FC Barcelona – Attesa per il Sì di Xavi

di Giuseppe Ortu


A Can Barça è tutto pronto per il ritorno di Xavi. Dopo la fallimentaria Stagione Valverde, il pareggio nel derby con l’Espanyol, e sopratutto la sconfitta in Supercopa contro l’Atleti, hanno fatto vacillare anche il più duro degli irriducibili ancora schierato a favore di Valverde: Bartomeu. Il presidente ha ceduto alle sempre più incessanti richieste di parte della directiva e dei soci di porre un freno allo stillicidio di risultati negativi dell’era Valverde, unico, vero colpevole di questi ultimi tre anni catastrofici del FC Barcelona. La clamorosa sconfitta contro l’Atletico ha sentenziato l’allenatore blaugrana, che ha perso una partita imperdibile. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. La scelta è ricaduta subito su Xavi, immediatamente svincolatile dal Al Saad. In tempi precedenti si era parlato anche di Koeman,che era stato nel novero dei papabili anche al termine della passata stagione dopo il doppio KO blaugrana di Anfield e Sevilla nella finale di Copa del Rey. Ma settimane addietro era stato fatto anche il nome di Henry. Alla fine il prescelto è stato Xavi Hernandez, il numero 6 per eccellenza del Barça. Una delegazione è partita immediatamente per Doha, dove l’allenatore del Al Saad vive e lavora. Eric Abidal e Oscar Grau, rispettivamente Director Deportivo e CEO del Barça hanno incontrato l’eletto per saggiarne intenzioni e disponibilità a entrare nel seno del club blaugrana di punto in bianco, rilevando la panchina di Valverde, e lanciandosi nella sua seconda avventura barcelonista, questa volta come allenatore. Xavi ha ricevuto la proposta con entusiasmo, ha abbozzato, posto il suo legame ancora in essere con il suo attuale club, e si è ripromesso di parlare con i suoi attuali dirigenti. Tutto è avvenuto in maniera repentina e alla velocità della luce. In serata il direttore sportivo del Al Saad aveva già dichiarato che Xavi e il Barça stavano già negoziando dopo aver ricevuto il beneplacito da parte del suo presidente. Il massimo dirigente qatariota ha aperto subito le porte al suo allenatore. Troppo forte la stima tra le due parti e altrettanto il richiamo blaugrana per una persona del calibro di Xavi.Nel corso della notte, verso le 22:00, si è avuta una nuova riunione tra l’allenatore e la delegazione blaugrana. Stamattina è attesa la risposta definitiva di Xavi. Tutti, a Barcelona, si attendono un Sì. Il contratto sarebbe impostato per comprendere la fine della stagione in corso più le due successive, e dovrebbe avere scadenza al 2022. Se quest’oggi dovesse arrivare il Sì definitivo e la firma sul contratto che legherà Xavi alla panchina del Barça in sostituzione di Valverde, il nuovo allenatore potrebbe essere presentato alla stampa nella giornata di domani, lunedì 13 gennaio.

FC Barcelona – La dictadura de la incapacidad pendiente de un hilo

de Giuseppe Ortu

Por la segunda vez desde cuando el entrenador blaugrana es sentado en el banquillo del Barça, el destino de Valverde es tan flébil y fino que es cerca de romperse, y con eso, su colaboración con el FC Barcelona. La primera fue después de la derrota en la final de Copa del Rey contra el Valencia la pasada temporada, llegada después del fracaso de Anfield. Entonces parecía todo hecho, con Robert Martinez listo por aterrizar al Camp Nou, pero finalmente Bartomeu se negó de hacer el gran pase. Menos que un año después, estamos en la misma situación. «This is the same old story» diría Sam en la película Casablanca. Nueva derrota catastrófica del Barça, otro fracaso incomprensible de un equipo que por 75’ ha hecho su mejor partido de la temporada, pero que en un santiamén, ha interrumpido el enlace cerebro-piernas y se ha parado de inmediato, mirando los adversarios devenir a protagonistas en el tramo final del partido y andar a marcar dos veces y tener dos, tres claras ocasiones de gol en diez, quince minutos. Una barbaridad! Y desde el banquillo? Uno se puede imaginar, y asumir, que el entrenador sea devenido furioso, reaccionando de inmediato, a la Klopp, con eficaces contra medidas. Nada de todo esto. De Valverde solo inmovilidad y incapacidad de reacción. Como si durmiese. Hubiésemos tenido la momia de Tutankhamon en el banquillo blaugrana sería estado la misma cosa. 

Desde la llegada de Valverde en Can Barça hemos asistido a las peores y vergonzosas derrotas y fracasos de la historia reciente del club que es Mès que un Club. Derrotas humillantes como la de Roma y Anfield (con 7 goles en contra frente a 0 del Barça cuando hubiera bastado una red en los dos encuentros por pasar la eliminatoria), Valencia en la final de Copa, y ahora esta derrota increíble. Esto entrenador ha aportado al equipo su mentalidad aburrida, lenta y triste; su miedo de todo y todos; su incapacidad de leer el partido y de cambiarlo cuando está en marcha. Valverde ha aportado su incompetencia a estos niveles y su incapacidad de carácter. Y cómo una reina malvada de las fábulas de Disney, ha hecho un hechizo sobre su equipo y su junta directiva. Desde que Valverde ha llegado al Barça, l’equipo, paso a paso, se está destruyendo. Nunca así débil en defensa en los últimos diez años, nunca así escaso en la fase de juego y de la construcción de la acción. Valverde es como un dictador que ha impuesto un régimen hecho de incapacidad y inmovilidad. Un régimen sin vigor, sangre, arte, fantasía, capacidad y ideas. El Barça de Valverde es como un ejército de grandes soldados con un general tímido que no entiende nada de estrategia militar. Todos pueden cocerlo para el desayuno. Si la junta no toma el mando y no substituye a Valverde de inmediato, el riesgo es de ser echados de la Champions también del Nápoles en la próxima eliminatoria. 

Ayer Abidal y Oscar Grau se han encontrados con Xavi en Doha para ver su reacción, su sentimiento, su idea y su gana de volver pronto al Barça. O de inmediato u para la próxima campaña. Xavi sería perfecto por el rol, el non plus ultra. Es de la casa, conoce l’ambiente, l’estilo y tiene el carácter por tener éxito y triunfar. Es joven como entrenador, pero tiene la personalidad justa por ser un grande líder. Esperar a la próxima temporada no es conveniente para el Barça. A día de hoy l’equipo es todavía en una fase en la cual puede ganarlo todo. Con Valverde seria una utopía; Xavi, con el vestuario como auxilio, puede triunfar.

FC Barcelona – Valverde perde un’altra gara imperdibile

di Giuseppe Ortu


La finale della Supercopa de España la giocheranno Real Madrid e Atletico Madrid, le due imbucate al ballo. Valencia e Barça, che avevano giocato la finale di Copa del Rey, con Valencia vincitore, e vinto, il Barça, la Liga, resteranno fuori a guardare le due di Madrid disputare una Supercopa per la quale non hanno titolo alcuno. Seconda e terza in Liga, eliminate anzitempo dalla Copa, si troveranno, domenica sera, l’una di fronte all’altra nella finale di una competizione che, ormai, assomiglia più a un torneo a inviti che a un trofeo per meriti sportivi. Nell’era della corsa al danaro a tutti i costi capita anche questo. Questo sport, anno dopo anno, sta assumendo sempre più le caratteristiche asettiche di una scatola vuota, fredda e senza anima dove tutto ciò che incarna il vero spirito sportivo del merito cavalleresco ha lasciato il posto ad un meccanico e stupido registratore di cassa.

La partita di questa notte è stata la più rocambolesca degli ultimi anni. Gioca meglio il Barça, che domina l’avversario in lungo e in largo, ma vince l’Atletico. I blaugrana di Valverde perdono l’ennesimo trofeo dopo una partita impossibile da perdere. Il curriculum di questo allenatore si amplia con ancora un masso difficile da capire e digerire. Se i vecchi ricordi di Roma, Anfield, Sevilla contro il Valencia avevano visto una squadra di fantasmi dal primo all’ultimo minuto, in questo caso i blaugrana hanno forse disputato la migliore partita di questa stagione. Almeno fino a un quarto d’ora dalla fine. Al 75′ infatti, dopo il secondo goal annullato al Barça, la squadra ha letteralmente staccato la spina. La formazione di Valverde ha smesso di correre a centrocampo e si è disunita in maniera clamorosa in difesa cedendo di schianto come una corda logora che all’improvviso di sfilaccia irrimediabilmente fino allo snap che ne decreta la rottura. Dal 75′, con la squadra blaugrana in vantaggio di 2-1, al 94′, sul terreno di gioco si sono viste ombre confuse e stanche che vagavano senza costrutto per il prato dello stadio di Jeddah. I colchoneros hanno approfittato di questo black out totale degli avversari e sono andati a nozze infilandosi nelle maglie senza più lacci del Barça con facilità disarmante. E così dal 2-1blaugrana siano appesi al 2-3 per l’Atletico. Due reti, altre occasioni da rete a tu per tu con il portiere, e un quasi rigore non fischiato ai rojiblancos. Sembrerebbe la cronaca di una intera partita, quando invece si tratta solo degli ultimi 15′ di una squadra che per 75′ era stata dominata e schiacciata in maniera perentoria che non lasciava repliche.

Il primo tempo della gara è stato molto bello e ben giocato. Il Barça in attacco con un gioco veloce e spumeggiante, pressing alto e recupero della palla immediato; l’Atletico rinchiuso nella propria metà campo, spesso all’interno dell’aria di rigore, nel tentativo di difendersi e ripartire in contropiede. Solo nei primi 45′ di gioco il Barça avrebbe meritato di trovarsi in vantaggio di tre/quattro reti. I miracoli di Oblak, oltre alle proverbiali mezze respinte in area e ai salvataggi alla disperata dei difensori colchoneros, hanno mantenuto la gara in equilibrio sullo 0-0.

Nella ripresa subito il goal degli uomini di Simeone. Prima azione della gara, progressione centrale, buco difensivo blaugrana e, uno contro uno con il portiere Neto. Portiere battuto (non è Ter Stegen e si è visto) e Atleticoclamorosamente in vantaggio. Il Barça ha ripreso immediatamente a giocare in maniera veloce e spettacolare. Dopo pochi minuti Messi ha riportato i suoi in parità con una rete spettacolare. Altri 10 minuti e ancora Messi che porta i suoi in vantaggio dopo uno stop con dribbling incluso e una conclusione precisissima sul palo lontano. L’arbitro convalida ma il Var annulla. La palla, nel dribbling, è andata a sbattere sotto la spalla dell’argentino, all’altezza della fascia di capitano. Neanche il tempo di recriminare e Griezmann realizza la rete dell’ex, di testa, dopo una parata monstre di Oblak su colpo di testa di Suarez. Il Barça non si è adagiato e ha continuato a spingere nel tentativo di chiudere definitivamente la partita. Al 75′ è giunto, così, la seconda rete annullata della serata. Messi ha inventato e pennellato per Vidal che, in allungo volante, è riuscito a colpire al volo nel cuore dell’area di rigore dove si è fatto trovare pronto Piqué per ribattere in porta la rete del 3-1. Questa volta è stato l’omero di Vidal a sentenziare la rete blaugrana. Fuorigioco per 0,001 cm.

Da quel momento il Barça si è squagliato. La squadra fenomenale vista fino ad allora si è liquefatta. I giocatori si sono letteralmente fermati, l’Atletico ha continuato a giocare e nel giro di pochi minuti (81′ e 86′) ha segnato due volte, sfiorate altrettante reti, e quasi ottenuto un calcio di rigore. Le reti colchoneras sono state tutte uguali. Penetrazione centrale tra due ali di maglie blaugrana, incredibilmente aperte, con i giocatori fermi a guardare, e giocate a tu per tu con il portiere Neto. Dal momento della rete annullata a Piqué è apparso chiaro a tutti che la squadra, improvvisamente, aveva accusato la stanchezza e non si reggeva in piedi. Tutti tranne che a Valverde. Ancora una volta il tecnico blaugrana è rimasto immobile, spettatore non pagante, a vedere la disfatta dei suoi senza mettere mano alla squadra. Andava cambiato subito il centrocampo. Ma Ernesto Sparalesto è rimasto una volta di troppo sorpreso ed è stato lento, lentissimo, a reagire.

Risultato e finale di gara incomprensibile, incredibile, da fantasia horror. Finale di partita, possiamo dire, nel più puro stile Valverde. Un vecchio adagio dice: “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”. Per il Barça di Valverde si può dire: “Quando le partite diventano decisive, arriva Valverde e i suoi smettono di giocare”. Sarà il caso che Bartomeu ci rifletta sopra in modo serio e prenda provvedimenti urgenti. Il Barça non è una sua proprietà. Lui è solo il custode di un club i cui proprietari sono i soci. E i soci, a gran voce, chiedono un immediato cambio di guida tecnica per evitare un’altra stagione piena di nulla. Una squadra formata da purosangue non può avere un ronzino a dirigerli. Chiudiamo citando un dialogo dal film Slevin che sembra costruito su misura per questa situazione e questo allenatore. “La prima volta che ti chiamano asino gli dai un pugno sul naso. La seconda volta che ti chiamano asino gli dici stronzo, ma la terza volta che ti chiamano asino, beh, forse è ora che ti vai a comprare una soma.”   

 

Editoriale. Supercopa de España – Comanda il denaro

di Giuseppe Ortu

Da quest’anno entra in gioco la Nuova Supercopa de España. Il nuovo formato prevede un mini torneo a cui partecipano quattro squadre, le finaliste della Copa de España, più le prime due classificate della Liga. Inizialmente si era pensato di estendere la partecipazione a due formazioni sulla base del palmares della Copa. Successivamente si è mutato parere e si è guardato al campionato e non alla coppa nazionale. Le formazioni che si contenderanno il trofeo saranno il Valenciaquale detentore della coppa, il Barcelona in quanto finalista, più Atletico e Madrid. I colchoneros partecipano in qualità di vicecampeones della Liga; il Madrid, quasi come un intruso, partecipa per essere arrivato al terzo posto in campionato. Ora, ciascuno di voi lettori dovrebbe dire:” Terzo in classifica? Il regolamento non parla di terzi classificati!”. Giusta osservazione. Il Madrid partecipa alla Supercopa a quattro in quanto il Barça, campione di Spagna, rientra già nel torneo a titolo di finalista della Copa, aprendo dunque un posto a favore della terza classificata in campionato. Ecco dunque svelato perché, pur non avendo titolo, il Real Madrid è stato incluso nel novero delle sfidanti al trofeo. Motivazione ufficiale? Ampliare lo spettacolo calcistico.

Come già accaduto per il calcio italiano, anche in Spagna ci si è rivolti all’estero per la celebrazione del mini torneo. Se l’Italia aveva giocato in Usa, Cina, Arabia Saudita, la Spagna ha deciso di fare altrettanto e ha organizzato gli incontri nel paese saudita. La motivazione ufficiale è sempre la stessa: portare il calcio altrove, permettere che sempre più popolazioni godano dello spettacolo più bello del mondo (e quello fornito dalle quattro squadre coinvolte in questo trofeo lo garantiscono senza sì e senza ma) e permettere l’emancipazione femminile in Arabia Saudita. Se in occasione della Supercoppa italiana le donne potevano entrare allo stadio, ma essere ospitate in un settore apposito di sole donne, distinto dal resto dell’impianto sportivo, in questo caso non ci sono limitazioni di sorta. Le donne potranno accedere a qualsiasi settore dello stadio vogliano e preferiscano. Decisamente un passo in avanti. Ma a che prezzo?

Siamo ben sicuri che tutto questo movimento di persone tra giocatori, allenatori, staff, dirigenti, tifosi, sia dovuto solo a ragioni altruistiche, sociali, di mutuo aiuto alla libertà? Tante cose si mascherano dietro l’immagine candore della libertà. Anche le guerre. In realtà, signori, dietro il nuovo format della competizione c’è solo business. Soldi, contratti televisivi, commerciali ecc. Perché altrimenti portare la manifestazione da due a quattro? In realtà, eccetto quest’anno che si è avuto un campione di Liga differente da quello di Copa, nelle altre stagioni anche la disputa della finale di Supercopa era data esclusivamente da motivi venali. Quando una squadra vince nella stessa stagione Liga e Copa, come è capitato spesso al Barça nelle ultime stagioni, la Supercopa non dovrebbe essere nemmeno disputata in quanto il trofeo è già automaticamente conquistato. Ciononostante ci si è inventati la formula di far rigiocare la finale di Copa de España, con la conseguenza che una squadra potrebbe addirittura sollevare un trofeo che non avrebbe nemmeno dovuto disputare. E ciò, chiaramente, per evidenti motivi economici. Più partite si disputano, più spettatori televisivi ci sono, maggiore la pubblicità venduta dalle emittenti, le sponsorizzazioni dell’evento… con tutto l’indotto che ne consegue. Non paghi di ciò, nella stanza dei bottoni del calcio spagnolo hanno deciso che una finale a due era troppo poca cosa. Meglio ampliarla e creare un mini torneo a cui far partecipare la seconda e financo la terza classificata della Liga (cosa c’entrerà la classifica della Liga con la Copa de España ancora ce lo devono ancora spiegare). Passi questo. E dove far disputare questo mini torneo a inviti? In patria? No, meglio all’estero, così sai che richiamo pubblicitario! E così si è deciso di prendere baracca e burattini e trasferirsi in Arabia Saudita, dove ricchi contratti pubblicitari e commerciali attendono la Liga al loro arrivo.

Il pallino delle partite all’estero è ormai datato in Spagna. Ci avevano già tentato, disperatamente, lo scorso anno, quando la Liga voleva far disputare il derby di Catalunya tra Girona e Barça a… Miami! Giusto una trasfertina come un altra. Invece dell’autobus per coprire l’ora e un quarto di tragitto che separa le due città, i blaugrana avrebbero preso l’aereo per una trasvolata atlantica, giocare, farsi la doccia e tornare indietro in tutta fretta. Ancora più comico sarebbe stato il compito per i rojiblancos, che invece che andare allo stadio a piedi o in bicicletta (se avessero voluto farlo), avrebbero dovuto farsi una volatina di 10 ore e 30 minuti dopo essere giunti a Barcelona. Tutto questo per disputare una partita in casa! Un vero affare! Adesso la Liga è riuscita nell’impresa di esportare il campionato migliore del mundo in terra straniera. E non in un paese come un altro, ma in uno dove i diritti civili sono calpestati ad ogni piè sospinto, dove le condanne a morte, e le esecuzioni, avvengono per decapitazione e fucilazione (in mancanza di boia) con una frequenza allarmante. Solo nel 2018 le persone giustiziate sono state 148. Paese, è bene ricordarlo, dove vige la Sharia e dove anche i minori sono condannabili a morte. La Liga, tuttavia, come prima di essa la Lega italiana, è felice perché ha strappato al governo saudita il libero accesso delle donne non accompagnate allo stadio. In cambio, chiaramente, di lauti contratti commerciali e ricchi cotillons.

FC Barcelona. 2-2 nel derby con il Barça in 10

di Giuseppe Ortu

Inizio d’anno senza il botto per il FC Barcelona che pareggia al Cornella El Prat nel clasico di Barcelona contro l’Espanyol. Con questo risultato Barça e Madrid si riallineano in testa alla classifica. I blaugrana restano sostanzialmente primi sempre per differenza reti, anche se ridotta dopo questa giornata per i risultati delle due contendenti. I blancos, infatti, hanno espugnato lo stadio del Getafe per 3-0.

Il Barcelona ha iniziato male l’incontro. Reduce dalle vacanze natalizie, con ancora dolci e banchetti tintinnanti da smaltire, i blaugrana sono entrati in campo senza la giusta determinazione. Lenti, svagati, imprecisi, i giocatori di Valverde hanno inizialmente tenuto palla in maniera sterile, senza creare alcun pericolo al rivale cittadino ultimo in classifica, ma con il cambio di panchina nuovo di zecca. Alla formazione espanyolense Santa Claus ha portato in dono Abelardo, tecnico esperto che ha avuto a disposizione il periodo natalizio per cercare di porre rimedio a una situazione disperata. Davanti a un Barça sulle gambe, pesante e eccessivamente svagato, il minimo sindacale dell’Espanyol è bastato per andare in vantaggio e chiudere la prima parte di gara sull’1-0. Su un calcio di punizione defilato sulla destra, la palla calciata in area è stata girata di testa da David Lopez, che al 23′ ha fatto la fotografia a Neto (oggi in porta al posto dell’infortunato Ter Stegen). Per tutto il primo tempo il Barcelona ha prodotto appena quattro tiri in porta, tre dei quali (compreso un palo di Suárez) negli ultimi cinque minuti. Decisamente poco.

La ripresa si è aperta con la novità di Vidal in campo al posto di un impalpabile e nullo Rakitic. Il cileno, che nella letterina a  Gesù Bambino aveva chiesto 2,4 milioni da far pagare al club di Bartomeu, che il Barça gli ha negato, vedendosi riconoscere la correttezza della sua posizione dall’organo giudicante misto AFE-Liga, ha dato subito la sveglia ad una squadra in dormiveglia per 45′. La ripresa è stata più frizzante e, insieme alle bollicine, è giunta anche la rete del pari dopo appena 5′. Di Suárez la marcatura dopo un cross dalla sinistra di Jordi. Una azione velocissima conclusa in rete da un tocco al volo di esterno basso del Pistolero ad anticipare ogni movimento del portiere avversario. Il Barça ha continuato sulla strada tracciata giungendo, dopo altri 9 minuti alla rete del sorpasso. Questa volta è stato Vidal a deviare di testa un mirabile cross di esterno di Suárez. In appena 13′ il Barça ha ribaltato una situazione che nel primo tempo sembrava decisamente preoccupante. 

La formazione di Valverde ha preso possesso della partita e ha gestito il pallone continuando ad attaccare. Non è giunta la rete del 3-1 e, in questi casi si sa, sopratutto nei derby accesi da mille e mille rivalità, basta una virgola fuori posto per capovolgere il fragile e sottile equilibrio creatosi. La virgola, il punto di svolta, la chiave della partita, è giunta al 75′ insieme al doppio giallo sventolato da De Cerro Grande in faccia a De Jong. Il giocatore dei Paesi Bassi, così come ormai ufficialmente si chiama il paese che fino a pochi giorni fa era meglio conosciuto come Olanda, ha mal gestito un possesso a centrocampo. verso il controllo della sfera in un contrasto con due avversari, Frenkie è stato costretto a trattenere il giocatore dell’Espanyol per la maglia, meritandosi il doppio giallo. Con il cambio della situazione numerica in campo a un quarto d’ora dalla fine, i padroni di casa hanno trovato quegli stimoli che parevano aver perso con il sorpasso blaugrana. La partita ha dunque ripreso vigore. Valverde ha affrontato il nuovo scenario mandando in campo Semedo al posto di Griezmann, che dall’uscita dal campo di De Jong era retrocesso sulla linea dei centrocampisti in un 4-3-2 che manteneva intatti gli equilibri tra i reparti. Semedo laterale destro e Roberto a centrocampo per mantenere il medesimo schieramento sul terreno di gioco. L’Espanyol si è buttato in avanti rischiando il contropiede blaugrana. Diego Lopez, portiere ex Madrid dell’Espanyol, ha salvato la rete del 1-3 uscendo alla disperata su Suárez che ha tentato di scavalcarlo con una vaselina. Il mancato colpo del ko ha permesso ai padroni di casa di restare in partita e di avere così l’occasione del pareggio, egregiamente sfruttata all’88’ dal neo entrato Wu Lei che, ricevuto in area da Vargas, ha nuovamente battuto un eccessivamente statico e macchinoso nell’andare giù Neto con un diagonale preciso ma non irresistibile.

Il Barça inizia dunque il 2020 con una nuova mezza battuta d’arresto. Il tempo delle vacanze è terminato. Serve rimettere la barra del timone sulla giusta rotta e trovare unione nello spogliatoio, serenità nel club e puntare senza sì e senza ma a ritrovare quella continuità che in questa stagione finora non si è ancora trovata.