Giuseppe Ortu Serra
“La squadra è forte mentalmente; anzi no. Abbiamo un problema mentale”. Questo il sunto del Xavi pensiero delle ultime 24 ore. L’ex allenatore del Al-Sadd Sports Club dimostra, nelle sue ultime due conferenze stampa, la previa e la post della sfida contro lo Shaktar, tutta la sua allarmante confusione. Nel giro di 24 ore è passato dal dirci che “Mentalmente abbiamo una squadra vogliosa e vincente” (conferenza stampa della vigilia di Champions), al “È un problema mentale. La squadra è bloccata” dettoci in quella tenuta nel dopo gara. Sono trascorse 24 ore, ma a leggere queste dichiarazioni sembrano passati mesi. Delle due l’una, diceva il mio professore di procedura penale agli esami; o è un problema mentale, oppure non lo è. E se non lo è prima, non è che poi, all’improvviso, dopo solo poche ore, ti rendi conto di avere a che fare con un ostacolo così insormontabile da bloccare una squadra contro una volenterosa formazione (ma nulla di più) di onesti calciatori che giocano in una squadra smembrata dalla guerra, privata dei suoi elementi migliori e costretta a disputare ogni partita in trasferta. Sarebbe da far vergognare Freud, Jung e gli altri che hanno scritto tomi su tomi e hanno trascorso le loro intere vite professionali a sviscerare, catalogare casi e lavorare sui problemi mentali, sulle lenti cause scatenanti i problemi psicologici, i blocchi, i conflitti interiori e sui loro difficili percorsi di guarigione, lunghi anche anni. Che vite buttate! Che studi sprecati! Anni a studiare e analizzare pazientemente ogni minimo cambiamento della psiche dei pazienti. Che spreco di tempo, signori! Sarebbe bastato rivolgersi a Xavi, allenatore venuto dal Qatar con il bignami in mano a insegnare calcio a Barcelona, per capire quanto sia veloce e facile cadere in un problema mentale da “blocco” dal giorno alla notte, e quanto rapido venirne fuori.
Il problema del Barça è come un virus che muta nella trascrizione del suo codice genetico. Ad ogni conferenza stampa il problema è diverso. Contro il Madrid era la mancanza di effettività, la fatica, gli errori di concentrazione e di disconnessione. Prima dello Shaktar la squadra fisicamente stava molto bene, ma in campo abbiamo visto una formazione che camminava, non correva. Contro la Real Sociedad era l’intensità ad esser mancata. Senza scordare uno dei suoi più celebri cavalli di battaglia: la calma e la pazienza, assenti nel secondo tempo del Clásico. Adesso è un problema mentale, quando appena 24 ore prima la squadra era “mentalmente vincente”. All’elenco dei problemi e delle lagnanze di questa stagione non dobbiamo tralasciare il prato del campo di gioco, l’orario di inizio gara e perfino la luce. Chissà con quale sorprendente rappresentazione e messa in scena vorrà allietarci e stupirci la prossima volta.
La verità è che nemmeno lui sa più ormai a quale santo votarsi. È giunto alla fine della lista intitolata “Giustificazioni da usare in caso di insuccesso” che tiene nella tasca posteriore dei pantaloni, valide appena una settimana, o come in questo caso, giusto il tempo del sorgere e del calare del sole, il tempo esatto impiegato da Amon-Ra nel percorrere con la sua barca solare gli inferi per poi risorgere e compiere il percorso inverso, navigando nel Nilo celeste, dopo aver combattuto e sconfitto Apopi e gli altri nemici e pericoli notturni.
Ciò che risulta dai fatti è che Xavi ha sbagliato totalmente la preparazione atletica in estate. La squadra non tiene fisicamente un’intera partita e crolla all’improvviso (Madrid e andata Shaktar), oppure entra in campo svagata, totalmente assente (Granada, Osasuna, Celta, Real Sociedad, ritorno Shaktar), come se avesse le gambe di pietra. La sequela di infortuni, stile piaghe d’Egitto, ne è un chiaro ed evidente sintomo. A ottobre il Barça ha avuto metà squadra fuori, e solo adesso sta pian piano iniziando a recuperare effettivi. I giocatori non sono sufficientemente allenati e ciò appare evidente a chiunque si provi a vedere una partita del Barcelona. La difesa, fino alla scorsa stagione una roccia, adesso non difende più ed è un colino da cucina. Il centrocampo non fa filtro. Non difende e non propone. L’attacco non punge. Contro il derelitto Shaktar i blaugrana non hanno chiamato il portiere avversario alla parata in tutta la gara! Neanche Koeman. Ad Anoeta, durante il tiro al piccione della Real del primo tempo, il primo tiro blaugrana (debole e centrale) è arrivato al 44′, mentre il primo corner della ripresa all’84’. In tutto questo dissesto footbolistico riecheggiano come un potente eco le parole di Xavi nella conferenza stampa della vigilia della sfida di Amburgo contro gli ucraini: “Come progetto siamo a metà del cammino per recuperare un grande Barça. Sono felice del cammino fatto”. No Comment e Amen. In tutta questa meraviglia di un progetto felicemente in marcia, rientra anche la confusione tattica di Araujo, centravanti sia contro la Real che contro lo Shaktar?