Editoriale – Il progetto per Fare Fuori Leo Messi

di Giuseppe Ortu Serra

Il progetto è in marcia da tempo. Una delegittimazione continua, puntuale, assidua, instancabile. Puntuale come un cronometro certificato, scientifica come una ricerca di laboratorio con tanto di provette, ampolle, microscopio, spettrometro di massa. Il tentativo ha un unico scopo, un unico fine. Costringere Leo Messi a fare i bagagli e trasferirsi il più lontano da Barcelona. Dove? Per i promotori di questo complotto non ha importanza dove. Manchester, Parigi, New York, Dubai o Timbuktu. Purché sia, ovunque fosse, ma lontano da Barcelona
Nelle ultime ore sono giunti nuovi indizi di quella che sta ormai diventando una prova granitica di questo progetto. Le dichiarazioni dell’ex agente di Griezmann che ha sparato a zero su Messi incolpato del mancato inserimento del suo ex assistito in blaugrana a cui è stato data una gran pompa in Catalunya; il filo di domande a cui è stato sottoposto Messi a El Prat al suo rientro dal Perù, dove aveva giocato con la albiceleste, proprio su quel tema da parte dei giornalisti assiepati ad attenderlo come un plotone di esecuzione. Domande che hanno portato il giocatore a sbottare, esplodendo in un moto di rabbia avvelenato, nella classica delle sue espressioni: “Sono stanco di essere sempre accusato di essere il problema di tutti i mali del club”; i minuziosi controlli alla dogana dello scalo privato del terminal a cui è stato sottoposto insieme alla famiglia e a tutto l’equipaggio del suo volo, come se, invece di Messi, avesse fatto Escobar, o Messina Denaro, di cognome. 
Tutte situazioni sommatesi nel giro di poche ore che vanno ad aggiungersi a uno stillicidio costante, persistente, calcolato e scientifico, quasi matematico, di attacchi personali scatenatisi negli ultimi anni. E non è tutto. Nelle ultime settimane le dichiarazioni a orologeria, avvelenate e velenose, di Setién contro la dittatura del terrore instaurata dal minaccioso, terribile e prevaricatore ragazzo di Rosario, un vestito comportamentale cucitogli addosso da chi aveva appena visto il capolavoro di Orson Wells L’Infernale Quinlan. Certo, la sua decisione di uscire fuori con il burofax non lo ha aiutato. Quello è il suo peccato originale. Una mossa sbagliata in una strategia contraria in piedi da molto, troppo tempo. Uno scivolone che in tanti speravano che prima o poi facesse. 
I segnali del progetto di costringere Leo Messi a lasciare città e club sono vecchi di anni ormai. Parte della stampa catalana  soffia contro il numero 10 da molto tempo, mettendo in evidenza qualsiasi granello che possa fuoriuscire da quello spartito di eccezionalità, di eccellenza, di meravigliosa quotidianità che il ragazzo sta scrivendo, e eseguendo, da più di vent’anni. Troppe le continue voci che vanno contro il 10 blaugrana per essere il frutto del caso, che tendono a metterlo in cattiva luce, a oscurarne la stella che illumina il Camp Nou molto più dell’illuminazione artificiale dell’impianto stesso. Quando Leo Messi scende in campo il Barça prende colore, si illumina d’immenso, inizia a giocare e a splendere. Senza di lui è una squadra in bianco e nero, con poco contrasto e sovraesposta, come una composizione musicale eseguita con poco brio, in maniera monocorde, buttata lì. 
Ad alcuni settori del barcelonismo questo non va giù. Non piace più questa poesia in campo, questi fari costantemente su di lui che lascia nell’ombra della meschinità tanti altri e scatena gelosie e complotti degni della Corona britannica del 1300. Di conseguenza fa di tutto perché l’epoca di Messi in blaugrana finisca al più presto
In maniera codarda, chi spinge verso questa drastica soluzione non vuole nemmeno assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Tipico dei codardi, lanciare la pietra e nascondere la mano per poi incolpare una terza persona che passava di lì per caso. Fossimo negli stati del sud degli Usa sarebbe certamente colpa di un nero che stava transitando ed è stato visto aggirarsi in zona con fare sospetto. A Barcelona, invece, la colpa è di Messi. La squadra non gira? La colpa è di Messi. Griezmann non gioca bene? La colpa è di Messi. Il Barça viene schiantato 8-2 dal Bayern? La colpa è di Messi. Ibrahimovic o David Villa a suo tempo non si sono inseriti? La colpa è sempre e solo di Leo Messi. Non mancherà molto affinché anche la diffusione del coronavirus sarà imputato a Leo Messi a Barcelona. La defenestrazione degli incapaci Martino, Valverde e mister Uomo Qualunque? Sempre colpa sua.
Perché tutto ciò? Perché questa volontà autodistruttiva del barcelonismo? Possono essere individuati sostanzialmente tre ordini di motivi. Il primo. L’aspetto economico. In tempo di pandemia, di crisi economica, fare cassa e procedere alla riduzione di spese richiede intelligenza, lavoro e applicazione. Pensare di vendere il giocatore più forte della rosa con un ingaggio stratosferico e ottenere una montagna di danaro immediatamente (a gennaio) o semplicemente rinunciare al suo ingaggio a partire da giugno è certamente più facile. Ci riuscirebbe anche un bambino. Come quando devi lanciare una campagna pubblicitaria di un prodotto commerciale. Realizzare una campagna intelligente e che funzioni necessita di cellule grigie, per dirla con Hercule Poirot, affidarsi a un testimonial famoso significa poter spegnare il cervello e dormire sulla scrivania dell’ufficio. A Barcelona accade lo stesso per quanto riguarda Messi. 
Punto due. Il caprio espiatorio. Un po’ quanto scritto in precedenza a proposito di sparare da dietro i muretti a secco restando invisibili o lanciare la pietra nascondendo la mano. Facile accusare Messi di tutti i problemi del club, della squadra e del Barcelonismo. Più complicato è analizzare i problemi, individuare le cause, trovare le soluzioni e alzare la mano per dichiarare le proprie responsabilità.
Punto tre. Il ruolo di Messi e il potere acquisito dalla squadraPiqué lo aveva dichiarato chiaro e tondo nella sua intervista a La Vanguardia“Se in alcuni momenti la squadra ha preso in mano il potere, è perché chi avrebbe dovuto esercitarlo non lo ha fatto”. Demandare il potere e scaricare sugli altri la responsabilità è facile. Sopratutto perché quando le cose vanno male si può sempre dire: “Io non c’entro; non l’ho fatto io; non ne sapevo niente; io ero altrove”. Tutto nel più classico gergo delinquenziale. La colpa è sempre degli altri. Essere il più forte, il più bravo, il migliore, può essere snervante quanto essere un incapace. Ti assumi un peso enorme che può finire con lo schiacciarti e farti diventare antipatico. Essere Zio Paperone è per certi versi molto più difficile che interpretare lo sfigato Paperino. Zio Paperonediventa antipatico, sempre così vincente. Lo sfortunato Paperino diventa automaticamente simpatico. Con Messi da certi settori blaugrana è stato lo stesso. Supportato all’esterno perché fa vincere la squadra, mal sopportato e detestato off the record. E così, con il passare degli anni, diventando meno decisivo che in passato, qualcuno ha deciso di iniziare a fargli scontare tutti quei privilegi e onori di cui era stato fino ad ora sommerso.
E’ triste e meschina la vita. Fatta di persone piccole, ottuse, mancanti di spessore, qualità morali e sentimenti. Piccole macchine calcolatrici con un registratore di cassa al posto del cuore, chip come sinapsi e un software senza vita umana in luogo del cervello.

Busi, Cou e l’addio di Mascherano

di Giuseppe Ortu Serra

Un lunedì di buone novelle per Ronald Koeman. L’infortunio di Sergi Busquets è meno grave del previsto; Philippe Coutinho è pronto per rientrare in squadra. Sono queste le notizie positive che provengono dall’infermeria del Barcelona. Ma andiamo per gradi e iniziamo a parlare di Sergi. Il numero 5 blaugrana, infortunatosi in nazionale nella ripresa della sfida di Nations League contro la Svizzera, e che inizialmente sarebbe dovuto stare fuori per tre settimane come avevamo informato nell’immediatezza dei primi esami medici effettuati in seno alla selezione spagnola, starà lontano dai campi di gioco solo per una settimana. Il giocatore, che salterà la sfida con la Roja contro la Germania, non sarà disponibile nemmeno per l’altra importante partita, questa volta del suo Barcelona, contro l’Atletico al Wanda Metropolitano. Sarà tuttavia arruolatile per le altre gare di campionato e Champions che inizialmente erano state cancellate dal suo carnet di ballo. 

Coutinho invece, infortunatosi nel corso del clásico, è pronto a riprendersi il suo posto in squadra dopo aver superato la lesione che lo aveva costretto a perdersi parte dell’ultimo cammino della squadra. Il giocatore brasiliano, rientrato in gruppo con il resto della squadra, quest’oggi ha svolto completamente il lavoro di allenamento fatto svolgere dal suo allenatore. Se non ci saranno problemi nei prossimi giorni e la sua progressione sarà costante, il ragazzo potrà rientrare in formazione proprio nella sfida ai colchoneros di Luis Suárez. L’uscita di Coutinho dall’undici blaugrana è coinciso con il periodo di calo della squadra, caratterizzato da un gioco stentato, lento e da una perforabili difensiva figlia anche di un mancato filtro compiuto dalla squadra nelle fasi di transizione. Vediamo se basterà la presenza in campo del 14 per riavvolgere il nastro alle prestazioni della prima parte della stagione. 

Da un 14 ad un altroMascherano, il jefecito, ha dato l’addio al calcio. Una lunga carriera contrassegnata da vittorie, trionfi, soddisfazioni conseguite in maglia blaugrana; un po’ meno con la camiseta albiceleste, ma sempre un monumento di quella squadra. Si ritira dal calcio giocato un baluardo della difesa di un grande Barça; un giocatore che merita una ovazione e un gran riconoscimento da parte di tutto il barcelonismo unito per quello che è sempre riuscito a dare. Competizione, attaccamento alla maglia, prestazioni, successi. Hasta luego Jefe. I moltes gracies!      

Le scorie di Svizzera-Spagna – Sergi Busquets fuori per tre settimane

di Giuseppe Ortu Serra

La partita di Nations League tra la Spagna e la Svizzera di ieri notte, partita finita con il risultato di 1 a 1, ha lasciato scorie non soltanto nella classifica del girone, ma anche nelle gambe dei giocatori. Busquets si è infatti infortunato nel corso della partita. Il giocatore blaugrana è uscito dal campo al 72′ a causa di un infortunio al ginocchio della gamba sinistra.

Un contrattempo in chiave barcelonista giacché, in mancanza di ulteriori esami diagnostici ai quali si sottoporrà il giocatore nella giornata di lunedì, dai primi controlli effettuati in seno alla selezione spagnola si parla di una prognosi che si aggira sulle tre settimane. Uno stop che causerà certamente qualche grattacapo al tecnico olandese del Barcelona, sebbene in squadra Koeman potrà contare su una dupla di garanzia per il ruolo di doble pivoteDe Jong e Pjanic sono già pronti per scendere in campo e portare avanti il progetto dell’allenatore olandese in mancanza di Busquets. Non sarà una assenza determinante quella del numero 5 del Barça, tenendo conto anche delle numerose critiche che il giocatore di Badía aveva ricevuto e collezionato in questo inizio di stagione. Prestazioni nettamente sotto la media, meglio sotto la sufficienza, dovute a scarsa concentrazione, contornate da una infinità di palle perse e da una lentezza nei movimenti e nei contrasti che gli avevano attirato uno sciame di critiche di chi lo voleva (e tuttora lo vuole) fuori dall’undici titolare e lontano dal terreno di gioco. Nonostante ciò Koeman lo aveva quasi sempre mandato in campo preferendolo al bosniaco Pjanic. Le voci su una convivenza difficile in campo tra Busi e De Jong, sul fatto che l’olandese soffra la sua presenza fino ad esserne limitato nella sua azione (secondo molti Busi gli pesta i piedi e limita la sua libertà di movimento), non hanno mai fatto presa nelle scelte di Ronald Koeman. Adesso l’assenza forzata di Busquets apre definitivamente le porte alla nuova coppia di centrocampo. Quando è stato utilizzato, Pjanic ha sempre lasciato delle buone sensazioni, con scelte azzeccate nei movimenti e nelle soluzioni.

Se la prognosi dovesse essere confermata, Busquets dovrebbe restare fermo fino al 6 di dicembre, con la conseguenza che perderebbe tre partite di Liga (Atletico Madrid del 21 novembre, l’Osasuna del 29 e la trasferta di Cadice del 5 dicembre. In Champions salterà la doppia trasferta contro la Dinamo Kievdel 24 novembre e il Ferencvaros del 2 dicembre). Il giocatore, se tutto procedesse secondo il preventivato, sarà nuovamente a disposizione per l’ultima del girone di Champions, la partita casalinga contro la Juventus. Incontri che possono avere un certo peso in Liga visto la precaria situazione in cui la formazione blaugrana versa in classifica. Sopratutto la sfida contro l’Atletico dell’ex Suárez al Wanda sarà complicata.

Tenendo tuttavia conto di quanto detto finora, vale a dire la situazione fisica scadente di Sergi, le numerose critiche piovutegli addosso per questo scadente inizio di stagione, non è certamente l’assenza più difficile da digerire per la formazione blaugrana. Vero è che viene a mancare un cambio sicuro a Ronald Koeman, ma forse sarà anche l’occasione per rivolgere lo sguardo altrove in panchina, verso quei giocatori giovani che fino a questo momento non hanno avuto quella chance che ci si sarebbe attesi. Uno di questi è certamente Alená. 

“Sutura meniscale” per Ansu. Ritorno in 4 mesi

di Giuseppe Ortu Serra

Ramon Cugat - Wikipedia

L’operazione al menisco interno del ginocchio sinistro di Ansu Fati è perfettamente riuscita. Eseguita nella giornata di oggi dal dottor Cugat, uno dei massimi specialisti in materia, il ragazzo dovrà stare fermo approssimativamente 4 mesi. L’articolazione è stata suturata e il menisco non è stato asportato totalmente. Questo tipo di intervento, chiamato sutura meniscale o meniscopessi, consiste nella riparazione tramite sutura, anziché nell’asportazione, della porzione di menisco lesionata in modo da conservare tutta la superficie meniscale. In questo caso i tempi di recupero sono maggiori, ma si evita anche il rischio di una rapida rigenerazione articolare della cartilagine. Stante la sua giovane età si è preferito assicurare la totale guarigione del menisco. Maggiore periodo di stop uguale migliori garanzie di un totale e permanente recupero funzionale dell’articolazione. L’operazione è stata compiuta in artroscopia. L’anestesia in casi del genere più essere locale o spinale a seconda delle preferenze del chirurgo. A livello pratico, i margini della lesione vengono riuniti attraverso dei punti di sutura, salvo poi suturare, chiaramente, gli accessi artroscopici a livello della cute. Circa i tempi di recupero, in termini generali la sutura meniscale prevede solitamente un ritorno all’attività agonistica in 2-3 mesi. Nel caso di specie i quattro mesi indicati nel comunicato ufficiale potrebbero significare un calcolo del decorso votato alla prudenza o un quadro clinico più complesso con interessamento dei legamenti. Ma sono chiaramente tutte mere supposizioni. Il dato ufficiale è una sutura meniscale con 4 mesi di prognosi. 


Calendario alla mano il ragazzo dovrebbe rientrare a disposizione di Ronald Koeman intorno al mese di marzo. Giusto in tempo per affrontare la parte decisiva della stagione di Champions. In attesa della guarigione di Ansu, Koeman dovrà fare di necessità virtù e trovare delle contromisure all’interno della rosa che permettano di patire il meno possibile l’assenza del ragazzo. Una soluzione potrebbe essere quella di usare contemporaneamente Dembélé e Trincao nelle due fasce. Questa sarebbe la soluzione più naturale. Il ricorso a Coutinho schierato a sinistra, sebbene con libertad, apre scenari e ricordi poco lieti per lo stesso brasiliano e per il barcelonismo. Pedri, Konrad, o il richiamo in pianta stabile di Riqui sono altri scenari che si aprono davanti alle possibili scelte del tecnico blaugrana.      

Brutta lesione per Ansu Fati. Rottura del menisco

Barcellona, sfortuna Ansu Fati: ginocchio fa crac - ITA Sport Press

di Giuseppe Ortu Serra

Brutta notizia per il Barça e tutti i barceloniati al termine della partita casalinga contro il Betis. Nel dopo gara è giunta la notizia ufficiale della rottura del menisco interno del ginocchio sinistro di Ansu Fati. Il ragazzo si è infortunato in occasione del fallo da rigore subito da Mandi durante il primo tempo. Al 31′ Alissa Mandi è intervenuto in maniera scomposta da dietro, in scivolata, sul numero 22 blaugrana, causando il fallo da rigore che poi Griezmann ha fallito facendoselo respingere da Bravo. In quell’occasione il giocatore del Betis è stato ammonito dall’arbitro. Ansu è rimasto a terra qualche momento prima di rialzarsi e riprendere la gara. Immediatamente dopo il rigore sbagliato da Grizzy, Braithwaite ha iniziato gli esercizi di riscaldamento. Frattanto Ansu è stato sottoposto, a bordo campo, alle classiche prove del cassetto, tipiche nei casi di contusioni riguardanti il ginocchio, ma apparentemente ogni controllo ha fugato infortuni e lesioni. Così non è stato. L’allarme è rientrato e il ragazzo ha ripreso regolarmente la gara. Nella ripresa Ansu è rimasto negli spogliatoi sostituito da Leo Messi. Sembrava un normale avvicendamento fintanto che non è giunta la notizia dell’infortunio. A questo punto si attende nella giornata di domani gli esami medici che stabiliranno con certezza la diagnosi della lesione e marcheranno la prognosi con i relativi tempi di recupero.

Messi, Barça, Manita con l’incubo difesa

di Giuseppe Ortu Serra

Manita del Barça in casa contro il Betis. 5-2 con luci, quella accesa da Messi, e ombre, una difesa ballerina degna del miglior corpo di ballo del Metropolitan Opera House di New York.  
Messi in panchina è la notizia del pomeriggio. Koeman ha deciso di assegnare un po’ di riposo al minero 10 che finora le aveva giocate tutte. Giusto così in una partita di Liga alla vigilia delle partite con le nazionali dove ci saranno impegnative trasvolate oceaniche per l’argentino. Al posto del diez ha giocato Griezmann, per la prima volta da quando è in maglia blaugrana nella zona di campo prediletta dall’alsaziano. Il giocatore ha risposto presente con una buona attitudine tra le linee del campo. Dai suoi piedi è giunto l’assist che ha portato alla rete dell’uno a zero blaugrana. Azione nata sulla sinistra con De Jong che ha affidato il pallone al 7. Scatto perentorio tra le linee nemiche e palla sulla destra a Dembélé,che entrato in area dal suo lato corto ha puntato l’avversario, fintato il tiro, rientrato sul sinistro e fatto partire un bellissimo e forte tiro indirizzato sotto la traversa che ha colpito e affondato Bravo, uno dei tanti ex della serata nell’equipo betico. Tutto sommato un buon primo tempo quello dei blaugrana. Buono l’inizio, con un gioco veloce e buone verticalizzazioni nonostante l’assenza dell’argentino. E’ mancata la magia che solo lui è in grado di creare, ma la squadra ha eseguito perfettamente lo spartito attribuitogli da Ronald Koeman. Sono subito fioccate le occasioni per il Barcelona, ma la scarsa mira ha impedito la marcatura iniziale. Tre, quattro chiare occasioni nella prima parte del primo tempo di Ansu e Griezmann sono terminate fuori di un niente. Eccessiva ricerca dell’angolino estremo? Semplice scarsa precisione? Comunque sia il Barça ha continuato a mostrare pecche nella finalizzazione. Quando i ritmi stavano iniziando a calare e si iniziavano a immaginare atmosfere vissute a Vitoria e contro la Dinamo Kiev, è giunta la rete del vantaggio grazie alla connessione De Jong, Griezmann, Dembélé. Il Betis, che aveva in precedenza minacciato la difesa catalana, con due grandi potenziali occasioni con due svarioni difensivi dalla parte di Piqué, ha subito il colpo. Il Barça ha continuato a giocare bene e a sbagliare sotto porta. Al 33′ gli errori hanno coinvolto anche un tiro dagli undici metri, un rigore conquistato dalla formazione blaugrana per un fallo di Mandi (ammonito) su Ansu Fati. Per Griezmann è proprio un periodo nero nelle conclusioni in questo inizio di stagione se è vero che ha fallito anche la conclusione dal dischetto. Il tiro del numero 7, debole e non sufficientemente angolato, è stato parato da Claudio Bravo. Sul finire del primo tempo è giunto il pareggio di Sanabria. Contropiede e pareggio del Betis. 1-1 all’intervallo. Nella ripresa Koeman inserisce Messi nel suo undici. Il suo ingresso è illuminante, sconvolgente per i piani del Betis, sconquassante. Si appropria della gara come un bambino del pallone che ha portato al campo nel momento di tornare a casa. Appena il tempo di riprendere a giocare e Leo ha acceso la luce. Prima azione, prima palla in area di rigore. L’argentino si lancia sul pallone, attrae difensore e portiere. Invece di impossessarsi della sfera, il diez salta, fa velo e fa scorrere il pallone per l’area di rigore sgombra di maglie del Betis a favore di Griezmann che insacca a porta vuota la rete del contro sorpasso. Una meraviglia. Pura poesia. Messi incanta ed è decisivo anche quando non tocca il pallone. Se nei primi 45′ il Barça aveva giocato bene, nella ripresa ci si accorge, con Messi in campo, che prima il Barcelona aveva giocato alla luce tenue e fioca delle candele. Con Messi è un altro Barça; un’altra squadra. Con Messi in campo si accende la luce. Lui è il faro del gioco, del calcio. Meglio, lui è Il Gioco del Calcio. Fantasia al potere con il 10 blaugrana sul prato del Camp Nou. Sulla scia dell’entusiasmo scatenato dalla velocità frizzante del rosarino il Barça passa ancora. Questa volta su calcio di rigore causato da un fallo di mano sulla linea di Mandi per parare letteralmente una conclusione a colpo sicuro di Ousmane Dembélé. Seconda ammonizione per Mandi e conseguente espulsione. Sul dischetto Leo Messi, che non si fatto irretire dall’ex compagno di squadra e ha calciato la palla laddove nessun portiere sarebbe mai potuto arrivare. In alto, sotto la traversa, alla sinistra dell’estremo difensore. Sul 3-1 e in superiorità numerica il Barça ha iniziato a imbarcare acqua in difesa. Una fragilità difensiva impressionante, imbarazzante, agghiacciante. Davanti devastante, dietro estremamente fragile. Sembra di vedere una difesa di bambini davanti a giocatori più grandi di età. Questo è l’aspetto più preoccupante di questa squadra. Il Betis, pur in inferiorità numerica, è riuscito a andare in rete con una facilità assoluta, quasi disarmante. Squadra messa molto male in campo nella fase difensiva, con tutti i giocatori in maglia blaugrana ammassati in maniera scriteriata sulla destra e tutto lo spazio del mondo al centro e a sinistra del terreno di gioco. Il Betis ha quindi accorciato le distanze al 73′. Nonostante la fragilità difensiva, non solo nelle azioni manovrate ma anche nelle palle da fermo, il Barça, sfruttando anche l’uomo in più e la verve speciale del suo uomo faro, è riuscito a segnare ancora e a rimettere le giuste distanze nel risultato tra le due squadre. Prima Messi (doppietta per lui) su azione con un destro micidiale a spaccare la porta all’82’ e poi Pedri al 90′ hanno tranquillizzato gli umori dei barcelonisti portando a casa una partita con 5 reti che da fiducia a Messi e a tutto l’ambiente. Ci sono ancora molti problemi in chiave difensiva su cui si dovrà lavorare. Per adesso barra avanti, randa, fiocco e spinnaker issato e prua in direzione della vetta della classifica.       

La Dinamo mette paura a un Barça vincitore. 2-1 con poca verve

di Giuseppe Ortu Serra

Il Barcelona vince 2-1 contro la Dinamo Kiev soffrendo oltre il previsto e il dovuto in una gara nella quale ha mostrato una faccia positiva solo nella prima parte del primo tempo. Poi tanta sofferenza in difesa per le ripartenze degli ucraini che hanno minacciato più volte la porta di un grandissimo Ter Stegen. E’ proprio a lui, al portiere tedesco, che il Barça deve la vittoria. Una serie di paratissime che hanno evitato le marcature multiple dei bianchi allenati da Lucescu. In sostanza prestazione positiva per pochi blaugrana. Messi, che ha causato tutti i pericoli dei suoi e Dembélé, ottimo il suo impatto con la gara. Da apprezzare l’ingresso in campo di Carles Alená.    
Nel Barça presentato da Ronald Koeman c’è subito la novità di Ter Stegen titolare tra i pali. Il portiere tedesco fa così il suo esordio in stagione con la maglia blaugrana dopo l’infortunio subito alla fine dello scorso anno risolto chirurgicamente. Koeman ha concesso riposo a Lenglet, sostituto al centro della difesa da De Jong, riproposto per la terza volta consecutiva nel ruolo. Per il resto, con il ritorno di Dest sull’out di destra, la solita formazione, con Pedri, Messi e Ansu dietro Griezmann. A centrocampo Pjanic – Busquets. Il Barca ha iniziato subito di gran lena, con una buona velocità, pressione offensiva e intensità. La formazione di Barcelona ha così monopolizzato l’azione e la gara, arrivando velocemente alla rete grazie a una tambureggiante azione conclusasi con l’atterramento in area di Messi. Oliver ha concesso il calcio di rigore dopo una iniziale assegnazione di una punizione dal limite, che lo stesso argentino ha trasformato per l’uno a zero con il quale si è anche chiusa la prima frazione di gioco. Dopo la rete del vantaggio i blaugrana hanno continuato a premere, giungendo a costruire diverse chiare occasioni da rete, sopratutto con Ansu e Griezmann. Proprio il francese ha sbagliato una delle marcature più semplici, mandando fuori di poco una respinta del portiere su tiro dal lato opposto dell’area. Una traversa di Pedri per pochi centimetri non ha dato il raddoppio, con la palla che ha rimbalzato sulla linea di porta e poi è tornata in campo.

Con il passare dei minuti, verso la metà della ripresa, il Barcelona ha abbassato i ritmi del gioco e la velocità, preferendo il fraseggio orizzontale alla ricerca della profondità. La squadra si è addormentata e la Dinamo Kiev ha avuto la chance di entrare in partita e di puntare la porta difesa da Ter Stegen. Il portiere tedesco si è dovuto superare in una circostanza con una paratissima con la mano di richiamo. Oltre questa occasione, altre due occasioni hanno fatto sussultare il cuore dei tifosi blaugrana.

Nel secondo tempo subito una occasione per la Dinamo con una parata di Ter Stegen in un uno contro uno. Dall’angolo la rete degli ucraini annullata per fuorigioco. Un brutto segnale per la formazione allenata da Ronald Koeman. Il Barça ha continuato a giocare in man ieri lenta senza cercare la verticalità. Di contro, la Dinamo ha continuato a colpire in contropiede, chiamando ancora il portiere blaugrana ad un intervento salvifico in un altro uno contro uno nella cui azione De Jong ha dimostrato di non essere un centrale difensivo. L’ennesimo rischio ha portato ai primi cambi di Koeman. In campo Roberto e Dembélé per Pjanic e Griezmann. Per il francese un buon inizio di partita, ma dopo quel suo errore sottoposta è progressivamente uscito dalla partita fino a una ennesima, desolante sostituzione. I cambi hanno fatto bene al Barça, che ha ripreso una maggiore velocità. Piqué ha raddoppiato di testa su cross di Ansu, anche se Ter Stegen si è dovuto subito disimpegnare con l’ennesima parata della gara. Il goal era nell’aria per gli ucraini. Koeman ha cercato di correre ancora ai ripari con Lenglet in campo per riformare la coppia di difensori titolari con Piqué. Busi ha lasciato il campo e De Jong ha ripreso il posto in mezzo al campo con Roberto. Trincao ha sostituito Ansu. Nemmeno il tempo di sistemarsi dietro che è arrivata la rete del 2-1 della Dinamo. Con la partita riaperta è proseguita la sensazione di fragilità della formazione di casa che, in ogni caso, è riuscita a portare a casa i tre punti e portarsi a quota nove in classifica davanti alla Juventus a 6. Dinamo e Ferencvaros ultime a quota uno. Tra le note positive, poche sul fronte barcelonista, l’esordio di Alená, lanciato da Koeman al posto di Pedri.