Fernández parla di allenatore, rinnovi e mercato.

In una intervista rilasciata a Mundo Deportivo ai colleghi Fernando Polo e Gabriel Sans, Robert Fernández ha dichiarato una cieca fiducia nei rinnovi di Leo Messi e Andrés Iniesta per il legame a doppio filo che li unisce al Barça. “Leo es muy feliz en Barcelona” ha specificato Robert.

Parlando di allenatore ha sostenuto che non è ancora il momento di affrontare queste questioni. La Secreteria Tecnica ci sta lavorando, ma il momento della stagione è molto delicato: la squadra è impegnata sui tre fronti: Liga, dove si sta lottando duramente per la conquista del titolo e si lotterà fino alla fine; Champions, con la illusion di raggiungere la finale dopo le remuntada, anche se si deve affrontare un avversario molto difficile e complicato, e la Copa del Rey, obiettivo che può sembrare minore ma che è comunque sempre di grande importanza per il Club. La lotta per la conquista di questi titoli comporta che non ci siano distrazioni e tutti siano concentrati sull’obiettivo. Il discorso allenatore verrà dunque affrontato senza fretta quando arriverà il momento opportuno.

Riguardo al mercato, Fernández ha dichiarato che Bellerin è un buon giocatore e che il Barça è sempre alla ricerca di buoni elementi per migliorarsi continuamente, anche se ha anche riconosciuto che non è facile migliorare l’equipo inicial. Non è importante il fatto che il ragazzo sia un ex Blaugrana che a suo tempo volle lasciare il Club. Il mercato è fatto così. La precisazione è stata necessaria perché nel barcelonismo si parla appunto della opportunità o meno dei cavalli di ritorno. Su Dybala e Verratti ha dichiarato che sono entrambi giocatori che hanno lunghi contratti con le rispettive squadre, ed è sempre difficile contrattare calciatori di questo tipo, senza tuttavia negare l’interessamento da parte del Club.

Un capitolo particolare quello di André Gomez, giocatore sul quale si sono riversate la gran parte delle critiche di stampa e tifosi in questa stagione. Addirittura Pique è uscito allo scoperto in sua difesa sostenendo che chi vuole fischiare il portoghese farebbe meglio a restare a casa. Robert ha giustamente ricordato che molti grandi campioni prima di lui hanno avuto difficoltà nell’impatto con il Barça. Koeman e Laudrup hanno avuto inizi difficoltosi, stentando all’inizio, per poi rivelarsi i grandi campioni che sono stati (lo stesso Ney ha dovuto pagare una sorta di apprendistato nel Barça la prima stagione. Un anno di apprendimento ad un gioco che è unico nel suo genere. Ma non è l’unico, lo stesso può dirsi anche di Suarez e di tanti altri. n.d.b.) Solo Umtiti, come lo stesso Fernández ha ricordato nella sua intervista, ha avuto un impatto incredibile. L’eccezione che conferma la regola.

http://www.mundodeportivo.com/futbol/fc-barcelona/20170327/421219440722/barca-robert-fernandez.html

 

Deolofeu: “il paragone con Messi mi ha danneggiato”

In una intervista rilasciata al magazine Forza Milan, il canterano in forza al Milan che sogna di tornare in Blaugrana, ha espresso il suo pensiero sull’ingombrante paragone che a sua detta sarebbe stato alla base del suo fallimento con la samarreta del Barça. Come scritto in settimana dal Blog, Gerard era la perla della cantera quando spopolava con le formazioni giovanili e il Barça B. Ma quel paragone… “mi ha frenato. Le aspettative su di me sono state massimali e più che un vantaggio, quell’accostamento è stato un handicap”.

Potenza di un paragone. Ora, dopo stagioni sotto tono, sembra essere tornato il giocatore di un tempo, la perla della cantera che illusionava gli addetti ai lavori con i suoi dribbling, la fantasia e il talento.

Sembrava un giocatore perduto, un moderno Icaro che voló troppo vicino al sole. Un nuovo capitolo della sua vita pare ora iniziato. La farfalla, che si era trasformata in bruco, ha rispiegato le ali. Adesso che il fato gli ha riservato una seconda chance (il Barça può riprenderlo a giugno), non può più fallire. Il destino è nelle tue mani Gerard; o meglio, nei tuoi piedi e nella tua testa. Vola adesso, vola!

Presentation of the memorial events for Johan Cruyff Actes homenatge Johan Cruyff

Questa mattina, presso l’Auditori 1899, si è tenuta la presentazione ufficiale delle celebrazioni della figura di Johan Cruyff che il FC Barcelona ha voluto dedicare al suo deus ex machina scomparso lo scorso anno. Qui di seguito la trasmissione integrale dell’atto a memoria di un uomo che «ha cambiato la nostra mentalità e definito e fondato il calcio moderno» per usare le parole di Bartomeu.

Tra questi eventi, la dedicazione del nuovo Miniestadi che si sta realizzando alla Ciutad Esportiva Joan Gamper, che si chiamerà perciò Estadi Johan Cruyff, l’innalzamento di una statua del numero 9 che verrà collocata nel nuovo Espai Barça, e la richiesta formale all’Ayuntament di Barcelona del cambio del nome di Carrer Aristides Maillol, sede del Club, che assumerà il nome di Carrer Johan Cruyff. Il Club inoltre, dedicherà uno spazio speciale del Barça Museu all’indimenticato campione Blaugrana. In merito a tal punto, la famiglia del calciatore, che si espressa per bocca del figlio Jordi, ha consegnato nelle mani di Bartomeu e Cardoner una maglia numero 9 indossata dal padre nel corso della sua carriera da calciatore con il Barça oltre al Pallone d’Oro vinto in Blaugrana. Entrambi troveranno spazio nello speciale allestimento del Museu dedicato all’Olandese Volante, al Diamante d’Olanda e Barcelona.

Buona visione a tots.

Comunicato ufficiale FC Barcelona: nessun contatto con Valverde 

Il Barça ha ufficialmente smentito questa sera con un comunicato ufficiale l’indiscrezione di TV3 secondo la quale Fernandez avrebbe contattato direttamente il tecnico dell’Athletic Club per conoscere la sua disponibilità a sedersi sulla panchina Blaugrana la prossima stagione. La notizia era stata data dalla emittente catalana questa notte dopo le 20:00. Ecco il testo del comunicato:

“El FC Barcelona desmiente rotundamente haber pedido permiso al Athletic Club para negociar la contratación de su técnico Ernesto Valverde, como ha informado esta noche Televisió de Catalunya. Asimismo el Club niega que el secretario técnico Robert Fernández haya contactado con Ernesto Valverde en los últimos días para negociar su incorporación al FC Barcelona”.

André Gomes nell’operazione Dybala

Dopo le prime voci dei giorni scorsi sul piano Dybala per il Barça, ora si aggiungono nuovi dettagli a quello che dovrebbe essere il caso dell’estate. In Carrer Aristides Maillol hanno deciso di puntare forte sul giocatore argentino. A Torino sanno che il giocatore scalpita per andare a giocare in Liga e che il suo club preferito è il Barcelona. Messi è il suo idolo e D10S in più di una circostanza ha tessuto le sue lodi. Il Barça viene prima del Madrid. Questo è chiaro. Mesi addietro l’attuale giocatore della Juventus si era parzialmente compromesso con Florentino, ma da Barcelona gli era stato detto di non accelerare i tempi con i Blancos. I dubbi maggiori del giovane argentino nascevano dal fatto che in Blaugrana si vedeva chiuso dal tridente, e non sarebbe mai andato in un club per fare panchina a vita. Il passaggio al nuovo modulo gli apre e porte alla titolarità. Ad oggi, con ancora il nome dell’allenatore da scegliere (ma chi ha letto il blog nei giorni scorsi ha preso atto di come ci sia un fumus evidente che il prossimo trainer possa essere Unzué), Dybala sarebbe uno dei titolari poiché potrebbe giocare nei tre davanti sulla destra, con Messi nell’attuale ruolo di trequartista, o viceversa (con Dybala dietro le punte, ruolo che può ricoprire, e Messi largo a destra nel tridente).

La Juventus non venderà il giocatore per meno di 80, 100 milioni; cifra considerevole. Ed ecco che nella trattativa potrebbe rientrare il nome di André Gomes. L’uomo giusto al momento giusto. Il portoghese piace ai Bianconeri e lo vorrebbero per rinforzare il centrocampo, abbruttitosi con l’uscita di scena di Pogba e Pirlo. Il Barça non lo vorrebbe cedere dopo appena un anno al Camp Nou (si sa che un anno di praticantato e ambientamento a Barcelona è necessario anche per i più forti), ma se ne priverebbe esclusivamente per arrivare ad un obiettivo primario come è appunto Dybala. Gomes sarebbe quindi l’uomo perfetto da inserire nella trattativa per abbassare il costo del cartellino dell’attaccante: ha un valore molto elevato, è stato pagato 35 milioni più 20 di variabili, è giovane, 23 anni, e davanti a sé ha una promettentissima carriera. Per di più la Juventus lo aveva seguito con interesse anche lo scorso mercato estivo, quindi non può nemmeno mascherare il suo interesse.

Ney, Messi, Ter Stegen: protagonisti nelle rispettive nazionali

Ter Stegen, Messi e Ney hanno chiuso le rispettive gare con le nazionali con ottime prestazioni. Due giorni fa Ter Stegen, in amichevole contro l’Inghilterra, ha tenuto in piedi la propria nazionale con le sue parate. L’Inghilterra ha giocato, Ter Stegen ha parato e Podolski ha segnato, potrebbe essere il più scarno e conciso riassunto della gara. Sarebbe stato la gioia del mio dominus quando facevo ancora pratica legale, che voleva sempre atti brevi e che contenessero tutto il necessario. Una splendida prestazione per un giocatore sempre più sicuro di sé. Si è esibito in una serie di interventi di notevole valore, tra cui uno dei suoi pezzi forti: l’uno contro uno.  Quando affronta l’avversario lanciato a rete, il tedesco si trasforma in un muro. In questa stagione al Barcelona lo abbiamo visto innumerevoli volte esibirsi in questo fondamentale. Senso della posizione, postura sempre verticale (non va mai a terra), sguardo ipnotico, gli permettono quasi sempre di avere la meglio sull’avversario che finisce inevitabilmente per perdere il duello con il portiere. Questa volta è stato Dele Alli a vedersi respinto il tiro ravvicinato.

Se il tedesco ha parato tutto, Messi ha dato la vittoria alla sua nazionale nella sfida contro il Cile segnando su rigore la rete decisiva e raddrizzando una classifica che ora fa meno paura alla Albiceleste. Per Messi non si può parlare di un vero show, ma in ogni caso, che vada o non vada giù ai media, è sempre lui a trascinare la sua nazionale. I conti sono presto fatti: questa squadra vince solo quando gioca il suo numero 10 e, volente o nolente, è sempre stato lui che ha trascinato la sua nazionale a tre finali consecutive: due di Copa America e una di Coppa del Mondo. Chi preferisce iscriversi al tiro al piccione nei confronti dell’argentino se ne faccia una ragione. Perché è inutile insistere con la solita tiritera del “ma con l’Argentina non gioca come con il Barça” Nel momento in cui l’Argentina deciderà di sfruttare il suo giocatore migliore, Messi inizierà a fare il Genio della lampada anche con la camiseta Albiceleste. Se si mettono a confronto una partita del Barcelona con una dell’Argentina, si noterà come nel Barça Messi tocca la palla una quantità industriale di volte. I compagni lo cercano e lo servono perché sanno che risorsa hanno tra le loro fila. Nell’argentina questo non accade. Leo riceve la palla poche volte rispetto a quanto accade in maglia Blaugrana. Il giocatore non viene cercato e quando si lancia per chiudere un triangolo viene spesso ignorato. La situazione di Messi con l’Argentina è la stessa che si verificherebbe nelle nostre case se, avendo a disposizione Giotto per fare un affresco murale, decidessimo di affidare quel lavoro a un imbianchino e usassimo le abilità del Maestro di Vespignano per ridipingere la cucina. L’opposto della logica.

La doverosa chiusura è dedicata a Neymar. Il brasiliano ha incantato con le sue giocate, trascinando la Canarinha alla vittoria roboante contro l’Uruguay di Suarez, assente per squalifica. Tra tunnel, elastici, giocate di suola, si è esibito anche in una vaselina mirabolante che ha portato al goal del 3-1 giallo-oro. Il 10 ha giocato in scioltezza, con una facilità e leggiadria disarmanti. Sembrava quasi che sfiorasse il prato del terreno di gioco come fosse un hovercraft, o un puttino con tanto di alucce che sorvolava con la sua leggerezza gli altri giocatori ai quali il destino ha riservato il dovere di scarpinare e sudare. Quella contro l’Uruguay è stata anche la prima volta di Ney contro Cavani dopo il 6-1 del Camp Nou. Sarà stato piacevole per il brasiliano rivedere il giocatore del Psg. Quanti meravigliosi ricordi, ancora freschi, deve avere rivissuto incrociando il profilo e lo sguardo del 21 Biancoceleste. Aveva iniziato bene l’uruguagio: goal su rigore e 1-0. Poi, O-Ney ha iniziato a giocare. Da notare un curioso post gara. Una foto di Rodri Vásquez, giornalista della emittente radiofonica uruguagia Sport 890, scattata nel tunnel dopo la fine della gara e pubblicata nel suo account Twitter, mostra Coutinho, Suarez e Neymar che parlano amabilmente. La nota curiosa è che Neymar indossa la maglia numero 9 dell’Uruguay del compagno di squadra nel Barcelona. Quando i valori dell’amicizia e dello sport vanno al di là di una atavica rivalità calcistica come quella tra Brasile e Uruguay. Un bel momento che meritava di essere immortalato a futura memoria.

La Juventus prima e dopo il 2015

In questo periodo si fa un gran parlare del doppio confronto che attende il Barça con la Juventus e dei pericoli che esso nasconde. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che il Fc Barcelona ha già affrontato, e battuto, i Bianconeri nel 2015.

Appena due anni fa il primo Barça di Lucho batté in finale a Berlino la squadra allenata da Allegri. Non è trascorso molto tempo, appena due anni. Già allora la formazione italiana era considerata blindata in difesa e pericolosa in attacco. Eppure, nonostante tutto, nonostante l’eliminazione del Madrid da parte della Juventus in semifinale, i Blaugrana vinsero 3-1. Soffrendo dopo il momentaneo pareggio di Morata, ma d’altronde era sempre una finale di Champions League, ma comunque vincendo.

Vediamo ora quella Juventus e mettiamola a confronto con quella di oggi per verificare come e quanto è cambiata, e se in meglio o in peggio. Sostanzialmente la domanda è una. Era più forte quella Juventus o quella di oggi?

La Juventus di Berlino scese in campo con un 4-4-2. Buffon in porta; la linea difensiva formata da Lichtsteiner, Bonucci, Barzagli, Evrà; Vidal, Pirlo, Marchisio, Pogba a centrocampo, con Tévez e Morata a costituire la coppia offensiva. Una formazione decisamente compatta e equilibrata. In quella partita l’infortunato Chiellini fu sostituito da Barzagli.

Ora diamo un’occhiata alla formazione tipo di questa stagione. Lo schema utilizzato da Allegri è il 4-2-3-1. Buffon è sempre il portiere. La linea difensiva è formata da  Dani Alves (Lichtsteiner), Bonucci, Chiellini, Alex Sandro; Pjanic (Marchisio) e Khedira davanti alla difesa; Cuadrado, Dybala, Mandzukic dietro la punta Higuain.

  La difesa è sostanzialmente la stessa, anche se Chiellini è decisamente meno continuo rispetto a due anni fa. A sinistra Alex Sandro non offre certo l’esperienza di Evrà, anche se è più mobile dell’ex United. A destra, invece, ci sarà un Dani Alves in più, che vorrà fare vedere che è capace di vincere anche senza la maglia Blaugrana addosso. Di contro, mentre al Camp Nou era un attaccante aggiunto e in grado di rompere gli equilibri con le sue discese, a Torino deve difendere più che pensare a attaccare. E il nostro è molto più pericoloso se non ha rigide regole d’ingaggio difensive da rispettare. Alla fine, perciò, potrebbe rivelarsi un’arma spuntata.

Conclusione: difesa con eguale capacità.

Stando al centrocampo, se la difesa si equivale a quella di due stagioni fa, la linea mediana è decisamente più debole: Pirlo, Marchisio, Vidal e Pogba, offrivano un mix di dinamismo e forza fisica (Pogba), aggressività (Vidal), inserimenti (Marchisio), esperienza, qualità e visione di gioco (Pirlo), che la Juventus di oggi si sogna. Quel centrocampo costituiva una perfetta simbiosi di differenti abilità calcistiche, e tutta la squadra ruotava alla perfezione intorno ad esso. Pjanic, Khedira e Cuadrado non possono essere minimamente paragonati ai quattro del 2015, anche se sono in possesso di indubbie qualità di visione di gioco (Pjanic), corsa e dinamismo (Cuadrado) e equilibrio (Khedira).

Conclusione: centrocampo meno forte

Per finire, l’attacco: Non ci sono più Morata e Tévez e sono stati sostituiti da Mandzukic, Dybala e Higuain. Un trio indubbiamente pericoloso sia in area di rigore che fuori. Dybala è imprevedibile, ma ancora da testare a certi livelli. Per lui sarebbe la prima partita veramente importante e sentita (non è un mistero che voglia lasciare l’Italia proprio per trasferirsi in Spagna: Barça e Madrid sono in cima ai suoi sogni) e l’inesperienza potrebbe farsi sentire. Mandzukic e Higuain sono forti ma non più di Tevéz e Morata. Tra l’altro il 2015 fu per il madridista un anno di grazia e fu determinate per il raggiungimento della finale. Segnò in semifinale con il Real Madrid e in finale contro il Barça.

Conclusione: attacco di egual pericolosità.

Alla fine dei conti possiamo dire che la Juventus di due anni fa, sebbene meno esperta di quella di oggi nella maggior parte dei suoi uomini, e forse con meno convinzioni circa la propria forza, fosse superiore alla Juventus di quest’anno.

Detto del fatto che la Juventus del 2015 aveva probabilmente meno convinzione nei propri mezzi rispetto a quella di oggi, non sempre giocare con maggiori responsabilità e consapevolezza aiuta. Spesso giocare con l’incoscienza della spregiudicatezza d’animo e con la conseguente tranquillità nell’affrontare avversari sulla carta più quotati, aiuta a dare il meglio di se stessi. Oggi invece, quella consapevolezza può trasformarsi in un boomerang psicologico. Può trasformarsi, verosimilmente, in responsabilità per le attese che i tifosi e i media italiani hanno nei loro confronti. E come capita, a volte giochi meglio quando nessuno si aspetta nulla da te più che quando hai sulle spalle il fardello delle attese. La Danimarca e la Grecia degli europei di calcio, e il Leichester della scorsa Premier insegnano.

 

Juventus: il prossimo avversario. L’analisi.

Da quando è stato reso noto l’abbinamento del Barça con la Juventus per i quarti di finale della Champions League, da più parti sono state effettuate previsioni su quello che potrà essere l’esito della doppia sfida tra Blaugrana e Bianconeri. Da più parti, sopratutto in Italia, si sono messi in evidenza i rischi difensivi a cui si sottopone il Barça con la sua tattica ultra offensiva (difendere con alle spalle 50-80 metri di campo non è mai facile); da altre parti, invece, la capacità difensiva della Juventus e la sua vocazione al contropiede. Per la verità molti di questi commenti sembrano formulati quasi come amuleto per allontanare i cattivi pensieri di un sorteggio ingrato. Nell’ultima partita di Liga contro il Valencia, il Barcelona effettivamente ha subito qualche ripartenza di troppo che bisognerà certo evitare nella doppia sfida di Champions. Tanto più nel secondo tempo, in regime di superiorità numerica, gli uomini di Luis Enrique non avrebbero mai dovuto mettersi nella condizione di giocare in situazioni di uno contro uno. E’ altrettanto ovvio che una cosa è una partita di Liga giocata su 90 minuti, e altra cosa è una sfida Champions da disputarsi su 180 minuti, ben conoscendo le implicazioni di un eventuale goal subito da un avversario di caratura ben superiore al Valencia di quest’anno. Il che ci porta a considerare che certamente l’atteggiamento della squadra nella doppia sfida di Champions non sarà “leggero” come quello visto contro la formazione di Voro, ma simile a quello delle grandi occasioni, simile a quello visto nella gara della remuntada. Dovrà essere diverso sopratutto l’attitudine degli esterni di centrocampo e attacco, nella fattispecie Rakitic e Rafinha a destra, e Iniesta e Neymar a sinistra, i quali dovranno necessariamente sacrificarsi, scalare e rientrare per fornire appoggio alla linea difensiva. Come è noto, non si difende mai con la sola difesa, ma con tutta la squadra.

Detto questo, proviamo a fare alcuni ragionamenti per vedere se le paure e le previsioni che indicano la formazione italiana come possibile giustiziera della formazione catalana sono reali o meno.

L’equip Bianconero è un avversario di tutto rispetto. Da prendere con le pinze, da studiare con attenzione. E’ certamente uno dei più pericolosi tra gli avvversari di seconda fascia che potesse capitare . Dopo Bayern Monaco, Real Madrid e Atletico Madrid, che tutti volevano evitare all’interno dello spogliatoio Blaugrana, i Bianconeri sono certamente i più pericolosi. Un avversario che fa della difesa, della tattica e dell’attenzione le sue armi migliori.

Primo in classifica in Serie A, la formazione allenata da Allegri si presenta come una squadra molto equilibrata. In italia vince il campionato a mani basse da cinque anni consecutivamente, e in questa stagione si appresta a festeggiare il sesto trofeo nazionale. Un record. Dando un’occhiata ai numeri stagionali, la formazione di Torino ha realizzato 59 reti e ne ha subito appena 19. Se non è la migliore difesa d’Europa poco ci manca. Il Bayern Monaco ha fatto meglio, c0n appena 13 reti subite a fronte di un bottino di 61 reti realizzate. Sulla scia della difesa juventina abbiamo una serie di formazioni di differenti campionati che tallonano da vicino il reparto difensivo italiano. Il Villareal in Liga ha subito 20 reti, il Psg 21 insieme al Chelsea di Conte e al Tottenham di Pochettino. Il Barça ha incassato in campionato, nel corso della temporada 25 reti. Dunque 19 contro 25. Non sembrerebbe una differenza numerica enorme, eppure tutti parlano della Juventus come una formazione granitica in difesa e di quella Blaugrana come un equip che ha il proprio tallone d’Achille nel reparto difensivo. I numeri, a volte, sono utili per aiutare spiegare certi concetti, ma altre volte sono fuorvianti e servono a poco. Per valutare le due formazioni, e quella bianconera in particolare, bisogna anche inserire le rispettive squadre nel loro contesto calcistico naturale e valutare i due campionati. La Serie A italiana è un campionato nel quale non ci sono grandi valori tecnici, le squadre sono livellate verso il basso, gli attacchi delle varie squadre che partecipano al campionato italiano sono piuttosto deficitari. E’ chiaro, perciò, che una formazione indubbiamente forte come la Juventus,. difensivamente parlando, può sfoggiare numeri decisamente migliori di quelli del Barcelona. Se il livello della Serie A non fosse così squilibrato in favore della formazione torinese, la Juventus non avrebbe vinto il campionato nazionale per tante volte consecutivamente, e con tale facilità, come ha fatto.

Altro elemento di cui tenere conto nell’attuale analisi, è l’attitudine delle squadre che partecipano al campionato di Serie A. Mentre in Liga si gioca con una intensità elevata, con pressing alto e un gioco fondamentalmente votato all’attacco, allo spettacolo e al possesso palla, dove anche le squadre c.d. piccole cercano la strada del gioco, del goal, e mettono in difficoltà gli avversari di maggior peso, nel campionato italiano questo non accade. In Serie A si gioca con un ritmo basso, non c’è pressing alto e il gioco non è votato a offendere, ma impostato sulla difensiva, sulla rottura del giovo avversario. Ciò comporta che le avversarie della Juventus attuino una tattica attendista e si abbarbichino nella propria metà campo. Nelle partite del campionato italiano c’è quasi un timore reverenziale nei confronti del conjunto Bianconero. La conseguenza è che raramente la Juventus è presa d’assalto e attaccata come invece accade nella Liga con il Barcelona e le altre big del campionato.

Da qui la conclusione che la Juventus subisce meno il gioco avversario, e che perciò soffrendo meno dietro, ha maggiori chance di uscire dal campo con la difesa imbattuta. Se gli avversari tirano meno contro la tua porta, va da sé che subirai meno goal. Inoltre, in Italia in più di una circostanza sì è sostenuto che gli avversari della formazione di Allegri quasi non giocassero contro di loro, proprio per l’atteggiamento molle e rinunciatario messo in campo. Lo stesso non si può dire delle partite giocate dal Barcelona, tutte gare tirate fino al novantesimo e oltre, nelle quali nessun avversario si risparmia, ma addirittura, si eccede nel senso opposto. Tutto questo ci fa pensare che il mito della granitica difesa Bianconera, messa a confronto con la vulnerabilità difensiva Blaugrana, può essere anche una mera conseguenza del differente atteggiamento con il quale gli avversari affrontano rispettivamente Barcelona e Juventus nei rispettivi campionati, e non necessariamente che l’una sia più forte e granitica dell’altra. Alla fine tutti questi potrebbero essere concetti assolutamente relativi e da rivedere.

 

Multa a Pique di 3000 euro per dichiarazioni contro arbitri 

Il comité de Competición ha multato Gerard Pique con una sanzione si 3000 euro per le sue dichiarazioni rilasciate contro l’attuazione arbitrale dopo le gare contro l’Athetic Club in Copa del Rey e il Villarreal in Liga. L’organismo ha stabilito una sanzione di 1500 euro per ogni partita per le quali era stato deferito. 

Ricordo che nella partita contro l’Athletic l’arbitro aveva sorvolato su una chiara aggressione di Aduriz ai danni di Umtiti e un penalty non fischiato ai danni di Neymar. 

Nella gara contro il Villarreal si ricorda due limpidissimi falli di mano in area di rigore non visti dal referee, tra cui la clamorosa parata in allungo di Bruno su conclusione di Messi.