Editoriale – La scelta di Paulinho

La scelta di Paulinho di lasciare il FC Barcelona è una della più controverse a livello personale che si possano prendere. Risulta quantomeno particolare che un giocatore, che per sua bocca si è sentito rinato e vivo dopo il suo passaggio al Barça, abbia deciso di prendere baracca e burattini e trasferirsi nuovamente in Cina. La sua vecchia squadra, il Guangzhou, l’ha riconquistato con un sonoro e pesante ingaggio: 14 milioni annuali.

Paulinho, che per concretare il sogno di giocare in blaugrana si era ridotto l’ingaggio, passato dai 7 ai 5,5 milioni (con l’accordo di ristabilire il gap al primo rinnovo), ha ora fatto il percorso inverso per il raddoppio del suo vecchio compenso, ben 14 milioni; contratto di quattro anni.

Scelta discutibile, si dirà. Un giocatore, importante per il Barça e la Seleçao, che riesce ad riemergere sdoganandosi dalla nomea di giocatore da campionato cinese, mettendosi in evidenza in un campionato selettivo come la Liga, non a caso, e giustamente, definito la mejor liga del mundo, mettendo a segno la bellezza di 9 reti e che fa il passo del gambero, decidendo di tornare nel dorato e invisibile campionato cinese, è di difficile inquadramento negli schemi normalmente in uso nel mondo della psicologia umana. Una scelta di questo genere è riconducibile esclusivamente nel senso della vile pecunia.

Una scelta che danneggia non solo l’uomo-giocatore, ma anche la squadra. In un mondo nel quale si cerca sempre di progredire, la ragione per la quale solitamente con una carota davanti e un bastone dietro si tende sempre ad andare avanti e mai indietro, scegliere di rinunciare a progredire professionalmente è un fallimento. Detto dell’uomo-giocatore, vediamo di aprire un focus sugli aspetti negativi di questa scelta a livello di squadra. Paulinho è stato un acquisto eccellente con un impatto al di là di ogni più rosea previsione. Arrivato tra lo scetticismo generale di chi non conosceva il giocatore e del suo ruolo fondamentale nella trasformazione del centrocampo della Canarinha, ha subito conquistato gli scettici. Paulinho era il giocatore in più, diverso e unico della plantilla. Un giocatore in grado di spaccare la squadra avversaria con le sue accelerazioni improvvise e i suoi inserimenti in area avversaria. Moltissime partite sono state risolte grazie a questi movimenti. L’attenzione che le difese dedicavano agli attaccanti blaugrana liberava sempre gli spazi per le scorribande del brasiliano. La sua forza fisica era un quid pluris. La rete realizzata contro il Getafe nel girone d’andata è il manifesto delle sue capacità futbolistiche. Un calciatore con queste caratteristiche non è presente nell’attuale rosa e la sua assenza sarà pesante nella prossima stagione. Alla stessa maniera in cui la maggior parte di tifosi e addetti ai lavori aveva sottovalutato il suo arrivo, adesso ne sottostima la sua partenza. Nessuno dei nomi che la secretaria técnica sta maneggiando per il centrocampo del prossimo futuro ha queste caratteristiche. Né Willian (che comporterà problemi di convivenza con Dembélé, con i giocatori che si escluderebbero a vicenda coincidendo nella stessa fascia), né Rabiot (non dotato di altrettanto impeto e forza fisica) saranno in grado di prenderne il posto in squadra e occuparne la posizione tattica in campo.

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