Inutile Koeman a San Mames: 1-1 per miracolo di Memphis

Giuseppe Ortu Serra

Manca ancora molto a Natale, ma Santa Claus è già passato per il Barça. E’ giunto con la sua slitta a San Mamés e ha portato un punto in dono. Nonostante Koeman. Un punto per il Barça, solo carbone per l’inutile Ronald Koeman. No, nessun eccesso di critica, nessuna vis polemica gratuita. Dire che Koeman è inutile è fargli un grande complimento. Perché, a dirla tutta, l’allenatore dei Paesi Bassi dovrebbe proprio cambiare mestiere. Nessuno è obbligato a fare l’allenatore se non si è capaci. A Ronald non gli è stato ordinato dal medico, nossignore! Potrebbe provare a vestire i panni di qualsiasi altra professione, o forse mestiere, non sta a noi dire a cosa dovrebbe dedicarsi, se alla pittura o alla pesca, ma certamente non deve fare l’allenatore. Perché come diceva un vecchio professore di Diritto Penale a qualche studente bocciato all’esame: “E’ meglio che non faccia l’avvocato se non vuole rovinare i clienti”. Koeman non ha le capacità, l’intelligenza, l’abilità, l’astuzia per fare lo stratega da panchina. Quella del parco, forse; quella di un campo di calcio certamente no. “Pala e piccone” era la battuta di un film italiano degli anni 60, I Soliti Ignoti.

Marcelino, allenatore smaliziato, ha fatto un solo boccone del grassotello e rubicondo Orange. Lo ha visto e ha riso tra sé e sé. “È arrivato il pollo da spennare”, manco fosse stato al tavolo da poker. E un po’ il prato verde di San Mamés è parso il panno verde del tavolo da gioco. Dall’inizio alla fine, Marcelino ha messo all’angolo l’ingenuo, candido, sprovveduto, incapace avversario a cui ha fatto danzare la rumba a suo piacimento. Koeman ha ballato a comando come se il tecnico dell’Athletic avesse un revolver e stesse sparando tra i piedi del mite e sempliciotto collega. Se il Barça ieri non ha perso non è certo per merito delle strategie della panchina blaugrana. Strategia, termine astruso alle latitudini in cui opera il Buon Ronald.

Marcelino ha fatto la partita, ha impostato la sua gara e ha battuto sotto ogni aspetto il suo contender. Il piano di Marcelino era giusto e ha funzionato a meraviglia. E Koeman? Come ha risposto all’avversario? Il mister blaugrana non ha cambiato una virgola della sua “tattica” iniziale. E’ rimasto impassibile, immobile come una statua di sale, a vedere i suoi annaspare e affogare sotto le sferzate dei morosi dei giocatori avversari. Non ha fatto una piega, non un cambiamento, non un cambio di piano. Quello doveva essere e quello è stato; fino alla fine. Una tristezza incommensurabile vedere una squadra soffrire le pene dell’inferno, e il proprio allenatore non fare nulla per cercare di rovesciare la situazione disastrosa che si era creata; situazione che diveniva sempre più drammatica con l’andare del tempo. Ad onor del vero, qualche modifica Koeman l’ha fatta nel corso della gara. E’ partito con Memphis al centro e Braithwaite a sinistra. A metà del primo tempo ha invertito le posizioni dei due giocatori. Memphis è passato a giocare a sinistra, mentre Braithwaite è andato al centro dell’area. Il povero Koeman deve aver dato fondo a tutte le sue celluline grigie per giungere a questa grande pensata. Che faticaccia per il rubizzo allenatore. Adesso gli ci vorranno almeno due giorni per recuperare totalmente le capacità mentali così frustrate.

L’Athletic ha forzato la gara dal primo minuto, facendo sospirare e tremare il Barça ad ogni pallone giocato. Che i rojiblancos sarebbero partiti forte lo si sapeva; che avrebbero pressato alto dai primi minuti pure, ma la formazione blaugrana è rimasta in balia dell’avversario per tutta la partita. Solo negli ultimi 15′ di gara, con l’avanzare della stanchezza tra le fila di casa, il Barça ha trovato spazi in avanti e in contropiede. Fino ad allora è stato un monologo shakespeariano dei ragazzi di Marcelino. Tre angoli nei primi due minuti per i padroni di casa è già un dato indicativo di come è iniziata la gara. Ma dopo il Barça avrà riequilibrato le sorti dell’incontro, direte voi. Alla fine del primo tempo i calci d’angolo erano 7 a 2. Alla fine dell’incontro il loro numero è stato di 13 a 2. Già, nel secondo tempo il Barça non ha battuto uno straccio di un calcio d’angolo! Non uno! E i tiri in porta? 16 per l’Athletic, 9 per il Barça. Quelli finiti nello specchio 7 a 3. Una débâcle, una umiliazione totale. Il Barça ha giocato la gara schiacciato come fosse l’ultima delle matricole, la verginella invitata al ballo dei lupi. Una magra figura da formazione che lotta per non retrocedere e deve conquistare il misero punticino sparando il pallone in tribuna per arrivare a quota 40 e festeggiare la permanenza. Ieri notte il Barça si è ridotto a questo. E i sorrisi alla fine della partita sui volti dei blaugrana sono stati ancora più tristi della gara che hanno giocato e portato a termine. Essere contenti di un punto conquistato in questo modo è lo specchio della fine che ha fatto il FC Barcelona. Orfano di Messi, di un gioco, di identità, di dignità e, sopratutto, di un allenatore di calcio.

Nonostante tutto questo disastro, il Barça ha avuto, nei primi 45′ la prima occasione (Braithwaite che a porta sguarnita, all’altezza del dischetto, calcia in tribuna) e l’ultima (goal annullato a Araujo su rovesciata per fallo di Braithwaite su un avversario). In mezzo, però, solo Athletic con una traversa a Neto battuto. Il portiere del Barça non ha giocato certamente la sua migliore gara. Nel primo tempo è stato molto indeciso nelle giocate e nelle sue interpretazioni. Più di una volta non si è capito con Eric, e questi fraintendimenti per poco non sono costati delle reti per l’avversario. Capitolo Griezmann. Che dire di un giocatore che non si noterebbe nemmeno se si dipingesse la faccia di rosso? Un fantasma nei primi 45′. Viene il sospetto che il Barça stesse giocando con un uomo in meno per quanto il francese è stato visto con il pallone tra i piedi. Nell’ultima parte della gara, quando le due squadre si sono allungate, mister 34 milioni lordi è apparso in scena. Lo si è visto giocare la palla a centrocampo e far ripartire qualche contropiede dei suoi. In area di rigore? Un tiro verso la porta dopo una traversa di De Jong terminato desolatamente a lato.

Nella ripresa l’Athtletic è ripartito a spron battuto. Salvataggio di Araujo (subentrato al 30′ a Piqué infortunato per una botta ricevuta al fianco destro) sulla linea dopo l’ennesima incomprensione tra Eric e Neto. Un nuovo errore di Eric quattro minuti dopo è costata la rete del vantaggio (meritatissima) per i baschi. Inigo Martinez, sugli sviluppi dell’ennesimo angolo, ha lasciato sul posto l’ex City ed è andato a concludere di testa in rete. 1-0 e niente da fare. A quel punto della partita il conto dei tiri in porta era di 6 a 1 per i rojiblancos.

I primi cambi di Koeman sono arrivati 12 minuti dopo. Sergi Roberto (quarto capitano che non si è ancora abbassato la ficha, nonostante il suo club abbia un passivo di esercizio di 481 milioni, un passivo patrimoniale di 451 milioni e una esposizione bancaria di 1350 milioni) al posto di Pedri; Demir per Braithwaite. Il numero 20, che per quanto guadagna dovrebbe giocare e far ruotare i piatti sulla punta del naso contemporaneamente, ha perso palla al limite dell’area al primo tocco del pallone causando un tiro dal limite dell’Athletic che è stato deviato con difficoltà da Neto. Mentre Roberto cercava di evitare di commettere altri danni, Riqui languiva in panchina (seconda partita consecutiva del numero 6 senza vedere campo).

Negli ultimi 15 minuti i padroni di casa hanno iniziato a subire il peso della fatica di una gara giocata a mille e corsa a duemila. Le squadre si sono allungate e il Barça è riuscito a giocare e a rendersi perfino pericoloso presso la porta avversaria. Con Demir in campo, che ha occupato la posizione di destra in attacco, Griezmann si è portato al centro e Depay a sinistra. Questa nuova situazione ha coinciso con il miglior momento del pagatissimo numero 7. In ogni caso, sempre troppo poco per giustificare quell’esborso finanziario.

Dopo la traversa colpita da De Jong e il tiro sbilenco dell’alsaziano, è giunta la rete di Memphis. Contropiede blaugrana nato da un recupero palla di Busi in mezzo al campo che ha spezzato in due lo schieramento avversario, Roberto che apre per Depay, che entra in area e dalla sinistra fa partire un tiro teso sopra la testa del portiere. Una gran rete di uno dei pochi grandi giocatori di questa squadra. L’uno a uno ha fatto addirittura accarezzare il sogno proibito del Barça di vincere la partita e conquistare l’intera posta in palio. Sugli scudi ancora una volta il nederlandese Memphis, che su passaggio del connazionale De Jong, ha calciato in diagonale quasi a colpo sicuro mancando, stavolta, il bersaglio grosso. Sarebbe stato francamente troppo.

Il triplice fischio di Martinez Munuera ha portato in Catalunya un punto del tutto insperato per larghi tratti della partita. Un punticino che è come una goccia nel deserto per la squadra e come una scudisciata sul sedere per il suo inqualificabile allenatore.

Il Barça visto ieri a San Mamés è una squadra in stato comatoso che si regge solo sulle capacità realizzative di Memphis e su poco altro. Senza Messi e senza allenatore questa squadra faticherà non poco per portarsi nei primi 4 posti della classifica. Ci aspettano tempi lunghi e bui a Barcelona. Sono finiti i tempi nei quali una volta… ma ora non più. I lupi sono tutti là fuori, pronti, affamati, desiderosi di assaltare, azzannare, sbranare quella squadra che un tempo metteva tutti in fila, incantava e impauriva come l’esercito Romano nei confronti dei barbari incolti e incivili.

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