Giuseppe Ortu Serra
Una pessima prima parte di gara, ed una seconda decente sono sufficienti al Barça per conquistare l’accesso alla finale di Supercopa di domenica contro il Madrid. Due a zero con reti di Lewa e Yamal, entrambe realizzate nel secondo tempo.
La prima metà di gara ha visto una squadra imbarazzante, senza idee, con un gioco vecchio, lento, statico, impreciso. Il Barça di Xavi è una squadra che gioca ad un ritmo e ad una velocità che era bassa anche negli anni ’50. Gettiamo giù la maschera. Questo allenatore non può dare niente a questa squadra, a questi giocatori, a questo club. Vecchia nella concezione, questa è una formazione improduttiva in ogni reparto. La difesa è barcollante, il centrocampo non costruisce e non difende, l’attacco non punge. Il primo tempo è stato di una desolazione assoluta. La squadra gioca con un unico schema: palla indietro e palla laterale. Ogni tanto si tenta l’apertura su una delle fasce. Qualche volta una imbucata. Ma è più il frutto di una circostanza fortunata o di un mancato intervento difensivo degli avversari, che di una azione orchestrata dai blaugrana. Per i difensori a tutti i costi di un allenatore che ormai ha dimostrato di non avere nulla da dare al calcio, sarà certamente colpa dei giocatori (domanda: chi li allena, chi li schiera, chi li fa muovere sul terreno di gioco?), o dell’erba del campo, o degli uccellini che svolazzavano sul terreno di gioco. La verità è un’altra. Xavi non riesce a incidere su questa squadra perché non ha nulla di nuovo da dare. Si ostina a sostenere che stanno costruendo un “cammino verso l’eccellenza”. Non si sa a quale eccellenza si voglia riferire, posto che questa è una squadra morta. Con Koeman giocava male. Con el de Terrassa non si gioca nemmeno. L’encefalogramma blaugrana è più piatto di una tavola da surf. Nel primo tempo il Barça ha tenuto palla, ha avuto tre occasioni, e ha dormito insieme agli spettatori. L’Osasuna ha minacciato due volte con pericolosità, mettendo a referto la chance più grossa, con Budimir che ha aggirato Araujo (palla da una parte, giocatore dall’altra) e ha calciato in uno contro uno verso Pena. La respinta bassa del portiere blaugrana ha salvato il risultato. Questa squadra va in un solo senso. Non è in grado di cambiare passo, marcia, ritmo. Non riesce a giocare diversamente da uno stanco, lento, prevedibile muovere la palla da destra a sinistra, da sinistra a destra. Xavi non conosce nessun altro modo di giocare. Non conosce schemi, non ha idee come i suoi giocatori: tristi, confusi, che sbagliano anche le cose più elementari come fossero oscuri giocatori di una media di segunda. Se fosse onesto, invece che predicare su progetti vincenti, su cammini verso eccellenze che vede solo lui, presenti solo nel suo mondo utopico e distopico, dovrebbe avere l’onestà intellettuale di rimettere il mandato e staccare la spina a una squadra che vive solo grazie alla respirazione assistita.
Nella ripresa è arrivato il goal di Lewandowski su assist e imbucata di Gundogan. Il polacco, dal limite, ha incrociato sul palo del portiere, portando in vantaggio i blaugrana. La rete ha acceso l’animo della squadra, e affossato la formazione di Arrasate. Da quel momento il Barça ha giocato meglio. L’Osasuna è sparito dal campo, lasciando via libera agli azulgrana che hanno cercato con maggior insistenza la rete del raddoppio anche grazie agli ingressi in campo del Gato Félix e di Pedri. Con loro anche Yamal, meno presente rispetto al portoghese e allo spagnolo, anche se autore della seconda marcatura. Pedri, lentamente, ha dato vivacità ai compagni, al pari del talento e delle giocate di Joao Félix. L’Osasuna si è fatto vivo dalle parti di Pena solo due volte, con Budimir e Raul García. Il raddoppio di Yamal, su elegante giocata di Joao Félix, ha chiuso i conti, strappando il pass per la finale di domenica contro il Madrid.