di Giuseppe Ortu
La finale della Supercopa de España la giocheranno Real Madrid e Atletico Madrid, le due imbucate al ballo. Valencia e Barça, che avevano giocato la finale di Copa del Rey, con Valencia vincitore, e vinto, il Barça, la Liga, resteranno fuori a guardare le due di Madrid disputare una Supercopa per la quale non hanno titolo alcuno. Seconda e terza in Liga, eliminate anzitempo dalla Copa, si troveranno, domenica sera, l’una di fronte all’altra nella finale di una competizione che, ormai, assomiglia più a un torneo a inviti che a un trofeo per meriti sportivi. Nell’era della corsa al danaro a tutti i costi capita anche questo. Questo sport, anno dopo anno, sta assumendo sempre più le caratteristiche asettiche di una scatola vuota, fredda e senza anima dove tutto ciò che incarna il vero spirito sportivo del merito cavalleresco ha lasciato il posto ad un meccanico e stupido registratore di cassa.
La partita di questa notte è stata la più rocambolesca degli ultimi anni. Gioca meglio il Barça, che domina l’avversario in lungo e in largo, ma vince l’Atletico. I blaugrana di Valverde perdono l’ennesimo trofeo dopo una partita impossibile da perdere. Il curriculum di questo allenatore si amplia con ancora un masso difficile da capire e digerire. Se i vecchi ricordi di Roma, Anfield, Sevilla contro il Valencia avevano visto una squadra di fantasmi dal primo all’ultimo minuto, in questo caso i blaugrana hanno forse disputato la migliore partita di questa stagione. Almeno fino a un quarto d’ora dalla fine. Al 75′ infatti, dopo il secondo goal annullato al Barça, la squadra ha letteralmente staccato la spina. La formazione di Valverde ha smesso di correre a centrocampo e si è disunita in maniera clamorosa in difesa cedendo di schianto come una corda logora che all’improvviso di sfilaccia irrimediabilmente fino allo snap che ne decreta la rottura. Dal 75′, con la squadra blaugrana in vantaggio di 2-1, al 94′, sul terreno di gioco si sono viste ombre confuse e stanche che vagavano senza costrutto per il prato dello stadio di Jeddah. I colchoneros hanno approfittato di questo black out totale degli avversari e sono andati a nozze infilandosi nelle maglie senza più lacci del Barça con facilità disarmante. E così dal 2-1blaugrana siano appesi al 2-3 per l’Atletico. Due reti, altre occasioni da rete a tu per tu con il portiere, e un quasi rigore non fischiato ai rojiblancos. Sembrerebbe la cronaca di una intera partita, quando invece si tratta solo degli ultimi 15′ di una squadra che per 75′ era stata dominata e schiacciata in maniera perentoria che non lasciava repliche.
Il primo tempo della gara è stato molto bello e ben giocato. Il Barça in attacco con un gioco veloce e spumeggiante, pressing alto e recupero della palla immediato; l’Atletico rinchiuso nella propria metà campo, spesso all’interno dell’aria di rigore, nel tentativo di difendersi e ripartire in contropiede. Solo nei primi 45′ di gioco il Barça avrebbe meritato di trovarsi in vantaggio di tre/quattro reti. I miracoli di Oblak, oltre alle proverbiali mezze respinte in area e ai salvataggi alla disperata dei difensori colchoneros, hanno mantenuto la gara in equilibrio sullo 0-0.
Nella ripresa subito il goal degli uomini di Simeone. Prima azione della gara, progressione centrale, buco difensivo blaugrana e, uno contro uno con il portiere Neto. Portiere battuto (non è Ter Stegen e si è visto) e Atleticoclamorosamente in vantaggio. Il Barça ha ripreso immediatamente a giocare in maniera veloce e spettacolare. Dopo pochi minuti Messi ha riportato i suoi in parità con una rete spettacolare. Altri 10 minuti e ancora Messi che porta i suoi in vantaggio dopo uno stop con dribbling incluso e una conclusione precisissima sul palo lontano. L’arbitro convalida ma il Var annulla. La palla, nel dribbling, è andata a sbattere sotto la spalla dell’argentino, all’altezza della fascia di capitano. Neanche il tempo di recriminare e Griezmann realizza la rete dell’ex, di testa, dopo una parata monstre di Oblak su colpo di testa di Suarez. Il Barça non si è adagiato e ha continuato a spingere nel tentativo di chiudere definitivamente la partita. Al 75′ è giunto, così, la seconda rete annullata della serata. Messi ha inventato e pennellato per Vidal che, in allungo volante, è riuscito a colpire al volo nel cuore dell’area di rigore dove si è fatto trovare pronto Piqué per ribattere in porta la rete del 3-1. Questa volta è stato l’omero di Vidal a sentenziare la rete blaugrana. Fuorigioco per 0,001 cm.
Da quel momento il Barça si è squagliato. La squadra fenomenale vista fino ad allora si è liquefatta. I giocatori si sono letteralmente fermati, l’Atletico ha continuato a giocare e nel giro di pochi minuti (81′ e 86′) ha segnato due volte, sfiorate altrettante reti, e quasi ottenuto un calcio di rigore. Le reti colchoneras sono state tutte uguali. Penetrazione centrale tra due ali di maglie blaugrana, incredibilmente aperte, con i giocatori fermi a guardare, e giocate a tu per tu con il portiere Neto. Dal momento della rete annullata a Piqué è apparso chiaro a tutti che la squadra, improvvisamente, aveva accusato la stanchezza e non si reggeva in piedi. Tutti tranne che a Valverde. Ancora una volta il tecnico blaugrana è rimasto immobile, spettatore non pagante, a vedere la disfatta dei suoi senza mettere mano alla squadra. Andava cambiato subito il centrocampo. Ma Ernesto Sparalesto è rimasto una volta di troppo sorpreso ed è stato lento, lentissimo, a reagire.
Risultato e finale di gara incomprensibile, incredibile, da fantasia horror. Finale di partita, possiamo dire, nel più puro stile Valverde. Un vecchio adagio dice: “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”. Per il Barça di Valverde si può dire: “Quando le partite diventano decisive, arriva Valverde e i suoi smettono di giocare”. Sarà il caso che Bartomeu ci rifletta sopra in modo serio e prenda provvedimenti urgenti. Il Barça non è una sua proprietà. Lui è solo il custode di un club i cui proprietari sono i soci. E i soci, a gran voce, chiedono un immediato cambio di guida tecnica per evitare un’altra stagione piena di nulla. Una squadra formata da purosangue non può avere un ronzino a dirigerli. Chiudiamo citando un dialogo dal film Slevin che sembra costruito su misura per questa situazione e questo allenatore. “La prima volta che ti chiamano asino gli dai un pugno sul naso. La seconda volta che ti chiamano asino gli dici stronzo, ma la terza volta che ti chiamano asino, beh, forse è ora che ti vai a comprare una soma.”