Giuseppe Ortu Serra
Il pareggio del Barça in casa contro l’Inter, praticamente una sconfitta, e la virtuale retrocessione in Europa League per il secondo anno consecutivo (non accadeva dalla fine degli anni ’90 che il Barça non venisse eliminato due volte di seguito dai gironi di Champions: 97-98 e 98-99. Record negativo eguagliato) è un vero disastro economico e sportivo. Ma si sa, i disastri non arrivano mai da soli e non accadono mai all’improvviso. Il Barcelona è arrivato al minuto 97 di Barça – Inter attraverso un lungo percorso. Una serie di accadimenti di per se stessi non decisivi, ma che, messi insieme l’uno all’altro, hanno fatto precipitare la squadra, in maniera inesorabile, verso l’evento di ieri notte. Una serie di fatti, come le molliche di Pollicino, che messe in fila una dopo l’altra hanno portato a segnare la strada del destino verso un finale che nessuno si sarebbe mai sognato neanche solo di pensare, figuriamoci di scrivere. La longa manus del fato, del destino, ha fatto scivolare il Barça, ieri, verso la sua Ora Zero, che corrisponde al 97° minuto di gara, momento in cui l’arbitro Marciniak ha decretato la fine della gara con il suo triplice fischio.
La disfatta, il fallimento per meglio dire, inizia con il doppio infortunio dei centrali difensivi Araujo e Koundé in nazionale. L’infortunio di Araujo, al primo minuto di una inutile amichevole, Iran – Uruguay giocata in Austria il 23 settembre, ha costretto il giocatore a sottoporsi ad intervento chirurgico e a saltare tutta la prima parte di stagione, con un ritorno in campo fissato per il 2023. Idem dicasi di Koundé, infortunatosi al 23′ di Francia – Austria, partita di Nation League disputata il 22 settembre. Anche per il centrale francese uno stop lungo, con tempi di recupero che potrebbero coincidere con il Clásico di domenica prossima. Non solo, durante Inter – Barça della settimana scorsa, nel corso di un contrasto di gioco, si è infortunato anche Christensen, altro centrale difensivo. Conclusione, dei 5 centrali di cui disponeva Xavi, si sono salvati appena in due: Eric, che al massimo può fare la panchina in una formazione top class, e Piqué. Nel suo caso, invece, il suo ruolo è, al massimo, lo spettatore in tribuna al Camp Nou. Con la coppia Araujo – Koundé disponibile non avrebbe mai giocato Piqué, senza il quale non si sarebbe mai arrivati né alla rete dell’uno a uno, né a quella del due a tre. Con la coppia titolare in campo, o con almeno uno dei tre, inserendo nel calderone anche Christensen, quella palla non sarebbe mai passata perché intercettata dalla contraerea e spazzata via. Quello è stato il primo, ma fondamentale errore, che ha portato ad una concatenazione di altri svarioni. Non ultimo quello di Busi, che al massimo può giocare un tempo, con una squadra sbilanciata perché costretta a rischiare per ribaltare la situazione.
Non solo. A seguire tutte le concatenazioni di fatti che hanno portato all’Ora Zero del Barça, troviamo strada facendo anche gli errori arbitrali, che vanno contati e inseriti nel contesto. Di per se stessi non decisivi, ma sì se considerati nello sguardo d’insieme. L’evidente e chiaro fallo subito in area da Dembélé a Monaco di Baviera contro il Bayern sul risultato di 0-0 nei primi 45 minuti avrebbe potuto cambiare totalmente la partita e il risultato finale, portando nel carniere del Barça dei punti che avrebbero modificato l’asfittica classifica attuale. Ma è sopratutto il mancato rigore di Milano, al 92′ di una partita terminata con la sconfitta della formazione di Xavi che pesa come un macigno. Quella stoppata cestistica di Dumfries ad anticipare il tiro di Ansu sarebbe valso il rigore del pareggio. Risultato che avrebbe consentito ai blaugrana, unito al 3-3 di ieri, di mantenere la seconda posizione davanti alla formazione nerazzurra.
Vedete come cambiano totalmente le cose se viste nel loro insieme? Nessuno di quei fatti, da solo, è di per sé decisivo. Ma se uniti in un unico disegno, portano, inevitabilmente a precipitare la storia verso quel 97° minuto che costituisce per il Barça la sua Ora Zero. Sembra il disegno del destino, del fato, come quando una serie di apparentemente inutili e ridicoli ritardi o contrattempi (la macchinetta del caffè che si inceppa, una telefonata che ti blocca sulla porta di casa, l’ascensore occupato) fa sì che una persona si trovi ad attraversare la strada proprio nel momento sbagliato. Sarebbe bastata una frazione di secondo in più o in meno. Come, per il Barça, sarebbe bastato che solo uno dei fatti descritti non si accumulasse agli altri per aver avuto, ieri, un esito diverso.