La nemesi di un inmessionante Messi capovolge la Liga

Come si fa a descrivere una partita così? Come raccontare una partita, anzi meglio, La Partita più bella di questa stagione di Liga se non addirittura degli ultimi anni? Per farlo inizierei dalla fine, se permettete, e dall’immagine di un uomo inmessionante. Un campione nel vero senso della parola: Messi, il deus ex machina della straordinaria gara di stasera e della sua altrettanto straordinaria squadra. Partirei da Messi che alza la maglia numero 10 al Bernabeu e la mostra con orgoglio, amore, sfida tutta argentina e catalana ad un pubblico nemico da una vita che per 92 minuti non ha smesso un solo attimo di spingere i suoi guerrieri in una sfida all’ultimo sangue (nel vero senso della parola) contro gli odiati catalani. Un pubblico che ha spinto la sua armata a giocare duro, a picchiare, a giocare al di là delle regole, ma che alla fine ha dovuto soccombere alla classe immensa del calciatore più forte di tutti i tempi. Messi che alza la maglia numero 10 e la mostra al Bernabeu è una immagine da consegnare alla storia di questo sport. Che fenomeno, che Clasico, che bello che è il calcio, questo calcio! Una immagine da incorniciare all’interno di un frame di semplice legno, perché l’eleganza è semplicità pura, e tramandare ai figli, ai nipotini. Una immagine da conservare gelosamente in un cassetto e tirare fuori al momento opportuno nel corso di una fredda serata di pioggia, davanti al camino, per raccontare ai ragazzi la magia di quella notte, le giocate, i goals di quel giocatore fenomenale, unico nel suo genere, e dir loro: “Vedete, io c’ero quella notte a Madrid, la notte in cui Messi dopo una rete meravigliosa nata da una pazza idea di Sergi Roberto, corse a perdifiato verso la bandierina e sotto la curva Blanca si tolse la maglietta e la mostrò all’intero Bernabeu. Come a dire: Mi avete picchiato, mi avete ferito e fatto sanguinare, ma ho vinto Io; Io Lionel Messi. Sono il numero 10 e gioco nel Barça. Non dimenticatelo!”.

La conclusione della partita è stata la perfetta nemesi di una serata dalle mille emozioni. Una nemesi che stanotte è calata su Chamartin sotto forma di Leo Messi. Alla voce nemesi il dizionario dice: la personificazione della giustizia che cala sul malcapitato con un inevitabile e terribile castigo. Ieri notte la giustizia ha avuto le forme e le fattezze di Messi (Testarossa nel film The Snatch aveva usato ben altra espressione, ma noi ci accontentiamo). Ha subito falli a ripetizione, entratacce, alcune criminali come quella di Sergio Ramos, altre pericolosissime come il primo fallo di Casemiro, gomitate (Marcelo), insulti da parte della graderia. Messi, come è suo costume, non ha fatto una piega, ha preso le botte, gli insulti, è stato zitto, ha continuato a giocare sanguinante dalla bocca con un fazzoletto insanguinato a tamponare la ferita aperta e ha aspettato il momento giusto. Il conto si presenta sempre a fine pasto, mai durante o all’inizio. E così ha fatto Leo. Dopo una partita meravigliosa da ricordare, fatta di una rete memorabile, scatti, finte, ripartenze, cambi di passo, tiri, aperture e assist, ha atteso i secondi finali per tramutarsi in nemesi e presentare il conto per tutto quanto aveva dovuto subire nel corso di 90 minuti tesissimi. Così, come in una sceneggiatura tarantiniana, mentre correva il 92° minuto, Sergi Roberto, un po’ in ombra fino a quel momento per la verità, ha deciso di impazzire, e memore di quanto aveva fatto nel recupero contro il Psg, è partito dalla sua area in dribbling. Con le ultime energie in corpo, recuperate chissà dove, ha fatto la serpentina tra tre uomini con la camiseta Blanca e si è lanciato nello spazio del centrocampo madridista. Ha ceduto il pallone a André Gomes che ha avuto la lucidità di attendere la sovrapposizione di Jordi e cedergli il pallone. Nel mentre arrivava come un treno dalle retrovie Messi. Il numero 18 con la camiseta… hoops pardon, samarreta Blaugrana, ha ceduto la palla al 10 che come tarantolato ha colpito il pallone con tale forza e insieme delicatezza da far terminare la sua corsa in fondo alla rete di un Keylor Navas incredulo da quanto era appena capitato. Era il goal del 2-3 al Bernabeu. Qualche istante dopo il signor Hernandez Hernandez (pessima la sua direzione, in linea con il suo standard d’altronde) fischiava la fine della partita. Il Barça era in trionfo proprio nel momento più delicato della sua stagione.

Per la squadra di Luis Enrique era una vera finale. Lo aveva detto chiaramente nel corso della conferenza stampa di presentazione della partita. Con tre punti di ritardo dalla formazione di Zidane lo scontro diretto era l’ultima occasione per riaprire la corsa al titolo liguero. Qualsiasi altro risultato oltre la vittoria avrebbe significato deporre le armi e consegnare di fatto la Liga al Madrid.

Dopo la tremenda delusione dell’eliminatoria contro il conjunto italiano della Juventus bisognava rialzare immediatamente la testa. I tifosi che avevano ovazionato con immenso spirito, entusiasmo e amore la squadra dopo lo 0-0 casalingo che aveva significato l’eliminazione dalla Champions, dovevano essere ripagati con una prestazione maiuscola, fuori dalle righe. Era una promessa e, da galantuomini, l’hanno mantenuta. Ieri notte i giocatori hanno giocato non solo per la Liga, non solo per battere il rivale di sempre, ma anche e sopratutto per ringraziare tutti i Culés dell’affetto loro dimostrato proprio nella notte del 19. E così è stato.

Privi di Neymar, rimasto a casa dopo il tentativo di braccio di ferro con il Tad di cui vi ho ampiamente parlato con dovizia di particolari nei giorni precedenti, la squadra è stata presentata in campo da Lucho con il miglior Onze possibile. Con Mascherano non nelle migliori condizioni fisiche, il ritorno al 4-3-3 era più che scontato. I dubbi della vigilia circa la sostituzione di Ney come extremo di sinistra sono stati risolti con l’impiego di Paco Alcácer nella stessa posizione del brasiliano.

Il Madrid è partito subito forte. I primi 5 minuti hanno fatto temere il peggio. Il Barça è stato letteralmente aggredito. Dopo la sfuriata iniziale Blanca e un rigore reclamato da Ronaldo per intervento di Umtiti in area, la formazione catalana ha pian piano preso il suo spazio e iniziato a gestire il gioco avanzando il raggio di azione e mettendo le tende stabilmente nella metà campo avversaria. Il Madrid ha risposto con l’aggressività. L’arbitro ha iniziato a sorvolare sulle prime entrate, così che i Merengues hanno aumentato il peso. Marcelo ha colpito Messi con una gomitata sulla bocca. L’argentino ha dovuto lasciare il campo per farsi medicare, rientrando poi con una garza intrisa di sangue per tamponare la ferita che terrà per tutta la prima frazione di gioco. L’esterno brasiliano, invece, non è stato nemmeno ammonito. Poi è stato il turno di Casemiro con un intervento da dietro su Messi a forbice che già da solo poteva valere il rosso. L’arbitro ha giudicato diversamente: solo giallo. Da quel momento Messi ha iniziato a puntare il ruvido centrocampista che non si è certo tirato indietro. Chi lo ha fatto è stato Hernandez Hernandez che nel corso del primo tempo ha sorvolato scandalosamente su due interventi dello stesso giocatore su Messi meritevoli della seconda sanzione.

Le due formazioni si sono date battaglia con una serie di spettacolari azioni nel corso delle quali, i portieri, si sono eretti a insuperabili guardiani delle rispettive porte. E’ stato il Madrid a segnare per primo con un goal dello stesso Casemiro che ha segnato sugli sviluppi di un cross di Marcelo. Sulla palla del brasiliano si è catapultato Sergio Ramos che, partito da posizione dubbia, ha colpito il palo. Sulla respinta del legno Casemiro ha segnato il goal del vantaggio. Il Barça ha barcollato, ma si è ripreso presto insistendo nella sua azione avvolgente e ricca di imbucate e tagli improvvisi. Busquets ha tagliato e cucito, recuperato e fatto ripartire. Sembrava un sarto londinese di Savile Road. Dai e dai il Barça è riuscito a passare meritatamente. L’azione è stata spettacolare con Messi che ha ricevuto da Rakitic al limite: stop in corsa, dribbling verso il centro dell’area e tiro vellutato ma potente a trafiggere il portiere avversario. Il tutto a una velocità impressionante: una meraviglia da vedere e rivedere. Il pareggio ha dato maggiori stimoli alle due squadre. Entrambe hanno avuto l’occasione di superarsi in più di una circostanza, ma le difese avversarie e i portieri sono stati insuperabili.

Nella ripresa il leit motif non è cambiato. Il Barça ha preso maggiormente il possesso della sfida. Il Real Madrid è partito in contropiede. Grande intensità e velocità hanno caratterizzato anche la seconda frazione di gioco. Da ricordare, su tutti, un colpo di testa di Piqué e una grande girata al volo di Suarez. In entrambe le occasioni Navas ha realizzato delle spettacolari parate. Dall’altra parte Ter Stegen si è esibito a sua volta in alcuni interventi molto difficili su conclusioni ravvicinate avversarie. In una di queste, è parso un portiere di pallamano in quella che forse è stata la sua parata più difficoltosa dell’intera nottata. Il goal di Rakitic, con una meravigliosa conclusione da fuori area che si è insaccata alla destra del portiere del Madrid, ha spezzato l’equilibrio. La successiva espulsione di Ramos per una entrata da codice penale su Messi che si stava involando verso l’area avversaria, è sembrato il segno della vittoria del Barça. Mai dire mai, per mutuare il titolo di un film non ufficiale della saga di 007.

L’uscita dal campo del centrale Blanco, con tanto di applausi ripetuti in direzione del campo di gioco (diretti a chi? Arbitro? Piqué?), è stata molto polemica. Dopo il caso Neymar e le tre giornate di squalifica, ora attendiamo l’imparziale e innocente giudizio del giudice sportivo per quantificare la sanzione che sarà inflitta a Sergio Ramos che, per ovvi motivi, non potrà essere inferiore, né pari, a quella del brasiliano.

Nel momento più complicato per la squadra di Zidane e dopo una incredibile parata di Navas su Piqué (conclusione a botta sicura del difensore dal centro dell’area), è giunto il pari dei padroni di casa. Azione sulla sinistra di Marcelo e palla in mezzo per James (subentrato a Benzema). Il colombiano, colpevolmente non seguito da Busquets nella circostanza, realizza il goal del 2-2 con un pallone ravvicinato sul quale Ter Stegen nulla ha potuto. Incredibile, prendere goal in superiorità numerica da un avversario inseritosi solo in area. Sembrava fatta. Tutto pareva perduto. Mancavano 5 minuti alla fine e il Real Madrid, in 10 contro 11, aveva pareggiato. Insieme al pareggio stava andando via anche la Liga. Il goal ha fiaccato il morale della squadra Blaugrana. I ragazzi di Lucho parevano incapaci di riorganizzarsi e ripartire con pericolosità. Era anzi la formazione di casa a creare le prerogative per segnare ancora e sentenziare incontro e campionato.

Sembrava fatta, appunto. Sembrava. Ma è proprio quando il Barça ha l’acqua alla gola che la formazione catalana riesce a tirare fuori l’impensabile: lo spirito e il carattere catalano. Tosto, duro, testardo, che non molla mai. Così anche ieri notte, quando Sergi Roberto ha dato il via ad una azione in contropiede a poche decine di secondi dalla fine. Così, da mezzo morta, questa squadra è passata a trovarsi in testa alla Liga insieme al Real Madrid, ma davanti ai Blancos per gli scontri diretti.

Una gara questa, che difficilmente dimenticheremo e che ci accompagnerà per anni insieme al ricordo di tante altre epiche battaglie.

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