L’offerta del City e il diabolico piano di Bartomeu per vendere Messi. Tutti ugualmente colpevoli

di Giuseppe Ortu

 

In queste ultime ore concitate gli accadimenti si stanno succedendo a una velocità doppia del solito. Sembra quasi che attraverso un telecomando si stia pigiando sul tasto avanzamento veloce che ci mostra le immagini che ci scorrono davanti come se fossimo degli ignari spettatori. Così sembrerebbe se non fossimo al centro dell’azione, cercando di raccapezzarci in questa storia allucinante, incredibile, fantascientifica. Non si ha il tempo nemmeno per prendere fiato, tante sono le informazioni che ci sono pervenute dalla giornata di quel martedì alle ore 19:20 quando è giunta la prima notizia dall’Argentina del burofax di Messi al club. Da allora una notizia dietro l’altra. Fatti, accadimenti, supposizioni, illazioni, depistaggi, falsità. Una produzione di notizie così ampia e folta da creare come un denso fumo, una cortina di nebbia talmente densa da non riuscire nemmeno a vedere attraverso.

Protezione attraverso confusione. E’ uno dei sistemi migliori per proteggere un sistema operativo si sa, ma anche il metodo migliore per oscurare una verità. Notizie su notizie, anche contrastanti tra loro, concitate, che non permettono di leggere bene gli accadimenti. Nel mare di questa iper produzione di lanci di agenzia, tweet, post, indiscrezioni, articoli che provengono da più parti a 360° non si sa più dove girarsi. Ma non bisogna certo scoraggiarsi. Piano piano, infatti, la nebbia delle notizie inizia a diradarsi e iniziano a distinguersi i contorni delle cose. Allora è più semplice raccapezzarsi per il giornalista esperto. E’ come in un puzzle in cui sono stati inseriti, all’interno della scatola, tasselli di vari rompicapi diversi. Non appena la storia va avanti e prende forma, si intravedono i pezzi giusti, da quelli sbagliati. Quelli da tenere e quelli da scartare, messi lì apposta per confondere, depistare, far intraprendere la strada, il bivio sbagliato per fare inoltrare l’opinione pubblica in un vialetto di campagna che non conduce a nulla, se non in un punto morto.

Questa storia è come il groviglio di binari che fuoriescono da una grande stazione ferroviaria. Strade ferrate che si sovrappongono in modo disordinato fino a quasi non riuscire più a seguire il singolo binario, perso com’è nel caos degli incroci apparentemente inestricabili. Ma con una certa pazienza si riesce a seguire il binario giusto, che conduce alla verità. E così il nostro compito è quello di raccogliere un pezzo qui, una notizia là, un tweet laggiù e fare uno+uno+uno. Un lavoro da ricercatore, da studioso, da giornalista. Trovare la verità laddove vuole essere nascosta sotto un cumulo di falsità. Come nascondere un omicidio specifico si chiedeva la Christie? Inserirlo in mezzo a tanti altri casuali al fine di mascherare il movente e renderlo, dunque, irriconoscibile, facendogli perdere le connotazioni di unicità che lo avrebbero altrimenti reso immediatamente riconoscibile. E così esso movente e, di conseguenza, anche il suo autore.

Nel caso Messi ci sono alcuni elementi da prendere in considerazione. Analizziamoli come se fossimo Hercule Poirot. La riunione di Koeman con Messi, la telefonata dell’allenatore olandese a Suarez e Vidal, un tweet di Laporta, il fax di Leo al club, il muro iniziale della Junta, la notizia di una delegazione del City che starebbe per arrivare in città per trattare la cessione del giocatore. Ad essi aggiungiamoci l’elemento psicologico di Leo. Escludiamo ogni altro elemento che si è detto, scritto o riferito e concentriamoci su questi elementi. Perché essi sono già più che sufficienti per scoprire il nostro assassino e ricostruire il suo piano: fare terra bruciata intorno a Messi e costringerlo, usando la sua emotività come leva, la sua fragilità interiore, a chiedere la cessione.

I primi elementi li conosciamo ormai a memoria e quindi non vi dedicheremo molto tempo. Koeman si riunisce con Messi per convincerlo del suo progetto dopo il lungo silenzio dell’argentino. E’ stato il primo atto del neo allenatore dopo la sua presentazione, nella quale aveva dichiarato che ci sarebbero stati cambi e un ringiovanimento della squadra. Non si sa cosa si siano detti per la precisione, ma gli accadimenti successivi ci fanno capire che deve avergli parlato del taglio di alcuni elementi importanti della rosa come Suarez e Vidal, suoi grandi amici e alleati all’interno del vestuario, e del ridimensionamento del ruolo di altri pesos pesados. Questo deve avere frastornato Leo. Deve averlo fatto vacillare. Koeman quindi ha chiamato Suarez per comunicargli telefonicamente che non contava su di lui, invitandolo a “cercarsi squadra”. Una telefonata durata meno di un minuto. Non il miglior gesto per dire addio ad un giocatore importante come Suárez, terzo miglior artillero del club, uomo di rispetto e di principi che ha sempre dato il massimo per la squadra. Le modalità sono importanti per il piano del nostro assassino. Creare sconforto e rabbia in Messi. Lo stesso è stato fatto anche con Vidal. Stesse modalità usate con Suárez. Un freddo, laconico, antipatico comunicato telefonico. Altro colpo per Leo. L’incendio è partito e Messi sente come Bartomeu sta iniziando a bruciare la terra intorno a lui. E arriviamo così al tweet di Laporta, al quale non è sfuggito ciò che stava accadendo in quelle ore se è vero che l’ex presidente e prossimo candidato alle imminenti elezioni presidenziali ha cinguettato martedì pomeriggio scrivendo Han dit a #Suárez q no compten amb ell per telèfon? Em fa sospitar q volen vendre al #Messi (“Hanno detto a Suárez che non contano su di lui per telefono? Mi fanno sospettare che vogliano vendere Messi”). Poco dopo è giunta la notizia del burofax di Leo al club. Perché Laporta avrebbe parlato della volontà della Junta di Bartomeu di vendere Messi addirittura prima del gesto unilaterale di Leo? Inizialmente non aveva senso. La decisione è partita dal giocatore e Bartomeu si è subito opposto minacciando di portare l’argentino in tribunale. Ma tutto ciò ha un senso con la notizia della delegazione del City nelle prossime ore con una offerta per l’acquisto di Messi per circa 200 milioni tra contanti e giocatori. All’improvviso tutto acquista un senso e tutti i vari elementi del puzzle trovano miracolosamente il loro posto. Tutto quadra adesso. Se Bartomeu accetterà l’offerta del Manchester City di Guardiola sarà tutto perfettamente chiaro. Il bilancio del Barça ha subito delle grandi perdite a causa della pandemia. Ma anche tutti i precedenti acquisti errati (Dembélé, Coutinho su tutti) non hanno certo aiutato i conti della entità blaugrana, dinamitati da una gestione dissennata. Se i conti alla fine non dovessero tornare, per la legge spagnola sarà la direttiva a farsi carico personalmente dello sbilancio. E questa junta vuole evitare in tutti i modi di arrivare a questo punto. Come risolvere la situazione dunque? Vendere Messi, ma per evitare di passare per la Junta che ha venduto il giocatore più forte della storia del calcio, deve apparire che sia il giocatore a chiedere la cessione. E così stanno facendo. Fare terra bruciata intorno a Leo Messi, farlo sentire scomodo, non più desiderato in tanti modi diversi, un peso per il club. Contando sul fatto che il giocatore non avrebbe riflettuto a fondo e che si sarebbe fatto trascinare dall’emotività del momento, dal suo spirito latino, lo hanno di fatto portato laddove volevano portarlo. Che chiedesse di lasciare il Barcelona. Leo è caduto nella trappola orditagli da Bartomeu & Compagnia. Come il gatto e la volpe non hanno creduto ai loro occhi e alle loro orecchie. Che la piccola, fragile, ingenua preda abbia fatto il loro gioco, come un paziente sotto ipnosi scatta ai comandi del suo ipnotizzatore. Per Bartomeu è stato come dire “Madagascar. Lo scorpione di giada lo comanda”. E il nostro Leo ci è cascato con tutti e due i piedi nel fossato che gli avevano scavato intorno.

Se questa Junta accetterà l’offerta del City di acquistare Leo, mascherato dietro una richiesta unilaterale del giocatore, sapremo la verità. Messi è stato usato vigliaccamente, ben consci che il ragazzo non avrebbe mai indetto una conferenza stampa per denunciare il suo malessere per la situazione che si stava venendo a creare. Certo, anche lui ha le sue colpe. Avrebbe potuto resistere fino in fondo, a dispetto di tutti, a dispetto dei santi. Un capitano non abbandona mai la nave che affonda. E lui si sta comportando come uno Schettino qualunque, che si mette in salvo prima che la barca affondi. Da un capitano ci si aspetta ben altro comportamento. Ci si aspetta che dia l’esempio, non che scappi come un codardo al primo fischiare di pallottole. In guerra i codardi venivano passati per le armi. Messi non è Totti. Certo che no. Il romanista ha deciso di deglutire amaramente tutto ciò che quella dirigenza e il suo allenatore gli hanno fanno passare. Ma ha retto; non da detto “vado a giocare altrove”. Gli uomini veri si distinguono nei momenti difficili. Messi è un gigante dentro il campo quanto piccolo fuori dal campo. Un uomo senza spessore e personalità. Un uomo che fugge dalla porta posteriore come il suo amico Neymar. Messi, il debole, è stato manovrato, non c’è dubbio. Ma è chiaro che si può manovrare solo chi si fa manovrare. In questa triste, scadente, miserabile storia tutti sono colpevoli. Chi di essere un gruppo cinico e senza scrupoli; chi di essere colpevole di stupidità. Gli unici che risultano i soli danneggiati in tutta questa allucinante storia sono i soci, i tifosi, il club, la bandiera. E anche l’ultima bandiera del calcio ammaina tristemente i vessilli strappati e deturpati e abbandona vigliaccamente il campo di gioco.

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