S’ha acabat!

Giuseppe Ortu Serra

E’ finita, s’ha acabat! Laporta è comparso in conferenza stampa alle ore 11:00 all’Auditori per spiegare la situazione Messi. Il presidente è stato chiaro, limpido, cristallino. Ha usato parole taglienti come il vetro, che fanno male ad essere ascoltate, ad essere ripetute e ad essere riscritte. Leo Messi, il giocatore con mayor exito della storia del Barça non può giocare più, suo malgrado, nel Barça. Ad impedirlo una situazione economica “disastrosa” ereditata dalla Junta Bartomeu, l’uomo da cui tutto iniziò, e delle regole “inflessibili” della Liga di Javier Tebas, il numero due della lista negra del Barcelonismo, in tema di masa salarial e di fair play financiero.

La situazione ereditata dalla passata giunta è stata definita da Jan Laporta disastrosa ed è la prima delle cause per le quali il Barça ha perso Messi. “Abbiamo ereditato una situazione disastrosa in cui la masa salarial ha raggiunto il 110% delle entrate”. Qualcosa di mostruoso, di inammissibile e gestibile. I danni provocati da Bartomeu e dai suoi accoliti sono detonanti e hanno fatto tremare, detonare, minare e crollare le fondamenta del club. Laporta non ha nominato una volta sola il nome del suo predecessore, riferendosi esclusivamente a “la passata gestione”.

Los culpables numero due sono Tebas e La Liga con le sue “norme inflessibili”. Laporta lo ha detto chiaramente riassumendo la situazione: “Con Leo l’accordo era totale, ma le norme del fair play financiero ce lo hanno reso impossibile. Inizialmente l’accordo era biennale. Posto che la cifra era eccessivamente alta e questo non permetteva di ricadere all’interno dei parametri decisi da La Liga, si è deciso di spalmare il contratto in cinque stagioni. Eravamo convinti, e fiduciosi, che questo avrebbe permesso di entrare all’interno delle maglie regolamentari fissate. Purtroppo la Commissione Economica della Liga, dopo avere esaminato il contratto, ha detto che anche così non era sufficiente per rispettare le norme. Noi abbiamo fatto tutto quello che era in nostro potere per poter registrare l’accordo, anche più di quello che potevamo. Anche Messi, dal momento che ha accettato tutte le nostre richieste, dalla riduzione dell’ingaggio al 50% alla durata del contratto da due a cinque anni. Leo ha accettato tutto, era pronto a firmare, ma non ha potuto farlo perché le norme del fair play financiero ce lo hanno impedito. Speravamo che La Liga fosse più flessibile, ma così non è stato”.

Situazione irreversibile? Laporta non ha chiuso la porta in faccia a nessuno, tantomeno alla speranza, anche se pare veramente una chimera. “Non voglio dare false speranze a nessuno”. Il fatto è che “non dipende più da noi o da Messi. Quello che potevamo lo abbiamo fatto”. Come dire, adesso spetta a La Liga fare un passo verso il Barça se non vuole che il campionato spagnolo perda tutto l’interesse verso gli spettatori del mondo e si ridimensioni enormemente in termini di aspettativa e gradimento fino ad assumere un livello quasi esclusivamente nazionale e provinciale nel panorama europeo delle grandi Leghe. Se prima Premier e Liga erano i campionati modello, a cui tutti guardavano e si aspiravano, adesso La Liga, senza Messi, si vedrà scavalcata da molti altri campionati nazionali e giocherà un mediocre ruolo di rincalzo nella lotta all’accorpamento dei diritti televisivi mondiali. Diverrà un campionato minore difficilmente vendibile all’estero in quanto non appetibile; tanto meno lo sarò oltre oceano e in estremo oriente. Tutti dovranno ridurre il tenore di vita e le aspettative di mantenere fama e incassi, La Liga e Javier Tebas per primo.

Non c’era proprio nulla da fare? Ogni strada è stata percorsa, studiata, esplorata? In realtà una via di fuga Tebas l’ha proposta al Barça. La via che porta all’accordo con CVC Capital Partners a cui abbiamo già accennato in altri articoli. Una strada assolutamente “non percorribile”. Essa prevedeva l’ingresso di capitali esterni per tutto il calcio spagnolo, professionistico e non; 2,7 miliardi di euro da suddividere tra i vari club sulla base della quota di diritti tv ad ogni club spettante. Al Barça sarebbero arrivati 250 milioni sufficienti per garantire l’iscrizione di Messi, ma a cambio dell’ipoteca di una parte dei diritti audiovisuales del Barça per 40 anni. “Il Barça è al di sopra di tutto e tutti, dei giocatori, dell’allenatore dei presidenti. Non posso ipotecare il futuro del club per mezzo secolo per fare un contratto, anche se per il giocatore più importante della storia del club e del calcio. Il club e la sua solidità sta al di sopra di tutti”.

“Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. Oltre non potevamo andare. Alcune cose non possiamo farle perché non abbiamo margine salariale, altre non vogliamo farle”. Con questa eredità economica, la strada poteva essere quella di alleggerire la masa salarial con vendita di giocatori o la riduzione dei contratti in corso. Ma come ha correttamente spiegato Laporta, queste sono cose difficile e complicate da fare “che richiedono molto tempo per affrontarle” e per venirne a capo. “Siamo in un terreno infido, in un pantano, e ciò richiede del tempo” che il Barça non ha. Le cessioni non si sono concretate in un mercato ancora bloccato dalla situazione emergenziale, la riduzione degli ingaggi è difficoltosa. Parlare con ognuno dei giocatori e prendere delle decisioni così importanti e delicate per ogni singolo calciatore non è una cosa semplice che si può fare in poco tempo. “Non è facile ridurre l’ingaggio di contratti in corso; non possiamo nemmeno rescindere accordi in vigore unilateralmente con alcuni giocatori perché è rischioso e ci potrebbe condurre a davanti ad un tribunale per anni con il rischio di avere delle sentenze contrarie”.

Laporta è chiaramente triste e non lo nasconde. Non lo manda neanche a dire: “Sono triste, ma sono convinto di aver fatto gli interessi del club. Leo ha fatto la storia del club. Spero che possiamo superare il momento. C’è un prima e un dopo dell’era Messi. Lo ringrazieremo in eterno”.

Bartomeu, tutto ritorna sempre lì, a lui, all’orco che con la sua gestione dissennata e oscura ha fagocitato con le sue fauci agghiaccianti il futuro e l’anima del club, costringendolo a rinunciare alla sua stella più luminosa, alla sua icona. L’ex presidente, i suoi Bravi e tutti coloro che in qualche modo, con parole, condotte e omissioni, hanno avvallato l’opera dell’orda barbarica più distruttiva della storia, un Attila in giacca e cravatta, sono ugualmente responsabili di questo crimine, di questo delitto. Bartomeu e la stampa a lui vicina, tutti, nessuno escluso, singoli giornalisti inclusi, sono colpevoli di omicidio e stupro per avere ucciso, assassinato e stuprato il calcio a Barcelona. Sui loro nomi resterà una macchia ad imperitura memoriam che mai potrà diluirsi o sbiadirsi. Una macchia nera che persino i più vili, sanguinari e feroci pirati aborrivano e temevano come la morte.

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