L’addio di Leo Messi in una conferenza stampa drammatica

Giuseppe Ortu Serra

Un lungo applauso di quasi due minuti, interrotto solo dalla voce dell’ufficio stampa per dare la parola ai giornalisti che affollavano l’Auditori, è stato il saluto carico di amore che i presenti alla conferenza stampa hanno riservato al capitano del Barça. Un minuto e quarantacinque secondi scandito dalle lacrime di un Leo Messi distrutto, affranto, disperato. L’applauso triste, ricco di calore, sentimento e calore da parte dei presenti, famiglia, giocatori, giornalisti, è stato un tentativo, vano, di compensare, ripagare, rincuorare il numero 10. Questo è stato l’ultimo atto di Leo Messi in blaugrana. Non al Camp Nou colmo di gente che coreava, che urlava, che invocava il suo nome, no, ma all’interno della sala stampa dello stadio alla presenza di poche persone, di quelle a lui più vicine. La sala stampa era carica di tensione all’arrivo di Messi; l’emotività si tagliava a fette. Musi lunghi, tristi, occhi gonfi di pianto da parte dei compagni di squadra di Leo che, in piedi di fronte al microfono, solo con il suo dramma, piangeva come un bambino a cui hanno fatto un immane torto per lui inspiegabile.

Leo Messi saluta il Barça, il suo Barça, e se ne va. È stata la peggiore notizia di sempre, quella che nessun culé avrebbe mai voluto sentire. Lascia un vuoto profondo e incolmabile in una squadra terremotata dall’opera distruttiva del peggiore presidente della storia: Josep Maria Bartomeu. È lui il vero, unico colpevole dell’addio di Messi.

Il momento che si è celebrato è stato quello che Messi non avrebbe mai pensato di vivere, se non in uno spazio temporale ben dilatato nel tempo, o che nessun vero tifoso del calcio romantico, a prescindere dai colori per cui tiene, avrebbe voluto assistere. La conferenza stampa più triste della storia del Barça e della vita di Leo.

Esordisce con un “Bon dia” dopo un pianto a dirotto inframezzato da singhiozzi disperati, ma nulla di bello o di buono aveva da comunicare. Messi ha subito sgombrato il campo dagli equivoci: “Io volevo rimanere. Laporta ha fatto tutto il possibile. La volontà comune era questa, ma non è stato possibile”. Troppi i debiti del club per poter stipulare un contratto che potesse permettere a Leo di restare in blaugrana e a La Liga di soddisfare i propri requisiti di tetto salariale. “Abbiamo ereditato” aveva precisato Laporta in occasione della sua conferenza stampa, “una masa salarial del 110% rispetto agli incassi del club”. In queste condizioni, senza vendite di giocatori inutili per il progetto blaugrana, come Coutinho, Umtiti, Griezmann, Pjanic, tutti elementi con una ficha elevatissima, non era possibile inscrivere Leo anche con la riduzione dell’ingaggio concordato con il presidente. Il mancato movimento in uscita è stato fatale per la continuità del 10 blaugrana.

Per Leo è stata una mazzata tremenda, anzi “una secchiata di acqua ghiacciata”. “È un momento che non mi aspettavo che sarebbe arrivato. Ero sicuro che avrei continuato qui. Poi è successo ciò che è accaduto e non è stato possibile andare avanti. Sto lasciando il club della mia vita e tutto cambierà. Ricomincerò da zero, così come per la mia famiglia. Sarà un cambio difficile e bisognerà accettarlo. Non sono pronto per questo. Non è come avevo pensato. Avevo accettato una riduzione del 50% dell’ingaggio, ma non è bastato”.

Un dramma, un terremoto. La catastrofe di un uomo, di una famiglia sradicata all’improvviso e contro la propria volontà dal tessuto sociale nel quale era radicata, dal luogo di una vita in cui aveva messo radici più profonde di una quercia secolare. Ancora più duro da accettare perché totalmente imprevisto e improvviso. Una crudeltà quella che i Messi sono stati costretti a vivere. Quasi una deportazione. “La mia famiglia voleva restare qui, a casa mia. Questo è un posto meraviglioso. Ho trascorso tutta la vita qua. Vado via con tre figli che sono catalano-argentini”.

E qui una parvenza di buona notizia. Una speranza, almeno per la famiglia. “Ho promesso ai miei figli che sarei tornato. È un arrivederci, non un addio”. Non sarà un arrivederci per i tifosi blaugrana che non potranno più vederlo indossare le scarpette, la maglietta blaugrana e difendere sul campo i colori blaugrana come ha sempre fatto in questi 21 anni. Lo sarà per la famiglia. Leo tornerà a Barcelona dopo questi due anni, più uno opzionale, a Parigi, dove avrà la possibilità di continuare a vincere e conquistare quei trofei che non potrà più conquistare con la sua squadra.

Leo è un fiume in piena mentre viene travolto dai ricordi e dalle emozioni. Una tempesta emozionale che si scatena nel suo Io più interiore. “Ringrazio tutti i miei compagni. Il club è stato buono con me: mi ha dato tanto. Sono accadute tanto cose belle in questi anni. Se sono la persona che sono oggi lo devo al club. Nello stesso tempo io ho dato tutto per questa Camiseta”. Ancora ringraziamenti. E rimpianti: “La gente mi ha sempre dato tutto. Non mi sarei aspettato un addio in questo modo. Lo avrei voluto in campo, con lo stadio pieno di gente a creare il mio nome dagli spalti. Ho sempre sentito l’amore dei tifosi. È il momento più difficile della mia carriera”.

Alla fine, ancora parole dolci per il suo club, quello che resterà per sempre suo anche se non ci giocherà mai più. “Il club continuerà ad essere il migliore del mondo. Arriveranno molto altri giocatori, magari non adesso. La rosa è ottima e la gente si abituerà alla mia assenza”. Una cosa molto, molto complicata Caro, amato, unito, incommensurabile, inmessionante Leo.

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