FC Barcelona – Il Barça dice addio alla Copa del Rey

di Giuseppe Ortu


Il Barça esce dalla Copa del Rey per mano dell’Athletic Bilbao. Ai quarti di finale la formazione basca batte la catalana con il risultato di 1-0. Ieri è finita allo stesso modo della partita di andata in campionato. Anche quella volta si giocava in trasferta, a San Mames, e anche allora la partita terminò con il medesimo risultato. In quel caso fu Aduriz a sentenziare un brutto Barça a un minuto dal novantesimo; questa volta è stata un autorete di Busquets (tentativo di anticipare il basco Williams) al 93′, a battere un buon Barcelona. Ma alla fine, il risultato è il medesimo. Doppio 1-0 e sconfitta in entrambe le circostanze. Questa è la seconda competizione, dopo la Supercopa di Spagna, che il Barça è costretto ad abbandonare, e il secondo trofeo a cui il club deve dire addio. Due su due.


Rispetto alla partita valevole per la prima giornata di Liga, questa volta la squadra blaugrana ha giocato bene, mostrando dei progressi sul gioco di squadra e sulla tenuta fisica fino al triplice fischio finale (uno dei punctum dolens della formazione azulgrana in questa travagliata stagione). Nonostante il buon gioco e la personalità mostrata sul prato di San Mames, la formazione di Quique Setién non è stata in grado di segnare nonostante le innumerevoli occasioni create e avute. La penuria di reti sta diventando uno dei problemi di questa squadra, unito alla perforabilità difensiva. Nella partita di ieri notte il Barça ha tirato 11 volte verso Simon, di cui 5 in porta, ma senza realizzare una sola rete. Di contro i padroni di casa sono andati al tiro in 7 occasioni. Ma solo una volta nello specchio di porta. E in quella circostanza hanno realizzato la rete della vittoria e l’approdo alle semifinali di Copa. Il problema del goal, paradossalmente (pensando alla qualità che il Barça ha davanti), sta diventando sempre più evidente e imbarazzante. Questa squadra segna poco. Crea molto, ma non riesce a finalizzare la gran mole di lavoro che riesce a costruire. Problema mentale?, di concentrazione?, di scarsa mira, poco allenamento o semplicemente poca fortuna? Questo non si può sapere al momento, fatto sta che la formazione blaugrana ha serie difficoltà a mettere la palla in fondo al sacco. Nelle ultime quattro gare di Liga (Espanyol, Granada, Valencia e Levante) la squadra ha segnato solo 5 reti. I molteplici infortuni che hanno falcidiato il reparto offensivo non rendono certo le cose più semplici. Suárez e Dembélésono out per tutta la stagione. Gli arruolabili sono appena tre: Messi, Griezmann e Ansu Fati. Un po’ pochino per una formazione che gioca a tre davanti e che deve affrontare una stagione al top che sta per entrare nel vivo, con la champions alle porte e il campionato che non lascia il più piccolo spazio di errore.

E’ chiaro che se si ha difficoltà a andare a rete, aumentano esponenzialmente le chance di subire goal. Il Barça non ha mai avuto, storicamente, difese impenetrabili. I reparti arretrati blaugrana, per il modo tipico di giocare della squadra, sempre estremamente alti con la linea dei difensori sulla linea di metà campo se non oltre, e quasi sempre in condizioni di uno contro uno con gli avversari, ha sempre rischiato tanto. Quando attaccata è spesso andata in difficoltà. Tanto che, per difendersi, ha sempre gestito la partita nella metà campo avversaria. Il Barça ha sempre dominato il risultato grazie alle reti realizzate, mai per merito dei goal evitati dalla fase difensiva. Anche con Guardiola, il periodo di massima egemonia blaugrana, il Barça vinceva (questa può sembrare una banalità) per merito di una fase di attacco atomica che sentenziava l’avversario prima che lo stesso potesse fare male alla retroguardia azulgrana. Le messi di reti dei suoi giocatori mettevano al riparo il risultato da qualsiasi sbandamento difensivo. Per questo il Barcelona è costretto ad attaccare dal primo all’ultimo minuto e a segnare in continuità nel corso della gara. Va da sé, quindi, che quando si rilassa, o non riesce a marcare, va inevitabilmente in difficoltà. E ciò è esattamente quanto si sta verificando in questo momento della stagione. Così come lo scorso anno a Anfield, e l’anno ancora precedente a Roma. Due partite in trasferta che sono costate l’eliminazione dalla champions e in cui la squadra non è riuscita a segnare in nessuna delle due circostanze.

Il mal di trasferta, dunque, è un problema vecchio che questa squadra si porta dietro da molto tempo a questa parte. L’ultima vittoria in Liga è del 1 dicembre (1-0 al Wanda Metropolitano). Da allora si sono giocate otto gare, tre delle quali fuori casa, senza che il Barça sia riuscito a strappare i tre punti. Di queste tre si annoverano due pareggi e una sconfitta. Ieri una nuova batosta in campo avverso. Nel frattempo la squadra è migliorata, ma la vittoria latita ad arrivare. Domenica si torna in campo in un periodo di partite senza un attimo di respiro. Appena due giorni e il Barcelona sarà impegnato in una nuova trasferta; a Sevilla contro il Betis.

L’Antipatico. FC Barcelona – Troppi errori possono costare molto caro

di Giuseppe Ortu

Al FC Barcelona non ne azzeccano più una. Sembra quasi che all’interno della Junta e della secretaria tecnica stiano facendo a gara a chi la fa più grossa. Da l’impressione che sia una sfida nella sfida, come in certi baracci di periferia, quelli veramente mal frequentati intendo, dove gli avventori si sfidano a chi sputa più lontano, a chi lo ha più lungo e a chi dice più parolacce. Avete presente vero? Bene, adesso dimenticatevene perché la sola immagine fa venire il voltastomaco. E scusate se vi ci ho fatto pensare. 

Al Barça, però, la scena pare non faccia così ribrezzo, se è vero che all’interno di quella congrega ne stanno facendo una più di Carlo in Francia, o per restare in ambito catalano,  una più di Filippo V. Con quel che ne consegue, compresi i dipinti dell’antico sovrano appesi al contrario che ancora si rinvengono alle pareti di qualche ristorante cittadino.

La serie di orrori della Junta guidata da Bartomeu, bravissima persona per carità, direbbe un mio amico, ha una estensione chilometrica che si dipana nel corso degli anni. Essa farebbe bella mostra di sé anche all’interno della famosa Late Show’s top ten list, sebbene sarebbe necessario dare una sforbiciata qua e là per farcela stare in soli 10  pochi, semplici punti.

Solo per limitarci agli ultimi anni come non partire dal mancato esonero di Valverde dopo la prima stagione contrassegnata dalla tremebonda eliminazione di Roma o dopo la vergognosa eliminazione di Anfield con successiva caduta anche in finale di Copa a Sevilla contro il Valencia. Per poi, in tutta fretta, farlo fuori, in malo modo tra l’altro, tra una partita e l’altra in piena stagione dopo l’ennesima incomprensibile sconfitta (contro l’Atletico in Supercopa). Ciò ha comportato l’impossibilità per il nuovo tecnico di costruire la squadra sulla base dei suoi dettami tattici per mancanza di tempo materiale e giocatori che avrebbe potuto scegliere se fosse giunto nel corso della pausa estiva. La sconfitta contro il Valencia, alla prima trasferta vera di Setién, è proprio frutto di questa variazione tattica che il tecnico ha cercato di portare in blaugrana. Sconfitta costata anche il liderato in classifica. Il Barça degli ultimi anni se ha rimpolpato e arricchito il bilancio, ha dall’altra parte indebolito l’immagine del club. Piano piano, a seguito di una serie di condotte, il Barcelona appare sempre meno più forte come struttura, come club. Ha via via smarrito quella nomea, quella rispettabilità, quel prestigio, quella reputazione che facevano tremare gambe e polsi quando andavi a affrontare i colori blaugrana sul prato erboso o dietro a una scrivania per una negoziazione di mercato. Questo annacquamento dei colori e dei valori si nota in una serie di circostanze. Sul campo, perché ora anche gli avversari più modesti giocano contro il Barça con un atteggiamento spavaldo, arrogante direi, andando a pressare alto fin sul limite dell’aria di rigore azulgrana. Anni fa quando il Barcelona scendeva in campo, gli avversari temevano ogni giocata, ogni passaggio, si abbassavano e si mettevano in modalità vittima sacrificale. Oggi questo non accade più. Non c’è più alcun rispetto o timore reverenziale. E questo è colpa del gioco di Valverde, della sua titubanza, paura e timidezza nel mettere in campo la squadra. Ma non solo. La responsabilità è da ricercare anche tra i suoi dirigenti. La gestione del caso Valverde e di Carles Perez sono due chiari esempi. Per sostituire il tecnico è stato quasi bandito un concorso pubblico. Nel calderone sono finiti un po’ tutti. Xavi, Koeman, Setién, perfino Allegri e Pochettino. Non è stato contattato Fabio Capello. Forse aveva il telefono spento. Non solo. Ma invece che fare le cose sotto traccia e portare avanti il contatto in silenzio come quegli scaltri fanno, i nostri signori hanno dato ampia pubblicità ai loro movimenti, con la conseguenza che il “no” di Xavi e quello di Koeman sono stati enfatizzati al massimo livello. In genere si pubblicizzano i successi e si nascondono i fallimenti, in questo caso si è dato massimo risalto ai “no” ricevuti. Conseguenza; Setién è risultato terza/quarta scelta e ne è uscito sminuito agli occhi di stampa e giocatori, mentre il club ha dichiarato ai quattro venti di essere stato rifiutato da altrettanti allenatori. A procedura penale ti insegnano una cosa fondamentale: quando sei in aula e devi affrontare un controinterrogatorio, mai fare domande delle quali non sai già le risposte. Molto meglio dire “nessuna domanda” che lanciarti nel vuoto e ricevere una risposta che complica ulteriormente la tua strategia difensiva. Ma questi signori evidentemente non lo sanno. Nei giorni scorsi, poi, Abidal ha dichiarato di non aver mai contattato Xavi. E allora mi domando: “che diavolo ci sono andati a fare a Doha?” “Di cosa hanno parlato lui e Grau quando hanno incontrato Xavi? Del tempo?” Mah! Anche la cessione di Carles Pérez dimostra quanto debole sia l’attuale posizione del Barça, se perfino una società come la Roma può permettersi di dettare le condizioni al Barcelona in merito all’acquisto di un giocatore. In altri tempi, a parità di dinamica, la società giallorossa avrebbe accettato il pacchetto completo a scatola chiusa con tanto di ringraziamenti per la preferenza. Oggi, invece, si è permessa il lusso di rifiutare la recompra al club blaugrana.

Come non ricordare il mercato degli ultimi anni. Da Seri, ce lo ricordiamo vero? Giocatore corteggiato, chiusa la trattativa per poi far saltare tutto al momento delle firme, a Boateng, passando per i fallimenti di Verratti, Rabiot, Neymar eccetera. Sembra che negli ultimi anni la secretaria tecnica non sia più in grado di attrarre giocatori. I vari Gabriel Jesus, Vinicius, Rodrygo, Saul, Koke. Tutti trattati, seguiti come fossero stati dei re o imperatori, e poi inevitabilmente andati altrove. Il Barça non è più appetibile come un tempo. Oggi i giocatori preferiscono andare in un altro club.

L’ultima goccia è stata l’intervista rilasciata da Abi a Sport e le sue incaute, fanciullesche dichiarazioni che lanciano sospetti su tutti i giocatori. Questo è l’ennesimo esempio dell’improvvisazione di questa dirigenza, della loro impreparazione e del fatto che agiscano sulla spinta dell’impulso e non sulla scia di un piano elaborato a tavolino. E adesso attenti a non tirare troppo la corda. Potrebbe spezzarsi; e con essa anche la pazienza di Messi. Per caso Bartomeu vuole essere ricordato per il presidente che ha fatto scappare D10S?

Mi piace chiudere con una citazione (modificata per lo scopo) da Whatever Works (Basta che Funzioni) di Woody Allen. “Serve la licenza per pescare, la licenza per fare il barbiere, la licenza per vendere hot dog… ma non per governare e presiedere il Barça. Oddio, se penso che “hanno dovuto installare toilettes automatiche nei bagni pubblici, perché non c’era da fidarsi che la gente tirasse la catena…”

FC Barcelona – Dallo Tsunami Democràtic allo Tsunami de Messi

di Giuseppe Ortu

Tempo di tsunami a Barcelona. Dopo lo Tsunami Democràtic, il movimento di protesta indipendentista andato in scena nei mesi scorsi contro la sentenza scandalo che ha condannato i politici indipendentisti per aver esercitato esclusivamente il diritto d’opinione e di libertà politica, nella giornata di ieri è andata in scena un altro tsunami. Questa volta si tratta dello Tsunami de Messi. Che cosa è e a cosa si riferisce è presto detto. Nella serata di ieri sono state rese pubbliche le dichiarazioni di Abidal sull’esonero di Valverde dal club. Il secretario tecnico del Barça, in una intervista rilasciata al quotidiano Sport, aveva detto che dal post classico aveva intuito che la sorte di Valverde nel club era segnata. Il motivo? Abidal aveva notato in quella partita, ma non solo, anche nel periodo storico precedente ad essa, che “alcuni giocatori non erano soddisfatti dell’allenatore e non lavoravano molto”. Il passo dell’intervista incriminata è disponibile qui:

https://twitter.com/sport/status/1224784212550672386?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1224784212550672386&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.sport.es%2Fes%2Fnoticias%2Fbarca%2Fsigue-directo-crisis-del-barcelona-7836314

Questa dichiarazione ha fatto esplodere una bomba all’interno dello spogliatoio. Leo Messi ha risposto questa mattina attraverso una comunicazione via Instagram nella quale, riprendendo la fotografia del pezzo di Sport che lanciava l’intervista con alcuni passi scelti della stessa pubblicati nel sommario, e mettendoli in evidenza con un circoletto rosso, commentava in caratteri evidenziati in giallo tutto il suo malessere in riferimento alle parole usate dal dirigente e ex compagno di squadra sotto la guida tecnica di Guardiola. Premettendo che non ama fare cose del genere, il 10 argentino ha però poi sottolineato che ognuno deve essere responsabile del proprio incarico e lavoro e, sopratutto, che quando si chiama in causa un gruppo indistinto di giocatori a cui vengono attribuiti comportamenti professionalmente scorretti (come quelli a cui ha fatto riferimento Abidal), è necessario fare i nomi per evitare che il sospetto ricada su tutti i giocatori indistintamente.

Mensaje de Messi a Abidal

In pochi si sarebbero attesi una presa di posizione così dura, ferma e immediata da parte di Messi. E’ altrettanto chiaro, tuttavia, che le frasi pubbliche di Abidal, rilasciate a un quotidiano molto diffuso nella regione, sono state quanto meno ingenue, inopportune, frettolose e gratuite. Messi ha ragione da vendere quando richiede che Abidal faccia i nomi dei calciatori che, sostanzialmente, hanno remato contro Valverde; il significato intrinseco di quelle dichiarazioni è chiaramente questo. Frasi espresse troppo alla leggera e senza pensare a quale peso e conseguenze avrebbero potuto avere. Questo scivolone, l’ennesimo di questa Junta Directiva, è un brutto, spiacevole, incredibile episodio che concorre con altri precedenti a demolire l’immagine di un club glorioso come il FC Barcelona.

FC Barcelona – Nuova rottura del tendine del bicipite femorale per Dembélé

di Giuseppe Ortu

Non c’è pace per il Barça e Dembélé. Dopo l’infortunio di Suárez che resterà fermo fino a maggio dopo l’operazione al ginocchio subita nelle settimane scorse, adesso è il turno di Dembélé. Il francese non era ancora rientrato in squadra dopo un infortunio di 10 settimane al bicipite femorale causato da una ricaduta al suolo apparentemente normale durante la partita contro il Dortmund di Champions League, che si è nuovamente lesionato. Questa volta la lesione è veramente grave. Si tratta della rottura completa del tendine del bicipite femorale della gamba destra. Nella scorsa stagione il francese aveva sofferto del medesimo infortunio alla gamba sinistra. Questa nuova lesione fa il paio perfetto con quella della stagione passata. Allora era avvenuto in gara nella trasferta di Getafe nel tentativo di effettuare un colpo di tacco a favore di Suárez. Operato, era rimasto fermo per più di 4 mesi.

Adesso questa nuova rottura. L’infortunio è avvenuto ieri mattina in allenamento. Come detto, Dembouz, come viene chiamato  l’ex Dortmund, era appena rientrato in gruppo dall’infortunio sofferto contro la sua ex squadra il 27 novembre (risultato di 3-1 a favore dei blaugrana). Il tempo di svolgere pochi allenamenti ed ecco il nuovo stop.

Dembélé ora dovrà ripercorre tutta la trafila a cui era stato sottoposto l’anno scorso. Operazione chirurgica e rieducazione. I tempi di ripresa dell’attività sportiva sono stimati dai 4 ai 6 mesi. Trattandosi di un soggetto particolarmente delicato, solo in questa stagione il francese ha subito 5 infortuni più o meno seri (da semplici contratture a danni muscolari più seri), il recupero sarà certamente più prudenziale del normale.

Con questa nuova grana sul capo di Setién e della squadra, il Barça ora ha veramente i giocatori contati nel reparto offensivo. A disposizione del tecnico blaugrana rimangono solo Messi, Griezmann e Fati. Con Carles Pérez e Abel Ruiz ceduti dissennatamente in questo mercato di riparazione, con Suárez che non è stato sostituito nonostante le richieste dell’allenatore, non rimane altro che fare di necessità virtù, sperare che nessuno del tridente abbia nemmeno a raffreddarsi, e confidare in un aiuto dall’alto dei cieli per condurre in porto la nave blaugrana al termine della stagione. Il regolamento ammette la possibilità di intervenire sul mercato in caso di infortunio di un giocatore per un periodo di tempo superiore ai 5 mesi. Vedremo se sarà questo il caso, se la secretaria tecnica vorrà intervenire, e chi si potrà, nel caso in cui le prime due condizioni vengano soddisfatte, attrarre al club blaugrana.

FC Barcelona – Il problema fisico del Barça nemico numero uno

di Giuseppe Ortu

Il Barça che ha giocato ieri notte contro il Levante in campionato ha messo in evidenza una doppia faccia, una buona e una meno piacevole. Un ottimo primo tempo, con gustose novità tattiche presentate da Setién, e una ripresa in cui sono parzialmente riemersi fantasmi dal passato, riconducibili, in massima parte, ad una condizione fisica precaria.

Cominciando con le note liete, ieri abbiamo assistito ad una serie di interessanti novità sul terreno di gioco. Quique ha cambiato diverse cose contro il Levante, apportando modifiche al suo modello di gioco sviluppato nelle prime partite. Il Setién 2, il nuovo pacchetto di novità tattiche, ha creato un compromesso e una miscellanea di stili, identità e principi tattici che hanno fatto storia, non solo nel Barça. Il possesso di palla e la pressione alta di Setién 1, uniti alla velocità di tocco e manovra, si sono sposati con la verticalità e l’immediata ricerca della profondità vista con Luis Enrique. Risultato, un primo tempo scintillante con una ampia produzione offensiva. Fati è stato indubbiamente avvantaggiato da questo nuovo tipo di gioco. Sulla fascia sinistra, suo ruolo da quando calcava il campionato juveniles, il ragazzo ha furoreggiato, percorrendo l’out a gran velocità e creando enormi problemi allo schieramento granota. Un nuovo Fati, ieri apparso ancora più devastante del solito. I due goal del giovane canterano sono giunti, in rapida successione, proprio incuneandosi in area dal lato corto di sinistra. E sempre da quella parte sono giunte altre occasioni per la formazione blaugrana. Non è stato solo il numero 31 a essere beneficiato da questo cambio di stile. Anche lo spettacolo. La squadra è diventata anche più imprevedibile. La pressione alta e il rapido movimento del pallone, tipico del bagaglio di conoscenze di Setién hanno perfezionato la verticalità che era stata già di Luis Enrique e in un certo qual modo di Valverde. Rispetto al Setién 1, è mutata anche la posizione di Busquets, ieri molto più arretrato che nelle prime uscite con il nuovo tecnico. Busi ha riportato indietro la sua posizione, ripercorrendo stare già battute con Valverde. E’ infatti tornato spesso a inserirsi tra i due centrali in fase difensiva e a impostare l’azione nella prima parte della manovra.

Come spesso accade, ad una buona facciata corrisponde un rovescio della medaglia non altrettanto roseo. A un primo tempo perfetto è seguito una ripresa molto più travagliata. Se nei primi 45′ il Barça non aveva mai rischiato in difesa e Ter Stegen non aveva subito un solo tiro in porta, nel secondo tempo il Levante ha creato parecchi problemi allo schieramento difensivo blaugrana. Il portierone tedesco ha dovuto effettuare 4 parate delicate e raccogliere un pallone finito in fondo al sacco. Se la formazione granota era stato controllato senza patemi nel primo tempo, nella ripresa ha avanzato il suo baricentro, è cresciuta in convinzione e personalità e ha riequilibrato uno svolgimento della partita che nel primo tempo è stata praticamente a senso unico. Il perché di questa metamorfosi azulgrana, quasi come un dottor Jekyll and mister Hyde, è fondamentalmente riconducibile a questioni meramente fisiche. Il Barcelona è una squadra che nel corso degli anni, sotto le guida e direzione di Valverde, ha perso l’abitudine al duro lavoro nel campo di allenamento. La squadra si è allenata (e riscaldata nei pre partita) male per due anni e mezzo. Perdendo l’abitudine al sacrificio durante la settimana, i giocatori hanno iniziato a abbassare la soglia della preparazione fisica nello stesso modo con cui una batteria di un cellulare inizia a creare il c.d. effetto memoria. Pian piano, quasi in maniera inconsapevole, si abbassa il livello di carica mentre si tiene in considerazione non più il livello iniziale di massima carica, ma quello via via più basso raggiunto dal dispositivo. Se si verifica ogni singolo step, la differenza è sempre minima e accettabile, ma se si saltano i punti intermedi e si controlla controlla la differenza tra il livello massimo e quello al momento raggiunto, ci si accorge dell’enormità della differenza.
Il Barça degli ultimi anni ha creato questo effetto memoria nella preparazione. Sempre un tantino meno, sempre il minimo indispensabile che ogni volta è calato sempre più. Se si prendesse un ipotetico parametro dell’intensità di lavoro tra Guardiola, Luis Enrique e poi Valverde, si avrebbe un grafico in decisa picchiata con sconfinamento in territorio negativo (contraction territory). Il Barça non regge più lo sforzo fisico. E’ una squadra che dura un tempo, un tempo e mezzo ai massimi livelli e che successivamente paga lo sforzo e la scarsa abitudine al serio lavoro di campo e cede di schianto nelle parti finali delle partite. Ieri contro il Levante è l’ennesimo caso di una squadra che non ce la fa più. Contro l’Atleti in Supercopa la squadra aveva mollato all’improvviso al 76′, subendo una debacle totale con due reti subite, un palo contro, un quasi rigore non fischiato contro e altre due/tre occasioni da rete a favore dei colchoneros. Il tutto non in 90′ giocati male, ma in appena 14 minuti di una delle migliori gare della stagione.
Quando la squadra inizia a sentire la fatica, quando il fiato inizia a mancare, le gambe diventano molli, il fiato si ingrossa tanto da far quasi scoppiare la cassa toracica e le idee si annebbiano, si perdono le misure tra i reparti, i giocatori si distanziano e non restano più corti, gli uni vicini agli altri. La squadra in queste condizioni si allunga, il recupero palla non è più fattibile e si aprono spazi invitanti, se non praterie, per gli avversari. Il Barcelona ha sempre puntato tutto sul gioco d’attacco, sulla pressione alta, sul recupero immediato del possesso palla e sul dominio dell’avversario da effettuare nella metà campo contraria. Per sua natura la formazione blaugrana non è stata concepita per difendersi nella propria metà campo al limite dell’area. Non ne ha le capacità perché i suoi giocatori sono stati costruiti, sin dalla Masia, a giocare in un altro modo, a specializzarsi su certi aspetti più che in altri. Ma questo modo di giocare comporta una forma fisica perfetta. Il calcio totale di Cruyff, poi sviluppato da Guardiola, comporta che tutti attacchino e tutti difendano. In queste circostanze lo schieramento diventa una ragnatela, una intricata foresta di rovi attraverso cui nessuno riesce a passare. Il pressing va portato da tutta la squadra, non solo da un reparto o da un singolo calciatore. Per far ciò tutti devono correre e tutti devono mantenere le distanze corrette; tutti devono salire nelle posizioni offensive, così come tutti devono riposizionarsi, uniti, in quelle arretrate. Se uno o due giocatori non fanno questi movimenti salta il banco, si aprono buchi all’interno dello schieramento, altrimenti impenetrabile, e la squadra diventa vulnerabile in qualsiasi situazione e contro chiunque. Il Barcelona questo non riesce più a farlo per tutti i 90′. Quando sopraggiunge la stanchezza si perdono le misure e la squadra si sfilaccia e va in sofferenza; anche contro il Levante.
In tutto ciò non ha certo giovato la decisione della Junta di andare in tournée negli Stati Uniti e in Giappone in estate. Fare cassa sì, stipulare contratti commerciali per approfondire il mercato americano e quello orientale va bene, purché non vada a discapito dell’aspetto sportivo perché il FC Barcelona rimane pur sempre una squadra di calcio, non una multinazionale commerciale. Piquè questo lo aveva detto ad inizio stagione, lamentandosi di come era stata gestita la pre temporada, ma era stato immediatamente attaccato da certa stampa eccessivamente vicina alla junta che aveva contrattaccato iniziando a parlare del potere dei giocatori accusati di comandare in seno al club e di gestire il mercato dei giocatori e degli allenatori, oltre a decidere chi poteva viaggiare con la squadra e chi no. Questa ripicca, manifestamente fanciullesca e ridicola nei modi e nei tempi (se hai qualcosa da denunciare ne parli nel momento in cui le cose accadono, non a tempo debito, a freddo, nel momento in cui certe cose – tutte da verificare tra l’altro- possono servire per aiutare certe persone vicine). E’ ovvio, è bene dirlo questo, che lo stesso giocatore non può da un lato mettere in evidenza questo aspetto e dall’altro andare su e giù per il Paese e per il mondo per seguire i suoi innumerevoli impegni commerciali. Quando si gioca, si gioca; ci si allena e basta, senza lasciare spazio ad altri aspetti che possono, anche solo dal punto di vista mentale e della concentrazione, distrarre dall’unico obiettivo che un calciatore professionista deve avere: il gioco del calcio.
At the bottom of line, per dirla con gli americani, al Barça da anni si è sbagliato tutto: programmazione, organizzazione, cultura del lavoro. Queste elezioni non arriveranno mai sufficientemente presto.  

FC Barcelona – Vittoria sofferta del Barça nella notte di Ansu Fati

di Giuseppe Ortu

Vittoria sofferta del Barcelona nella gara casalinga contro il Levante. 2-1 il risultato finale con doppietta di Ansu Fati.
Il Barça di Setién 2 è la squadra che non ti aspetti; una formazione piena di sorprese. Non tanto dal punto di vista degli uomini, quanto dall’aspetto tattico. Una squadra molto più verticale, rapida, pronta a lanciarsi in avanti con velocità e giungere in area avversaria con tre passaggi. Se non fosse per la presenza di Quique in panchina si direbbe che il tecnico non è lo stesso delle prime uscite. Non abbiamo più visto quel possesso di palla lento, noioso, inutile e privo di profondità mostrato nelle prime gare. Contro il Levante non abbiamo più visto passaggi fini a se stessi che comportavano solo l’addormentamento di gioco e manovra. I passaggi sono pregiudiziali a creare il massimo danno, nell’immediato, all’avversario. Con una maggiore verticalità e profondità della manovra, unita a una velocità del tocco negli spazi stretti, il Barça è stato subito molto pericoloso. Come conseguenza sono fioccate le occasioni da rete tra le quali una traversa colpita da Semedo; e i goal. Nel primo tempo sono stati due, entrambi di Ansu Fati su assist di Leo Messi. Il ragazzo è alla prima doppietta in prima squadra e alla quarta rete totale in Liga.
Insieme a queste novità tattiche, la squadra ha mantenuto alta la pressione, recuperando velocemente la palla per riproporre pericolosamente l’azione offensiva. Il pubblico ha ampiamente gradito la prestazione della squadra, rimarcando in molti momenti il proprio apprezzamento con applausi e ovazioni.    
La ripresa è stata più equilibrata nel suo svolgimento anche grazie ai cambi di Paco Lopez per il Levante. La squadra di Valencia ha velocizzato l’azione, dando fantasia al gioco levantino e peso offensivo. Gli ospiti hanno così impegnato in più occasioni Ter Stegen che ha dovuto capitolare a due minuti dalla fine del recupero. Il 2-1 finale non mette il Barça dal riparo dai soliti problemi di calo mentale e fisico di questa stagione. Se nei primi 45′ Ter Stegen non ha dovuto effettuare una sola parata e il Barça ha dominato l’avversario, non rischiando mai, nella ripresa le maglie della squadra si sono allargate e il Levante ha trovato spazi, verve e linfa offensiva. Nonostante le innumerevoli occasioni in attacco, la squadra di Setién non è riuscita a segnare la terza rete, tenendo in gara l’avversario, che ha ribattuto colpo su colpo. In questa fase il portiere tedesco si è irto a baluardo difensivo salvando la propria squadra in almeno quattro circostanze.
I tre punti guadagnati oggi rimettono il Barça in scia del Madrid, ma lasciano aperti interrogativi non ancora risolti. Il calo fisico della squadra nelle parti conclusive delle partite rimane un segnale di allarme importante per il prosieguo della stagione a cui si dovrà porre rimedio al più presto se si vorranno avere mire su una stagione costellata di titoli e trofei, al momento un traguardo difficilmente raggiungibile.
Dal punto di vista dei singoli giocatori una menzione particolare la merita Ansu Fati per la prestazione tutta, fatta di maturità, numeri, incisività. Meno attivo del solito Griezmann, per la verità colpevolmente ignorato dai compagni nella scelta della distribuzione del gioco offensivo. Messi ha duettato molto con Ansu cercandolo costantemente anche a discapito del francese.