanziario sarebbe incalcolabile. Il Club, già debilitato e picconato dalle spese fuori controllo della gestione Bartomeu, e che Laporta sta faticosamente cercando di rimettere in linea di galleggiamento, senza i capitali provenienti dalla qualificazione alla prossima Champions League si troverebbe totalmente esposto dal punto di vista economico con gravissime conseguenze per la squadra e il Club. Non si potrebbero tenere molti dei migliori giocatori, i conti andrebbero in sprofondo rosso e una delle poche opzioni per salvare il Club sarebbe la sua trasformazione in S.A.. Questo è sempre stato il desiderio di qualcuno, rimasto sempre tale per la saldezza economico-finanziaria dell’Entità grazie ai risultati sportivi, e per un modello sociale talmente radicato nella carne di Barcelona e dei suoi soci da ritenerlo inammissibile, inaccettabile anche solo a livello di mera speculazione mentale.
Attenzione dunque a prendere troppo alla leggera la situazione attuale del Barça. Attenzione a questi ultimi 5 mesi di campionato e alla deriva che ha preso la stagione. Attenzione a continuare a giocare egoisticamente con il futuro del Barça solo per persistere a sostenere, a dispetto dei santi, alcune persone. A giocare con il fuoco si rischia di bruciarsi. Le dimissioni post datate di Xavi rischiano di essere una trappola mortale per una mongolfiera che sta perdendo quota e che per risalire ha bisogno di buttare la zavorra per non precipitare e schiantarsi al suolo.