Giuseppe Ortu Serra
La remuntada del Barça contro un Celta che stava dominando il risultato, creando le migliori occasioni della gara e meritando i tre punti fino a quel momento, sono segni, chiari segnali del Barça di una volta che per anni era sparito, nascosto dietro un grigiore di mediocrità causato da una dirigenza incapace di gestire le risorse economiche e sportive del club.
Xavi ha parlato di “coraje” e di “espíritu ganador” della squadra nel ribaltare una partita che “la pasada temporada habríamos perdido“. Sotto di due all’80’, contro un avversario che ripartiva a folate costanti e creava pericoli a piè sospinto, la gara sarebbe finita 0-3 non solo lo scorso campionato (pensiamo solamente alla partita contro l’Eintracht), ma anche nelle stagioni precedenti. Dieci anni fa, invece, questa sfida sarebbe stata vinta esattamente come è accaduto ieri sera. Giocando male, sì; con poca intensità e velocità per 80 minuti, sì, ma mettendo sul terreno di gioco, alla fine, quello spirito, quella mentalità che deriva dalla consapevolezza, dall’orgoglio, dalla mentalità vincente che per tanti anni ha latitato a queste latitudini. Ieri la squadra ha scalato la montagna di Montjuic quando tutto sembrava svanito, e con le unghie e la punta delle scarpe si è aggrappata alla gara e ne è venuta fuori con la mentalità vincente dei nuovi innesti. Non è un caso che siano stati loro ad aver permesso il cambio di passo e la trasformazione della squadra. Uno (Cancelo) proveniente non per nulla dal City; l’altro (Joao – el gato – Félix), passato solo per caso dall’Atletico. L’altro attore determinante è stato Lewandowski. Il polacco c’era anche nella passata stagione, quella del primo tassello, ma un uomo solo è difficile che possa trasformare una squadra. Tutti insieme, tra i quali va immancabilmente citato Gündogan, altro uomo indispensabile per il cambio di visione e mentalità, ecco che è possibile trasformare una squadra talentosa in una macchina vincente.
Questa vittoria è il chiaro sintomo che le cose stanno cambiando al Barça e che sta tornando quello spirito che si era andato affievolendosi e annacquandosi con il passare delle stagioni. Giocatori dl grande valore, ma che si sentivano ormai troppo comodi (i vari Messi, Piqué, Busi, Jordi). Il cambio, ancorché doloroso, è stato necessario. E i frutti si iniziano a vedere. Siamo ancora ad inizio stagione, certo. Rimane un percorso lunghissimo davanti da percorrere, altrettanto vero, ma i segnali si intravedono già, cosa che non accadeva nel recente passato ad un occhio esperto, a chi riesce ad avere una visuale di insieme e ha il naso per accorgersi dei piccoli, grandi, segnali. Come le dichiarazioni di Cancelo nel dopo gara. Nonostante avesse inciso pesantemente nell’incontro con l’assist del pareggio e la rete della vittoria, il portoghese ha fatto seria autocritica, mostrandosi insoddisfatto della sua prestazione, evidenziandone gli errori tecnici che ne hanno compresso la performance personale. Niente lodi per il suo contributo sulla vittoria, solo insoddisfazione per quanto non è stato fatto bene. Dichiarazioni che sarebbero piaciute a Cruyff. Questa è mentalità vincente. Su queste basi il Barça può iniziare a costruire qualcosa di grande.
Mentalità vincente, importanza della tradizione, forma al di là della sostanza. Quando a Xavi è stato fatto notare il valore della vittoria agonica a livello di scarica di fiducia e adrenalina per la squadra, lui ha precisato che “è importante, certo, ma questa è una situazione eccezionale, non deve essere la regola (giocare male e vincere sul finale). La squadra deve vincere giocando bene“.
Questo è lo stile Barça. Il club fonda la sua storia sulla bellezza, sull’eleganza. Forma e sostanza. Blasone, nome, tradizione tramandata negli anni, immutabile, come un baluardo alla sciatteria del calcio, alla mediocrità (sebbene vincente in alcuni casi), alla mancanza di stile ed eleganza. Come le grandi casate che fondano la loro esistenza e ragione d’essere su una storia secolare di prestigio, raffinatezza, savoir vivre, distinzione e classe a cui tutti tendono e mirano. Il Barça è nient’altro che questo: valori ammantati da classe, prestigio, privilegio, bellezza. Chi non si sente all’altezza, chi non si rispecchia in questo modello e modo di essere, ha tutte le squadre del mondo da tifare.