FC Barcelona – La Copa come ultima spiaggia per Valverde e equipo

Questa di stanotte, Wanda Metropilotano ore 21:30, non sarà una Finale di Copa del Rey come tante altre. Sarà una partita che si porterà dietro un imperativo. Vincere e convincere. Un po’ tutte le finali lo sono, direte voi. Le finalissime si giocano per essere vinte, non certo per essere perse. Anche il Sevilla scenderà in campo con lo stesso obiettivo. Ma, a differenza della squadra andalusa, o delle altre finali di Copa giocate dal Barça nelle scorse stagioni, questa porta in sé insita l’Obbligo di vincerla. Obbligo scritto e letto con la “o maiuscola”

Dopo il ridicolo di Roma infatti, la squadra e il suo allenatore devono cercare di risarcire al massimo il club, ma sopratutto la aficiòn e il barcelonismo tutto. Non basterà vincere la Liga, no. Adesso il doblete è il minimo indispensabile per andare avanti tutti assieme. E per tutti insieme si intende giocatori e allenatore. E chissà, dirigenza, in vista delle prossime elezioni. Forse il doblete potrebbe anche non bastare, sopratutto se il Real Madrid dovesse vincere la sua terza Champions League di fila. La sconfitta ridicola, gravosa, umiliante, imbarazzante, atterrente di Roma, con conseguente eliminazione, non potrà essere rimarginata facilmente. Servirà molto tempo perché quella ferita possa lenirsi. Potrà forse fare meno male con il passare del tempo, ma mai si cicatrizzerà. Resterà come una macchia, un monito, un marchio a lettere di fuoco sul nome e la storia del club.

Ecco perché, adesso, la vittoria della Liga e quella eventuale di stanotte in Copa contro il Sevilla sono il minimo indispensabile per evitare conseguenze ben maggiori. Nonostante un campionato da record, con la maggior serie di partite da invicto della storia della Liga spagnola; nonostante il possibile record di chiudere il campionato da imbattuti. Record che passeranno in secondo piano, giacché tutti ricorderanno questa come la stagione del fracaso ridiculo y inmenso di Roma in Champions.

fcbarcelonafootball aveva anticipato il 12 aprile (https://passiobarca.wordpress.com/2018/04/12/editoriale-fc-barcelona-le-conseguenze-delleliminazione-di-roma/) a disastro avvenuto, che il clima che si stava respirando intorno alla squadra e allo staff era innaturale. “A quarantotto ore dalla debacle ancora non si muove una foglia intorno alla squadra. A Can Barça si sta vivendo come in un sogno, dove tutto è sospeso in attesa di qualcosa che dovrà capitare. E’ come in una giornata plumbea, con un’atmosfera umida, leggermente pungente. Fiuti l’aria e capisci che qualcosa sta per accadere. Non sai ancora bene quando e cosa, ma sai per certo che qualcosa avverrà. Come la calma che precede la tempesta” avevo scritto. E ancora: “Al fine di evitare il perpetuarsi di fatti di questo genere, la rosa è da valutare attentamente. E, se del caso, operare con scelte radicali e profonde. Talvolta una pianta necessita di una potatura profonda per riprendere a germogliare e riacquistare il suo vecchio splendore. Nessuno escluso”

Adesso in seno alla Junta sembra che abbiano sposato in toto questo pensiero che si è rivelato come una chiara e certa anticipazione di quella che sarebbe stata la linea di azione del club. Iniziano a fuoriuscire le prime mezze parole, i primi sussurri, le conferme. Era chiaro, per chi ben conosce il mondo blaugrana, che non poteva esserci altra conclusione. Il Barça non è un club normale. L’FC Barcelona non può permettersi di essere eliminato da un Quarto di Finale di Champions dopo aver vinto la gara d’andata per 4-1 contro una squadra come la Roma. E, tanto meno, se quella stessa coppa dovesse rivincerla il Madrid. Nonostante la stagione dei record prima ricordata, nulla è più scontato. Né i giocatori,l’allenatore (nell’immediato); neanche la Junta Directiva (alle prossime elezioni). Tutto è sotto esame. A partire da oggi in Finale contro il Sevilla.

Oggi Valverde dovrà dimostrare di essere un allenatore da finali, da partite importanti da dentro o fuori. Ottimo nell’ottica di un lungo impegno sportivo come il campionato, alla prova d’esame più importante, in una sfida a eliminazione diretta, ha dimostrato delle mancanze francamente impensabili e preoccupanti per un allenatore che dovrà dirigere anche nei prossimi anni il FC Barcelona

Da parte sua, stanotte la squadra dovrà dimostrare di possedere ancora il killer instinct che ha sempre caratterizzato le stagioni vincenti di questo club. Chi lo ha perso, o chi non lo ha mai avuto (può anche capitare di scambiare un asino per un cavallo, sopratutto se visto da lontano mentre si va di fretta), può anche farsi da parte. Perché, Liga o non Liga, Copa o non Copa, il prossimo anno il Barça sarà obbligato ad andare in fondo alla Champions e, possibilmente, vincerla. Le stagioni degli alibi, dei Ritenta, sarai più fortunato, come si legge in tanti concorsi a premi basati sulla fortuna, sono finite. La Champions non è fortuna (o non solo). E’ innanzitutto programmazione e oculatezza, intelligenza e capacità gestionali di giocatori e risorse, fisiche e mentali. E questo vale per giocatori, staff tecnico e Junta Directiva. 

FC Barcelona – A Tre Passi Dal Paradiso e… ancora sul Pasillo

Con il pareggio ottenuto a Balaidos per 2-2, e con il combinato disposto dei risultati di Real Madrid e Atletico, il Barça si trova adesso a tre punti dal festeggiare la conquista della 25a Liga della sua storia.

A tre passi dal paradiso abbiamo intitolato il nostro articolo. Tre punti che possono giungere nella partita che il Barça giocherà il 29 aprile a Riazor contro il Deportivo di Clarence Seedorf. Non sarà facile perché la squadra galiziana sta lottando con i denti per cercare di evitare il descenso. In ritardo di 7 punti dal Levante, che ieri ha vinto sul suono della sirena, mutuando un gergo da pallacanestro, e a 5 partite dalla fine del campionato, per il Depor sembra quasi una Mission Impossible degna del miglior Tom Cruise. Il Depor certamente cercherà di vincere a tutti i costi quella gara, aggrappandosi con le unghie anche alla più flebile fiammella di speranza. D’altronde, con il suo Anche la speme fugge i sepolcri, Foscolo stesso ci dice che finché c’è vita c’è speranza. Detto questo, e aggiunto che il Depor con l’arrivo dell’allenatore olandese ha progredito enormemente, il Barça è comunque il Barça. La possibilità di andare al Riazor, conquistare i tre punti e cantare l’aliròn c’è tutta. Dopo la Finale di Copa del Rey, in programma domani, sabato 21 aprile ore 21:30 contro il Sevilla al Wanda Metropolitano, la squadra avrà otto giorni per preparare quella sfida. 

Se si conquistasse il titolo nella partita contro il Deportivo, la successiva gara, il Clasico, sarebbe la miglior vetrina possibile per festeggiare la Liga. E festeggiare, celebrare il titolo di Spagna davanti ai blancos, a quel punto comprimari spettatori del trionfo blaugrana, non ha davvero prezzo. Sembra quasi che sia stato scritto e pianificato in una sceneggiatura di un film di Sergio Leone, dove il tema della vendetta è sempre uno dei punti focali delle sue trame. 

A quel punto, se il Madrid vorrà fare il pasillo bene, se manterrà fede fino all’ultimo al progetto d’intenti espresso più volte da Zidane di negare al FC Barcelona una prassi consolidata che serve esclusivamente a omaggiare sportivamente un degno avversario, va bene lo stesso. I comportamenti e le azioni descrivono, e vanno ad onore o a detrimento a seconda dei casi, esclusivamente chi li compie, non chi li subisce. Mancare al pasillo de honor sarebbe come ritirare la mano dopo che è stata tesa verso un’altra persona per evitare un saluto tra gentiluomini. Una battuta della pluripremiata saga di Downtown Abbey diceva: “Le persone come noi i mobili li ereditano; le persone come voi li comprano”. I mobili come paradigma dello spirito gentilizio. O sei un cavaliere, o uno stalliere.

Se il Madrid e Zidane preferiscono arricchire il loro palmares con una azione di così basso profilo, facciano pure. Non sarebbe certo la prima. Il Barça sarà Campeòn a prescindere, e lo sarà viepiù anche dal punto di vista morale. 

Editoriale. FC Barcelona – No Cantera, No Party?

La partita contro il Celta Vigo di ieri passerà certamente agli annali della storia del club blaugrana. Non certo per il risultato, no, anche se un pareggio dopo tre sconfitte di seguito nelle precedenti tre visite al Balaidos è comunque un dato degno di nota. Tanto più se questa volta la partita è stata giocata con solo due/tre titolari dall’inizio. E nemmeno per il fatto che questo pareggio è coinciso con il quarantesimo risultato utile consecutivo della squadra. Peraltro considerazione più che rimarcabile. No, questa partita sarà consegnata alla storia blaugrana per la presenza, per la prima volta dal 2002, di nessun canterano tra gli undici titolari scesi in campo.

Il barcelonismo è rimasto stupito, spiazzato, basito, atterrito, disorientato da questa situazione. No Cantera, No Party si potrebbe dire, mutuando il senso di una vecchia pubblicità interpretata da George Clooney.

Per risalire all’ultima volta che un fatto del genere era accaduto dobbiamo retrodatare i nostri ricordi al 6 aprile 2002, quando la squadra allora allenata da Carles Rexach battè l’Athletic Bilbao a domicilio con un secco 0-2. Eravamo nel corso della stagione 2001-02, la squadra dell’allora mandatario Joan Gaspart terminò la Liga al quarto posto e uscì alle semifinali di Champions. In quel 6 aprile 2002 il Barça scese in campo con Bonano; Reiziger, Christanval, Abelardo, Coco; Cocu, Rochemback, Luis Enrique; Rivaldo, Overmars, Saviola. Anche allora nessun canterano nell’Once iniziale. Esattamente ciò che è accaduto nella partita di ieri a Vigo. 

Questo paragone regge fino ad un certo punto. Perché se nella stagione 2001-02 a San Mames giocò l’equipo titular, nella partita di ieri notte è scesa in campo la squadra delle riserve, una sorta di Barça B. Ed è molto più grave che in una formazione composta da giocatori come Digne, Yerry Mina, Semedo, Denis, André Gomes, nessuno dei canterani abbia potuto trovare spazio.

Con queste premesse giungono spontanee alcune domande. Per quale motivo in una gara di così limitato livello tecnico non sono stati usati giocatori come Arnaiz, Alena e altre perle della cantera che gravitano nel giro della prima squadra? Una domanda di questo genere pone una serie di inquietanti dubbi. E’ forse così basso il livello della cantera oggigiorno da non trovare un elemento che possa essere quanto meno pari, se non superiore a qualunque delle seconde linee che hanno costituito l’undici iniziale della sfida di ieri contro il Celta? E’ la cantera che si è impoverita a tal punto da non produrre nemmeno un calciatore da far giocare quando restano fuori tutti i titolari? Oppure c’è dell’altro? E se la risposta alla prima domanda è positiva, qual’è la causa di una tal situazione?

Una generazione di fenomeni quale quella dei Xavi, Piqué, Iniesta, Pedro, Cesc, Busqutes non nasce tutti i giorni, certo. E’ dunque solo un discorso di genealogia? Oppure ci sono altre motivazioni? Può essere, forse,  che la Junta Directiva non voglia più investire energie e risorse umane e finanziarie nella Masia, e che preferisca prendere fuori i giovani calciatori. Ma questo è il Real Madrid, non il Barça. Il club blaugrana ha sempre cresciuto i suoi campioni in casa, dando loro oltre alle nozioni futbolistiche anche quelle culturali e comportamentali per diventare uomini prima che calciatori. E’ sempre stato questo il miracolo della Masia. Ora non più evidentemente. E quest’abbandono da parte del club, se propendiamo per questa teoria, spiegherebbe anche l’enorme fuga di giovani promesse dalla cantera del Barça verso altri lidi, sopratutto l’Inghilterra.

Questo è sempre capitato, certo. Ma mai come in questi ultimi anni. Anche in questa stagione alcune perle della cantera non rinnoveranno con il club preferendo la Premier, dove evidentemente vedono maggiore fiducia verso di loro e maggiori possibilità di diventare giovani calciatori professionisti. Come dar loro torto, se le premesse sono queste? Perché mai un ragazzo della cantera dovrebbe restare a Barcelona sapendo che non giocherà mai nel Barça, nemmeno quando non giocano i campioni? Come potrebbe sentirsi un giovane talento se gli si dice che deve star fuori perché deve giocare, non Messi, no; non Piqué, no; ma Denis o André Gomes, o Yerry Mina e Semedo?

A questi inquietanti e fondamentali quesiti dovrebbe rispondere la Junta Directiva con fatti, non parole. Attendiamo impazienti una chiara svolta dell’attuale situazione.           

FC Barcelona – 40 volte Barça!

Il Barça pareggia 2-2 a Balaidos contro il Celta con reti di Dembélé (prima in Liga da blaugrana) e Paco Alcacer , di Jonny Castro e Iago Aspas le reto dei galiziani, un incontro che ha chiuso in 10 uomini per l’espulsione del neo entrato Sergi Roberto per fallo da ultimo uomo su Iago Aspas lanciato a rete.

Con questo risultatosi la squadra si incammina sempre più verso il percorso che conduce alla conquista del campionato e migliora di una partita il suo record di imbattibilità, ora giunto a quota 40 partite invicto, vale a dire, senza conoscere sconfitta.

40, numero magico. Un numero rotondo, pieno, che riempie la bocca. Un numero pari. A livello di simbolismo, nella Bibbia sono 40 i giorni che Noé passò nell’Arca; 40 gli anni che Mosé aveva quando fuggì nel deserto, e 40 gli anni che lì vi trascorse. E’ interessante sapere che in matematica il 40 è definito un numero di Harshad, dal sanscrito Harsa, che significa Grande Gioia. In tutti i sensi.

Quella di Balaidos non era certamente la trasferta più facile per la squadra di Valverde. Storicamente, infatti, nelle ultime tre stagioni i blaugrana erano usciti dallo stadio del Celta con le ossa rotte e con altrettante sconfitte sul groppone. Sconfitte amare, di quelle che lasciano il segno, e tutte con una valanga di reti al passivo. L’FC Barcelona andava dunque in uno stadio poco amato e popolato da scomodi fantasmi che aleggiavano sul capo degli azulgrana come tanti spiriti dell’aldilà condannati a girovagare con tanto di catene trascinate con un clangore terrificante. A rendere ancora più spettrale un’atmosfera da castello scozzese immerso nella fredda nebbia britannica, ci ha pensato Valverde, schierando una squadra sperimentale, una sorta di Barça B. Degli abituali titolari sono scesi in campo solo Ter Stegen, Paulinho e Coutinho. La panchina, invece, composta da Messi, Suarez, Sergi Roberto, Umtiti, Jordi, Aleix Vidal e Cillessen, costituiva la vera attrazione dei fotografi e tifosi presenti allo stadio. Rakitic, Busqutes, Iniesta e Piqué non erano nemmeno partiti per la Galizia al fine di restare a Barcelona e ricaricare le pile in vista della fase finale della stagione.    

La squadra è apparsa sin dalle prime battute squilibrata. Buona nella fase offensiva, leggera e traballante dalla metà campo in giù. Il centrocampo non faceva filtro e non proteggeva la difesa, la quale, senza alcun affiatamento tra i suoi elementi (Semedo, Yerry Mina, Vermaelen e Digne) ha ballato fin troppo per non aver trovato le giuste posizioni e le corrette distanze. Ne è venuta fuori una partita strana che ha detto che il Plan B del Barça, così messo in campo, non è garanzia di affidabilità e di vittorie. 

Valverde è uomo da valori assoluti. Passa da una estremità all’altra senza compromessi. In una stagione nella quale hanno giocato praticamente sempre gli stessi, fino al punto da arrivare in primavera stanchi mentalmente e con diversi acciacchi fisici che ne hanno minato anche l’aspetto della tenuta fisica, di punto in bianco ha deciso di fare, non una rotazione, non due o tre, ma addirittura otto nuovi innesti su undici. Al termine dell’incontro il tecnico blaugrana dirà che “era la partita giusta per fare sperimentazioni”, sopratutto alla vigilia della Finale di Copa del Rey in programma sabato 21 al Wanda Metropolitano contro il Sevilla, e dare riposo ai titolari.

La prova è riuscita a metà. La squadra non ha perso, certo, ma ha rischiato enormemente. E se non ha subito la quarta sconfitta in quattro stagioni al Balaidos, il merito è indubbiamente di Ter Stegen, che in questo momento è certamente il numero uno tra gli estremi difensori al mondo. Il tedesco si è confermato una roccia. Ha parato con le mani (in presa alta e bassa, trattenendo il pallone e deviandolo lontano), con i piedi (la specialità della casa) e perfino con il petto. Se il tedesco è stato il migliore in campo, non altrettanto deve dirsi di André Gomes. In una gara senza Rakitic e Busquets, il portoghese avrebbe dovuto farsi carico di proteggere la difesa e far ripartire l’azione. Ma nulla di tutto questo si è verificato. La sua presenza in campo è stata impalpabile. Non solo, ha perso alcuni palloni basilari a centrocampo, tra i quali quello che ha portato alla rete del primo pareggio dei padroni di casa. Non miglior sorte ha avuto la partita di Dembélé. Al di là del goal segnato (apprezzabile il gesto tecnico e l’importanza della sua marcatura sul bilancio del risultato finale), il ragazzo ha fatto un netto passo indietro rispetto alle sue ultime uscite. Non protetto dai pesos pesados del centrocampo, il francese si è rivelato un pesce fuor d’acqua nello schieramento blaugrana. Molle negli interventi, poco mobile e spaesato come un turista che si ritrova solo in un posto sconosciuto, senza cartina, senza capire una parola della lingua e senza possibilità di chiedere qualsivoglia informazione. La rete che poteva servirgli da spinta emotiva per mettersi in luce in una squadra senza fari, nella quale lui stesso avrebbe dovuto illuminare la nottata blaugrana, si è rivelata un fuoco fatuo. Dal suo immobilismo, su passaggio lento di André Gomes, è nata l’azione del pari di Jonny Castro allo scadere del primo tempo. Ousmane è stato protagonista, in negativo, anche nell’azione che ha portato all’espulsione di Sergi Roberto. E’ da una perdita di un suo pallone che è nato il contropiede fulmineo che ha costretto il neo entrato a sacrificare la sua gara, lasciare i compagni in 10 ed evitare una probabile rete dei galiziani. In tena di bocciature, certamente non è stata una grande prestazione anche quella che ha messo in campo Semedo. L’esterno destro è stato protagonista di una performance negativa. Distratto nella lettura della gara e delle situazioni difensive, è stato impreciso anche nelle ripartenze e nella distribuzione del gioco sbagliando passaggi elementari che, sopratutto nell’ultima fase della gara, quando la squadra era in sofferenza in inferiorità numerica, sarebbero stati vitali per permettere ai compagni di salire e allentare così la pressione del Celta sulla difesa barcelonista. 

Tra le note positive, detto di Ter Stegen, apprezzabile il primo tempo di Coutinho, calato nella seconda frazione di gioco e sostituito per concedergli un po’ di riposo in vista di sabato. Anche Paulinho è stato protagonista di una buona gara. Potente e incisivo come di costume, il brasiliano ha colpito un palo di testa, il 43esimo della stagione della squadra, e ha realizzato, in coppia con Paco Alcacer, la rete del provvisorio 1-2. L’ex valencianista, da parte sua, ha lottato e corso molto per la squadra, quasi facendo reparto a sé. Suo il goal del secondo vantaggio blaugrana, che ha finalizzato in rete, a cavallo della linea di porta, il pallone colpito da Paulinho nell’area avversaria. Interlocutoria, invece, la partita di Denis. Buona la prima parte, come quasi tutto il reparto avanzato, l’ex Villareal alla lunga è calato ed è progressivamente uscito dalla partita. Una nota di merito spetta a Yerry Mina che, dopo tante esclusioni dalle convocazioni è stato buttato nella mischia da titolare in una retroguardia da fantascienza. Nonostante la sua inesperienza, stante la giovane età e il suo digiuno di calcio europeo, il ragazzo si è ben comportato.

Nella seconda frazione di gioco è entrato in campo Leo Messi. L’argentino ha subito dato una scossa alla sua squadra, facendo immediatamente crescere tutta la manovra del Barça. La sua presenza carismatica ha di fatto tranquillizzato tutta la squadra. A quel punto tutti i palloni passavano per i suoi piedi. La Pulga ha iniziato ad orchestrare la manovra alla sua maniera con un fraseggio stretto, dribbling improvvisi, serpentine e lanci smarcanti. Il suo ingresso in campo ha dato il là all’azione della rete di Paco Alcacer-Paulinho, anche se la quasi immediata espulsione di Sergi Roberto, a sua volta appena subentrato ad André Gomes, ha cambiato per l’ennesima volta la partita.   

 

FC Barcelona – A Balaidos con molte rotazioni

Il Barça gioca questa notte a Balaidos la 33a giornata della Liga con un occhio, e il pensiero, alla gara di sabato prossimo contro il Sevilla che, al Wanda Metropolitano, metterà in palio la Copa del Rey.

La partita di questa notte contro il Celta dell’ex Unzué è un sassolino nella scarpa di Valverde che lo infastidisce alquanto. E’ una trappola più che altro. Giocare, oggi, con il campionato praticamente vinto, una gara che vale quasi esclusivamente per migliorare il record di 39 partite consecutive senza sconfitta (appena conquistato nell’ultima giornata grazie alla vittoria sul Valencia) e continuare a sognare quello di chiudere da imbattuto la Liga (cosa mai verificatasi con l’attuale format della competizione nazionale), nella stessa settimana in cui è in palio la quinta finale consecutiva di Copa del Rey, è decisamente scomodo. L’obiettivo è dosare le forze e i giocatori affinché siano competitivi nelle due gare ravvicinate. Per far questo il tecnico extremeno, forse per la prima volta nella stagione, e vista la sconvolgente esperienza di Roma, si affida a piene mani alla panchina attuando un piano rotazioni mai visto in precedenza. 

Per la gara contro il Celta sono rimasti a Barcelona Iniesta, Rakitic, Busquets e Piqué. Praticamente tutto il centrocampo titolare. I pesos pesados della media blaugrana saranno sostituiti da Coutinho (certamente), Dembélé (probabilmente), Paulinho (come interno a destra) e André Gomes (possibile) nel ruolo di pivote lasciato libero da Busquets. In difesa il President dovrebbe essere sostituito da Vermaelen che farà coppia con Umtiti. Yerry Mina, rientrato tra i convocati dopo diverso tempo, si siederà in panchina. In attacco, Suarez dovrebbe essere della partita, mentre Messi potrebbe essere risparmiato (il metodo Zidane insegna) e destinato inizialmente alla panchina. Il tecnico sul punto non ha chiarito il mistero, anche se ha parlato della possibilità che l’argentino, che soffre ancora di alcune molestias agli isquiotibiales, possa accomodarsi inizialmente nel banquillo.

La partita contro il Celta al Balaidos non è mai stata una passeggiata per i colori azulgrana. Nelle ultime tre visite in Galizia, il Barça non ha mai vinto e ha incassato la bellezza di otto reti. Sarà, dunque, una partita da affrontare con molta attenzione per non restare pizzicati dalle acuminate chele dell’aragosta galiziana.  

Editoriale – FC Barcelona. L’Obiettivo Irrinunciabile del Barça 2018-2019

Triplete, una parola magica che suscita indescrivibili emozioni; che fa riecheggiare alla mente fiabe ambientate nell’antica Persia che sanno di preziosi oli e essenze pregiate, di lampade incantate che sprigionano potenti Geni al solo strofinarle. Una parola magica e pericolosa al tempo stesso, come quelle favolose ricchezze di antichi pirati sepolti in isole misteriose lungo la rotta della seta. O i tesori delle tombe dei faraoni dell’Antico Egitto. Tesori di inestimabile valore ma che contengono in sé la leggenda di antiche e terribili maledizioni.

Realizzare un triplete è cosa tanto rara quanto unica e sembra contenere in sé la maledizione di un antico sovrano dannato. Il Barça vi è riuscito due volte. Questa sembrava essere la stagione giusta per raggiungere l’Eldorado per la terza volta. Una squadra finalmente equilibrata; un attacco potente e una difesa ermetica; una rosa all’altezza con inserimenti quali Paulinho e Coutinho che avrebbe dovuto, nei piani, dare il giusto ricambio a Iniesta in Liga per essere fresco per la Champions League. E’ andata diversamente come tutti sappiamo. Non solo, nonostante la presenza di Coutinho, Iniesta ha continuato a giocare tutte le gare del campionato. 

Se realizzare la triplice vittoria (Liga, Copa e Champions) è cosa così difficile, una ragione ci sarà. Nel calcio di oggi, affollato di impegni sempre più ravvicinati e competitivi, vincere le tre competizioni in una sola stagione è una cosa di una difficoltà assoluta. Troppi fattori possono incidere sul suo esito: il caso, la fortuna, lo sforzo fisico. Tra questi il fattore stanchezza è uno dei più temibili ed infidi. Per essere al cento per cento su tutte e tre le competizioni, non puoi permetterti di concedere troppo riposo agli elementi chiave della squadra. I rincalzi possono anche essere di valore, ma se l’allenatore scegli undici uomini a cui affidare la sua fiducia, è a loro, e solo a loro, che si rivolgerà quando le gare contano maggiormente. Ed è altrettanto chiaro che in un campionato altamente competitivo come la Liga, in una competizione dura come la Copa del Rey, non puoi permetterti eccessivi cambi in vista della Champions se aspiri a vincere le tre competizioni. 

Il rischio di questo ambizioso progetto è che per voler vincere tutto non riesca a vincere nulla. O quantomeno, la competizione più prestigiosa di tutte: la Champions League. Nelle ultime tre stagioni il Barça ha realizzato un triplete, un doblete (Liga e Copa) l’anno successivo, e ha conseguito la Copa del Rey lo scorso anno. Questa stagione sembrava apparecchiata per il terzo triplete della storia blaugrana, ma ad aprile è arrivata l’ennesima eliminazione ai Quarti dalla Champions. Se prendiamo come riferimento le ultime stagioni, il Barça ha avuto un evidente calo fisico proprio all’arrivo del tepore della primavera. Aprile è stato il mese nero del FC Barcelona negli ultimi anni. L’unica volta che la squadra non è calata in questo periodo è stato nel 2014-15; e guarda caso, ha conseguito Liga, Copa e Champions.

Cosa abbiamo imparato da queste ultime stagioni? Che giocare al massimo delle potenzialità in tre differenti competizioni è praticamente impossibile. Il tentativo di fare un fuori campo da leggenda risulta eccessivamente dispendioso a livello fisico e mentale (a Roma il fracaso è stato mentale, non fisico). Arrivare ad affrontare i mesi determinanti per la conquista della Champions con sulle gambe sette mesi di battaglie a tutto fiato significa ritrovarsi con la spia dell’energia che lampeggia in maniera preoccupante. Che fare dunque? La soluzione è quella di attribuire delle priorità alle competizioni più importanti, irrinunciabili per il club, e dedicare minor attenzione alle altre. Risulta abbastanza evidente che ormai, dopo tante Ligas e Copas conquistate, l’unico vero obiettivo è la Champions.

Se prendiamo come riferimento gli ultimi otto anni, dalla stagione 2010-11 ad oggi il Barça ha vinto appena due Champions League. Due su otto; quella del 2010-11 e quella del 2014-15. Un po’ pochino, per usare un eufemismo, per una squadra che ha potuto schierare meravigliosi campioni al top della loro maturità ed efficienza: Messi, Iniesta, Xavi (fino al 14-15), Rakitic, Piqué, Busquets. Appena due vecchie Coppe dei Campioni! Voi non lo trovate sconcertante? 

 Bisogna, dunque, rivedere gli obiettivi, razionalizzandoli come una grande azienda che ad inizio anno pianifica una strategia di espansione nei mercati internazionali. Nella prossima temporada l’obiettivo numero uno deve essere la conquista della Champions League. Tutto dovrà essere organizzato, pianificato per il raggiungimento di quest’obiettivo. La Liga? La Copa? Ben vengano se dovessero arrivare, ma certo è che per la loro eventuale conquista non dovranno essere spese energie in più rispetto a quelle che serviranno per arrivare in finale a Madrid e vincere la sesta Champions della storia del club. Il primo giugno del 2019, al Wanda Metropolitano, il Barça dovrà essere della partita e a fine gara dovrà sollevare il trofeo dalle grandi orecchie. Questo, e solo questo, dovrà essere l’Obiettivo Irrinunciabile del FC Barcelona nella programmazione della stagione 2018-2019.  

FC Barcelona – Iniesta: “Ho già preso una decisione sul mio futuro”

Iniesta è stato uno dei protagonisti principali della partita contro il Valencia. Sia in campo che fuori. Sul terreno di gioco ha fatto il suo solito. Si è preso la scena con una partita enorme, dettando i tempi della squadra, rallentando i ritmi e la manovra quando serviva per far tirare il fiato ai compagni o attenderne il giusto posizionamento sul cespèd, e, di contro, accelerando quando la gara lo richiedeva. Don Andrés ha incantato come sempre ieri pomeriggio con giocate da fenomeno assoluto qual’è. Al momento della sostituzione ha ricevuto la meritata standing ovation da tutto il Camp Nou che vi ha aggiunto il solito coro-ovazione di “Inieeeesta, Inieeeesta”. Tutto lo stadio in piedi con le braccia tese in avanti che ondeggiano in segno di inchino e genuflessione. Come solo i grandi blaugrana si meritano al Camp Nou. Da brividi.

Nel dopo gara, in zona mista, Don Andrés si è fatto vedere, dribblando la sua naturale timidezza come poco prima aveva fatto con i valencianisti in campo: mostrandogli e poi nascondendogli il pallone in un gioco da Now you’re seeing me, now no more. Nella zona flash interview, el de Fuentalbilla ha parlato del suo futuro, uno degli argomenti più caldi di questo finale di stagione. Alcune voci vicine al club dicono che il calciatore avrebbe già deciso di lasciare il Barça per accogliere le richieste della Cina, che gli offrirebbe un contratto da calciatore faraonico (circa 36 milioni a stagione) più una serie di contratti commerciali per la commercializzazione dei suoi prodotti vinicoli in tutta la nazione. Andrès Iniesta ieri ha detto e non detto. Ha sì ammesso di avere già preso una decisione, ma allo stesso tempo ha dichiarato di non avere ancora svelato il suo segreto a nessuno e che riferirà la sua decisione al club e poi a tutti i tifosi e media. C’è tuttavia una parte delle sue dichiarazioni che fanno saltare gli allarmi in tutto il barcelonismo; vale a dire quando ha ringraziato il pubblico dell’affetto che ha sempre ricevuto dalla gente in più di 20 anni. “Il suo appoggio è stato fondamentale per vincere”. Dichiarazioni che sembrano più un addio che un arrivederci alla prossima stagione. 

Se così fosse sarebbe un vero peccato. Per il Barça innanzitutto, perché un giocatore della classe di Iniesta, ancora al top della condizione psico-fisica come questa lunga stagione sta dimostrando, sarebbe ancora un perno imprescindibile del Barça della prossima stagione. Se teniamo conto che per la prossima Champions (che da ora in poi deve essere l’Obiettivo della squadra) Valverde potrebbe contare sia su Iniesta che su Coutinho, la squadra farebbe veramente un doppio salto di qualità. Ma un eventuale addio sarebbe una grande perdita anche per tutto il movimento calcistico mondiale, giacché un calciatore così forte farebbe perdere gran parte della sua magia ad uno sport come questo. Iniesta non è un giocatore da Cina. Non lo è adesso, e non lo sarà ancora per molto tempo in futuro. 

Il numero 8 blaugrana è tornato ancora una volta sulla sconfitta di Roma, chiarendo innanzitutto che c’è unità di intenti tra allenatore e squadra e mettendovi la faccia quando ha dichiarato che “sono i giocatori che vanno in campo”. Da vero capitano ha anche tracciato la rotta per questo finale di stagione, che vede la squadra impegnata nella conquista della Liga e della Copa del Rey (finale che si giocherà il 21 al Wanda Metropolitano contro il Sevilla). Iniesta ha detto che “la squadra ha due strade da percorrere, continuare a restare nel dolore, o superare il lutto e guardare avanti”. La rotta è stata indicata, ora non rimane che cazzare le vele, disporsi a favore di vento, e percorrere a tutta forza le ultime miglia marine che separano la squadra dai trionfi ormai in vista.       

Vittoria contro il Valencia con record

La partita del Barça di questo pomeriggio, che potremmo intitolare Vittoria del Barça con Record ricorda il titolo di un vecchio e divertentissimo film del 1976 diretto da Robert Moore. Invito a Cena con Delitto. Il cast era stellare e aveva tra i suoi interpreti attori del calibro di David Niven, Peter Sellers, e Peter Falk. Le similitudini tra la partita e il film si limitano al nostro piccolo gioco sui titoli e al cast, altrettanto stellare, della squadra blaugrana.

Con questa vittoria il Barça entra nella storia della Liga. Con quella di oggi salgono a 39 il numero delle partite consecutive senza conoscere sconfitta. Un record che fino a oggi apparteneva alla Real Sociedad di grandi giocatori come Arconada e Lopez Ufarte che, a cavallo delle stagioni 1978-79 e 1979-80, aveva collezionato 38 risultati utili consecutivi. Da oggi quel record finisce nel dimenticatoio per essere sostituito da quello appena conquistato dalla squadra di Valverde (messo assieme con l’iniziale striscia positiva raggranellata da Luis Enrique sul finire della scorsa stagione). 

Un record raggiunto in una giornata molto particolare. Iniziata con i fischi con i quali sono stati accolti i giocatori all’ingresso in campo per effettuare gli esercizi di riscaldamento, e finita con gli applausi e i cori al termine della partita vittoriosa contro il Valencia di Marcelino che, pur perdendo per 2-1, ha tenuto con il fiato sospeso giocatori e tifosi culès fino al triplice fischio arbitrale. 

Come si diceva la gara è iniziata con un atteggiamento estremamente gelido dei supporters blaugrana. Il lutto, perché come tale è stata vissuta l’incredibile e indecente eliminazione del Barça ad opera della Roma, era opprimente al Camp Nou. L’inizio di gara, e tutto il primo tempo, è trascorso con un immobilismo spettrale da parte del pubblico che ha mancato di fare sentire la sua voce a sostegno della squadra. L’atmosfera che regnava questo pomeriggio allo stadio era talmente agghiacciata che nemmeno allo scoccare del 17′ e 14” si sono uditi i cori Independencia e Llibertat. La prima rete di Suarez, giunta al 15′ è sì stata festeggiata, ma presto la grada si è nuovamente ricomposta riprendendo la postura abbottonata dell’inizio partita. 

Solo dopo l’intervallo, e sopratutto dopo la seconda rete giunta al 51′ ad opera di Umtiti, che di testa ha realizzato su corner battuto da Coutinho, solo allora il pubblico si è sciolto in un abbraccio totale con i propri beniamini. Il Camp Nou aveva capito gli sforzi della squadra e il loro tentativo di fare pace. E, come in un rapporto d’amore, tutto è stato dimenticato. L’entusiasmo è cresciuto sugli spalti, e con esso il gioco sul terreno di gioco che è tornato ad essere spettacolare come sempre. Coutinho e Iniesta hanno ripreso a incantare, Messi a cucire e ricamare. 

Nei minuti finali, dopo una notevole serie di occasioni da rete create dai blaugrana non giunte al goal per un po’ di imprecisione nei tiri o nell’ultimo passaggio, e per alcuni interventi notevoli da parte di Neto, il Valencia ha accorciato le distanze grazie ad una rete su calcio di rigore concessa dall’arbitro per un fallo in scivolata commesso da Dembélé su Gayà. Pareja ha realizzato dal dischetto beffando Ter Stegen che era riuscito ad arrivare sul pallone ma non a bloccarlo. La sfera, passata sotto il fianco del portiere tedesco, è rotolata lentamente in rete, rendendo vana la quasi parata dell’estremo difensore blaugrana. La rete del 2-1 con la quale il Valencia ha accorciato le distanze, giunta all’87’, ha caricato la squadra di Marcelino e impaurito la formazione di Valverde che in una circostanza ha rischiato di subire la rete del pareggio. Da parte sua la squadra blaugrana, sospinta da un pubblico ritrovato, ha sprecato una clamorosa occasione di arrotondare il risultato e chiudere anzitempo la gara, non concretizzando un micidiale contropiede importato da Messi e mal concluso da Denis che, solo davanti a Neto, ha sparato addosso al portiere proteso in uscita. Il triplice fischio arbitrale ha riconsegnato una squadra al suo pubblico.

Con questa vittoria el FC Barcelona porta a meno 7 i punti che lo separano dalla conquista matematica della Liga e consegna alla storia un record che sarà difficilmente avvicinabile da qualsiasi altra formazione in futuro. Per crudele scherzo del destino, questo record straordinario giunge proprio la settimana in cui la squadra è andata invece incontro ad una tra le sconfitte più brucianti della storia, quantomeno moderna, del club.  

FC Barcelona – Contro il Valencia al Camp Nou per ripartire

Il Barça, questo pomeriggio contro il Valencia di Marcelino, ha l’occasione di chiudere un capitolo nero della sua storia e riaprirne un altro che guarda verso l’orizzonte sterminato con rinnovata fiducia. Chiudere il libro di Roma e aprirne un altro, nuovo, con la copertina dedicata ad una Liga da chiudere e una Copa da conquistare. Dopo il fracaso del triplete, mai come quest’anno alla portata dei blaugrana, tanto più dopo il sorteggio delle semifinali che hanno visto la Roma accoppiata con il Liverpool, si deve puntare al doblete. L’accoppiata Liga – Copa è comunque un traguardo ambizioso e prestigioso. Per chiudere la Liga mancano tre vittorie e un pari. Si deve iniziare da oggi contro il Valencia. Per conquistare la quarta Copa di fila, un nuovo record per la formazione blaugrana, bisognerà battare il Sevilla nella Finale del 21 di questo mese. Due traguardi importanti da conquistare ad ogni costo. Per farlo servono testa sgombra, serenità, gambe leggere. Tutto il contrario di quanto si è visto alla ripresa degli allenamenti dopo la cocente eliminazione dalla Champions 

L’avversario di turno è uno dei peggiori che gli potesse capitare. Il Valencia di Marcelino, impegnato nella battaglia per la conquista dell’Europa. Un avversario scomodo, che attacca con velocità e fantasia, ma che può contare anche sulla potenza di giocatori come Zaza che hanno nella fisicità la loro arma migliore. La squadra valenciana è dunque un mix di doti e potenzialità che in questo momento decisamente critico per il Barça può mettere in seria difficoltà la squadra di Valverde, ancorché a domicilio.

Già lo scorso campionato era accaduto, infatti, che dopo l’eliminazione dalla Champions, quella volta ad opera di un’altra italiana, la Juventus, alla ripresa del campionato il Valencia piombasse al Camp Nou con la furia delle Valchirie per decidere, in battaglia, chi dovesse soccombere. E, in quella circostanza, decisero a favore della squadra della Comunitat Valenciana.

Oggi il clima è simile a quello dello scorso anno. Con una differenza. Che quest’anno la sconfitta in Champions è molto più distruttiva di quella dell’anno passato. Il modo in cui essa è giunta è stato recepito come un evento luttuoso e catastrofico da tutto l’ambiente. A partire dalla squadra, che non per niente alla ripresa degli allenamenti nella giornata di ieri, ha mostrato capi chini, musi lunghi, e una tristezza che difficilmente si era notata nei momenti bui vissuti dai blaugrana nelle stagioni passate. Lo stesso sentimento di disfatta, come se avessero sottratto dalle mani di un candido ed innocente bambino il giocattolo preferito, è percepibile tra i tifosi. Tra le strade di Barcelona si respira un clima attonito di chi ancora non si capacita di ciò che è accaduto. E’ veramente come se fosse finito tutto la notte di Roma. C’è ancora una Liga e una Copa da vincere, ma sembra che a nessuno importi più. Sembra davvero che martedì sia finita la stagione del Barça.

Oggi vedremo come reagirà squadra e pubblico a questo fracaso di proporzioni epiche. Inizieremo a verificare l’affluenza del pubblico al Camp Nou e la loro voglia di sostenere i giocatori. Si sarà rotto qualcosa tra aficion e squadra? Questo è il momento per scoprirlo. Dalla reazione dello stadio si potranno capire tante cose. Dalla reazione dei giocatori alla barbarie di Roma si potranno anche decifrare quello che potrà essere il futuro di alcuni dei protagonisti della plantilla e di Valverde stesso. Una partita fondamentale, dunque, per una innumerevole serie di motivi.

Ricominciare a vincere è la medicina migliore per cercare di riprendere fiducia e un cammino verso un doblete che, al momento, è visto come la peggiore tirannia che ci possa essere al mondo. Ma è comunque un modo per ricominciare a vivere. Somatizzare il lutto per la perdita del cammino Champions sarà un processo lento e lungo. Quel percorso inizia oggi. E può partire solamente attraverso una vittoria convincente. Una eventuale caduta questo pomeriggio contro il Valencia, invece, porterebbe in dote sviluppi davvero imprevedibili, sia sul piano della classifica, sia su quello decisionale da parte della Junta Directiva.

Valverde ricomincia da Coutinho, punto fermo in questa gara di Liga. Con Rakitic out per la frattura ad un dito della mano, immediatamente operato, saranno della gara Paulinho, che nell’ultimo tempo ha perso protagonismo, e probabilmente Dembélé schierato a centrocampo. Da verificare con curiosità il ruolo che sarà assegnato a Sergi Roberto. A centrocampo come nella doppia sfida con la Roma, con Semedo dietro di lui (esperimento mal riuscito), o nuovamente esterno basso in difesa? In difesa è altamente probabile l’esclusione di Umtiti, disastroso in Champions, e il recupero in squadra di Vermaelen. In attacco nessuna novità, invece, con Messi e Suarez.

Editoriale – FC Barcelona Le conseguenze dell’eliminazione di Roma

Ogni azione ha una reazione. La sconfitta e l’eliminazione di Roma non è passata inosservata. Ha lasciato scorie, ruggini, frizioni in tutto l’ambiente. L’aficion non ha digerito l’attitude con la quale la squadra non ha giocato la partita. Quel modo di buttarsi via, così sciatto e menefreghista è stato inaccettabile. Pensare che nei 5/7 minuti nei quali la squadra ha giocato ha collezionato tre tiri in porta e una serie di calci d’angolo frutto di pericolosissime azioni sotto porta che hanno mandato nel panico la difesa giallorossa, non fa altro che aumentare il rimpianto, e con esso, la rabbia per una partita buttata via di malagrazia. Non sempre si può vincere, vero. E nessuna sconfitta è disonorevole se sorretta dall’onore cavalleresco della sfida a viso aperto e senza compromessi, nella quale, inevitabilmente, uno dei due contendenti deve soccombere. Ma nel fracaso di Roma nulla è stato onorevole, a spregio di ogni regola sul senso gentilizio della competizione sportiva. Non è stato un miracolo compiuto dalla Roma, no signori, piuttosto un Harakiri rituale del Barça che ha scelto di fare uno sciopero in bianco e buttare al vento una qualificazione virtualmente chiusa all’andata. 

Non si può nemmeno dire che il nefasto esito della partita abbia preso alla sprovvista la squadra. All’uscita degli spogliatoi al termine dell’intervallo, nel sottopassaggio che immette sul terreno di gioco, le telecamere hanno colto un frammento di parlato di Iniesta con Sergi Roberto. Il numero 8, candidamente, ha detto: “Se continuiamo a fare come stiamo facendo finiremo per essere eliminati”. Detto fatto. Il pasticcio, la frittata, le scramble eggs, scegliete voi ciò che più vi piace, era nell’aria sin dai primi minuti. La mancata reazione di squadra e allenatore ai pericoli che diventavano sempre più evidenti con il trascorrere dei minuti è l’aspetto più grave di tutta la situazione. 

Nelle ore successive alla gara sono iniziati ad arrivare appelli alla pazienza e alla calma rivolti ai tifosi da parte di giocatori (Ter Stegen) ed ex (Puyol), i quali hanno chiesto alla aficion di fare quadrato e non far mancare il sostegno alla squadra in questo momento delicato della temporada, quando sono ancora in gioco la Liga e la Copa. 

A quarantotto ore dalla debacle ancora non si muove una foglia intorno alla squadra. A Can Barça si sta vivendo come in un sogno, dove tutto è sospeso in attesa di qualcosa che dovrà capitare. E’ come in una giornata plumbea, con un’atmosfera umida, leggermente pungente. Fiuti l’aria e capisci che qualcosa sta per accadere. Non sai ancora bene quando e cosa, ma sai per certo che qualcosa avverrà. Come la calma che precede la tempesta.

Qualche primissima avvisaglia di questa tempesta è l’improvviso rallentamento nelle trattative per il rinnovo di Umtiti (uno dei peggiori a Roma). Se negli ultimi tempi c’era stata un’accelerata anche stante la bassa clausola a corredo del suo contratto, ora dall’interno della directiva si è deciso di prendersi un po’ di tempo per rivalutare la situazione. Certi comportamenti non passano inosservati. E, per dirla con Shakespeare, richiedono la loro libbra di carne. Il francese non sarà l’unico a finire sotto la lente del club. Altri profili saranno vagliati in vista della prossima stagione affinché certe situazioni non abbiano più a ripetersi. Dopo il Motin del Hesperia, era arrivato Cruyff che aveva fatto piazza pulita di gran parte della plantilla. Ora non siamo a quei livelli di gravità certo, ma la delusione di tifosi e directiva è tanta. Al fine di evitare il perpetuarsi di fatti di questo genere, la rosa è da valutare attentamente. E, se del caso, operare con scelte radicali e profonde. Talvolta una pianta necessita di una potatura profonda per riprendere a germogliare e riacquistare il suo vecchio splendore. Nessuno escluso.