Questa di stanotte, Wanda Metropilotano ore 21:30, non sarà una Finale di Copa del Rey come tante altre. Sarà una partita che si porterà dietro un imperativo. Vincere e convincere. Un po’ tutte le finali lo sono, direte voi. Le finalissime si giocano per essere vinte, non certo per essere perse. Anche il Sevilla scenderà in campo con lo stesso obiettivo. Ma, a differenza della squadra andalusa, o delle altre finali di Copa giocate dal Barça nelle scorse stagioni, questa porta in sé insita l’Obbligo di vincerla. Obbligo scritto e letto con la “o maiuscola”.
Dopo il ridicolo di Roma infatti, la squadra e il suo allenatore devono cercare di risarcire al massimo il club, ma sopratutto la aficiòn e il barcelonismo tutto. Non basterà vincere la Liga, no. Adesso il doblete è il minimo indispensabile per andare avanti tutti assieme. E per tutti insieme si intende giocatori e allenatore. E chissà, dirigenza, in vista delle prossime elezioni. Forse il doblete potrebbe anche non bastare, sopratutto se il Real Madrid dovesse vincere la sua terza Champions League di fila. La sconfitta ridicola, gravosa, umiliante, imbarazzante, atterrente di Roma, con conseguente eliminazione, non potrà essere rimarginata facilmente. Servirà molto tempo perché quella ferita possa lenirsi. Potrà forse fare meno male con il passare del tempo, ma mai si cicatrizzerà. Resterà come una macchia, un monito, un marchio a lettere di fuoco sul nome e la storia del club.
Ecco perché, adesso, la vittoria della Liga e quella eventuale di stanotte in Copa contro il Sevilla sono il minimo indispensabile per evitare conseguenze ben maggiori. Nonostante un campionato da record, con la maggior serie di partite da invicto della storia della Liga spagnola; nonostante il possibile record di chiudere il campionato da imbattuti. Record che passeranno in secondo piano, giacché tutti ricorderanno questa come la stagione del fracaso ridiculo y inmenso di Roma in Champions.
fcbarcelonafootball aveva anticipato il 12 aprile (https://passiobarca.wordpress.com/2018/04/12/editoriale-fc-barcelona-le-conseguenze-delleliminazione-di-roma/) a disastro avvenuto, che il clima che si stava respirando intorno alla squadra e allo staff era innaturale. “A quarantotto ore dalla debacle ancora non si muove una foglia intorno alla squadra. A Can Barça si sta vivendo come in un sogno, dove tutto è sospeso in attesa di qualcosa che dovrà capitare. E’ come in una giornata plumbea, con un’atmosfera umida, leggermente pungente. Fiuti l’aria e capisci che qualcosa sta per accadere. Non sai ancora bene quando e cosa, ma sai per certo che qualcosa avverrà. Come la calma che precede la tempesta” avevo scritto. E ancora: “Al fine di evitare il perpetuarsi di fatti di questo genere, la rosa è da valutare attentamente. E, se del caso, operare con scelte radicali e profonde. Talvolta una pianta necessita di una potatura profonda per riprendere a germogliare e riacquistare il suo vecchio splendore. Nessuno escluso”.
Adesso in seno alla Junta sembra che abbiano sposato in toto questo pensiero che si è rivelato come una chiara e certa anticipazione di quella che sarebbe stata la linea di azione del club. Iniziano a fuoriuscire le prime mezze parole, i primi sussurri, le conferme. Era chiaro, per chi ben conosce il mondo blaugrana, che non poteva esserci altra conclusione. Il Barça non è un club normale. L’FC Barcelona non può permettersi di essere eliminato da un Quarto di Finale di Champions dopo aver vinto la gara d’andata per 4-1 contro una squadra come la Roma. E, tanto meno, se quella stessa coppa dovesse rivincerla il Madrid. Nonostante la stagione dei record prima ricordata, nulla è più scontato. Né i giocatori, né l’allenatore (nell’immediato); neanche la Junta Directiva (alle prossime elezioni). Tutto è sotto esame. A partire da oggi in Finale contro il Sevilla.
Oggi Valverde dovrà dimostrare di essere un allenatore da finali, da partite importanti da dentro o fuori. Ottimo nell’ottica di un lungo impegno sportivo come il campionato, alla prova d’esame più importante, in una sfida a eliminazione diretta, ha dimostrato delle mancanze francamente impensabili e preoccupanti per un allenatore che dovrà dirigere anche nei prossimi anni il FC Barcelona.
Da parte sua, stanotte la squadra dovrà dimostrare di possedere ancora il killer instinct che ha sempre caratterizzato le stagioni vincenti di questo club. Chi lo ha perso, o chi non lo ha mai avuto (può anche capitare di scambiare un asino per un cavallo, sopratutto se visto da lontano mentre si va di fretta), può anche farsi da parte. Perché, Liga o non Liga, Copa o non Copa, il prossimo anno il Barça sarà obbligato ad andare in fondo alla Champions e, possibilmente, vincerla. Le stagioni degli alibi, dei Ritenta, sarai più fortunato, come si legge in tanti concorsi a premi basati sulla fortuna, sono finite. La Champions non è fortuna (o non solo). E’ innanzitutto programmazione e oculatezza, intelligenza e capacità gestionali di giocatori e risorse, fisiche e mentali. E questo vale per giocatori, staff tecnico e Junta Directiva.