Il nuovo Messi nel Barça di Koeman

di Giuseppe Ortu

Del nuovo Barça di Koeman stiamo parlando da diversi giorni, sviscerandolo in tutte le sfaccettature e evidenziando tutte le differenze con le squadre del passato, quella di Valverde e di Setién
Qui analizziamo un’altra importante differenziazione con il Barça della coppia di allenatori che hanno preceduto Koeman. Il differente modo di impiegare Messi e la sua collocazione negli schemi d’attacco. La nostra disamina ha ancora poco materiale su cui basarsi. Tre amichevoli di crescente difficoltà e la prima di Liga contro il Villareal. Tuttavia queste quattro partite ci offrono del materiale per evidenziare il diverso modo di usare Messi durante la partita. Se fino all’arrivo dell’allenatore ex nazionale olandese Messi era il centro, il fulcro di ogni giocata e il pallone passava sempre, inevitabilmente, necessariamente attraverso i suoi piedi, con il numero 4 del Dream Team di Johan Cruyff Leo è utilizzato diversamente. Certamente meno, ma in maniera non meno importante. Koeman vuole che l’attacco non sia monocentrico, richiede una squadra che gioca in avanti con varietà di modalità offensive e giocatori. Se fino alla scorsa stagione ci si è quasi limitati a passare la palla a Leo, quasi disinteressandosi del piano d’attacco, quasi scaricando sulle sue spalle la responsabilità della manovra e delle marcature, adesso è diverso. Con il Villareal abbiamo visto il ruolo molto più importante di Ansu Fati, di Coutinho e di coloro che sono subentrati nella ripresa, Trincao sopratutto. Chi si trova in possesso di palla non ha più la consegna di dover servire Messi. Adesso il pallone può finire sui piedi anche dei suoi compagni di reparto, liberi anche di finalizzare l’azione. 
Questo nuovo ruolo della pulce non è sminuente per la sua immagine. Non deve essere visto come una sorta di degradazione o una attestazione del suo invecchiamento, né una misura punitiva nei suoi confronti o come un progetto per buttare le basi di un Barça senza Messi. Nulla di tutto questo. E’ semplicemente la constatazione che invece che avere una sola arma per far male all’avversario è meglio averne molte altre ancora. Con Koeman Leo tocca meno palloni ed è meno onnipresente nelle azioni offensive della sua squadra, ma questo non significa che sia meno importante o decisivo. Non è il numero di palle che tocca che rende grande un giocatore, ma la qualità di palloni giocati. Intestardirsi a cercare Messi,sempre e comunque, non serve né al giocatore, né alla squadra. Bloccato lui, il Barça si ritrova senza armi a sua disposizione. Imbrigliato Leo, il giocatore stesso appare meno incisivo e si evidenziano le sue difficoltà ad essere decisivo quando viene ingabbiato da quattro giocatori. Conclusione; Messi appare all’esterno non più quel giocatore onnipotente, mentre la squadra non segna né si rende pericolosa. Koeman punta su schemi offensivi che si fondano su quattro giocatori, non più su uno. Il gioco diventa così imprevedibile, perché si può attaccare con Ansu, Coutinho, Griezmann o Messi (e quando sono in campo con Dembélé, Trincao, Pedri). I difensori avversari non sono più concentrati solo sul numero 10, disinteressandosi degli altri in quanto solo Messi poteva essere l’unico terminale offensivo dei blaugrana. 
C’è di più. Fino ad ora gli altri giocatori erano deresponsabilizzati. Il loro impegno e concentrazione erano certamente minori. A loro non toccava quasi mai concludere a rete. Con il nuovo ruolo costruito da Koeman per Messi, la squadra è molto più pericolosa, tutti i giocatori si sentono valorizzati e con l’autorizzazione di ricevere un passaggio in area e concludere a rete. Di contro l’argentino stesso è molto più incisivo perché viene messo nelle condizioni di giocare solo i palloni giocabili, non quelli senza via di uscita, come avveniva prima. Rispettare e valorizzare un giocatore significa metterlo nelle migliori condizioni per rendere, non servirlo in un vicolo cieco quando è attorniato da un nugolo di avversari. In quelle circostanze metti in evidenza solamente il fatto che il tuo giocatore ha perso il pallone, che non è riuscito a servire un compagno o a segnare. I campioni, le icone, si proteggono, non si mandano al macello, al massacro, per l’incapacità e l’impreparazione tattica degli allenatori di dare un gioco alla squadra. 

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