MOLTES GRACIES GERI

Giuseppe Ortu Serra

Gerard Piqué ha deciso, all’improvviso, di dare l’addio al calcio. Non a fine stagione, come solitamente accade in tutti gli sport, ma con effetto immediato, saltando, de plano, ciò che rimane della stagione. Una decisione che ha suscitato stupore, sconcerto, inquietudine nel mondo del calcio mondiale. Molteplici sono state le dichiarazioni di sorpresa e di appoggio incondizionato ricevute da sportivi in giro per il pianeta, compagni, ex compagni ed avversari: Arteta, Guardiola, Puyol, Müller, Ronaldinho, Sergio Ramos e mille ancora. Tutti loro hanno riconosciuto il suo stile, la sua personalità, la sua leadership, il suo carisma.

La decisione di lasciare è stata comunicata dallo stesso giocatore attraverso un emotivo video, girato a Barcelona, in cui, dall’alto, domina la città e, con essa, i ricordi di un passato calcistico e di vita che paiono esser volati in un attimo. Tic, tac; tic, tac. Un montaggio di immagini da bambino con la Camiseta del Barça indossata come una seconda pelle, di sogni che andavano crescendo man mano che si realizzavano. Piqué bimbo sul prato di casa, festeggiando un compleanno, sull’erba del Camp Nou prima di una gara insieme a tanti bambini sognanti in occasione dell’inno del Barça; giocatore in erba che iniziava a viaggiare sulla strada dei trionfi; campione maturo e vincitore di ogni trofeo che valesse la pena di essere conquistato. La sua decisione, come detto, ha effetto immediato. Come da lui stesso comunicato nel video d’addio al calcio giocato, la partita di oggi contro l’Almeria sarà la sua ultima al Camp Nou. Un’occasione di più per rendere omaggio ad un campione che, volente o nolente, è stato simbolo vincente dei trionfi del Grande Barça.

Piqué è una personalità forte, destacada. Un ragazzo, un uomo, un calciatore che non ha mai avuto peli sulla lingua in merito alle sue convinzioni e idee personali. Ha sempre fatto la vita che aveva voluto fare, e l’ha sempre vissuta senza formalismi, in maniera anticonconformista. Dall’uso della bicicletta per andare allo stadio, al corteggiamento di Shakira via fax dal Sudafrica, dalla decisione di vivere una vida nocturna poco confacente ad un professionista del suo calibro (nelle ultime stagioni), alla decisione (folle) di preferire altre donne alla sua Shakira. Odiato, combattuto sia in casa che fuori, sia nel mondo Barça che in giro per la Spagna. A Barcelona, e nel Barcelona, da una fazione ideologicamente distorta che ne rimprovera le origini, lo stile, l’eleganza, lo status sociale. Odio di classe che ha portato a contestarlo anche sul campo, definendolo nel corso degli anni “scarso, inutile, dannoso, incapace” anche quando vinceva titoli in giro per il mondo, mondiali e europei con la Spagna. Ma si sa come è fatta quella parte di mondo. Inutile anche solo provare a parlarci e capire delle ragioni che non esistono se non nel loro rabbioso, bilioso, vendicativo, invidioso livore personale. In giro per la Spagna, invece, per le sue posizioni chiaramente indipendentiste e decisamente anti. Anti Real Madrid, anti sistema, basato sul potere dei blancos che tutto permea e tutto controlla, in patria e in Europa. Famose le dichiarazioni contro il Madrid e Florentino sul “palco del Bernabeu dove si tendono, si muovono i fili del Paese e se ne prendono le decisioni” rese al termine di una famosa (per quelle dichiarazioni) Spagna – Francia. Quel palco, una sorta di sede staccata del Consiglio dei Ministri spagnolo. Palco notoriamente frequentato da ministri, sottosegretari, procuratori generali mentre stavano indagando e imbastendo procedimenti giudiziari su giocatori di spicco del Barcelona. Dichiarazioni, quelle, che gli costarono i fischi ad ogni tocco di palla, con le partite della Roja, in giro per la Spagna. Perché si sa come sono da quelle parti: tutti antimadridisti finche non si tocca il Madrid. Ci si accorgeva se la Roja giocava in casa o fuori anche solo dai fischi contro Piqué. Senza fischi: fuori casa; con i fischi: in Spagna. Ma Piqué, fedele a se stesso, al suo carattere, al suo modo di fare e d’essere, è sempre andato avanti, fregandosene bellamente dei fischi ipocriti di quella parte di penisola iberica e dei giudizi tranchant degli antiquati esponenti di una retorica vecchia come i dinosauri e morta e sepolta, grazie a Dio, da cinquant’anni.

Circa le ragioni del suo gesto c’è ampio mistero. Solo speculazioni, idee, linee di pensiero o chiavi di lettura. Una mancanza di protagonismo all’interno della squadra (che peraltro conosceva benissimo dall’inizio della stagione), diverbi con Xavi (smentiti categoricamente dallo stesso tecnico), i fischi del Camp Nou alla gara successiva il pareggio interno del Barça contro l’Inter a causa dei suoi fondamentali errori (tesi priva di speso specifico), i suoi interessi imprenditoriali che contrasterebbero con la nuova Ley del Deporte che impedirebbe (art. 47, c.d. clausola anti Piqué) ad un calciatore professionista di intraprendere rapporti commerciali e imprenditoriali con la patronal nella quale lo stesso è incardinato (la RFEF, Federazione calcistica spagnola). Stiamo parlando dell’organizzazione della nuova Supercopa d’Espana in Arabia Saudita, nata da un accordo di 6 anni tra la Federazione e la Kosmos, società fondata e presieduta da Piqué, ammiraglia del patrimonio imprenditoriale di Geri. Anche questa chiave di lettura risulta comunque debole. La legge non è ancora stata approvata in via definitiva. È passata solo al Congresso dei Deputati (166 sì, 157 no, 18 astenuti). Da qui dovrà poi passare attraverso l’esame e la votazione al Senato. E anche qualora passasse, venisse approvata, fosse bollinata (usando la terminologia giuridica italiana) e entrasse in vigore, andrebbe sempre ed in ogni caso rispettato il principio dell’irretroattività delle norme giuridiche. Principio cardine di ogni sistema giuridico civile.

Da qui che non si conosce il vero motivo dell’addio repentino di Gerard Piqué. Può essere questo o quello, un po’ di tutto o di niente. Al momento non lo sappiamo, e dubitiamo che potremo mai saperlo. Ciò che è certo è che un campione del calibro di Gerard Piqué, che è stato la storia del FC Barcelona e che con esso ha scritto pagine di nettare della storia sportiva blaugrana, ha lasciato il club e il calcio giocato.

È doverosa la specifica del “calcio giocato”, perché il capitano, verso la fine del suo video, dice: “vado via ma tornerò”. Ed è anche chiaro in quale modo il Nostro potrà farlo. In veste di presidente come candidato alle elezioni alla presidenza del Barcelona. Quando non si sa. Se alle prossime, scadenza mandato Laporta 2024, o più in là nel tempo. Ciò che è certo è che Gerard si presenterà prima o poi come candidato presidente e, con le sue capacità, siamo certi che lo vedremo in un periodo non troppo lontano a presiedere la junta direttiva e il club di una vita. Fino ad allora il numero 3 sarà un’assenza che si farà sentire. Moltes gracies Geri.

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