Editoriale – Il perché del nostro no a Griezmann

di Giuseppe Ortu

Griezmann sì, Griezmann no. Il barcelonismo è in pieno fermento sulla questione dell’attaccante francese in predicato di diventare blaugrana la prossima stagione. In merito il vestuario, o meglio la maggior parte di esso, e in particolar modo i suoi pesos pesados si sono espressi contro questa ipotesi. D’altro canto, a suo tempo, la aficion stessa aveva già espresso il suo no in occasione del Barça-Atletico del 6 aprile al Camp Nou con fischi in direzione del francese ad ogni suo tocco di palla. La secreteria tecnica con Abidal e la junta con Bartomeu in testa cercano invece di perseguire il tesseramento del giocatore per una congiuntura favorevole di condizioni economiche (120 milioni di clausola al 1° luglio) e sportive (Suarez va avanti con gli anni e Coutinho ha fallito clamorosamente alla sua seconda stagione).

Davanti a questa diatriba, con la cupola barcelonista che cercherà di convincere lo spogliatoio della bontà dell’operazione, come ci poniamo noi? A parere dello scrivente Griezmann al Barça non è una operazione, o meglio un matrimonio che s’ha da fare per dirla con Manzoni. La negativa giunge da tre ordini di motivi. Uno meramente sportivo, uno caratteriale e il terzo di matrice comportamentale.

Dal punto di vista tecnico-tattico Grizzi non è il giocatore perfetto per il Barça. Innanzitutto vediamo qual’è il profilo cercato dalla secreteria blaugrana. Un attaccante che abbia certamente mobilità, che possa giocare indifferentemente a destra e a sinistra, ma che, all’occorrenza, sappia anche stare dentro l’area e fare il centravanti puro. Serve un uomo capace nel fraseggio e che sappia combinare con i compagni palla a terra a grande velocità. Un delantero che non faccia l’accentratore (questo aspetto acquisirà importanza più avanti nella disamina) e sia pronto a sacrificarsi per la squadra anche nei ripieghi difensivi. Queste sono le caratteristiche imprescindibili che dovrà avere il nuovo attaccante. Come si vede peculiarità che tendono ad escludere la gran parte dei giocatori offensivi. Jovic è stato una delle vittime di questa selezione. Il giovane dell’Eintracht è stato giudicato eccessivamente uomo da area da rigore, poco mobile e poco propenso al gioco partecipativo fuori dall’area.
Griezmann è giocatore che gioca molto bene come seconda punta. La sua pericolosità è massima quando parte da dietro, fuori area, possibilmente dagli esterni. Diventa molto meno efficace quando deve fare la prima punta. Ciò è stato notato quando ha dovuto giocare senza Diego Costa, lo scorso anno e in questa stagione. Il francese è pericoloso quando gioca dietro un centravanti che faccia da apripista per i suoi inserimenti quasi invisibili alle spalle della difesa. Nella nazionale gioca bene alle spalle di Giroud per esempio. La sua pericolosità e percentuale realizzativa si abbatte drammaticamente se è costretto a giocare là davanti. Ora, nel Barça giocherà alcune stagioni insieme a Suarez e calzerà come un guanto quel modello di uomo dietro il delantero centro. Ma come abbiamo detto, il Pistolero ha 32 anni e il nuovo acquisto servirà non solo per giocare con l’uruguagio, ma anche per sostituirlo a livello di rotazione nell’immediato e in prospettiva futura quando avrà lasciato il club per raggiunti limiti di età. In queste situazioni il profilo di Griezmann non è quello giusto. E lo si sa già da oggi.

Dal punto di vista caratteriale la sua persona suscita un altra tipologia di diffidenza. Nel corso della sua carriera, il giocatore dell’Atletico non è quasi mai stato un uomo decisivo nelle sfide che contano. Segna, ed emerge, nelle gare a peso specifico non apicale, ma non in quelle decisive. Nelle finali o nelle partite da dentro o fuori, dove devono risaltare caratteristiche di carattere e personalità, il ragazzo non ha mai convinto in pieno. Il Barça gioca molte gare dal peso enorme dove deve venir fuori la stoffa del campione, e il nuovo acquisto dovrà essere letale sopratutto in quelle sfide.

Il comportamento di Griezmann è un altro dei punctum dolens del giocatore. Giudicato dallo spogliatoio del Barça un voltagabbana per la parola data e poi negata a Bartomeu di fronte alla vagonata di soldi offertagli dall’Atletico, ora è ben lieto di fare retromarcia dopo aver capito sulla sua pelle, come già prima di lui Neymar, che i soldi non sono tutto per uno sportivo, ma lo sono i trofei. Un club come il Barça, con la sua storia, il suo orgoglio e i suoi ideali di integrità e libertà, non è un autobus dal quale si sale e si scende come se si fosse in prossimità di una fermata a richiesta. Un calciatore dovrebbe ringraziare di avere la chance di indossare quella maglia e partecipare a quello spogliatoio. Non è piaciuto, inoltre, la spettacolarizzazione delle sue scelte, che evidenziano un carattere fin troppo accentratore, edonistico e egocentrico. La lunga tiritera inscenata la scorsa estate prima del documental La Decision ha fatto storcere la bocca a molti all’interno del barcelonismo. Quest’anno era pronto un altro video per annunciare l’addio ai colchoneros, ma i vertici del club glielo hanno impedito obbligandolo ad uscire rapidamente e semplicemente allo scoperto. Ha creato sconcerto in seno al Barça anche il suo silenzio sulla nuova destinazione dopo l’addio all’Atletico. Di fatto il giocatore si è posto sul mercato, senza dichiarare che la sua scelta era il Camp Nou. Tutti si sarebbero attesi una chiara presa di posizione da parte sua. Invece altri silenzi, altri enigmi in stile Aida che altro non fanno che creare un alone di interesse intorno al giocatore. E questo non piace, né è gradito, al FC Barcelona. Comportamenti da ragazzino viziato e egoista che fanno dubitare della sua reale volontà e capacità di lavorare con abnegazione per il club. Un’attitudine che si pone all’opposto di uno spirito altruistico verso la squadra e i compagni di gioco. Al Barça Suarez è il compagno di squadra perfetto di Messi per i suoi movimenti senza palla, i ripiegamenti difensivi, il pressing sfiancante. Questa capacità basata sul sacrificio, che hanno fatto trionfare il Pistolero al Barça laddove molti altri numeri 9 avevano fallito, si sposa anche con un carattere di indole altruistica. Cosa che al nostro Antoine pare fare difetto.  

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