Barcelona a picco. La Liga al Madrid

di Giuseppe Ortu

El Camp Nou istantes antes que arranque el partido contra l’Osasuna.                   Credits: Getty Images.

Un brutto, bruttissimo Barcelona esce sconfitto 2-1 dal Camp Nou nella sfida contro un Osasuna ridotto in 10. Il Madrid, a Valdebebas, batte il Villareal e si laurea campione di Spagna. 
Per la partita contro i navarri, penultima giornata di una delle Liga più contestate e polemiche degli ultimi tempi, Setiénha impostato un laboratorio di idee nel césped del Camp Nou. Contro la formazione di Pamplona, fuori da qualsiasi gioco di classifica, e praticamente in vacanza, Il Buon Samaritano ha compiuto alcuni cambi dell’once iniziale, dando una maglia da titolare a Junior sull’out difensivo di sinistra al posto di Jordi. A centrocampo turno di riposo per Busquets. Al suo posto Rakitic come mediocentro. Con lui Roberto e Riqui Puig. Chi si attendeva la dupla De Jong – Riqui ha dovuto rimandare l’idea ilusionante di vedere per la prima volta in campionato i due talenti blaugrana ad altre occasioni. In attacco dentro Ansu Fati e Braithwaite per Suarez. Più che esperimenti in vista della Champions sono parsi ai più semplici casuali rotazioni.

Il primo tempo della gara del Barça è stato lento e deludente, deconcentrato e colmo di errori banali. La marcatura dell’Osasuna è giunta su un fulmineo contropiede che ha trovato la formazione blaugrana mal collocata nella fase difensiva. La rete dell’ex Arnaiz è arrivata dopo una azione sulla sinistra e un cross teso al centro dell’area leggermente arretrato verso il limite. Il tiro al volo del giocatore navarro ha battuto Ter Stegen portando i suoi in vantaggio. Il Barça,per tutta la frazione estremamente lento e demoralizzato, intristito nei volti, nelle gestualità dei suoi protagonisti, è stato appena pericoloso con una bella punizione di Messi che si è schiantata contro la traversa. Per il resto nulla di rilevante, se non una sequela di passaggi a bassa rotazione e intensità, oltre a tanta imprecisione in tutti i suoi esponenti, anche i più importanti. Non ha certo giovato al morale della squadra la notizia giunta da Madrid del vantaggio della formazione di Zidane. Un risultato che chiudeva già in quel momento una Liga in realtà mai in gioco dalla ripresa del campionato per le assurde e scandalose facilitazioni di cui ha goduto il Real Madrid da parte della classe arbitrale e del Var.

Se in campo non ci si divertiva, in panchina si dormiva. Le espressioni funeree di Setién (immobile nella sua controfigura cartonata) e del fido Sarabia, non hanno certo aiutato a aumentare il ritmo e la chispa dei giocatori in campo. Arthur, che senza scarpe in panchina sbadigliava a più non posso, dormicchiava e si stiracchiava, è forse l’immagine che meglio descrive quanto visto in campo. Un comportamento, quello del giocatore juventino al momento ancora parcheggiato a Barcelona, che farà certamente parlare nei prossimi giorni.

Il secondo tempo è iniziato sulla falsariga del primo fino alla punizione magica di Messi che ha portato il pareggio nel risultato. L’1-1 ha migliorato il gioco del Barça, anche se è stato solo negli ultimi 8/10 minuti che la formazione blaugrana ha accelerato veramente il ritmo, mettendo sotto pressione la formazione dell’Osasuna anche grazie all’ingresso in campo di De Jong e Jordi. Frattanto i navarri erano rimasti in 10 uomini per espulsione del neo entrato Gallego per una gomitata su Lenglet. Ma proprio mentre il Barcelona esercitava il massimo sforzo, e il Villareal a Madrid si portava sull’uno a due e cercava la rete del 2-2, uno sconsiderato e incomprensibile colpo di testa di Busi a centrocampo, effettuato senza guardare, ha lanciato un altro contropiede dell’Osasuna che ha portato alla rete della vittoria degli ospiti.  Oggi il Barcelona ha mancato completamente l’appuntamento con la partita, dimostrando di non possedere concentrazione, attitudine e mentalità adeguata per vincere le partite. Non è sufficiente giocare 10 minuti per sperare di uscire indenne in qualsiasi sfida di Liga. 

La clamorosa topica nella strategia comunicativa di Setién

di Giuseppe Ortu

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Il Barça di Setién ha un’occasione più unica che rara tra le mani in questo periodo. Trasformare la rabbia per i favori arbitrali unidirezionali al Madrid che stanno portando a una assegnazione nominativa ai blancos della Liga, in una rabbiosa voglia di riscatto del vestiario blaugrana da scatenare in Champions. Caricati a dovere, i giocatori del Barça potrebbero giocare la Champions con il lanciafiamme in braccio e mostrare così, in patria e all’estero, che il campionato di Primera di quest’anno è palesemente falsato e non corrisponde ai reali valori in campo.

La rabbia, il disgusto, la frustrazione per una conclusione sentita come fortemente ingiusta a Can Barça può portare verso una duplice direzione. Verso un sentimento positivo di rivalsa, con una moltiplicazione delle forze da indirizzare verso il successivo obiettivo o verso l’opposto comportamento, uno svuotamento di ogni forza d’animo e di voglia di combattere. Lo scoramento. Come indirizzare l’insoddisfazione e lo sdegno violento accumulato in queste nove giornate dalla ripartenza verso l’una o l’altra direzione è solitamente compito di uno psicologo. Nello spogliatoio, in mancanza di una struttura adeguata, tale compito è demandato all’allenatore, gestore di anime e profili caratteriali distinti. Ma l’immobilismo e il lassismo di Setién rischiano di condurre lo spirito dei blaugrana verso la direzione sbagliata. 

Il nostro caro, semplice e buon Setién non è certamente né un fine comunicatore, né un gestore di caratteri e personalità. Tantomeno è un esperto di psicologia. Ciò è evidente dal momento che si sta facendo sfuggire dalle mani una occasione per trasformare questa insoddisfazione della squadra in spirito di rivalsa e vendetta in vista della Champions. Il Buon Samaritano cántabro del Barça in più di una occasione avrebbe potuto cogliere la palla al balzo e iniziare una sorta di guerra psicologica nei confronti del Madrid, del VAR e di tutto il sistema per unire, cementare il gruppo intorno a sé. Mascherare le manchevolezze della squadra e far dimenticare quei tre passi falsi in campionato con una lotta senza quartiere contro i soprusi del mondo oscuro che regola e governa la Liga. Questo avrebbe dovuto fare Setién già da settimane. Invece nulla di tutto ciò. Questo club manca di una strategia comunicativa, tra le altre pecche.

Il Barça ha perso punti contro Sevilla (0-0), Celta (2-2), Atletico (1-1). Perché non evidenziare pubblicamente che il Madrid avrebbe collezionato risultati anche peggiori senza l’intervento del VAR e di quel mondo oscuro che regola e governa la Liga? Perché parlare dei passi falsi della propria squadra, evidenziandone errori che gli avversari possono utilizzare a giustificazione della classifica, quando invece avrebbe dovuto nascondere le proprie manchevolezze attaccando i risultati positivi aggiustati del Madrid?

Una campagna di comunicazione di questo genere avrebbe permesso di premere e creare pressione sul sistema arbitrale e sul VAR in casa, e non permettere che all’estero passasse una realtà bignamesca, edulcorata da tutte le iniquità e i soprusi che si stanno verificando in questa stagione di Liga. Per agire così bisogna essere uomini di spiccata personalità, abili conoscitori dei meccanismi che regolano la psiche umana, con le sue azioni e reazioni. Il Buon Samaritano che siede sulla panchina del Barça, invece, è di tutt’altra pasta. Non solo non sfrutta il colossale assist che la macchina del Madrid gli ha servito su di un vassoio d’argento, ma addirittura zittisce e contraddice uno dei suoi giocatori più importanti (Suárez) quando ha sostenuto che la Liga era già finita. Altro assist. Un altro allenatore avrebbe raccolto il testimone e avrebbe convocato una conferenza stampa apposita sui perché la Liga era stata considerata conclusa dal suo numero nove. Invece niente di tutto questo. Per tutta risposta Setién ha dichiarato che le opinioni del suo giocatore erano solo esternazioni personali e che la Liga era ancora aperta. Da qui la conclusione che, se è ancora aperta, la sua mancata conquista sarà ascrivibile solo all’incapacità sua, del Barça e dei suoi giocatori. Complimenti alla capacità di un uomo che siede sulla panchina del club più importante al mondo e che apre bocca solo per respirare. Da quando occupa quella panchina non gli abbiamo mai sentito dire qualcosa di diverso da puerili banalità. Lo si potrebbe registrare in qualsiasi momento per poi mandarlo in onda, a ogni sua intervista o conferenza stampa, senza il rischio di perdersi qualcosa di nuovo o interessante.     

Trasformare una sconfitta in una vittoria è cosa da pochi. Solo grandi personalità e grandi uomini sono in grado di sfruttare al volo uno sfortunato inconveniente per volgere a loro favore la situazione. Mourinho, per esempio, è uno di questi. Nella situazione attuale, con una evidente scollatura tra giocatori e panchina, il portoghese avrebbe usato le polemiche contro il Madrid per rovesciare la situazione, cementare il gruppo e usare la rabbia accumulata per creare una macchina da guerra psicologica da far detonare in Champions. Il Madrid viene favorito in Liga? Dimostriamo in Champions quanto valiamo e quanto sia stato ingiusto il risultato del torneo di casa. Ci sono persone che si inventano nemici pur di creare questo spirito di appartenenza. Mourinho stesso agì così quando, a suo tempo, creò ad arte una polemica contro Casillas, promuovendo al ruolo di titolare Diego López proprio a discapito del suo numero uno.

Le grandi vittorie nascono da tanti incidenti di percorso. Luis Enrique con l’Anoeta; l’Italia campione del mondo ’82 in Spagna facendo fronte comune contro la stampa che aveva contestato le prestazioni della squadra e che rischiò di non passare alla seconda fase contro il modestissimo Cameroon. Facendo fronte comune contro il nemico (la stampa) quella squadra si trasformò nella macchina da guerra capace di vincere i mondiali; Klopp dopo la sconfitta al Camp Nou in semifinale di Champions. Fuori dal mondo del calcio c’è l’esempio di Trump che ha fatto la guerra contro tutto e tutti, dentro e fuori del suo partito, per unire il suo elettorato e renderlo tanto carico da raddoppiare gli sforzi. Solo così riuscì a recuperare il gap che lo divideva da Hillary per occupare oggi la Casa Bianca. Essere abili strateghi è da pochi. Essere sciocchi e insignificanti è dai più. Come cogliere le occasioni al volo. Setién, da placido Buon Samaritano qual è, purtroppo non è tra questi.      

Liga con vista… sulla Champions

di Giuseppe Ortu

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Non tutti i mali vengono per nuocere. Il fatto che la Liga sia andata a Madrid, e a dirlo non siamo solo noi e Suárez, ma già a gennaio anche Tebas con le sue rivelatorie dichiarazioni, può costituire un enorme vantaggio per il Barcelona perché può fornire la chance di effettuare diverse prove tattiche nelle restanti partite di Liga in vista della Champions. 

Il fatto che manchino ancora due giornate al termine di questo ignominioso, vergognoso campionato popolato da personaggi impresentabili, senza morale, senza vergogna, senza un briciolo di rettitudine, mascalzoni di classe mondiale in abiti da gentlemen, può permettere al Buon Samaritano di utilizzare i due incontri rimanenti, quello di oggi contro l’Osasuna e il successivo di Vitoria contro l’Alavés del 19, per preparare lo sbarco in Champions League senza dubbi, incertezze o improvvisazioni. Il Barça dovrà giocare infatti al Camp Nou contro il Napoli l’otto agosto. Poi si trasferirà, se la gara contro i partenopei dovesse andare nel verso giusto, a Lisbona per la disputa della Finale a Otto. Dalla fine del campionato alla gara contro il Napoli, Messi & Co non avranno più incontri ufficiali. Quale migliore occasione, dunque, di utilizzare le prossime due partite per preparare la sfida contro gli italiani e la struttura tattica della squadra per il prosieguo della manifestazione?

A partire dalla prova in campo della dupla Riqui Puig – De Jong in aggiunta all’inossidabile Busquets. Un centrocampo che offre copertura e fantasia, velocità e calcolati tempi di uscita del pallone. Se non dovesse provare i due giocatori assieme in questi due incontri quando mai lo farà? In un dentro o fuori senza altre opzioni? Anche l’infortunio al quadricipite di Griezmann permette a Setién di provare anche un differente modello tattico. Una volta annotato e registrato lo schieramento con il Grizzi in Salsa Francese, adesso il tecnico ha sia l’opportunità di rispolverare il 4-3-3 con Ansu Fati, sia riprovare una alternativa sollevando la posizione di Vidal. In questo modo il tecnico potrebbe contare su differenti moduli da usare a seconda delle necessità. Due gare non sono molte. Ma sufficienti per fare tutti i test necessari per il vero obiettivo di questa campagna blaugrana. La Champions.  

– Il mondo utopico di Quique –

di Giuseppe Ortu

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Il mondo ideale è una figura filosofica praticamente irraggiungibile. Il mondo ideale, il mondo perfetto, dovrebbe essere composto e popolato da teneri angioletti che pensano solo al bene altrui, un mondo utopistico dove tutti sono felici, rispettosi delle regole e dell’altrui diritto ad essere altrettanto felice e rispettato. Il mondo su cui Thomas More ha scritto il suo Utopia. Un mondo così è forse quello in cui vivono gli ignari e ingenui fanciulli che giocano ancora con bambole e automobiline, prima che imparino, ahimè dai grandi, a sottrarre le automobiline e le bambole altrui. Un mondo in cui le parole egoismo, cattiveria e malignità ancora non hanno avuto accesso. A volte, anche se sempre più raramente, capita di incontrare nello sguardo delle persone lampi di quella tenerezza e genuinità d’animo tutta infantile. A volte li incontri nelle parole delle persone. Come nelle ultime dichiarazioni di Quique Setién della vigilia della sfida contro l’Osasuna. Il mite e buon Setién, quasi un Buon Samaritano che vaga per il mondo portando la buona novella, ha dimostrato un candore fin troppo esemplare quando, rispondendo indirettamente a Suárez che aveva sostenuto a che Liga era perduta, ha dichiarato che “la Liga non è ancora perduta” e che “può capitare ancora qualsiasi cosa”. Se intende dire che il Madrid può non vincere una delle ultime due gare, non è così. Se intende dire che il Madrid potrà anche ritrovarsi sotto di 5 reti per poi vincere 6 a 5 con sei calci di rigori nettissimi e lampanti, è così. Il mondo a cui partecipa il Madrid va in questo modo Setién. E’ triste che ancora non te ne sia accorto. 

Dichiarazioni così fanno sorridere tanto sono semplici e disarmanti. Verrebbe quasi voglia di abbracciarlo tanto risulta tenero e innocente il tecnico cántabro. Al di là del candore mostrato, elemento che va certamente a suo merito dal punto di vista umano, la Liga, caro Quique, è già stata assegnata. E non da ieri. Certamente da gennaio, se non addirittura prima. Questo fatto non lo sanno solo illuminati addetti ai lavori. Forse alcuni particolarmente perspicaci lo hanno subodorato prima di altri. Ma oggi come oggi, lo sanno tutti. Anche le pietre. Ma non il nostro caro Setién, mister buon samaritano.

Hanno fatto sorridere e commuovere anche le sue parole espresse quando ha dichiarato che si vede con certezza sulla panchina del Barça anche nella prossima stagione. Oddio, con Bartomeu al comando tutto può essere. Valvarde è rimasto in carica dopo la Waterloo di Roma e di Anfield se per quello! Ecco, mettiamola così. E’ molto più semplice che Setién rimanga sulla panchina del Barça anche in caso di fracaso mundial con la Champions, che il Madrid non ritiri la sua Liga con questa classe arbitrale e dirigenziale del calcio iberico. Raccomandiamoci al Signore dunque, incrociamo le dita e facciamo gli scongiuri per la Champions League che verrà. 

Barcellona – L’ora della dupla Riqui – De Jong

di Giuseppe Ortu

File:Barça Napoli 12 (cropped).jpg - Wikimedia Commons

A volte le note liete sono lì dove meno te lo aspetti. Questo finale di campionato che si appresta a giungere al suo tramonto e che sembra non fornire alcuna nota positiva per il Barcelona, può invece essere più interessante che mai per i colori blaugrana. A Barcelona sta infatti prendendo piede una idea che sta scatenando le fantasie dei tifosi culés. Vedere il duo Riqui Puig – Frenkie De Jong contemporaneamente in campo. L’unico precedente per questa inedita coppia è stata una partita di Copa del Rey, la sfida contro l’Ibiza. Poi, da allora, più nulla. Prima Riqui, il Furetto Volante che sembra ballare come un derviscio, è caduto in disgrazia agli occhi di Mister ex Betis per una attuazione negativa in cui fu coinvolto non per completa sua responsabilità, ma per una bruttissimaprestazione di tutta la squadra. Fu lui a pagare per tutti. Da allora il ragazzo tutta elettricità e talento era rientrato nei ranghi senza luce del B. Quando Riqui è stato finalmente richiamato in prima squadra si è infortunato De Jong. Nella prima giornata della ripresa del campionato, a Mallorca, l’olandese si è infortunato al soleo. La prognosi dello staff medico del Barça diretto dal Dottor Pruna fu inclemente. Due settimane di stop. Praticamente metà campionato fuori gioco con i ritmi infernali della ripresa. In realtà Frenkie ha saltato qualche gara in più. Ben otto. Nel frattempo Riqui si è ripreso il posto in squadra con il programma di non lasciarlo più. Una serie di gare più che convincenti una dietro l’altra. Frenesia nel gioco, elettricità allo stato puro, ritmi sostenuti, fantasia, una pulcetta che salta qua e la a ritmo indiavolato, che sguscia e diventa inafferrabile per gli avversari. Una presenza che sta diventando addirittura fondamentale se è vero che quando esce dal terreno di gioco la squadra sembra subire il colpo della sua mancanza con un clamoroso calo delle prestazioni, sia dei singoli che di tutto l’ensemble. Ciò è capitato anche l’ultima volta contro il Valladolid, quando nel secondo tempo la sua uscita dal césped è coincisa con un crollo vertiginoso di tutta la formazione blaugrana. Un caso? Abbiamo già analizzato questo aspetto in precedenza. Per il momento possiamo dire che il ventenne di Matadepera si è conquistato il pieno diritto di essere considerato titolare a tutti gli effetti di questa squadra.

Adesso che De Jong ha smaltito l’infortunio al soleo e che Riqui è perfettamente integrato nell’undici del Barça, si ripropone finalmente l’occasione di vedere assieme i due talenti del centrocampo blaugrana. La dupla Riqui Puig – Frenkie De Jong promette faville. Fantasia, tecnica, ritmo e brio al potere. L’olandese ritroverà un compagno di squadra diverso da quello con cui  aveva condiviso l’undici a Ibiza. Aveva lasciato un ragazzo sparuto, forse anche un po’ disorientato. Adesso ritrova un giocatore con una convinzione diversa, da Barcelona. Già nella prossima sfida di giovedì contro l’Osasuna, Busquets, De Jong e Riqui potranno condividere il reparto mediano dello scacchiere azulgrana. Questa idea, questa sensazione che profuma di ilusión, di un calcio fatto di velocità, di fantasia e tecnica estrema, di ricordi lieti e piacevoli regressioni guardiolistiche, dove il calcio con la C maiuscola imperava, fa scatenare l’immaginazione di tutta la afición blaugrana.   

A Los Carmenes Biscotti e Merengues

di Giuseppe Ortu

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Ieri, al Los Carmenes di Granada, abbiamo assistito al Festín del Madrid organizzato per festeggiare la conquista della Liga. Il sostantivo non è stato scelto a caso, ma si rifà al vero e antico significato della parola, quello che deriva dai Conquistadores, avventurieri e mercenari spagnoli che conquistarono l’America meridionale nella prima metà del 16°secolo soggiogando le popolazioni autoctone, depredandole delle loro ricchezze e averi, e dando inizio al loro genocidio. In realtà la Liga, ufficialmente, non è ancora nei forzieri di Don Florentino, anche se dal post pandemia ad oggi è come se lo fosse. I più credono che sia ancora in gioco, ma si sa come sono costoro. Pensano anche che siamo andati sulla luna! I più scaltri, maliziosi, e coloro che possiedono una visione d’insieme, sanno bene che così non è. Qualche stagione fa il Cholo disse che la Liga era “apparecchiata per il Madrid”. L’anno, a quella tavola, non si sedettero i blancos. In questa stagione, per evitare errori, si è provveduto diversamente e a quel tavolo, a suo tempo apparecchiato e con già i segnaposto sistemati, si è già consumato il lauto pasto.

Il Festín andato in scena ieri è stato, come detto, organizzato dal Madrid. Al party è stato invitato, per falsa cortesia, il solo Granada. La festa si celebrava nel giardino di casa loro d’altronde, e il Signore del Castello, dall’alto della sua magnanimità, è d’uso concedere in alcune, scelte, circostanze, che anche la plebe possa godere della sua elevata magnanimità. I blancos si sono occupati di tutto, dal catering portato direttamente da Madrid in capienti valigette in cui stipare il cibo per il banchetto, alle vettovaglie. Il rinfresco è stato parco, spartano, morigerato. Solo biscotti e merengues serviti su un letto di grandi foglie di lattuga di un bel verde brillante su cui erano state incise, per l’occasione, figure che richiamano lo stile architettonico barocco del 17° e 18° secolo. Il cibo, così confezionato, è stato consumato su un grande tavolo rettangolare color verde erba.

A margine del party è andata in scena anche una partita, quella tra il Granada e il Real Madrid. Una partita strana; stranissima. Esemplare, direi, nella sua stranezza. Come un incontro di boxe in cui uno dei due contendenti sale sul ring con i guantoni slacciati. O quella famosa partita dei mondiali di Argentina ’78 giocatasi (beh perdonatemi, forse la scelta del verbo è eccessiva) tra l’Argentina e il Perù e finita 6 a 0 per l’albiceleste, con i brasiliani che da allora non hanno mai più comprato, o anche solo consumato, la marmellata peruviana.

Nel primo tempo della sfida tra il lanciassimo Granada e il Madrid, con i padroni di casa che stavano sognando la qualificazione alla prossima edizione dell’Europa League e che erano reduci da due vittorie nelle ultime tre partite, di cui l’ultima all’Anoeta, abbiamo assistito all’inaspettato. Non alla partita tutto fuoco e grinta da parte del Granada che era doveroso attendersi. Nulla di tutto questo! In quella strana partita sembrava che per il Granada in palio non ci fossero tre punti basilari per l’accesso all’Europa, ma le porte per il patibolo. I calciatori di casa sembravano avere i piedi affondati nel cemento fino alle caviglie. Il Granada è parsa, da subito, una squadra di affaticati ciccioni che avevano appena finito di spaccare pietre con una mazza alla LeQuint Dickey Mining Company. Corri tu in quelle condizioni se ne hai voglia! Gravi difficoltà motorie, senso di smarrimento psicologico, difficoltà a capire dove ci si trova. Sembravano questi i sintomi dei ragazzi di Penas. Una gara in perfetto stile paura da Coronavirus, dove i giocatori del Granada sono stati perfetti, ligi e scrupolosi osservatori delle norme sul distanziamento sociale. Un monito per le future generazioni. Non meno di due metri di distanza tra i giocatori di casa e quelli del Madrid, ieri in campo con una graziosa mise verde dollaro, il cui colore poteva anche vagamente ricordare il verde brillante delle banconote da 100 euro. Forse una curiosa e beffarda manifestazione dell’Es freudiano madridista che ha deciso di giocare a scacchi con il mondo della psicoanalisi per vedere chi trovava l’assonanza.
Dopo due reti assurdamente ridicole concesse dalla squadra di spaccapietre disorientati di cui prima, nella ripresa i giocatori andalusi hanno allacciato le scarpette e hanno iniziato a giocare anche se, rete a parte (regalo di un rilassato Casemiro), hanno impegnato Curtois solo sul finale di gara. Un aspetto curioso da sottolineare è che mentre il Granadacercava disperatamente la rete del pareggio nei minuti finali, e il Madrid era teso in ogni suo muscolo e spasimo nel tentativo insano di difendere il fortino, una immagine televisiva coglieva Casemiro e Sergio Ramos che, in campo, in tutto quel trambusto e in mezzo a quella tensione psicologica se la ridevano tranquilli e sereni, discorrendo amabilmente neanche fossero stati rilassati nel sofà di casa dopo un lauto pasto ascoltando un brano smooth jazz, o in un prato fiorito a cogliere margherite con le rispettive famiglie.    

Caso TAS-City. Le reazioni di Tebas e della Uefa

di Giuseppe Ortu

 

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Ultime ore frenetiche nelle alte sfere del calcio mondiale. La decisione del TAS di revocare la squalifica per due anni inflitta dalla UEFA ai danni del Manchester City per violazione del fair play finanziario, ha suscitato un vespaio di polemiche. Il TAS, acronimo di Tribunale Arbitrale dello Sport, è il massimo organismo giudiziario dello sport mondiale. Istituito nel 1984 e riconosciuto dal CIO, vige e opera sotto l’egida del Consiglio Internazionale dell’Arbitrato per lo Sport. E’ un ente autonomo a cui vengono affidate la conoscenza di controversie giuridiche e finanziarie in materia di sport. Caratteristica principale delle sentenze del TAS è che le sue pronunce sono inappellabili.
Il Manchester City era stato condannato dalla UEFA alla esclusione dalle coppe europee per la durata di due anni per aver violato i principi cardine del fair play finanziario. La condanna sarebbe dovuta essere scontata nella prossima stagione e in quella successiva. Oltre alla estromissione dalle coppe, al club inglese era stata comminata una multa di 30 milioni di euro. La decisione del TAS, che ha revocato l’esclusione dalla Champions, ha anche ridotto la sanzione pecuniaria inflitta ai citizens. Da 30 milioni a 10 milioni.
Il principio del dispositivo della corte è stato che “sì, il club è colpevole, ma la sanzione inflittagli dalla UEFA era esorbitante e eccessiva rispetto agli addebiti contestati”. La corte ha aggiunto che le prove a favore dell’accusa promossa dalla UEFA non erano concludenti per sostenere fino in fondo l’accusa in giudizio. Inoltre alcuni dei capi d’accusa che hanno fatto parte dell’impianto accusatorio erano caduti in prescrizione.

Come accennato poc’anzi, le polemiche su questa pronuncia non si sono fatte attendere. Tra queste ci sono le dichiarazioni di Javier Tebas, il presidente della Liga, il quale si è scagliato senza mezze misure contro il Tribunale Arbitrale del Sport, definendolo “non all’altezza dell’incarico conferitogli”. Il numero uno del calcio spagnolo non ha mancato di andare oltre, aggiungendo che a questo punto è doveroso “riconsiderare se il TAS sia l’organo appropriato a cui fare appello per le decisioni istituzionali nel calcio. La Svizzera è un Paese con una grande storia di arbitrato, il TAS non è all’altezza dello standard”.
Parole forti ampiamente giustificabili se si pensa che il tribunale competente non ha assolto il City, ma pur riconoscendolo colpevole, ha di fatto deciso di non punire. Quasi un ossimoro concettuale. Una contraddizione in termini se non fosse per la lievissima sanzione pecuniaria applicata.

Questa sarà una fondamentale sentenza che farà epoca oltre che giurisprudenza nei futuri, eventuali giudizi davanti al TAS per le medesime contestazioni. Essa costituirà uno spartiacque nella giurisprudenza del TAS. Costituirà sopratutto un pericoloso precedente applicabile e utilizzabile dalle parti nei prossimi eventuali giudizi giurisdizionali contro altri club contro i quali la UEFA potrebbe agire sempre in merito a violazioni del fair play finanziario.

La UEFA, da parte sua, esce ampiamente sconfitta da questa pronuncia. La sua reazione alla sentenza si è limitata a un comunicato ufficiale in cui prende nota della pronuncia del TAS. Aggiunge che il TAS ha non ritenuto sufficienti le prove portate dall’accusa a corredo della domanda e che molte delle presunte infrazioni erano prescritte (prescrizione quinquennale così come da regolamento UEFA). L’organismo di gestione del calcio europeo ha infine sostenuto con orgoglio i progressi fatti nel calcio europeo proprio grazie all’istituto del fair play finanziario nella protezione dei club e nella loro sostenibilità finanziaria. Il comunicato conclude indicando che UEFA e ECA continueranno imperterriti sulla strada dei principi fin qui sostenuti.

FC Barcelona – I perché di un Barça così incostante in Liga

di Giuseppe Ortu

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Il secondo tempo della gara contro il Valladolid ha lasciato dubbi e preoccupazioni. Non solo negli osservatori e nei media specializzati. Anche in Setién. La metamorfosi radicale che si è avuta tra il primo e il secondo tempo è giustificabile e ascrivibile solo all’uscita dal terreno di gioco di Griezmann e Riqui Puig? O c’è qualcosa d’altro dietro la brutta e preoccupante prestazione della squadra nei secondi quarantacinque minuti? Analizziamo il problema e proviamo a trovare delle risposte.

Il francese campione del mondo e il canterano sono stati certamente importanti nel gioco della squadra nel tempo in cui hanno giocato. Hanno dato ritmo, profondità, geometrie, recuperi difensivi, fantasia. Hanno permesso alla squadra di restare alta e di giocare nella metà campo avversaria. Tutto ciò è mancato nella seconda parte di gara. La squadra è apparsa l’opposto di quanto era stata all’inizio. Pesante, triste, senza idee e inventiva. Invece che anticipare l’avversario facendo due metri in avanti, lo si marcava aspettandolo due metri indietro. A volte rincorrendolo. Lo stesso Messi è stato coinvolto in negativo giocando a questo modo, sia perché non ha trovato compagni con cui duettare in velocità e che potessero sostenere le sue giocate, sia perché lui è letale sopratutto se è la squadra a gestire il possesso di palla. Nel secondo tempo il Barça ha pian piano lasciato l’iniziativa all’avversario, si è rintanato in una falsa comfort zone, quella della difesa passiva al limite dell’area, e si è limitato a replicare alle azioni dell’avversario. Perché falsa comfort zone? Questo aspetto merita un piccolo approfondimento che ci porterà momentaneamente a deviare dalla strada maestra. Falsa perché ritirandoti verso la tua area pensi di rischiare di meno e di proteggere meglio la tua porta. E’ un aspetto inconscio, automatico. In realtà il Barça rischia molto di più perché non è concepito per difendere a questa maniera. I suoi difensori sono in grado di difendere con 80 metri alle spalle, cosa che un Bonucci qualsiasi, tanto per dire, non sarebbe in grado di fare. Altrettanto i difensori blaugrana vanno in difficoltà se si trovano schiacciati al limite dell’area. (Vero Valverde?) Non è il loro campo quello. A ognuno il suo. Il Barcelona sa difendere correndo in avanti, non all’indietro. E non sa difendere con la classica difesa di posizione, statica, ma con una difesa dinamica in attacco. Il Barça non ha dei mastini tra i suoi difensori, ha dei fiorettisti. Non potrà mai pensare di difendere come la Juventus, così come i bianconeri non saprebbero mai difendere come fa il Barça. Ecco perché quando i blaugrana si abbassano pensando di correre meno e rischiare di meno, in realtà sono molto più esposti e rischiano molto di più che accorciando nella metà campo altrui e giocando sempre sull’anticipo.

 Chiuso questo inciso, e tornando al nostro quesito principale, l’uscita di scena di due giocatori come Riqui e Griezmann è di per se sufficiente per un cambio di passo così radicale? In parte, forse. Senza la verve di Riqui e il lavoro di Antoine la squadra è stata più lenta e prevedibile, macchinosa, come senza luce. Ma oltre questo deve esserci per forza anche dell’altro. E infatti c’è.

L’aspetto fisico è uno di questi altri fattori. Il primo tempo è stato giocato a gran velocità e intensità. Trame di prima ben organizzate come da un buon piano di gioco impostato negli allenamenti. E’ chiaro che sostenere quei ritmi per 90′ non era possibile. Tanto meno giocando partite in serie ogni due, tre giorni. Non solo, l’iper lavoro a cui la squadra è chiamata, svolto in un clima caldo e afoso come quello di giugno-luglio, non aiuta di certo. In questo periodo della stagione i campionati sono solitamente fermi. I giocatori sono in vacanza e si godono il caldo stando a mollo in acqua o sdraiati sotto il sole. Ma giocare è un’altra cosa. In questo periodo si disputano usualmente mondiali o europei. Cadono in calendario ogni quattro anni e ogni volta si parla delle difficoltà incontrate dai giocatori che vi hanno preso parte. Qui il discorso è identico.

Oltre a ciò dobbiamo evidenziare l’eccezionalità del momento che stiamo vivendo. Le squadre devono sopportare tutto questo stress (partite senza recuperi, temperature elevate) dopo una sosta così prolungata come quella per la pandemia. Avere un andamento altalenante non solo in campionato (bene a Villareal, male contro l’Espanyol, bene nel primo tempo a Valladolid), ma anche all’interno della singola partita è del tutto normale e prevedibile. 

La breve pausa dopo il campionato che porterà alla disputa della Champions sarà con tutta probabilità salutare. Ventuno giorni di riposo, fisico e mentale, saranno benedetti per ristorare la mente e i muscoli. In venti giorni non puoi né perdere la forma fisica, né tantomeno perdere l’abitudine ai 90′, ma puoi invece riposare le membra e la mente dopo un grande sforzo come questo e riprendere il fiato necessario per riandare un’altra volta in apnea e giocare la Champions, anch’essa concentrata nello spazio di pochi giorni.      

FC Barcelona – Griezmann infortunato. In campo per il Napoli

di Giuseppe Ortu

Blaue Massageliegen des Fußballvereins FC Barcelona sind T… | Flickr


Antoine Griezmann è stato sostituito ieri alla fine del primo tempo della gara contro il Valladolid. Al suo posto è entrato Suarez. Cambio strano è parso ai più. La ragione di ciò è che il francese ha subito una lesione al quadricipite della gamba destra. Questa mattina gli esami medici hanno stabilito la natura dell’infortunio, senza tuttavia specificare la prognosi e i tempi di recupero. “La lesione verrà valutata con il passare delle ore”, il laconico commento rilasciato dal parte medico ufficiale dello staff sanitario del FC Barcelona. In realtà ufficialmente non si sa nemmeno se si tratti di uno strappo o di un semplice stiramento. Nel caso di strappo abbiamo una rottura di un ridotto numero di fibre muscolari (lesione da strappo di primo grado); una rottura di un numero maggiormente considerevole di fibre muscolari (lesione di secondo grado), o la sua completa lacerazione (strappo di terzo grado). Oltre allo strappo possiamo avere anche lo stiramento, vale a dire una elongazione delle fibre muscolari quando il muscolo è sottoposto ad un eccessivo e innaturale allungamento. In tal caso le fibre muscolari si danneggiano senza lacerarsi.

Andando per supposizioni, posto che non esistono elementi materiali che ci permettano di fare altrimenti, non si può escludere nulla. Nemmeno che si tratti di un semplice stiramento. Tutto quanto premesso, ciò che è certo è che Griezmann è out per le restanti partite della Liga. Rimangono da giocare ancora due gare. Il 16 luglio contro l’Osasunaal Camp Nou e il 19 luglio a Vitoria contro l’Alavés. Da qui alla fine della stagione di Primera mancano dunque sette giorni. Nemmeno nell’ipotesi più benigna, vale a dire uno semplice stiramento il giocatore potrebbe recuperare. Ma è certo che sarebbe abile per la Champions.

Se pensiamo a qualcosa di più grave, vale a dire a uno strappo, nell’ipotesi di lesione di primo grado, quella più lieve, i tempi di recupero sono di due settimane. Il ritorno degli Ottavi contro il Napoli è in programma per l’otto di agosto. Ad oggi mancano 28 giorni. Tutto bene se la lesione di Griezmann fosse del tenore più lieve dunque. Se la lesione fosse più grave, quindi di secondo grado, i tempi di recupero si allungherebbero e raggiungerebbero il mese. Anche in questa ipotesi il giocatore sarebbe arruolabile per il Napoli. La lesione di massima gravità, di terzo grado, priverebbe il giocatore anche della eventuale Finale a Otto posto la durata dei tempi di recupero (fino a tre mesi). Ma una lesione del genere è assolutamente da escludere visto che il ragazzo è uscito dal campo con le sue gambe. E questo fatto fa pensare che siamo davanti alla lesione di minor gravità, posto che uno strappo già di secondo grado rende difficile continuare a giocare. Il ragazzo avrebbe chiesto il cambio durante la gara senza attendere l’intervallo. Griezmann, inoltre, ha corso normalmente fino al 45′, non si è mai toccato la gamba mostrando dolore o fastidio evidente e ha abbandonato il terreno di gioco al duplice fischio arbitrale senza mostrare segni di disagio o dolore. Per questo motivo tutti gli osservatori sono rimasti stupiti dalla sostituzione durante l’intervallo. Proprio perché non esisteva alcun fumus che facesse immaginare un evento traumatico che la giustificasse.
Tutti questi motivi sono assolutamente concordanti e confortanti, e concordano nel far pensare a una lieve entità dell’infortunio del francese che, salvo colpi di scena, sarà regolarmente in campo l’otto agosto al Camp Nou contro il Napoli per il ritorno degli Ottavi di Finale di Champions.    

FC Barcelona – Vittoria contro il Valladolid e i Mulini a Vento

di Giuseppe Ortu

 

Don Chisciotte Immagine gratis - Public Domain Pictures

 

Vittoria sofferta del Barcelona a Valladolid. 0-1 con rete di Vidal nei primi quarantacinque minuti. La formazione blaugrana, in lotta contro i mulini a vento di donchisciottesca memoria, oltre che contro gli avversari che il calendario gli mette davanti, rimane in scia del Madrid. Non servirà a molto, sopratutto perché dalla ormai famosa telefonata di Florentino Perez a Rubiales circa la policy sull’utilizzo del VAR, come candidamente rivelato dal Capo della Liga Tebas, tutti hanno ben inteso come questa stagione deve andare a finire. Non servirà a molto, si diceva, ma quantomeno si obbliga il Madrid a rimandare i festeggiamenti di qualche giornata. 

Virando sulla cronaca della gara e lasciando la sporca politica di palazzo fuori dal nostro sport, il Barça ha iniziato la partita con Suarez seduto in panchina. Al suo posto in campo Riqui Puig, schierato interno a sinistra con possibilità di avanzare fino alla linea degli attaccanti, composta da Messi e Griezmann. Il francese è stato riproposto nella posizione così detta In Salsa Francese, quindi con libertà di muoversi per tutto il fronte d’attacco e non più limitato, come fino a Villareal, sulla fascia sinistra. A centrocampo l’immancabile Busquets, con Vidal e Sergi Roberto.

Il Barcelona, oggi con la seconda maglia, la amarilla con banda diagonale blaugrana sulla falsariga della famosa Mont-Halt del 1975, ha giocato un grande primo tempo. Veloce, sicuro, sfrontato come nei tempi migliori e come quest’anno abbiamo visto a l’Estadio de la Ceramica nella gara contro il Submarino Amarillo. E come in quella partita il goal è arrivato nei primi minuti di gioco. Bella azione manovrata in velocità con passaggi rapidi di prima fino al limite dell’area. Scambio Vidal-Messi e palla restituita dall’argentino al cileno con uno scavetto magico a far passare la palla tra due avversari. Palla in area, tiro immediato in girata di Arturo Vidal, palo e rete. La formazione blaugrana ha continuato a insistere e a giocare in scioltezza sfiorando il raddoppio con Griezmann che si è letteralmente mangiato il pallone del 2-0 a pochi passi dalla porta difesa dall’ex blaugrana Jordi Masip. Su invito di Semedo (ottimo il suo primo tempo), Griezmann ha colpito (male) il pallone con il destro calciandolo contro il suo piede sinistro. Conclusione, palla che si perde nel nulla nel prato del Nuevo Zorrilla. Il Valladolid ha avuto una grande occasione in contropiede su lancio del portiere Masip. Ma l’invitante pallone a favore di Kike Perez, che si è  allungato troppo il pallone arrivando al tiro in caduta, è stato preda di Ter Stegen.

Nella ripresa subito il cambio tra Griezmann e Suarez. Cambio non produttivo, diciamolo subito. Se il francese aveva garantito gioco, velocità, rientri e equilibrio, con l’uruguayo questo non è accaduto. La successiva sostituzione di Mister Noia è andata nello stesso solco. Fuori Riqui, un cuore pulsante elettricità, movimento, inventiva tra le linee, e dentro Rakitic. Pesante, lento fino al limite del pachidermico. Senza due uomini frizzanti come Antoine e Riqui, il Barça ha iniziato a perdere iniziativa, inventiva, velocità. Piano piano, con il sopraggiungere della fatica di un primo tempo tutto pepe, la squadra si è ritirata nella propria tre quarti, iniziando a difendersi al limite della propria area di rigore come con Valverde, lasciando il pallino del gioco all’avversario. Il Valladolid ha dunque pressato e creato pericoli a Ter Stegen che ha risposto alla sua maniera, da miglior portiere al mondo. Tre interventi particolarmente difficili hanno permesso di mantenere la porta inviolata e ottenere una importantissima vittoria. Nonostante una sensazione di pericolo costante nell’area blaugrana, il Barça ha avuto la possibilità di avvalersi di due calci di rigore per altrettanti falli netti ai danni di Suárez (atterramento in area con sgambetto) e Piqué (trattenuta per la maglia per impedirgli il colpo di testa in occasione di un corner). Proteste da parte blaugrana, ma l’ineffabile Mateu Lahoz ha fatto proseguire imitando il simpatico e imparziale fischietto di Fuga per la Vittoria. John Huston, se fosse stato seduto nella sala VAR, non avrebbe saputo fare di meglio. La polemica tra Piqué e Lahoz è andata avanti sia al momento della pausa relax, sia alla fine della gara. La risata ironica del centrale catalano vale molto più di mille parole, sopratutto pensando che, al Madrid, basta una bava di vento per cadere e ottenere la massima punizione.